31 maggio 2012

Dentro e fuori

Dentro e fuori il palazzo: dentro si discute al solito dei rischi dell'antipolitica e dell'annoso problema dell'onorevole ripreso da un giornalista mentre sonnecchiava.

Fuori, persone rovinate dal terremoto, e il ministro Clini ci dice che ci vorranno "15 anni per mettere in sicurezza il suolo". Possiamo aspettare allora ... Nel frattempo, altro cemento.

Dentro si discute di corruzione (senza disturbare troppo) e il governo viene battuto su un ex emendamento PD che "introduce la responsabilità erariale dei pubblici dipendenti che ricevono compensi indebiti".

Fuori, ci sono gli operai che raccontano di essere stati costretti ad andare a lavorare, dopo il terremoto, pena il licenziamento.
Molti erano precari, dunque ancor più ricattabili.



Ma adesso ci penserà questo governo, con la maggioranza illuminata che lo sostiene, a risolvere il problema: con la riforma Fornero, saremo tutti ricattabili.
Al lavoro, e se arriva la scossa (o se l'ambiente non è a norma), taci..
Pensavo alla sfilata sobria del 2 giugno: in fondo è meglio che ce la godiamo, perchè potrebbe essere l'ultima. Se l'anno prossimo arriva Silvio al Quirinale, chissà cosa ci tocca assistere.

Morire per lavoro


“O lavori con le scosse o ti metti in ferie”: l'articolo di Emiliano Liuzzi su Il fatto quotidiano.

Ventiquattro ore dopo la scossa che ha sepolto i lavoratori, distrutto capannoni, viene da chiedersi perché fossero lì dentro a lavorare e non, come tante altre persone all'aperto, a preoccuparsi della loro pellaccia più che dei bilanci da fare, del premio produttivo da raggiungere, dello stipendio. Volontari in barba alle leggi della natura? Manco per idea. In molte aziende, quelle piccole, da dieci, quindici dipendenti, le richieste le ha fatte il direttore generale, il padrone direttamente, il ragioniere dell'amministrazione. “Noi siamo qui”, ha detto il piccolo imprenditore di turno via telefono ai suoi dipendenti. Un “noi siamo qui” che in molti casi ha suonato come “meglio che rientriate, perché se non lavoriamo oggi è un problema mio, domani un problema vostro”. Lo raccontano al Fatto Quotidiano non una, ma diverse persone. Tanti immigrati tunisini, ripresi anche in video. “Evitatemi di finire licenziato, proprio io che sono tornato a lavorare”, dice uno degli ospiti del campo allestito a Cavezzo. “Mi hanno costretto e sono rientrato”. Lo dice anche il marito di una donna che la mattina di lunedì 21 maggio è stata “gentilmente” invitata a rientrare. “E mia moglie è andata. Lavora in un'azienda del settore della meccanica da 20 anni. È tornata in ufficio. Si è salvata per miracolo, è stata l'ultima a uscire dalla porta d'emergenza. Il caso di mio zio – prosegue l'uomo – la dice ancor più lunga. Lo hanno chiamato i colleghi e spiegato che sul cancello della ditta c'era un cartello, che era meglio che passasse a leggerlo. Che cosa c'era scritto? Invito molto armonioso e gentile: c'è stato il terremoto, ma la vita continua. Chi vuole lavora, gli altri possono prendersi le ferie. Liberissimi di farlo”.
   ECCO PERCHÉ non c'era nessuno nelle case, ma c'erano molte persone a lavorare. Non è successo niente di diverso. Alla Haemotronic gli operai nella maggior parte dei casi sono assunti con contratto a tempo. In questo caso non c'è stata nessuna pressione per tornare, ma sotto le macerie sono morti i precari. L'azienda è un colosso della biomedica, i problemi non c'erano, ma avevano la certificazione per tornare al lavoro. Nessun rischio, nessun pericolo. Le pareti por-tanti hanno resistito, è il resto che è crollato.
   D'altronde avere l'agibilità, anche in casi di massima emergenza, è un gioco da ragazzi . Basta un ingegnere pagato dall'azienda che dice se è possibile rientrare. “Non potevamo prevedere un'altra scossa, non era prevista, eravamo convinti di poter lavorare”, dice uno dei soci della Haemotronic tra le lacrime, Mattia Ravizza. E nessuno mette in dubbio la sua parola. C'era anche lui lì, dentro, ha rischiato come gli altri. E non è un eroe.
   Ma quei lavoratori erano dove non dovevano essere. Lo ha detto il procuratore della Repubblica di Modena, Vito Zincani. E ha fatto capire dove andrà a parare la sua inchiesta. Strutture, progetti, direzione dei lavori. Ma soprattutto dovrà farsi spiegare perché a Medolla gli operai erano in fabbrica mentre il paese era quasi completamente evacuato. Chi ha dato l'agibilità, chi l'ha firmata? E perché tante di quelle carrozzerie che coprono così potenti motori del secondo comparto mondiale per la biomedica, dietro solo a Memphis per produzione, si sono sciolte come panetti di burro.

Ventiquattro ore dopo la scossa che ha sepolto i lavoratori, distrutto capannoni, viene da chiedersi perché fossero lì dentro a lavorare e non, come tante altre persone all'aperto, a preoccuparsi della loro pellaccia più che dei bilanci da fare, del premio produttivo da raggiungere, dello stipendio. Volontari in barba alle leggi della natura? Manco per idea. In molte aziende, quelle piccole, da dieci, quindici dipendenti, le richieste le ha fatte il direttore generale, il padrone direttamente, il ragioniere dell'amministrazione. “Noi siamo qui”, ha detto il piccolo imprenditore di turno via telefono ai suoi dipendenti. Un “noi siamo qui” che in molti casi ha suonato come “meglio che rientriate, perché se non lavoriamo oggi è un problema mio, domani un problema vostro”. Lo raccontano al Fatto Quotidiano non una, ma diverse persone. Tanti immigrati tunisini, ripresi anche in video. “Evitatemi di finire licenziato, proprio io che sono tornato a lavorare”, dice uno degli ospiti del campo allestito a Cavezzo. “Mi hanno costretto e sono rientrato”. Lo dice anche il marito di una donna che la mattina di lunedì 21 maggio è stata “gentilmente” invitata a rientrare. “E mia moglie è andata. Lavora in un'azienda del settore della meccanica da 20 anni. È tornata in ufficio. Si è salvata per miracolo, è stata l'ultima a uscire dalla porta d'emergenza. Il caso di mio zio – prosegue l'uomo – la dice ancor più lunga. Lo hanno chiamato i colleghi e spiegato che sul cancello della ditta c'era un cartello, che era meglio che passasse a leggerlo. Che cosa c'era scritto? Invito molto armonioso e gentile: c'è stato il terremoto, ma la vita continua. Chi vuole lavora, gli altri possono prendersi le ferie. Liberissimi di farlo”.
   ECCO PERCHÉ non c'era nessuno nelle case, ma c'erano molte persone a lavorare. Non è successo niente di diverso. Alla Haemotronic gli operai nella maggior parte dei casi sono assunti con contratto a tempo. In questo caso non c'è stata nessuna pressione per tornare, ma sotto le macerie sono morti i precari. L'azienda è un colosso della biomedica, i problemi non c'erano, ma avevano la certificazione per tornare al lavoro. Nessun rischio, nessun pericolo. Le pareti por-tanti hanno resistito, è il resto che è crollato.
   D'altronde avere l'agibilità, anche in casi di massima emergenza, è un gioco da ragazzi . Basta un ingegnere pagato dall'azienda che dice se è possibile rientrare. “Non potevamo prevedere un'altra scossa, non era prevista, eravamo convinti di poter lavorare”, dice uno dei soci della Haemotronic tra le lacrime, Mattia Ravizza. E nessuno mette in dubbio la sua parola. C'era anche lui lì, dentro, ha rischiato come gli altri. E non è un eroe.
   Ma quei lavoratori erano dove non dovevano essere. Lo ha detto il procuratore della Repubblica di Modena, Vito Zincani. E ha fatto capire dove andrà a parare la sua inchiesta. Strutture, progetti, direzione dei lavori. Ma soprattutto dovrà farsi spiegare perché a Medolla gli operai erano in fabbrica mentre il paese era quasi completamente evacuato. Chi ha dato l'agibilità, chi l'ha firmata? E perché tante di quelle carrozzerie che coprono così potenti motori del secondo comparto mondiale per la biomedica, dietro solo a Memphis per produzione, si sono sciolte come panetti di burro.

