09 marzo 2010

L'isola della paura - il sogno

Come in Mistyc River, i personaggi di questo stupendo libro di Dennis Lehane vivono portandosi dietro un dolore del passato che non passa.
Come per Teddy (un agente che deve ritrovare una donna scomparsa da un manicomio su un'isola), che ricorda così la moglie persa anni prima, in un sogno.

Teddy si domandò, e non certo per la prima volta, se quello sarebbe stato il giorno in cui, finalmente, la mancanza di lei sarebbe stata troppo forte da sopportare. Se avesse potuto tornare indietro nel tempo e mettere il suo corpo al posto di quello di Dolores la mattina dell'incendio, l'avrebbe fatto. Questo era sicuro. Era sempre stata una certezza. Ma via via che passavano gli anni, lei gli mancava sempre di più, non di meno, e il suo bisogno di lei diventava una ferita che non voleva saperne di cicatrizzarsi, di smettere di sanguinare.

"L'ho tenuta tra le braccia" avrebbe voluto dire a Chuck, a Trey a Bibby. "L'ho tenuta tra le braccia mentre Bing Crosby cantava nella radio della cucina e ho sentito il suo profumo e l'odore dell'appartamento di Buttonwood e ho visto il lago dove abbiamo trascorso quell'estate e le sue labbra mi hanno sfiorato le mani.
L'ho tenuta stretta. Questo mondo non può darmi una cosa simile. Questo mondo può mostrarmi quello che non ho, che non potrò mai avere, che non ho avuto per così tanto tempo.
Dovevamo invecchiare insieme, Dolores. Avere dei bambini. Fare passegiate sotto gli alberi. Volevo guardare le rughe scolpirsi nella tua pelle e sapere quando ognuna era apparsa. Morire insieme a te. Non questo. Non questo."
"L'ho tenuta tra le mie braccia" avrebbe voluto dire, "e se sapessi con certezza che tutto ciò che serve per poterla riabbacciare ancora è morire, allora mi punterei subito la pistola alla tempia".

L'isola della paura, pagina 99

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