17 ottobre 2010

L'intervista a Giuseppe Pignatone

Un riassunto dell'intervista del procuratore della repubblica di Reggio Calabria Giuseppe Pignatone a Che tempo che fa.

Il bazoka ritrovato sulla strada per il lavoro, le bombe dei mesi precedenti contro la procura generale. E infine, il pentimento del boss Antonino Lo Giudice, che si autoaccusato di quelle bombe.
Qualcosa si sta muovendo in Calabria e quei segnali sono sia una testimonianza della forza della ndrangheta, ma anche segnale del loro nervosismo.
Qualcosa, le indagini, i segnali di risveglio della società civile, il nuovo corso investigativo della procura di Reggio, ha rotto l'immobilismo che ha permesso alle cosche di governare.

L'intervista al giudice Pignatone è partita proprio da qui: i pentiti nella ndrangheta sono molto pochi, c'è ne stato un gruppo che, a metà anni 90, ha permesso il processo Olimpia.
Stanno cambiando gli equilibri?
E' presto per fare una diagnosi. Io vengo dalla Sicilia e se oggi la Sicilia vive un periodo migliore è anche grazie a realtà come Addio Pizzo e la Confindustria locale. Ma è un processo nato anche grazie al maxi processo di Falcone e Borsellino.
In Calabria siamo indietro: oggi c'è un risveglio della società civile e una ripresa nelle inchieste.
Alla fine questi pentimenti sono un segnale importante: vedremo se diranno la verità.

Lo Giudice ha parlato per evitare il sequestro dei beni?
Si è deciso per altri motivi, anche se il sequestro dei beni è una delle chiavi di volta nell'azione dello stato contro la ndrangheta.

Il cono d'ombra in cui si vive.
Reggio Calabria non ha una sede dell'Ansa, della Rai nè di un quotidiano nazionale. E una zona che vive in un cono d'ombra informativo.a
A Palermo non c'è questa situazione anche per la posizione di Palermo in Sicilia. La Calabria vive in una situazione di isolamento, e non è solo per l'autostrada Salerno Reggio Calabria che è ancora incompiuta.
Dalla Calabria non si riesce a fare uscire le notizie a meno che non si tratti di casi ecclatanti (come i casi presunti di malasanità).

Cosa è urgente far sapere?
Che la ndragheta è dapertutto: qui a Milano, ma anche in Svizzera e in Canada.
Gli ordini a tutte queste attività nel mondo partono sempre da Reggio C. che è diventata la capitale di un impero economico.

L'operazione crimine, assieme al giudice Ilda Boccassini.
Arresti che han coinvolto politici locali, imprenditori.
C'è una questione di democrazia dietro: se la ndrangheta riesce a conquistare posizioni di potere in Lombardia (il motore economico) è un problema per tutti.
Emerge una progressiva "colonizzazione" che la Calabria è riuscita a fare dei pezzi del territorio lombardo.

Il business tradizionale delle cosche è la movimentazione terra: sia per gli appalti pubblici come l'Expo, che per le imprese private.
I capitali a disposizione sono enormi e vengono usati per acquisire imprese pulite: come emerso a Roma per il "Cafe de Paris", il cui prestanome era un barbiere al suo paese. Nessuno si è chiesto come potesse un barbiere disporre di questi soldi.

La densità mafiosa.
A Bagheria, su 55000 abitanti, 50 erano/sono affiliati a Cosa nostra.
In un paesino della Calabria, su 10000 abitanti, sono affiliati 500-600.

Questi i numeri della densità mafiosa: ma non ci possiamo arrendere al male, bisogna essere consapevoli che il problema è questo.
E a questo si è arrivati anche per la disattenzione e il silenzio che circonda la ndrangheta.

Cosa serve?
Servono risorse economiche, servono giudici, e serve il risveglio della società civile.

Come commenta le parole di Pisanu sulle liste di indegni?
"Riconoscerete i buoni alberi dai frutti che daranno", dice il Vangelo e io so ricnoscere le persone dalle loro azioni.

Le mafie esistono da 150 anni, si dice che siano nate con l'unità d'Italia: ci dobbiamo togliere l'illusione di sconfiggerle con la bacchetta magica. E' una battaglia di lunga durata.
Ognuno di noi deve fare la sua parte e anche l'informazione deve essere attenta.

Come si convive con la paura?
Non è piacevole, ma io sono uno che pensa che il destino non dipenda da noi.
Il che non significa non prendere tutte le cautele necessarie.







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