Il capitano


Una premessa. Avevo sempre pensato che al centro dello sport ci fossero il rispetto dell'avversario e il rispetto delle regole. E che l'importante non fosse vincere, ma partecipare.
Detto ciò, viene da chiedersi che fine abbiano fatto questi principi nel principale sport italiano, quello che eufemisticamente è chiamato “gioco del calcio”.

E mi riferisco, in particolare, alle dichiarazioni del capitano della nazionale.
Dopo le perquisizioni, le notizie sulle scommesse nel calcio, le partite vendute (o presunte venduto, visto che siamo garantisti), di fronte ai giornalisti ha detto:

Chi conosce il calcio e lo vive giorno dopo giorno, sa cosa succede. Se ogni tanto qualcuno fa qualche conto è anche giustificato. In molti casi, come si dice, ‘meglio due feriti che un morto’”.

A parte il riferimento a morti e feriti, nel giorno dei morti per il terremoto, è il tono delle parole che mi lascia sgomento. Sta parlando uno sportivo, o un politico nostrano? Uno di quelli che aspetta serenamente l'esito della magistratura, non si devono anticipare le condanne, che uno è innocente fino a prova definitiva ..
E cosa vuol dire con “Se ogni tanto qualcuno fa qualche conto è anche giustificato”: è come l'evasione delle tasse? Che quando lo stato ti chiede più del 50% è moralmente corretto evadere?
Parliamo dello stesso giocatore che dopo Milan Juventus e il gol “non visto” dal guardialinee furbescamente nascosto dal portiere stesso, disse “non ho visto se la palla è entrata, ma non avrei aiutato l'arbitro”.

Che fine ha fatto l'etica? Che fine ha fatto lo sport? Quello vero intendo.
Tutto finito.
L'importante è vincere, a qualunque costo. O anche spartirsi la torta delle scommesse , per tutto il mare di soldi che girano: Buffon non sarà ascoltato dal pm e non è indagato. Ma una parola di scuse, a tutela dello sport la aspettavamo.
E invece la solita difesa d'ufficio: come un politico da seconda repubblica, appunto.
D'altronde anche la politica, è stata uccisa dai troppi soldi pubblici.

30 maggio 2012

Il corso del paese

Scrive Sallusti :
Sul tavolo della politica c'è la riforma proposta dal Pdl che potrebbe cambiare il corso del Paese, ma i giornali preferiscono occuparsi d'altro, e forse non a caso. 

Forse si è dimenticato della prima pagina del suo giornale di oggi che, nei giorni del calcioscommesse, del Vatican-leaks , dello spread a 480, della riforma del lavoro che verrà presentata con la fiducia, del terremoto e delle 17 vittime, titolava sull'uscita di Monti.
Come al solito, queste uscite vanno prese e ribaltate come significato. E' proprio la proposta di Berlusconi sul presidenzialismo che è un voler parlar d'altro e non dei problemi degli italiani. Altro che "riforma che potrebbe cambiare il corso del paese .."

Banche o cosa?

Massimo Ponzellini (BPM) è finito ai domiciliari, con l'accusa di associazione a delinquere: l'inchiesta lega finanziamenti facili ai politici e anche alla Atlantis (poker online) del figlio del boss Corallo.

Con Ponzellini e Cannalire a essere colpito dalle misure cautelari c'è anche Francesco Corallo (per lui, che vive all'estero, il Gip ha chiesto il carcere). Corallo è il titolare della società di giochi d'azzardo Atlantis-Bplus, che ha usufruito di finanziamenti a pioggia (140 milioni) dalla Bpm a fronte - è la tesi della procura - del pagamento o della promessa di pagamento di quattro milioni di euro che sarebbero affluiti attraverso fatture false alla società Gm762, riconducibile allo stesso Ponzellini.
Stefano Elli - Il Sole 24 Ore - leggi su http://24o.it/jvQA8


Alessandro Profumo, l'ex Ad di Unicredi è indagato per elusione fiscale: avrebbe gonfiato i profitti per pagare meno tasse:

Secondo l'accusa la banca avrebbe provocato un danno all'erario di oltre 700 milioni di euro. L'operazione concordata con Barclays. Profumo ora rischia una pena da otto mesi a sei anni. Lo studio tributario fondato da Tremonti aveva dato il via libera all'operazione

La banca dei ministri Passera e Fornero, Intesa San Paolo ha 1159 ml di euro di imposte eluse o evase, per cui ha effettuato una transazione di qualche centinaia di ml di euro con l'Agenzia delle Entrate.

E’ accaduto che l’agenzia delle Entrate avesse accertato l’evasione da parte di Banca Intesa di 1.150 milioni di euro durante la caotica e per molti versi oscura fase che ha portato alla fusione col gruppo San Paolo di Torino. Il contenzioso con il fisco è stato risolto con una transazione con la quale Banca Intesa ha accettato di pagare 270 milioni di euro.

La finanza è entrate qualche settimana fa dentro gli uffici di MPS, per un'inchiesta sull'acquisto di Antonveneta.

Ah, parliamo di banche anche se non si capisce.

Dacci oggi il nostro male quotidiano

Pare che in questo paese non si possa rinunciare alla sfilata del 2 giugno: ci va del decoro della Repubblica italiana, si dice. E comunque, assicura il presidente , sarà una sfilata sobria, i soldi per i preparativi sono già stati spesi, e rinunciare alla parata è cosa da demagoghi populisti.

Ma sarebbe stato un bel gesto, simbolico: un gesto che avrebbe dato una maggiore credibilità a questo paese. Altro che sfilata.

Pare, inoltre, che questo paese non possa rinuciare al campionato di calcio: quella macchina che brucia i bilanci delle aziende del calcio, pure quotate in borsa e con voragini nei bilanci.
La proposta di Monti di sospendere il campionato, su cui sono assolutamente d'accordo, è stata definita "indegna" dal presidente Zamparini, mentre gli arrestavano un ex dirigente del suo Palermo.

E pare ancora che, i partiti italiani, la cinghia di trasmissione delle istanze dei cittadini, per usare le parole di Napolitano, non possano permettersi di rinunciare ai finanziamenti pubblici cammuffati da rimborsi elettorali.
Così come non possono rinunciare ad una riforma della TV pubblica, ad una legge elettorale "porcata", ad una legge anticorruzione degna di un paese civile.
Con i soldi dei partiti si poteva fare qualcosa per i terremotati dell'Emilia, lo stesso se si fosse rinunciato a qualcuna delle grandi opere (il terzo valico tra Milano e Genova, il TAV in val di Susa, l'AV Venezia Trieste, tutte opere senza piano finanziario dove dunque non è chiaro quale sia il peso sul contribuente).
Quante persone devono ancora morire (e ancora, è giusto che in Italia si debba morire ancora sul lavoro)? Quante opere d'arte devono ancora crollare? Quanti mesi dovranno rimanere nelle tende, gli sfollati?

Dacci oggi il nostro male quotidiano ...
A proposito, dopo il terremoto del Friuli, la parata del 2 giugno fu solo simbolica.

Ps: non me ne ero accorto, ma Wil lo ha postato subito. La copertina de il giornale di oggi. Senza parole

 

29 maggio 2012

I nodi vengono al pettine

Ce li ricorderemo per bene questi mesi che stiamo vivendo.
Una crisi che sembra peggiorare ogni giorno nonostante i tagli e i sacrifici.
L'emoraggia nei posti di lavoro, l'allontanamento degli elettori dai partiti che ogni giorno che passa si dimostrano sempre meno all'altezza per la risoluzione dei problemi.

E ora, dopo le scosse delle elezioni e della bomba a Brindisi, le scosse del terremoto in Emilia.
Tutti i nodi vengono al pettine: le costruzioni non a norma, l'assenza di una mappatura delle zone a rischio, la gente che non sa cosa fare.
E questo il momento in cui lo Stato riesce a riconquistare credibilità, rinunciando subito a sfilate, grandi opere per altro cemento, le solite leggi ad personam (per salvare le solite persone), per dedicarsi alle vittime delle scosse e evitare altre vittime.

