29 novembre 2010

Report - girano le pale

Molto interessante l'inchiesta di Alberto Nerazzini sullo stato dell'energia rinnovabile in Italia.
Si scopre così che nonostante gli impegni di Kioto, siamo ancora dipendenti dalle fonti non rinnovabili, e ancora si sente parlare di nucleare.
Non esistendo un piano nazionale sulle energie rinnovabili che coordini la pianificazione dei nuovi impianti, ogni regione fa da se: grazie agli incentivi più alti d'Europa, abbiamo un picco di richieste per nuovi impianti (il doppio di quelli necessari).
Spuntano impianti eolici, dai monti dell'Appennino, anche in zone a vincolo paesaggistico, al sud, come in Calabria e Puglia (il 90% degli impianto eolici sono al sud).
Un bel business, su cui dietro c'è ma mano della criminalità (nonostante l'assessore con delega all'energia di Crotone cada dalle nuvole ..).

Incentivi che dovrebbero favorire tutti, per avvicinarci all'obiettivo di abbattere le emissioni di Co2: per potenza installata siamo davanti agli USA e questa è una buona notizia.
Ma, mentre i piccoli che vogliono costruirsi un piccolo impianto fotovoltaico per rendere indipendente il loro appartamento annegano nella burocrazia, hanno difficoltà a ricevere finanziamenti dalle banche e ricevono i rimborsi dal Gestore dell'energia con grande ritardo (o non lo ricevono proprio), i grandi impianti vanno a gonfie vele.

La strada scelta per prendere i soldi degli incentivi è stata farseli pagare in bolletta: l'ha spiegato il sottosegretario Saglia, se si fosse prelevato con le tasse, molti non avrebbero scelto la strada verde.
E invece, i rincari in bolletta (abbiamo le tariffe più alte, nonostante gli incentivi), sono così proprio perchè dentro ci sono le voci per il nucleare (componente A2), per 1 miliardo; gli incentivi per le rinnovabili (3,2 miliardi, componente A3). E poi altre tasse occulte, come la componente A6, 2 miliardi per ripagare l'Enel dalla liberalizzazione, per un totale di 300 milioni di euro all'anno.

E le autorithy? Intervistato dal giornalista, un dirigente dell'AEG, spiegava come le loro voci non sono state ascoltate e che vigileranno sulla trasparenza delle bollette.

Un capitolo interessante è stato il rimborso, difficoltoso, per i piccoli produttori che ha fine anno fanno un conguaglio per icevere i rimborsi dell'energia immessa in rete. Di chi la colpa? Un bel rimpalleggio tra Enel, Enel Green Power e il Gestore dei Servizi di stato.
Enel che si è buttata nelle energie rinnovabili, tramite Green Power: forse anche per rastrellare dei soldi dai risparmiatori per ripianare il debito di Enel stessa (50 miliardi circa).
Ma poi viene fuori che Enel Green Power paga le tasse (non si sa quante) all'estero, nel Delaware poiche lì "c'è un regime fiscale positivo".
Sarebbe interessante sapere cosa ne pensa Tremonti, visto che l'Enel è per il 30% del tesoro.
E non è solo questo: visto gli obiettivi, per ogni impianto "verde" che si progetta, un impianto da energie non rinnovabili dovrebbe essere dismesso. Invece, come raccontava in un dibattito accesso il giornalista Carlo Vulpio, l'Ilva di Taranto continua a inquinare e uccidere.
E guai a chi si mette contro l'Enel: perfino uno come Sgarbi parlava di censura contro articoli critici sull'eolico.

La farsa dei certificati verdi.
I produttori di energia "sporca" devono comprare i certificati verdi dalle aziende produttrici di energia pulita: questi certificati costano e cosa si fa allora? Si aggira la legge comprando energia dall'estero, da aziende che si autocertificano con altri "certificati di origine" falsi.
"L’altro punto su cui si concentra Report è il traffico di energia rinnovabile importata dall’estero dai produttori di energia sporca (gas, petrolio) che sono tenuti a ripulirsi, comprando “certificati verdi” da chi produce usando fonti rinnovabili (un complicato sistema per trasferire soldi da chi inquina a chi è più “verde”). Il 31,6 per cento di tutta l’energia elettrica consumata in Italia proviene da fonti rinnovabili, cioè da centrali idroelettriche, biomasse, geotermia, eolico e solare. Questo dato è lo stesso che è comunicato ai consumatori: compare nella tabella del mix energetico che da maggio scorso le aziende fornitrici di elettricità, come l’Enel, devono pubblicare sui loro siti e sulle bollette. Un dato che sembra descrivere un’Italia sulla buona strada nel raggiungimento dell’obiettivo concordato con l’Europa per il 2020. Peccato però che la quantità di energia (32mila gigawatt) importata che il Gse (Gestore Servizi Energetici) considera verde possa essere computato dall’Italia come energia da fonte rinnovabile per il raggiungimento degli obiettivi europei del 2020. “Le garanzie d’origine non sono sufficienti per il conteggio del target italiano”, ammette Gerardo Montanino, direttore operativo di Gse."

La direttiva europea che stabilisce gli obiettivi del 2020 prevede infatti che uno Paese possa conteggiare l’energia verde importata solo se c’è uno specifico accordo con il Paese esportatore. Questi accordi per il momento non ci sono e quindi l’energia verde di cui parla il Gse, ai fini degli obiettivi del 2020, conta zero. E questo per i prossimi sei anni, visto che secondo il Piano di azione nazionale per le energie rinnovabili, stilato dal ministero dello Sviluppo economico, i primi giga verdi d’importazione saranno computabili come consumati in Italia solo nel 2016: dei 9mila Gwh previsti, 6mila arriveranno dal Montenegro. Sempre che venga realizzato un cavo di interconnessione attraverso l’Adriatico. Insomma per gli obiettivi del 2020 le garanzie d’origine non contano nulla. E ora sembra avere dubbi sulla loro reale utilità anche il sottosegretario del ministero dello Sviluppo economico Stefano Saglia, che a Report dice: “Importiamo energia ed è quasi tutta con certificato di garanzia da fonte rinnovabile, ma invece non lo è”. Perché, quindi ci si affida tanto all’estero? Come sempre è questione di soldi."

L'eolico in Calabria.
"Tra un pò in Calabria si vola", commentava così un operaio addetto allo spostamento delle pale, per tutti gli impianti di eolico che si stanno costruendo.
Impianti che vengono progettati anche da aziende del nord, su cui indaga la magistratura calabrese, come il pm Pierpaolo Bruni.
Indagine che ha fatto emergere situazioni di conflitti di interesse (un controllore della regione che ha poi lavorato con la Edison). Funzionari comunali indagati, i cui figli sono poi stati assunti in comune (sempre nell'assessorato di cui si parlava sopra), che avevano spianato la strada al progetto senza considerare i vincoli sul territorio.
E' positivo quanto sta progettando Edison al sud, ma in questo modo Edison non dismette impianti non "verdi" e così si può fabbricare certificati in casa.
E soprattutto, senza pianificazione, in Calabria si rischia di avere più pali che alberi.

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