17 giugno 2012

Le due Italie

Ci sono due italie che non riescono o non vogliono parlarsi. Sono quella dei sindacati in piazza, assieme a pensionati (e gli esodati) o cassintegrati. Quella dei centri sociali che protestano con la precarietà, contro il governo delle banche e della finanza. Quella dei comitati in difesa dei beni comuni (l'acqua, prima di tutto).



Dall'altra parte, un altra italia: quella dei palazzi e del Parlamento, dei convegni e delle assemblee a porte semi chiuse, dove una certa politica parla a se stessa e ai giornalisti che sente vicini. Dove anche si discute dei futuri assetti politici del paese.
Da una parte la politica dei tempi lunghi, della fase due, delle grandi opere e dall'altra le persone che cercano risposte ai problemi dell'oggi.



Pretendete Bologna: dentro l'incontro di Repubblica su “la Repubblica delle idee”, con Scalfari e Mauroche interloquivano col premier Monti su governo di reponsabilità attorno a cui bisognerebbe stringersi.

Fuori centri sociali e altri cittadini che se la prendevano con le banche e col governo delle banche.

Ieri mattina poi, a Roma i tre sindacati sono scesiin piazza per lanciare per l'ennesima volta l'allarme sulla questione del lavoro e degli esodati.



Risultati di queste proteste? Nessuno, se non le manganellate a Bologna e la voce rauca di Bonanni a Roma.

Sembra che la politica di ABC sia costretta a seguire un binario già tracciato: il sostegno alla politica di Monti senza se e senza ma. Perché, come dice Casini, sarebbe irragionevole non sostenerlo in questo momento difficile prima dell'incontro dei paesi europei a Bruxelles.
Come se questi incontri servissero a qualcosa. 
Ognuno in Europa, proseguirà sulla sua strada.
Così come i partiti in Italia continueranno sulla loro strada: il punto è che questa crisi non può essere risolta secondo una ricetta solamente tecnica. Anche perchè le ricette “tecniche” le abbiamo sperimentate abbastanza (come la vicenda delle pensioni), come pure le sparate e le promesse (poco tecniche, molto alla ricerca del titolo in prima pagina).

Servono idee nuove e persone nuove.
Quelle che ci sono adesse sono troppo legate alle cause della crisi e, come i capponi prima di Natale, non si metteranno nel forno di loro volontà.
Questo si traduce nel traccheggiare sulla legge anticorruzione. Sulle nomine in rai e nelle authority. Sulla riforma del lavoro (perchè serve che la legge Fornero sia approvata prima dell'incontro in Europa?) che non crea posti di lavoro e non risolve il problema del precariato.

Gli elettori lo hanno capito e la fuga dai partiti indica una sola cosa: la voglia di cambiamento. Prima che anche in Italia succeda come in Grecia col partito neofascista. La nuova alba, che sa già di vecchio.
O il governo si mette ad ascoltare il paese, o il paese non ascolterà più nessuno di questi “ragionevoli” e “responsabili” signori.

- Che fine hanno fatto le liberalizzazioni (per esempio sui treni)?
- La spending review (o il parlamento stesso) riuscirà a mettere fine a certe storture"Un assegno extra da 30mila euro lordi. È quello che si metterà in tasca nei prossimi giorni il presidente uscente della Provincia, il leghista Leonardo Carioni."
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Riuscirà Monti a togliersi di dosso la nomea di governo delle banche? Terremoto Abruzzo: soldi degli sms imboscati dalle banche
- Sempre a proposito di terremoto: come si fa a parlare di merito, dopo la nomina del direttore dell'Ingv (l'amico della Gelmini, professore di ginnastica)?

Oppure, peggio ancora, tornerà a dare a ragione alla favole (quelle si qualunquiste) dei partiti che oggi cercano di cambiare tutto pur di non cambiare, come l'uscita dell'euro. E allora sarà la fine. Dell'Italia e dell'Europa.

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