Le ultime parole di Falcone e Borsellino, di Antonella Mascali

Scrive nella prefazione il giudice Roberto Scarpinato:
“Più trascorrono gli anni e più cresce la mia sensazione di disagio nel partecipare il 23 maggio e il 19 luglio alle pubbliche cerimonie commemorative delle stragi di Capaci e di via D'Amelio. La retorica di stato ha i suoi rigidi protocolli ed esige che il discorso pubblico venga epurato da ogni sconveniente riferimento alle travagliate vicende che segnarono le vite di Giovanni Falcone e di Paolo Borsellino, preparandone lentamente la morte.
Relegando nel fuori scena della storia quelle vicende, questa forma di autocensura consegna così alla memoria collettiva una narrazione tragica e, nello stesso tempo, semplice e pacificata, che si può riassumere nei seguenti termini: Giovanni Falcone e Paolo Borsellino furono assassinati perchè con il loro lavoro di integerrimi magistrati, culminato nelle condanne inflitte con il maxiprocesso, erano il simbolo di uno stato che aveva sferrato un colpo mortale a cosa nostra, mandando in frantumi il miti della sua invincibilità ”.
E, continua più avanti l'autrice Antonella Mascali
“Giovanni Falcone e Paolo Borsellino non sono eroi. E non volevano essere eroi. Erano e volevano essere servitori dello Stato. Giovanni Falcone e Paolo Borsellino sono diventati martiri della Patria perchè sono stati lasciati soli. Perchè, come dice il procuratore Gian Carlo Caselli, ciascuno di noi non ha fatto il proprio dovere fino in fondo. Giovanni Falcone e Paolo Borsellino erano magistrati isolati. Ostacolati. Calunniati.”

Qual'è allora, il modo migliore per ricordare veramente cosa sono stati Falcone e Borsellino, e tutti gli altri servitori dello Stato, morti nella battaglia per la legalità? Ricordare le loro parole, i loro discorsi, le loro interviste (che molte polemiche suscitarono), gli articoli sulle riviste.
L'autrice ha voluto mettere insieme diversi interventi scritti negli anni dalla metà degli anni '80 fino al 1992: l'unica modo per comprendere meglio cosa intendessero Falcone e Borsellino quando parlano di giustizia, pentitismo, di lotta alla mafia, della mafia al nord, di credibilità di uno Stato e di questione meridionale è proprio rileggersi le loro parole.

Oggi in troppi riutilizzano la loro figura in contrapposizione di “eroi dell'antimafia” per metterli in contrasto a quei magistrati che, sempre nell'ennesima solitudine, stanno facendo oggi il loro dovere di uomini dello Stato. Penso a Gian Carlo Caselli, Antonio Ingroia, a Sergio Lari, Nino Di Matteo, Domenico Gozzo: Falcone sì che era garantista, che portava a processo prove certe che arrivavano a sentenza e non “teoremi”.

In realtà in questo libro se ne trovano due : l'introduzione del giudice Scarpinato è ben più della solita prefazione che apre saggi del genere, ma bensì una ricostruzione storica e politica della lotta alla mafia in Italia.
Una lotta che è stata portata avanti sempre con mezzi e leggi di emergenza, poiché la mafia non è mai stata estranea al sistema di potere (criminale) delle nostre classi dirigenti.
Più che di lotta alla mafia bisognerebbe infatti parlare di contenimento della mafia: la “convergenza di interessi” tra sistema politico e sistema mafioso ha partorito quei nefasti intrecci che poi (con grave ritardo) le sentenze della magistratura hanno stabilito.
Negli anni '80, a seguito dei cadaveri eccellenti nelle istituzioni (Reina, Mattarella, La Torre, Dalla Chiesa, ma anche il giudice Terranova, il colonnello dei carabinieri Russo e il capitano Basile, il capo della squadra Mobile Boris Giuliano), a Palermo iniziò una stagione formidabile di inchieste, portate avanti dai magistrati del pool. Erano inchieste in cui la magistratura per la prima volta rivendicava un ruolo attivo (da “magistrati sceriffo” si disse) nel seguire le indagini sulla mafia criminale ma anche della mafia economica. Falcone seguì la pista dei soldi, partendo dalle indagini sul costruttore Spatola, per arrivare ad individuare le tracce del traffico di droga di cosa nostra con gli Stati Uniti.
Per la prima volta lo Stato e le istituzioni e la magistratura sembravano voler riconquistarsi quella credibilità, quella terzietà, quel ruolo che la Costituzione sancisce.
Erano finiti i “bei tempi” in cui il giudice istruttore non scopre nulla, che al massimo condanna qualche ruba galline, in cui si inauguravano gli anni giudiziari sostenendo la non esistenza della mafia.
Il pool scoprì (ma forse questa è una parola grossa) quel “Contesto”, per dirla alla Sciascia fatto da amministratori, politici locali e nazionali, prefetti e questori, avvocati e imprenditori, mafiosi e collusi coi mafiosi, tutti a braccetto in un unica foto.
Da qui partirono gli attacchi al pool e ai singoli magistrati: Torquemada, attentatori all'economia dell'isola, giudici politici che vogliono attaccare la Democrazia Cristiana, giudici sceriffi.
Sembra incredibile, ma a Falcone e Borsellino, quelli che oggi vengono ricordati in pompa magna, negli anni '80 furono vittime di richiami dal CSM, di volgari campagne stampa. Attaccati sui giornali dal corvo (uno che sapeva troppe cose) e da comuni cittadini che rivendicavano un po' di quiete, senza quelle sirene.

Falcone, lo stesso che oggi viene messo ad esempio, in contrapposizione ai magistrati giustizialisti e presenzialisti, fu bocciato alla nomina di giudice istruttore, fu bocciato al Csm, alla carica di Ispettore anti mafia, alla carica di superprocuratore.
Borsellino, se ne andò a Marsala ad aprire anche in quella parte dell'isola il filone delle inchieste sulle cosche, mai esplorato prima.
E dopo la morte di Falcone, rimase ancora più solo: escluso dalle indagini dal capo Giammanco, non fu mai sentito dai pm di Caltanissetta. Quelli che poi seguirono la falsa pista Scarantino.

Conclude Scarpinato:

"La realtà che abbiamo vissuto e sofferto con Giovanni e Paolo racconta che, diversamente da quanto si ripete nelle cerimonie ufficiali, il male di mafia non è affatto solo fuori di noi, è anche 'tra noi'. Racconta che gli assassini e i loro complici non hanno solo i volti truci e crudeli di coloro che sulla scena dei delitti si sono sporcati le mani di sangue, ma anche i volti di tanti, di troppi sepolcri imbiancati. Un popolo di colletti bianchi che hanno frequentato le nostre stesse scuole e che affollano i migliori salotti: presidenti del Consiglio, ministri, parlamentari nazionali e regionali, presidenti della Regione siciliana, vertici dei servizi segreti e della polizia, alti magistrati, avvocati di grido dalle parcelle d'oro, personaggi apicali dell'economia e della finanza e molti altri. Tutte responsabilità penali certificate da sentenze definitive, costate lacrime e sangue, e tuttavia rimosse da una retorica pubblica e da un sistema dei media che, tranne poche eccezioni, illumina a viva luce solo la faccia del pianeta mafioso abitata dalla mafia popolare, quella del racket e degli stupefacenti, elevando una parte a simbolo del tutto."

