11 aprile 2010

Storia di un giudice, l'incipit

“Quando le montagne iniziarono ad abbassarsi e un piccolo torrente affiancò l'auto, la luce del sole diventò più forte. In lontananza si intravedeva il mare, e sentivo crescere l'emozione per quel viaggio che sapevo avrebbe cambiato la mia vita.
Quella terra mi era stata descritta da tutti come maledetta, senza speranza, dimenticata, una terra dove l'emarginazione e la violenza seono da sempre protagoniste, una terra lontana anni luce dalle sfavillanti città piene di vita e opportunità.
Chi c'era già stato diceva che era indispensabile restare il tempo minimo per ottenere il trasferimento e lasciarsi dietro le spalle quell'irrecuperabile desolazione il prima possibile.
Il mare era calmo, ma le lunghissime spiaggie bianche e pulite, nonostante il caldo tremendo, erano vuote. Il fatto che tra le tante persone che avevano avuto parole così dure nessuno avesse mai parlato della bellezza di quel posto mi provocò un certo sconforto.”

1995: Francesco Cascini, appena laureato in legge, è nominato procuratore a Locri in Calabria: sperimenta sulla sua pelle cosa significhi amministrare la giustizia e combattere la criminalità (piccola e grande) in quel territorio. Così bello, e così sfortunato. Dove capita di prendere un caffè in un bar di proprietà di una nota famiglia mafiosa. Dove nessuna parla, dove la rassegnazione è il primo nemico da combattere se si intende cambiare le cose.
Cose che a troppe persone, anche dentro lo stato, vorrebbero che non cambiassero mai.

L'autore, Francesco Cascini, oggi al Dipartimento di amministrazione penitenziaria, lo ripete spesso nel libro: come è possibile che succedano certe cose in Calabria? Ecco, leggere questo libro aiuta a capire come è la vita (e la giustizia) nel far west della ndrangheta.

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