25 gennaio 2010

Gli ultimi del paradiso

La vita degli operai, nel mondo del lavoro.
Le morti sul lavoro: morti spesso classificate come fatalità. Che è un modo ipocrita per nascondere la fretta con cui si deve lavorare, senza sicurezza, senza riposarsi. Perchè il tempo è denaro e il denaro è tutto.

Concorsi (universitari) truccati: persone meritevoli che vengono bocciate e altre che, per le conoscenze, sono invece premiate. Il merito e la casta.
Padroncini cinici, che usamo espressioni come "siamo una grande famiglia", per nascondere lo sfruttamento della persona. E la persona, un autista di tir, che è cpstretto all'assunzione di coca, per mantenere i ritmi, non sentire la fatica ("corri, bisonte, corri!").

Già dall'inizio, per i temi che tocca, si capisce che "Gli ultimi del paradiso" non è una fiction come le altre. Perchè si parla di persone di origini umili, spesso immigrati, che cercano nel lavoro un meccanismo di riscatto sociale, per dare ai figli quello che loro non hano avuto. Una istruzione. Un lavoro senza troppi sacrifici.
Il paradiso, appunto.
Adriano Sofri su Repubblica con un paragone un tantino azzardato, lo indica come la versione di "Rocco e i suoi fratelli" ambientato ai giorni nostri.

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