L'elenco degli interventi raccolti:
  • Cose di cosa nostra, Giovanni Falcone
  • Discorso agli studenti dell'istituto tecnico di Bassano del Grappa tenuto da Paolo borsellino il 26 gennaio 1989 (un pezzo del video).
  • La lettera ad una professoressa che Borsellino scrisse alle 5 di mattina il 19 luglio 1992.
  • Recensione di Giovanni Falcone del libro di Saverio Lodato “10 anni di mafia” (qui il link per ordinare l'ultimo volume di Lodato).
  • La mafia come antistato, intervento di Falcone al convegno “I problemi della criminalità organizzata” 1989.
  • Intervento di Giovanni Falcone al dibattito organizzato a Palermo il 17 dicembre 1984 da Unità per la Costituzione.
  • Contributo di Giovanni Falcone al titolo “Valutazioni probatorie relative al pentitismo” tenuto nel 1986 a Torino da parte dell'ANM.
  • Il diario di Falcone, pubblicato da Liana Milella sul Sole 24 ore.
  • L'articolo uscito nel 2002 su l'Unità di Saverio Lodato, sull'ultimo incontro con Falcone “La solitudine di Giovanni Falcone”.
  • Prefazione di Falcone al libro “Estorti e riciclati”, libro bianco della confesercenti a cura di MassimoCecchini, Milano 1992.
  • Intervista rilasciata da Paolo Borsellino ad Attilio Bolzoni “Il pool antimafia smantellato” (link); intervista rilasciata da Borsellino a Saverio Lodato il 20 luglio 1988 “Vogliono smantellare il pool antimafia” (link). 
  • Veglia per Giovanni Falcone, 23 giugno 1992, Palermo.
  • Discorso tenuto alla biblioteca comunale di Palermo, il 25 giugno 1992.
  • L'ultima intervista di Paolo Borsellino ai giornalisti Calvi e Moscardo il 21 maggio 1992.
  • Intervista al TG5 con Lamberto Sposini il 25 giugno 1992.
  • Discorso di commiato tenuto alla Procura di Marsala il 4 luglio 1992 “Me ne sono andato in punta di piedi”.

Pretesti di lettura

"Occorre evitare che si ritorni di nuovo indietro. Occorre dare un senso alla morte di Giovanni, della dolcissima Francesca, dei valorosi uomini della sua scorta. Sono morti tutti per noi, per gli ingiusti, abbiamo un grande debito verso di loro e dobbiamo pagarlo gioiosamente, continuando la loro opera. Facendo il nostro dovere; rispettando le leggi anche quelle che ci impongono sacrifici; rifiutando di trarre dal sistema mafioso anche i benefici...; collaborando con la giustizia; testimoniando i valori in cui crediamo, in cui dobbiamo credere, anche dentro le aule di giustizia... dimostrando a noi stessi e al mondo che Falcone è vivo."
Paolo Borsellino alla veglia per Giovanni Falcone, 23 giugno 1992.

"Mai avuto la tentazione di abbandonare questa lotta. L'unica cosa che chiederei è che questa tensione non venga mai meno. Gli uomini passano, le idee restano. Restano le loro tensioni morali e continueranno a camminare sulle gambe di altri uomini."
Giovanni Falcone.

"C'è una trattativa tra la mafia e lo Stato dopo la strage di Capaci, c'è un colloquio tra la mafia e alcuni pezzi infedeli dello Stato, c'è questa contiguità tra mafia e pezzi deviati dello Stato [...] Mi ucciderà la mafia, ma saranno altri che mi faranno uccidere, la mafia mi ucciderà quando altri lo consentiranno [...]."
Paolo Borsellino durante un colloquio con la moglie.

"... lo Stato non si presenta con la faccia pulita [...] Che cosa si è fatto per dare allo Stato, in queste regioni e comunque dappertutto in Italia, un'immagine credibile? [...] la vera soluzione sta nell'invocare, nel lavorare perché uno Stato diventi più credibile, perché noi ci dobbiamo identificare di più in queste istituzioni."
Paolo Borsellino nel discorso tenuto agli studenti di Bassano del Grappa, 26 gennaio 1989.

"Il vigliacco muore più volte al giorno, il coraggioso una volta sola. L'importante non è stabilire se uno ha paura o meno. È saper convivere con la propria paura, non farsi condizionare dalla stessa. Il coraggio è questo, altrimenti non è più coraggio, è incoscienza."
Giovanni Falcone.

"È penoso quello che ho dovuto ascoltare nei corridoi di questo palazzo, constatare che, tranne pochi, tutti sono contenti per il fatto che me ne sto andando."
Giovanni Falcone, prima di lasciare la Procura di Palermo.

« All’inizio degli anni Settanta Cosa Nostra cominciò a diventare un’impresa anch’essa. Un’impresa nel senso che attraverso l’inserimento sempre più notevole, che a un certo punto diventò addirittura monopolistico, nel traffico di sostanze stupefacenti, Cosa Nostra cominciò a gestire una massa enorme di capitali. Una massa enorme di capitali dei quali, naturalmente, cercò lo sbocco. Cercò lo sbocco perché questi capitali in parte venivano esportati o depositati all’estero e allora così si spiega la vicinanza fra elementi di Cosa Nostra e certi finanzieri che si occupavano di questi movimenti di capitali, contestualmente Cosa Nostra cominciò a porsi il problema e ad effettuare investimenti. Naturalmente, per questa ragione, cominciò a seguire una via parallela e talvolta tangenziale all’industria operante anche nel Nord o a inserirsi in modo di poter utilizzare le capacità, quelle capacità imprenditoriali, al fine di far fruttificare questi capitali dei quali si erano trovati in possesso »
L'ultima intervista di Paolo Borsellino, dove parla della nuova mafia imprenditrice e di Mangano e Dell'Utri

"No, io non mi sento protetto dallo Stato."

Vi è stata una delega totale e inammissibile nei confronti della magistratura e delle forze dell'ordine a occuparsi esse solo del problema della mafia [...].

"L'equivoco su cui spesso si gioca è questo, si dice: quel politico era vicino a un mafioso, quel politico è stato accusato di avere interessi convergenti con l'organizzazione mafiosa, però la magistratura non l'ha condannato, quindi quel politico è un uomo onesto. Eh no! Questo discorso non va perchè la magistratura può fare soltanto un accertamento di carattere giudiziale. Può dire che ci sono sospetti, ci sono sospetti anche gravi, ma io non ho la certezza giuridica, giudiziaria che mi consente di dire che quest'uomo è mafioso. Però, siccome dalle indagini sono emersi tanti fatti del genere, altri organi, altri poteri, cioè i politici, cioè le organizzazioni disciplinari delle varie amministrazioni, cioè i consigli comunali, o quello che sia, dovevano già trarre le dovute conseguenze da queste vicinanze tra politici e mafiosi che non costituivano reato, ma rendevano comunque il politico inaffidabile nella gestione della cosa pubblica.
Questi giudizi non sono stati tratti perchè ci si è nascosti dietro lo schermo della sentenza. Si dice: questo tizio non è mai stato condannato, quindi è un uomo onesto... ma dimmi un poco... tu non ne conosci gente disonesta che non è mai stata condannata perchè non ci sono le prove per condannarla? C'è il forte sospetto che dovrebbe, quanto meno, indurre i partiti a fare grossa pulizia, a non soltanto essere onesti, ma apparire onesti facendo pulizia al loro interno di tutti coloro che sono raggiunti comunque da episodi e fatti inquientanti...".

Paolo Borsellino a uno studente di Bassano del Grappa, 26 gennaio 1989

La presentazione dell'autrice , perchè questo libro.



La scheda del libro sul sito di Chiarelettere editore.
Il link per ordinare il libro su ibs.
Technorati: , , , .

Attendendo serenamente l'esito delle inchieste

Ma come hanno imparato bene, i nostri calciatori dai politici italiani.
Tutti sereni, in attesa degli sviluppi dell'indagine. Che grazie al buon lavoro del legislatore, impiegherà anni ad arrivare a giudizio e sentenza.
Tantò l'importante è trovare qualche capro espiatorio per placare l'ira dei tifosi.

Calcio e politica sono colpiti dallo stesso male: i troppi soldi che girano nell'ambiente.
Al momento dentro l'incheista sono finite solo le squadre della bassa medio classifica: e le grandi? Tutte innocenti?
O forse, come per il calcio, anche per il calcio scomesse c'è un girone di serie B (quello scoperto) e uno di serie A?

Lucarelli racconta: Boris Giuliano, Pasquale Juliano e Silvio Novembre

Cosa hanno in comune i tre uomini dello stato di cui ieri sera si è occupato il racconto di Lucarelli?
Erano tre uomini che nel loro lavoro si sono trovati soli, o con pochi amici al fianco, di fronte ad un enorme potere criminale. Come quegli eroi che cercano di fermano la locomotiva con la mano ..
Boris Giuliano, alla squadra mobile di Palermo, applicò il suo metodo originale per attaccare Cosa nostra, partendo dal suo patrimonio, che in quegli anni si stava gonfiando grazie al traffico di droga con gli Stati Uniti.
Giuliano, con la sua intenzione di seguire i soldi, andò a sbattere non solo con la mafia criminale, ma anche con la mafia finanziaria (e per questo cercò di contattare l'avvocato Ambrosoli lassù al nord).
Aveva fatto l'intuizione giusta: quella che poi seguì anche il pool di Chinnici e Caponnetto, anni dopo.

