30 ottobre 2005

A rischio di Stella Rimington

Il libro d'esordio della ex direttrice dell'MI5, i servizi di controspionaggio inglesi, si colloca nel genere del thriller d'azione, come "Il 4 protocollo" di Frederick Forsyth, poichè, almeno inizialmente, la trama di "A rischio" ricorda quella del libro di Forsyth.
Protagonista è Liz Carlyle, un agente dell'unità 5/AX, con il compito di controllare i runner agent in Inghilterra (ossia gli agenti col compito di controllare altri agenti sul campo): nel corso di una riunione con i vertici ell'intelligence emerge la notizia che in Inghilterra starebbe per entrare un terrorista islamico "invisibile" , ossia nel gergo dei servizi, una persona che è in grado, per i tratti somatici, l'aspetto, il comportamento, di passare indisturbato le frontiere e i controlli. Questa notizia viene collegata a quella della richiesta di una patente falsa fatta a nome di un pakistano, un certo Faraj Mansur: consci del pericolo che un "invisibile" può rappresentare, inizia una caccia all'uomo.


Mentre inizia la caccia, da un peschereccio proveniente dalla Germania, sbarca su una località dell'est dell'Inghilterra, il pakistano Faraj Mansur: è lui il terrorista che deve compiere l'azione?
Per evitare una rapina dopo lo sbarco, Faraj è costretto ad uccidere uno dei due pescatori che l'han fatto sbarcare. Il bossolo lasciato sulla scena, di calibro 7,62, attira l'attenzione delle forze di polizia e, di riflesso, delle forze di intelligence.
Qui la storia si sdoppia: da una parte i servizi e la polizia, che si muovono alla ricerca dell'invisibile e dall'altra il piccolo commando di terroristi che si prepano all'azione.
Faraj non si muove da solo: viene aiutato da una ragazza Lucy, che si è unita a lui da quando è sbarcato.

Liz, con l'aiuto di un agente dell'MI6 (lo spionaggio estero), Bruno Mackay, segue la pista di sangue lasciata dal commando, costretto ad uccidere nuovamente per liberarsi di tutti i testimoni che si trovano davanti. Inizia porsi delle domande: qual'è il loro vero obiettivo? Come intendono colpire, una bomba, un'attentato kamikaze? Perchè sono stato scelti proprio loro per questa azione?

L'aspetto che ho trovato più interessante è stato proprio questo: l'indagine psicologica per cercare di entrare nelle menti dei terroristi. Per cercare di anticiparne le mosse, ma anche per creare nei loro confronti una sorta di pressione "quello che voglio è che cominci a sentirsi sotto pressione ventiquattro ore su ventiuattro: ad avere la sensazione di non potersi più permettere di riposare, di fermarsi, nemmeno di pensare".

Liz capisce che Lucy (questa l'identità falsa che la ragazza ha assunto) è lacerata tra due mondi contrapposti: lei che è di origine inglese, e che "sente il bisogno di dimostrare a se stessa, per mezzo dell'azione violenta, di essere tutta immersa in questa .. questa scelta militante".

Emozionante e tragico, il finale, nel quale si arrivano a capire le vere motivazioni del gesto terroristico, da parte di Faraj: è sangue che richiama altro sanfgue e che Liz descrive con le parole del poeta latino Tacito "fanno il deserto, e poi la chiamano pace". L'autrice traccia un quadro cupo e inquietante, come solo una persona con le sue conoscenze nel campo dei servizi: ma anche un quadro molto reale, come i recenti attentati del luglio 2005 a Londra hanno dimostrato.

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