18 maggio 2010

Pane e bugie di Dario Bressanini

Pane e bugie: i pregiudizi, gli interessi, i miti, le paure.

Viviamo in un epoca dove, noi occidentali almeno, abbiamo a disposizione attorno a noi un'abbondanza di cibo: forse è proprio questo che ci ha cambiato il modo di rapportarci ad esso.
Anche un continuo bombardamento di informazioni relative ai pericoli che si nascondono in ciò che mangiamo, rendono difficile avere le idee chiare su ciò che portiamo a tavola.
Proprio per questo Dario Bressanini, ricercatore presso il dipartimento di scienze chimiche, ha voluto racchiudere in questo manualetto i miti, le paure, i pregiudizi e gli interessi che stanno dietro ciò che mangiamo.

Cominciando dall'equivoci che esiste tra cibi naturali e cibi artificiali.
Non sempre ciò che è naturale è necessariamento buono e alla stesa maniera, non sempre ciò che è prodotto dai laboratori delle biotecnologie, è pericoloso dall'uomo.
Molti dei cibi che comunemente mangiamo, non sono venuti dal big bang originario, ma sono frutto di lunghe modificazioni, sia della natura in sè, sia dell'uomo.
Come per il pompelmo rosa: uno dei cibi cui si è arrivati dopo modificazioni con le radiazioni. Eppure lo mangiamo senza porci troppi problemi.
O anche la pasta che mangiamo ogni giorno: quella varietà di grano è ottenuta andando a modificare via radiazioni altre varietà con caratteristiche meno valide per l'industria.

Da dove nascono le tante leggende metropolitane di cui leggiamo?
Come quella della fragola con dentro il gene del pesce.
Il monossido di diidrogeno.

Spesso ci vuole poco a diffondere una notizia falsa (che nasce però da un fatto vero): come il contadino canadese cui la Monsanto ha fatto causa perchè ha usato i suoi semi senza diritti (Monsanto contro Schmeiser).
Basta il solito pregiudizio contro le multinazionali, il nostro istinto che ci mette al fianco del più debole.
La nostra diffidenza verso tutto ciò che è chimico (sebbene basterebbe alzare la testa per capire che ne siamo circondati), e invece la pacifica accettazione di tutto quanto appare come "naturale".
Ed ecco che il signor Schmeiser diventa una vittima della Monsanto.
La cocaina nell'aria che respiriamo, che è in una quantità infinitesimale nell'aria, ma basta poco a lanciare ingiustificati allarmi.

Altro tema afforntato nel libro (dove ogni capitolo termina con la lista delle citazioni e riferimenti) è quello che riguarda la migliore bontà del bio rispetto al prodotto coltivato con l'uso di fertilizzanti e persticidi chimici.
Ebbene, in base alle ricerche citate, non esisterebbe una sostanziale differenza tra i due prodotti: a favore del bio spesso giocano i luoghi comuni relativi "ai metodi di una volta", al "buon cibo che si mangiava un tempo". E anche il peso delle industrie legate ai prodotti biologici, che spesso sono dietro articoli e campagne di giornali.

Il ruolo dell'informazione diventa fondamentale, e il ricercatore scientifico lo sa bene: quando si parla di filiera corta e di km zero, per ortaggi e frutta, mettendone in evidenza i benefici che portano alla nostra salute e all'ambiente, si commette un errore.
Perchè il contadino che produce bio, vicino casa, magari ha una resa minore di uno che usa fertilizzanti. Dunque consuma più energia per avere la stessa resa o, a pari energia, produce meno. E in un mondo dove si consuma poca frutta e verdura , questo è un male.
Perchè magari per andare a comprare la frutta nei centri GAS (Gruppi di acquisto), si consuma più energia per le nostre auto, che non quella di un grosso mezzo che le porta in un supermercato.

Come vedete si fa in fretta a creare teorie che all'atto pratico mostrano delle debolezze: non sempre il km zero funziona.
Bressanini cita poi il caso della banana Cavendish, quella he oggi consumiamo abitualmente: questa varietà è a rischio per un fungo e di conseguenza la sua produzione.
L'utilizzo della cultura OGM (e dell'ingegneria genetica), trattandosi di un frutto sterile, potrebbe risolvere il problema, aiutando anche i piccoli coltivatori dei paesi del terzo mondo.

I rischi della tavola.
L'ultimo capitolo parla dei cibi che troviamo sulle nostre tavole. Potenziamente pericolosi: come il pesto, perchè nel basilico si trova una sostanza, il metileugenolo, sarebbe potenzialmente cancerogeno.
Certo, a grandi dosi, tutti giorni ... e forse nemmeno.

Il latte crudo, la cui assunzione ci espone a dei rischi, bassi, ma cuìomunque esistenti.
Il glutammato, usato nella cucina asiatica, ma presente anche in altre sostanze (come l'ottimo Parmigiano Reggiano) ritenuto causa scatenante di mal di testa.
Lo zucchero bianco: è meglio o peggio rispetto allo zucchero raffinato?

"Avrei potuto continuare a scrivere altre trecento pagine, parlando delle patate al Selenio, dell'aspartame, dei presunti danni cuasati dai forni a microonde, del Parmigoano Reggiano prodotto da anni usando mangimi geneticamente modificati o dei probioticio nello yogurt. Ma nno è necessario. Ora avete qualche mezzo in più per giudicare l'informazione che vi bombarda ogni giorno, dai giornali agli scaffali dei supermercati. Sono sicuro che la prossima volta che qualcuno vorrà terrorizzarvi parlando di qualche sostanza chimica vi chiederete 'Ma non sarà come per il DHMO?'."

Un libro che causerà sicuramente qualche polemica (nel libro Bressanini critica spesso le posizione antiscientifiche di Slow Food, di alcuni giornalisti, di blog che parlano di questi argomenti): ma ha anche il merito di fornire gli strumenti per dubitare criticamente, su quanto si legge sul cibo che mangiamo.

Il suo blog: La scienza in cucina.
La pagina, sul sito di Chiarelettere.
Il link per ordinare il libro su Internetbookshop.
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