Pasquale Juliano si definiva un poliziotto che su al nord, dava la caccia ai criminali. A Padova indagò sulle bombe che iniziarono a scoppiare a Padova nell'estate del 1969.
Bombe di destra, i primi frutti amari della strategia della tensione: con ben sei mesi di anticipo intuì, e avrebbe potuto fermare la bomba del 12 dicembre a Milano.
Juliano, a capo della squadra politica, indagò sul consigliere dell'MSI Fachini, sull'avvocato Freda e sul libraio editore Ventura. Tutti esponenti di Ordine Nuovo.
Fu fermato con una trappola, organizzata da ON stesso ma anche da qualche talpa all'interno del commissariato (che avvertiva gli indagati delle intercettazioni): indagato con la falsa accusa di aver messo la bomba addosso ad un militante (Pezzato) del gruppo per accusare Fachini, fu sospeso dal servizio e poi allontanato.
"sono imminenti degli attentati" lasciò scritto sul suo memoriale che consegnò ai magistrati.
Aveva ragione lui, ma nessuno, dentro lo stato, gli chiese scusa.

Silvio Novembre faceva parte di quella leva di giovani finanzieri che non si limitavano ai soliti accertamenti sulla contabilità, nel loro lavoro. Ma facevano analisi sui costi di produzione, direttamente dentro le aziende di cui dovevano verificare la contabilità.
Come la Banca Privata Finanziaria di Michele Sindona, su cui la magistratura aveva aperto una incheista per bancarotta.
Qui, Novembre incontrò il commissario liquidatore Giorgio Ambrosoli, l'eroe borghese: insieme scoprirono quanto era ampio il potere criminale di Sindona.
Dentro lo stato, per la sua amicizia con Andreotti (che lo definì "salvatore della lira"), con il Vaticano (per i suoi legami con Marcinkus e con Paolo VI che disse di lui che era "uomo della provvidenza"), con la mafia (Sindona riciclava i soldi delle famiglie palermitane), della loggia P2.
Novembre e Ambrosoli resistettero a minacce, pressioni, lusinghe.
Per servire il paese, il loro unico obiettivo.

Al funerale di Ambrosoli, ucciso per ordine di Sindona, nessuna uomo delle istituzioni: "era uno che se l'andava a cercare", ha commentato qualche anno fa Andreotti. Sette volte presidente del Consiglio.

28 maggio 2012

Piazza della Loggia - il luogo della memoria


(dal libro "Piazza della Loggia", edizioni Il becco giallo)
Recentemente il presidente Monti ha affermato che la verità è l'unica ragione di stato.
Peccato che questa uscita arrivi troppo in ritardo: l'altra ragione di stato (o forse si dovrebbe dire di antistato) che per troppi anni ha protetto servizi ed estremisti di destra, ha impedito il raggiungimento di una verità giudiziaria sia per Piazza Fontana che per Piazza della Loggia.


Facce nuove


Emilio Fede, promesso senatore (foto dal blog di Wil)

Facce nuove per il Quirinale? Berlusconi, of course



Bersani, il nuovo Ulivo e il richiamo di Casini (quello di Cuffaro e Romano, per intenderci)


Montezemolo, quello che "adesso arrivo": ora che sappiamo che ha l'appoggio pure di Briatore, va votato per forza.

Off the report – Venezia, il porto di Imperia e le radiazioni di Radio Vaticana


Saranno giovani, ma si sono dimostrati estremamente determinati i video giornalisti di “Off thereport”  (qui il video integrale Claudia Di Pasquale con l'inchiesta sulla salute della Laguna di Venezia e sui controlli sui lavori del Mose, la grande opera in difesa della città dei Dogi, opera finanziata con svariati miliardi di euro da tutti i governo, forse non tutti spesi nel modo migliore (e poi si dice che con la cultura non si mangia) .
Antonino Monteleone con il porto di Imperia, a Scajoland: un'opera rimasta congelata dopo l'intervento della magistratura e l'arresto del costruttore Caltagirone. 
Giuseppe Laganà e le onde di Radio Vaticana: onde sacre evidentemente, visto che nonostante le segnalazioni dei cittadini, qualche perizia allarmante sugli effetti nocivi sulle persone, le antenne continuano a trasmettere.
Piero Riccardi si è infine occupato dello smaltimento di Eternit.

Mercanti di Venezia (video): è proprio necessario l'inchino a San Marco, da parte delle grandi navi di crociera cui viene permesso di entrare in laguna (dal 1997 il traffico in Laguna è aumentato del 500%)? Per il momento le proteste dei cittadini sono servite a poco: solo il naufragio della Costa Concordia all'isola del Giglio ha portato qualche reazione. Il decreto Passera Clini che impedisce alle “grandi navi” l'ingresso nei porti, ma non vale guarda caso per Venezia e in ogni caso se non esistono alternative all'attracco in Giudecca.
Dunque pare che gli interessi delle società di crociera prevalgano sulla conservazione dell'ecosistema (patrimonio dell'umanità) e dei canali e dei palazzi di Venezia (il moto ondoso li rovina).
Il ministro Clini non ha sicurezze e parla della costruzione di un altro canale per l'attracco delle navi: ma è un rimedio peggiore del male, visto che potrebbe succedere quanto già visto per il “canale petroli”, scavato nei '60 e che ha provocato molti disastri all'ambiente.
La verità è che a Venezia si dovrebbe entrare solo con la barchetta e basta.

Anche perché, mentre i soldi per il Mose arrivano puntuali dal Cipe (fino ad oggi 11 miliardi), i soldi per la manutenzione dei canali non ci sono. Il comune non ha ricevuto nulla nel 2011 per sistemare le fogne.
In fondo noi siamo il paese che con la cultura non ci mangia (ma con i soldi della cultura sì): quelli dei commissari a Pompei e dei crolli, della discarica vicino Villa Adriana, dei ministeri al nord a Villa Reale , abbandonata per il resto ….

A Venezia si spenderanno 300000 euro per la manutenzione del ponte di Calatrava (complimenti al progettista e al comune), ha un debito di 400 mila euro e con le partecipate il debito è di 1 miliardo e passa.
E per fare cassa deve vendere i suoi gioielli (sempre per la serie che con la cultura …): il Fondaco dei Tedeschi ai Benetton, che in deroga ci costruiranno un bel centro commerciale (ma “è interesse pubblico” assicura il sindaco di centrosinistra Orsoni).
Il Casinò finirà in mano straniere.
Palazzo Pilsen è stavo venduto a 26 ml di euro ad una società del gruppo Coin (quando in passato lo stesso comune ha rifiutato la vendita per 35 ml ad una società immobiliare).
La giornalista chiedeva al sindaco se questo avesse a che fare con la sua passata esperienza lavorativa, come presidente della finanziaria del gruppo Coin. Ma figurati se c'è qualche legame … siamo in Italia .

Il lido di Venezia e l'ex ospedale del mare: al posto di un ospedale una bella speculazione per costruire strutture residenziali di lusso. Al posto del nuovo palazzo del cinema, un bel buco pieno di amianto, che costerà al comune (cioè al pubblico) almeno 38 milioni di euro per la bonifica.
Il privato si chiama Ex Capital e ha acquistato dal pubblico quei terreni, ottiene una concessione in esclusiva per parte della spiaggia del lido. A capo di questa società un ex assessore del comune, Mossetto (“sono cose che possono far sorridere”, sempre il sindaco). 
Ma chi difende gli interessi del pubblico? È lecito chiedersi se la gestione del patrimonio di Venezia sia in buone mani?

