20 novembre 2005

Sacco e Vanzetti di Giuliano Montaldo

Il film ricostruisce la vicenda giudiziaria che coinvolse due immigrati italiani in america, nel 1920, accusati di omicidio: Nicola Sacco e Bartolomeo Vanzetti. Vennero “legalmente” assassinati mediante sedia elettrica nella notte tra il 22 e il 23 agosto 1927, a sette anni dall'inizio del processo che li vedeva come imputati di rapina di un portavalori a South Braintree, nella quale l'uomo fu ucciso.

Il film inizia con una retata contro anarchici italiani ordinata dal ministro della giustizia Palmer nel febbraio 1920: le scene, anche per l'uso del bianco e nero, più eloquente di qualsiasi discorso, ricordano le retate naziste per la caccia agli ebrei.
In quegli anni, in america vigeva un clima di caccia alle streghe nei confronti degli anarchici e comunisti (il partito comunista americano era stato fondato pochi anni prima), ma che in realtà voleva colpire tutta la classe operaia, impegnata in una serie di lotte sindacali e scioperi. Queste lotte si erano rinforzate dopo il successo della rivoluzione russa: le idee del socialismo arrivarono in america in un momento nel quale la classe operaia era torchiata con orari gravosi e uno stipendio misero.

Di contro i capitalisti e i borghesi invece, grazie alla guerra si erano arricchiti: le rivendicazioni operaie mettevano in crisi i loro profitti: le istituzioni (lo stato, cioè dal potere politico al potere giudiziario fino alla polizia) si misero al loro servizio.

E in quest'ottica, di ricostruzione di un periodo storico, che il film acquista il suo valore. Sacco e Vanzetti, arrestati e condannati a morte da un tribunale che aveva messo la sentenza prima ancora che la giuria lo pronunciasse, diventano due simboli. Il presidente del tribunale Thayer, il procuratore Katzmann, fino al governatore Fuller avevano un teorema in testa che non poteva essere scalfitto. Anche se le prove della colpevolezza erano debole e contraddittorie. Sacco e Vanzetti sono operai, sono italiani e sono anarchici; non importa che siano o no colpevoli di assassinio, sono colpevoli di queste tre cose, ma anche del fatto di essere diventati simboli della propria innocenza e della colpevolezza dello stato. Inutili le mobilitazioni di piazza, gli appelli (come quello di Einstein).

Il ruolo di Sacco è interpretato da Renato Cucciolla, in modo molto interiorizzato, pugliese come il personaggio. Vanzetti è invece l'attore Gian Maria Volontè: con il suo piemontese, col suo sarcasmo tagliente e con la sua superiore statura intellettuale e con un senso di “misticismo” rivoluzionario.
E' lui che, di fronte alla sprezzante domanda dei giudici “ha qualcosa da dire in sua discolpa?”, risponde con la storica invettiva “Si, ho da dire che sono innocente .. Quando i vostri nomi, le vostre istituzioni non saranno che il ricordo di un passato maledetto, il suo nome, Nicola Sacco, sarà ancora vivo nel cuore della gente. Infondo dobbiamo ringraziarvi. Senza di voi saremmo morti come due uomini qualsiasi: un buon calzolaio, un povero pescivendolo .. Ma mai, in nostra vita, avremmo potuto sperare di fare tanto in favore della tolleranza, della giustizia, della comprensione tra gli uomini ...”.

Facile riportare ai nostri tempi della vicenda: basta cambiare le parole anarchici, italiani, immigrati, con le parole estremisti, arabi, clandestini. Ma il sistema, inteso come insieme di mezzi usati per la repressione, anziché per il fine della giustizia, rimane lo stesso. Un sistema che si arroga il diritto estremo della pena di morte (il film si chiude con le parole del boia “in nome dello stato, io ti dichiaro morto”), della capacità di saper giudicare in modo infallibile. Un motto latino recitava “Summus jus, summa injuria” ossia il diritto estremo è estrema ingiustizia.

Scheda tecnica:
Sacco e Vanzetti (1971, Italia Francia), regia di Giuliano Montaldo.
Interpretato da: Gian Maria Volontè, Renato Cucciolla, Cyril Cusack, Rosanna Fratello, Geoffrey Keen.
Sceneggiatura: Fabrizio Onofri e Giuliano Montaldo
Musica: Ennio Morricone; la cantata di Sacco e Vanzetti, di Baez Morricone è cantata da Joan Baez.
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