29 ottobre 2006

Il nome della Rosa di Jean Jacques Annoud

Perennemente alla ricerca delle nostre radici culturali e cristiane, per conoscere da dove veniamo e scoprire chi siamo, film come “Il nome della rosa”, tratto dall'omonimo romanzo di Umberto Eco, ci forniscono tutte le chiavi per conoscere.

Se il romanzo di Eco aveva l'ambizione, usando lo stile del giallo, di voler spiegare la situazione storica, culturale e religiosa del milletrecento italiano, il regista francese ha dato decisamente un taglio a questi aspetti.
Della lotta tra papato e impero, per la lotta delle investiture, della cattività Avignonese di Giovanni XXII, dello scontro tra la Chiesa ufficiale e i movimenti minori, che ne chiedevano una riforma dei costumi per venire incontro alle esigenze di un mondo in evoluzione, ne emerge poco dal film.

Scelta quasi obbligatoria, quella di Annoud, data la complessità del tema: l'alternativa sarebbe stata quella di realizzare un documentario, dove una voce narrante avrebbe raccontato di fatti e persone. Ma parleremmo, allora, di un altro film. D'altro canto questa pellicola ha il pregio di ricostruire benissimo l'ambientazione del libro: a cominciare dalla location, l'abbazia ricostruita ex novo sui colli intorno a Viterbo da Gabriella Pescucci, agli interni nel convento cistercense di Eberbach.

Per arrivare ai personaggi: Sean Connery nei panni di Guglielmo da Baskerville e uno spaventato Christian Slater in quelli di Adso da Melk. Spaventato dal ritrovarsi in un abbazia dove, in quei giorni, sembrava che tutte le regole fossero sovvertite, spaventato dalla scoperta del mondo reale, con gli omicidi, gli odii e l'amore. Una coppia che, ancor più del libro, ricorda quella Sherlock Holmes/Watson.

Degli altri attori, emerge Fedor Chaliapen Jr. nei panni del venerabile Jorge da Burgos, l'anima nera dell'abbazia.

Il film (raccontato fuori campo dalla voce di Adso da vecchio) inizia con l'arrivo in un'abbazia dell'Italia settentrionale (sull'appenino ligure si comprende dalle descrizioni del libro) del novizio Adso e del francescano Guglielmo da Baskerville: qui si terrà un incontro tra delegati papali del corrotto Giovanni XXII e dotti francescani, tra cui Michele da Cesena. La disputa teologica riguarda la povertà di Cristo ma, soprattutto, la povertà della Chiesa.

Nell'abbazia è appena avvenuto un misterioso suicidio: l'abate chiede a Guglielmo di indagare con discrezione, prima dell'arrivo dei delegati papali e della Santa Inquisizione. Mentre tra i monaci si diffonde l'idea della presenza di Satana, tra le fredde mura, Guglielmo capisce che la morte è legata ai misteri della ricca biblioteca, il cui ingresso è proibito a tutti e difeso dal (pallido) bibliotecario Malachia.

Altre morti, dopo quella di Adelmo seguono: muore anche un traduttore dal greco Venanzio, e l'aiuto bibliotecario, Berengario. Tutte persone con ambigui legami, non solo di amicizia, legati ad un antico libro di greco, ritrovato sullo scrittoio di Venanzio e poi successivamente rubato.

Seguendo la pista del libro, passato di mano in mano (e chi l'ha toccato muore), Guglielmo arriva ad un passo dalla verità, ma viene bloccato dall'arrivo della delegazione papale di Gugliemo Gui, inquisitore.
Il quale preferisce seguire la più facile “pista” del demonio.
Vengono arrestati e torturati due frati, con trascorsi nel movimento eretico dei dolciniani: il cantiniere Remigio e l'aiuto, il gobbo Salvatore (un incredibile Ron Perlman, per la mimica facciale e fisica). Viene arrestata dalla guardie pontificie anche una ragazza (Valentina Vargas), con cui Adso aveva avuto un fugace amplesso nella notte dove erano andati a caccia del libro, e di cui lui si è innamorato.

Le morti e il processo agli “eretici” servono come scusa ai delegati papali (e in special modo a Gui) per bloccare la disputa teologica con i francescani. Il rogo purificherà dal demonio l'abbazia e permetterà di ristabilire gli equilibri di potere nello scontro. E il fuoco sarà il triste termine di tutta la storia. Nonostante le minacce di eresia cadano su Guglielmo stesso, egli riesce a penetrare nella biblioteca, nella mezzanotte del sesto giorno.

In un profondo scambio di battute tra Guglielmo e l'assassino, si viene a scoprire la causa di tutte le morti: il secondo libro della Poetica, di Aristotele, che tratta della Commedia e del comico. Gelosamente difeso perchè mostra il piacere del ridicolo e ciò non è bene, come spiega l'assassino “perchè il riso uccide la paura, senza paura non c'è la fede, senza paura non serve il timor di Dio. Con quel libro si potrebbe affermare che si può ridere di tutto, anche di Dio”.

Con queste parole da fuoco al libro e, involontariamente, agli altri.

E la biblioteca, sede di un sapere millenario, custode di libri, anche di altre religioni, preziosi, diviene tomba di tutta questa conoscenza. Come aveva detto profeticamente Jorge “la preservazione del sapere non è la ricerca del sapere ...”

Il libro termina con le parole di un anziano Adso rivolte alla ragazza “del mio unico amor terreno non seppi mai nemmeno il nome”.

Le scene sono girate per lo più di notte, all'interno dell'abbazia, dove lo scuro dell'assenza di luce naturale è metafora dell'assenza della luce della ragione e segno del clima ambiguo e torbido del luogo.
Manca, rispetto al libro, lo scontro tra gli italiani e gli stranieri, per il controllo del potere nell'abbazia (dove il potere è in realtà l'accesso alla conoscenza e dunque ai libri custoditi).
La lotta i movimenti minori, tra cui il movimento di Fra Dolcino, soffocati nel sangue dalla Chiesa stessa, testimonianza che “il passo che separa la tensione mistica della violenza è molto breve”. Molti di questi infatti erano costole di ordini ufficiali, come quello francescano, che chiedeva, come si è visto, più rigore morale alla Chiesa di Roma.

Chiesa che, come confida al termine Guglielmo ad Adso, ha abbracciato una fede che angoscia, che crea paure, terrore per soggiogare le masse, i semplici. Semplici che alla fine pagano per tutti. Chiesa capace solo di mettere la scritta “Ic sunt leones” sulla cima delle porte per impedirne il passaggio (ossia l'acquisizione del sapere).

Quello che proprio stona è la semplice soluzione moralistica finale, la morte del cattivo inquisitore, che deve espiare le proprie colpe.
Il film non è all'altezza del libro: con
tutto il materiale a disposizione , storico, morale, etico Annound non ha saputo scegliere la strada narrativa che più converebbe a tanto spiegamento di forze.

Il DVD su ibs.
Technorati: , ,

1 commento:

Anonimo ha detto...

OT: ho rimosso questo metapost da Kilombo perchè il limite giornaliero della nuova Carta è un metapost al giorno. ti prego di ripubblicarlo domani. grazie della collaborazione,
ciao,
Supramonte (redazine Kilombo)