Il Mose (Report ne aveva già parlato in "Lavori sfiniti"): costruito dal consorzio Venezia Nuova, dovrà completare (quando?) un'opera che costerà al pubblico 5,7 miliardi (su una stima iniziale poco superiore al miliardo).
Dentro questo consorzio diverse società, tra cui la Mantovani.
La giornalista ha chiesto conto al ministro Passera di come sono spesi i soldi per il Mose: speriamo almeno che si sia registrato la puntata.
A controllare i lavori c'è il magistrato delle acque: fino al 2008 presidente di questo ente era Maria Piva, che sostiene di aver perso il suo lavoro proprio per il Mose e per le “cerniere” dell'opera.
Cerniere che l'azienda costruttrice ha modificato, passando dal sistema per fusione, a quello delle lamiere saldate.
C'è qualcuno, dentro il comitato dell'opera, che sostiene che così si rischia il “grippaggio” del dado (e altre criticità), insomma il Mose così non sarebbe sicuro.
Di diverso avviso sia il Consorzio che il magistrato che ha sostituito la Piva, Cuccioletta: “le prove sono state perfette”.
Forse non è un caso che la FIP, società del gruppo Mantovani è specializzata in saldarture: saldature che, rispetto al progetto originale, costeranno un 38% in più.

C'è anche in questo caso una situazione da conflitto di interessi? Dove controllato e controllore coincidono?
Secondo alcune voci, riportate dalla giornalista, sembrerebbe di si: Thetis, che lavora per il Consorzio Venezia Nuova è amministrata dalla signora Brotto (oltre a essere vicedirettore del Consorzio e amministratore di Thetis è anche il direttore dei lavori del Mose), il marito fa lavori di consulenza per il consorzio stesso, per Thetis lavorano la figlia di Cuccioletta. Ma è tutto normale, assicurano da Venezia.
E intanto i soldi continuano ad arrivare per questa grande opera, ma non per Venezia.

Porto Imperia: il “porto franco” (video).
Dopol'arresto del costruttore Caltagirone a marzo, i lavori per il nuovo porto di Imperia si sono fermati: gli uffici di Acqua Marcia sono ora abbandonati, come i cantieri. Chi ha investito i soldi per un posto per la sua barchetta, rischia ora di perderli.
Si parla di una truffa ai danni del comune, di costi gonfiati da Caltagirone: la stima iniziale dei lavori era di 114 milioni ed è arrivata a 148 ml.
Roberto Boni, della commissione di Vigilanza, ha segnalato queste anomalie sia alla regione che alla procura, che ha aperto una sua indagine su come è stata commissionato l'appalto alla società di Caltagirone.
Che, avrebbe potuto sfruttare il 70% delle opere realizzate, col meccanismo della permuta in cambio dei costi di costruzione.
Antonino Monteleone ha sentito l'x d.g. di Porto Imperia Spa (la società al 30% pubblica che avrebbe dovuto costruire il porto) : uomo di Scajola (ma non gli piace sentirselo dire) avrebbe consegnato alla commissione della documentazione finanziaria non affidabile (ma tanto pensava fosse una società non pubblica, come se cambiasse qualcosa ..).
Gonfiando i costi, Acqua marcia avrebbe potuto prendersi una fetta maggiore delle opere, almeno questo è quello che ho capito.

Chi ha portato Caltagirone a Imperia?: Scajola ha negato, di fronte al giornalista, di averlo portato lui. Caltagirone si sarebbe interessato a questo porto per motivi sentimentali (ovvero per interesse di sua moglie). Ma è indiscutibile che il porto della sua cittàè sempre stato un sogno dell'ex ministro che ra si dice “triste e dispiaciuto per quello che è successo”.
Forse era sbagliato voler fare il porto a qualunque costo e senza fare una gara d'appalto (cosa che nel pubblico dovrebbe essere vietata e basta).
Monteleone ha poi sentito gli altri uomini di Scajola (sempre a sentire le voci): l'ex sindaco Nappa oggi a capo della provincia nonché consigliere dell'ente Isvap. Carlo Conti di Porto Imperia spa, Rodolfo Leone di Invitalia.

Ma c'è qualcuno che si è opposto a quest'opera e ci ha pure rimesso il posto (oggi il comune è commissariato dal prefetto Marchione): è il caso dell'ex sindaco PDL Strascino, che per questa sua scelta ha raccolto anche i plausi di elettori del centrosinistra.
Caso analogo a quello di Imperia è quello del porto di Fiumicino, il porto di Roma.
L'azienda che costruisce è Italia navigando, costruisce Caltagirone (senza gara) secondo lo schema dell'affare in permuta.
Anche qui i lavori sono fermi perchè non sono stati pagati i subappaltatori (una best practice, quella di ricorrere a tanti livelli di appaltatori e subappaltatori ..).
Il 30 maggio inizierà il processo ad Imperia e vedremo poi come andrà a finire.

Le “onde sacre” di radio vaticana (video).
Ci sono persone che non riuscivano a sentire nulla, nonostante le protesi alle orecchie. Ci sono macchine, con le centraline vecchie, che si bloccano per strada. Ci sono persone che sentono i rumori e le voci dai citofoni e dagli oggetti.
E poi si sono i tanti casi di leucemia.

Che tutto questo sia collegato alle 33 antenne di radio vaticana non è certo: ma di fronte alle malattie e ai bambini morti, è obbligo per il pubblico mettere un punto fisso a questa storia delle onde della radio.
L'ex ministro Bordon ci aveva provato, a farle smettere, ma si è trovato solo.
Non solo, dopo quanto stabilito dalla Commissione bilaterale col Vaticano, l'Italia ha speso 3,6 milioni come contributi per ridurre queste emissioni.
La Cassazione ha riconosciuto che i disturbi e le molestie sono stati perpetrati fino al 2000. Il reato però è prescritto, ma nel 2003 la Procura ha riaperto il caso, per il reato di omicidio colposo; esiste una relazione (relazione Micheli) che parla di rischio morte 6 volte superiore a chi è esposto.
Esiste uno studio (del dottor Michelozzi) che si è occupato delle leucemie nell'aria vicino alla stazione: ma a questo si è opposto uno studio del dottor Veronesi, quello che oggi studia il cancro.
Ma forse, sarebbe meglio prevernirlo, o sbaglio? 
Da che parte sta lo Stato: da quella dei cittadini del XX municipio (che continuano a portare le cartelle cliniche in Procura) o da quelle di R.V.?


26 maggio 2012

La credibilità di questo paese

Abbiamo un ministro del lavoro che in tempi di crisi si augura che anche nel pubblico passi la sua riforma per i licenziamenti facili.

C'è un prefetto che, assieme ad un sindaco e un governatore di regione, sceglie come sede per la nuova mega discarica (in deroga alle norme e sempre seguendo la solita trafila delle emergenze rifiuti) di Roma, la zona di verde vicino a Villa Adriana. Patrimonio dell'Unesco.

Ci sono i partiti della maggioranza che , dopo settimane di sforzi, partoriscono una loro legge sui rimborsi elettorali, con cui si tagliano solo il 30% dei soldi incassati, ma tagliano fuori anche la Corte dei conti dai controlli.
C'è poi l'ex ministro che in poche ore riesce a passare dal burlesque (vero o inventato ) e dal bunga bunga , al ruolo di statista. Con la grande riforma istituzionale che la nazione attendeva: il presidenzialismo alla francese.

"Regina, la gente non ha pane."
"E allora dategli le brioshe!".

Possiamo poi parlare dell'ex comico che ora su vuole fare leader politico imponendo al suo movimento cosa dire e cosa fare e dove andare (televisivamente parlando).

Ci sono state le celebrazioni per la strage di Capaci dove, come ogni volta, si parla di lotta alle mafie. Da politici che continuano a sedere accanto a colleghi indagati (e condannati in primo grado) per mafia.
Volete fare la lotta alla mafia? E allora fate pulizia all'interno, in Parlamento, nelle regioni, nei comuni.

Ci sono però gli studenti di Brindisi (e non solo) che oggi, ad una settimana dalla strage in cui morì la loro coetanea Melissa, hanno deciso di scendere per strada e dire ad alta voce "Io non ho paura". 
Lo Stato sono anche loro, anzi forse a ben vedere, sono soprattutto loro che stanno dando credibilità a questo nostro paese.





La nuova serie di Report

Forse anche la Gabanelli e i giornalisti di Report stanno valutando altre forme  e altri canali per fare informazione.
O forse no: in ogni caso domenica si inaugura su Rai 3 "Off the report", la serie di inchieste condotte da giovani video giornalisti, su alcuni temi di interesse.




Nella prima puntata:


"DIFENDERE VENEZIA"
Di Claudia Di Pasquale


Venezia e la sua laguna dal 1987 sono patrimonio dell'umanità Unesco per la sua bellezza. Ha soli 60mila abitanti ma ogni anno è la meta di ben 24 milioni di turisti.


Venezia va protetta dall'acqua alta e si sta costruendo una delle più grandi opere del mondo, il Mose. In più, grazie alla legge speciale per la salvaguardia di Venezia, lo Stato ha fatto arrivare nel capoluogo veneto ben 11 miliardi di euro.


Ma siamo riusciti davvero a difendere Venezia e la sua laguna? Dalle grandi navi che entrano nel bacino di San Marco alla mancanza di fondi per la manutenzione della città, l'inchiesta ripercorre le contraddizioni delle politiche e degli investimenti pubblici sulla laguna.




"PORTO FRANCO" 
Di Antonino Monteleone


L'Italia ha ottomila chilometri di coste, ma dispone di molti meno posti barca rispetto alla domanda. Un grosso gap italiano rispetto a paesi confinanti come Francia, Croazia, Albania che, secondo la Lega Navale Italiana "rappresenta il più pesante ostacolo alla diffusione del diporto nautico, perché scoraggia un gran numero di appassionati".


Nel 2002, il Governo, vuole colmare la lacuna attraverso la società "Sviluppo Italia". Nasce "Italia Navigando" con un progetto ambizioso: stimolare la creazione di iniziative portuali su tutto il territorio nazionale. Guadagni per il pubblico e per il privato. Ma cosa succede se ai privati viene dato troppo spazio e la parte pubblica invece di vigilare si distrae?


"ONDE SACRE"
Di Giuseppe Laganà


Le onde elettromagnetiche prodotte dalle antenne di Radio Vaticana interferiscono con oggetti di uso comune e sono viste come un pericolo dalla popolazione che abita vicino all'impianto.


L'anno scorso, si è chiuso il primo procedimento penale a carico di alcuni dirigenti dell'emittente. La Cassazione ha riconosciuto che i disturbi e le molestie sono stati perpetrati fino al 2000. Il reato però è prescritto. Nel 2003 si apre poi un nuovo procedimento penale, ancora in fase di indagine. Questa volta l'ipotesi di reato è omicidio colposo. Una perizia richiesta dal Tribunale di Roma suggerisce una "associazione importante e significativa" tra l'esposizione residenziale alle onde radio e i casi di decessi e malati. Ancora oggi i cittadini del XX Municipio continuano a portare in Procura cartelle cliniche di persone che si ammalano a ridosso dell'impianto. E lo Stato Italiano?


"ETERNIT"
Di Piero Riccardi


3 febbraio 2012, il tribunale di Torino conclude il processo Eternit contro i proprietari della fabbrica di Casale Monferrato: colpevoli sentenzia. Il più grande processo mai celebrato per morti sul lavoro e danni ambientali.


Ma la storia non è finita perché di quelle fibre di amianto che mischiate al cemento diventano Eternit, ce n'è in giro per l'Italia una quantità enorme. Una pericolosa quantità che richiede elevati costi di smaltimento, cosicché o non si smaltisce o si abbandona per strada.

25 maggio 2012

Dov'è la novità?

"Siano i cittadini stessi a decidere con Il loro voto il presidente della Repubblica. Vogliamo essere nella situazione di Atene, che è ingovernabile, o nella situazione di Parigi che appena eletto presidente ha preso in mano la situazione anche a livello internazionale?". Lo propone l'ex premier Silvio Berlusconi in conferenza stampa che serve per lanciare "il modello francese a doppio turno".

Tutta qua la novità che Angelino aveva annunciato poche settimane fa?
L'elezione diretta del presidente? Che, comunque non garantisce alcuna garanzia di stabilità, visto che presidente e presidente del consiglio possono essere espressione di maggioranza diversa.
Lo aveva già proposto Licio Gelli nel piano di rinascita democratica.
Povero Alfano (che chiama Berlusconi "il presidente della Repubblica"), che si lancia pure in proclami di una terza repubblica nata già vecchia :
" Dobbiamo fondare la Terza Repubblica, che non può fondarsi sulle alchimie della Seconda.
Deve essere passo avanti. Mettere in sicurezza le conquiste di quella, essenzialmente consistenti nel rapporto diretto dei cittadini con il Presidente del Consiglio".


Se la seconda repubblica è nata dalle bombe della mafia e dalle tangenti, da cosa potrebbe nasce la terza?
Dai bunga bunga, dalla crisi e dallo spread?

Servizio pubblico - vedo sento parlo

In occasione del ventennale delle stragi di mafia, la puntata di Servizio pubblico di ieri è stata quasi interamente dedicata alla mafia: i segreti della latitanza di Provenzano, la trattativa stato mafia e la trattativa per la sua consegna con un misterioso messaggero forse appartenente ai servizi (di sicuro vicino alla Guardia di Finanza di Pollari).
La storia del medico chirurgo Attilio Manca, morto suicida (dicono i magistrati) febbraio 2004, in uno strano suicidio. Ma secondo la madre, morto perchè sarebbe stato un testimone scomodo dell'operazione al tumore alla prostata di Provenzano, a Marsiglia nel 2003.

Ieri sera non si è parlato della mafia secondo il protocollo istituzionale: qui i buoni (Falcone e Borsellino) e lì i cattivi (Riina e Provenzano), e in mezzo poche mele marce. Falcone e Borsellino uccisi per vendetta dalla mafia.
Ieri sera, attraverso le docufiction sulla storia strana del messaggero di Binnu e soprattutto attraverso le parole degli ospiti, si è parlato del potere criminale italiano: quel potere che nel corso della storia italiana ha trafficato con la mafia (per conquistarsi il consenso politico e nella lotta ai comunisti), con l'estremismo di destra. Quel potere che Pasolini immaginava arrocato a difesa nel suo "palazzo": a difesa dei propri interessi.

Quel palazzo così distante dal paese: lo ricordano ancora oggi quelle immagini dei funerali di Falcone e della sua scorta. Da una parte le transenne che schiacciano la gente, e dall'altra i politici protetti dalla loro scorta.
Quel palazzo che ha permesso a mafie e terrorismo di colpire quasi impunentemente: come avrebbe fatto altrimenti un contadino come Riina a diventare capo dei capi, a vivere tranquillo la sua latitanza (come quella di Provenzano), se non ci fosse stata quella convergenza di interessi con parte della DC siciliana, con i fratelli Salvo, con i Lima  e i Ciancimino?

Ma nell'anteprima della puntata, c'è stato spazio per una battuta contro Grillo e la sua fatwa contro le trasmissioni TV.
"Caro Beppe Grillo, vorrei parlarti con un certo affetto, mi ha sempre fatto sperare tanto in un cambiamento, ma tu hai bisogno di dire che siamo tutti uguali. E io da oggi riderò un pò meno."
"Mi hai fatto sempre ridere tanto, pensare tanto e sperare tanto. Non è normale che i giornali di Berlusconi e Bisignani ti applaudono tanto. Hai bisogno di dire che siamo tutti uguali, lo dici perchè Casaleggio può controllare la situazione?.
Se i ragazzi sono contenti di non avere altro Dio all'infuori del tuo blog, auguri ...ma cazzo cazzo, culo culo, vaffanculo, vaffanculo fra poco servizio pubblico ricomincia".


Il mistero della morte di Attilio Manca.

L'intervista di Sandro Ruotolo alla madre


"Ad uccidere Attilio è stata quella rete di protezione nelle istituzioni deviate che ha protetto Provenzano".

L'intervento del figlio in studio (video).


In studio a parlare di mafia e del volto mafioso delle istituzioni c'erano il neo sindaco di Palermo Orlano, il pm Antonio  Ingroia e in collegamento il giudice Roberto Scarpinato, oltre ai familiari di Atiilio Manca.

Antonio Ingroia ha parlato del rapporto stato mafia che negli anni si è riproposto uguale a se stesso, come la storia della lotta alla mafia. Che è sempre stata fatto secondo politiche di emergenza e di contenimento, quando questa si spingeva oltre certi limiti.
E allora la politica, sentendosi minacciata, si metteva in difesa: e nei momenti di tensione (dopo i cadaveri eccellenti dei primi anni 80, dopo le stragi del 92), si ritrovava dentro lo stato la coesione contro la mafia.
Non è stata l'immagine delle bare di Falcone e della scorta ad impensierire il palazzo, ma l'immagine della morte di Salvo Lima.
Quando la mafia batte il pugno sul tavolo, ha continuato Ingroia, lo stato mandava avanti i Falcone e i Borsellino, ma fino ad un certo punto. Quando questi puntano alla finanza, alle banche, quando cercano di indagare i Salvo e i Ciancimino, vengono nuovamente fermati.
La classe dirigente (siciliana e non solo) ha puntato solamente a salvaguardare se stessa.

L'intervento di Roberto Scarpinato.




La verità ufficiale sulle stragi è una verità monca: che si limita alle responsabilità di Riina e Provenzano.
Senza considerare la zona grigia nel mezzo, fatta di questori e prefetti, magistrati e giudici, presidenti di regione e presidenti del consiglio, uomini dei servizi che, sentenze passate in giudicato, hanno indicato come collusi con Cosa nostra.
Altrimenti non si spiega come mai nei 150 anni di storia, non si è sconfitta la mafia.
Come mai si è deciso di smantellare il pool di Caponnetto.
Perchè l'agenda rossa (e non solo) scompare dalla strage di via D'Amelio.
La mafia è stata una parte del potere italiano.

Sansonetti ha voluto chiedere, ai due magistrati, quale fosse questa politica che avrebbe deciso le stragi del 92, visto che dopo l'omicidio Lima, la mafia aveva rotto il suo patto.

Al giornalista ha poi risposto Ingroia, spiegando la natura di quelle stragi: fare la guerra per fare la pace. Battere il pugno sul tavolo, per fare una trattativa con lo stato, per trovare un nuovo equilibro. Equilibrio politico che si spiega col fatto che dopo il 1993, le stragi e le morti eccellenti cessano.

L'intervento di Orlando.



Il messaggero di Provenzano.
Questa storia, della trattativa (presunta) per la consegna di Provenzano, ha tutti i tratti dell'ennesimo mistero italiano.
IL coinvolgimento dei servizi, una storia ufficiale (la cattura nel giorno delle elezioni dell'aprile 2006) e una nascosta (la consegna 30 giorni prima, per parlare con i giudici della procura nazionale antimafia).
E questo messaggero che non si sa bene da dove spunti, se sia uno dei servizi o cosa...



La senzazione, però per i parenti delle vittime (come Maria Giovanna Chelli rappresentante per le vittime della strage di via deio Georgofili) è di profonda rabbia.
Per sapere che le istituzioni sono scese a patti con la mafia.
Istituzioni che avrebbero fatto la trattativa per fermare le stragi che però sono continuate nel 1993: e se si fosse capito subito il messaggio che arrivava, con la bomba di Boboli, forse si sarebbe risparmiata qualche vita.
Per questo, concludeva la Chelli, è importante seguire la pista mafiosa per la bomba di Brindisi.

Nella seconda parte del suo intervento, Scarpinato ha voluto ritornare sul volto criminale del potere italiano, come anche del volto pulito dei capi mafiosi.
I Bontade e gli Inzerillo prima, i Messina Denaro oggi. Professionisti.
Oggi Scarpinato è tra i giudici che stanno indagando sulla trattativa e sulle bombe del 1992-93: un'inchiesta che forse ci spiegherà come è nata la seconda repubblica, in ba se a quali ricatti e compromessi.

La polemica Travaglio-Sansonetti.




L'intervento di Travaglio.

24 maggio 2012

Perchè le stragi di mafia

Perchè sono stati uccisi Falcone e Borsellino? E prima di loro i magistrati Rocco Chinnici, Gaetano Costa, Cesare Terranova? E nelle forze di polizia Boris Giuliano, Emanuele Basile,
Per la mafia?
Non è solo per questo.

Quello che faceva paura, nell'operato di questi rappresentanti dello Stato, non era solo la loro azione di contrasto alle cosche.
Falcone e Borsellino sono stati uccisi perchè con la loro azione stavano mettendo in crisi tutto un sistema di potere in cui la mafia aveva solo una parte.

Quel sistema di potere comprendeva magistrati, presidenti di corte, funzionari dei servizi, sindaci e assessori, presidenti di provincia e di regione.
Un sistema di potere nato e cresciuto coi soldi pubblici che piovevano al sud e che finivano in corruzione e nelle tasche degli amici costruttori.
Quelli che noi oggi chiamiamo eroi, erano pericolosi non solo ai "bravi" come come zu Totò Riina, ma anche ai troppi Don Rodrigo che comandavano in Sicilia.

Chinnici, Costa, Terranova, Falcone, Borsellino erano soprattutto indipendenti e indifferenti a quei richiami all'ordine e quelle pressioni che ricevevano nelle loro stanze, in segreto, per smetterla di indagare su un certo personaggio importante, di voler entrare nei conti bancari di quell'altro prestanome.
Erano servitori dello stato fedeli alla Costituzione: oggi si direbbe partigiani della Costituzione, se non fosse diventata quasi un'accusa infamante.

Roberto Scarpinato, che ha firmato la prefazione del libro di Antonella Mascali "Le ultime parole di Falcone e Borsellino" cita un episodio in particolare, preso dal diario di Rocco Chinnici:

Foglio del 24 novembre 1981. Appunto relativo al 18 maggio 1982.
ore 12 - Vado da Pizzillo per chiedere di applicare un pretore in sostituzione a La Commare dal momento che il Csm ha deciso che la competenza è del presidente della corte. Mi investe in malo modo dicendomi che all'ufficio istruzione stiamo rovinando l'economia palermitana disponendo indagini ed accertamenti a mezzo della guardia di finanza. Mi dice chiaramente che devo caricare di processi semplici Falcone in maniera che "cerchi di scoprire nulla perchè i giudici istruttori non hanno mai scoperto nulla". Osservo che ciò non è esatto in quanto sono stato proprio i giudici istruttori di Palermo che hanno - inconfutabilmente - scoperto i canali della droga tra Palermo e gli Usa e tanti altri fatti di notevole gravità. Cerca di dominare la sua ira ma non ci riesce. Mi dice che verrà ad ispezionare l'ufficio (ed io lo invito a farlo); è indignato perchè ancora Barrile non ha archiviato la sporca faccenda dei contributi (miliardi per la elettrificazione delle loro aziende agricole); l'uomo che a Palermo non ha mai fatto nulla per colpire la mafia che anzi con i suoi rapporti con i grossi mafiosi l'ha incrementata. Pizzillo con il complice Scozzari ha "insabbiato" tutti i processi nei quali è implicata la mafia, non sa più nascondere le sue reazioni e il suo vero volto. Mi dice che la dobbiamo finire, che non dobbiamo più disporre accertamenti nelle banche.
Quanti altri magistrati hanno invece preferito lasciar perdere, farsi da parte, non fare il proprio dovere?

Leggi le storie degli anni passati e sembra di rileggere delle storie di oggi.
Sulla ndrangheta al nord, che non esiste e che al massimo, si tratta di qualche banda di criminali.
Sulle intromissioni della magistratura dentro la politica, quando si inquisisce qualche onorevole a Roma (inchiesta ad orologeria), qualche consigliere nelle regioni, nelle province o nei comuni.
Sulle conseguenze che una certa indagine che coinvolge un importante gruppo industriale, potrebbe avere sullo stesso. Per esempio le tangenti nel gruppo Finmeccanica, tanto per fare un nome.

Napolitano ieri ha fatto una affermazione importante: occorre "proseguire con la piu' grande determinazione e tenacia sulla strada segnata dal loro sacrificio, da Giovanni Falcone e da Paolo Borsellino".

E allora cosa si aspetta a fare una seria legge contro la corruzione?
Cosa aspettanno i partiti a fare pulizia al loro interno?
Perchè certi tagli contro le forze dell'ordine e contro la magistratura?
Perchè snaturare la legge di confisca dei beni, voluta e pagata con la vita da La Torre e Dalla Chiesa?
Perchè in parlamento girano proposte di legge che limitano le intercettazioni, che diminuiscono i tempi di prescrizione, che rendono impotenti i magistrati contro i reati dei colletti bianchi?
Chinnici non prestò ascolto alle parole dell'eccellenza Pizzillo e lasciò Falcone lavorare in pace.