19 luglio 2012

19 luglio 1992 - 19 luglio 2012

Dobbiamo essere grati al caso, alla fortuna (o alla sfortuna, a seconda dei punti di vusta9, se quest'anno possiamo ricordare il ventennale della strage di via D'Amelio (e di quella di Capaci), della morte del giudice Paolo Borsellino assieme alla sua scorta (Agostino Catalano , Emanuela Loi, Vincenzo Li Muli, Walter Eddie Cosina e Claudio Traina), senza tutta quella falsa ipocrisia istituzionale.
Forse quest'anno le solite parole, nei soliti discorsi ci verranno risparmiate .. "cercare la verità", "non abbassare la guardia contro la mafia", "gli eroi Falcone e Borsellino".
La notizia delle telefonate tra l'ex ministro Mancino (testimone al processo di Palermo sulla trattativa stato mafia) e il Quirinale, lo scontro istituzionale tra Quirinale e quegli stessi pm rei di non aver subito interrotto e distrutto quelle intercettazioni in cui Mancino parlava direttamente col capo dello stato, hanno reso questa celebrazione diversa dalle altre.

Diciamo che lo scontro dentro le istituzioni, il conflitto sollevato di fronte alla Consulta che dovrà chiarire se i pm di Palermo che hanno indagato in silenzio sulla (presunta) trattativa hanno violato le norme che tutelano il presidente della repubblica, ha rivelato le nudità del re.
Questo scontro, anche politico, si è trasformato in una sorta di cartina al tornasole: da una parte quanti sostengono che dovrebbe prevalere l'urgenza, a vent'anni da quelle stragi, nell'arrivare alla verità, anche se questa dovesse tirare in ballo pezzi dello stato.
Dall'altra, e sono in tanti, quelli che dicono che deve prevalere il rispetto delle istituzioni: citano anche norme, re interpretandole a loro comodo.
Poco che quelle intercettazioni siano giudicate irrilevanti per il processo e che ad essere intercettato fosse un cittadino comune.
Poco importa ricordare i casi precedenti come le intercettazioni Napolitano-Bertolaso, da parte delle procure di Perugia e Firenze.
Poco importa ricordare che parliamo di mafia e non solo della mafia con la coppola storta, ma della mafia che ha rapporti con la politica, con avvocati, magistrati, poliziotti, professionisti, imprenditori. Perchè, piaccia o non piaccia, questi rapporti tra stato e antistato sono dati di fatto.

E allora unop potrebbe domandarsi chi è che attacca, che attenta alle istituzioni? Certi giornalisti e certi pm ( e molti cittadini italiani) che chiedono semplicemente la verità?

E allora, meglio tornare alla solita litania che riduce le stragi del 1992-1993 ai boss mafiosi e Falcone e Borsellino al ruolo di eroi.
Loro, che eroi lo furono malgrado. Loro, assieme a tanti altri magistrati, poliziotti, carabinieri, "eroi boghesi" come l'avvocato Ambrosoli intendevano solo svolgere il proprio lavoro, senza guardare in faccia a nessuno. In nome della legge e della Costituzione.
E' capitato a tanti di loro, invece, di diventare eroi dopo morti e di finire con il loro nome scritto su una lapide.
Così la gente si dimentica, oggi, delle parole dette da questo eroi: come quelle dette da Borsellino all'incontro con gli studenti di Bassano nel 1989
L'equivoco su cui spesso si gioca è questo. Si dice: "Quel politico era vicino a un mafioso, quel politico è stato accusato di avere interessi convergenti con le organizzazioni mafiose, però la magistratura non lo ha condannato, quindi quel politico è un uomo onesto". E no! Questo discorso non va, perché la magistratura può fare soltanto un accertamento di carattere giudiziale, può dire: "Beh! Ci sono sospetti, ci sono sospetti anche gravi, ma io non ho la certezza giuridica, giudiziaria, che mi consente di dire quest'uomo è mafioso". Però, siccome dalle indagini sono emersi tanti fatti del genere, altri organi, altri poteri, cioè i politici, cioè le organizzazioni disciplinari delle varie amministrazioni, i consigli comunali o quello che sia, dovevano trarre le dovute conseguenze da certe vicinanze tra politici e mafiosi che non costituivano reato, ma rendevano comunque il politico inaffidabile nella gestione della cosa pubblica. Questi giudizi non sono stati tratti perché ci si è nascosti dietro lo schermo della sentenza, si è detto: "Ah, questo tizio non è stato mai condannato, quindi è un uomo onesto". Ma dimmi un poco: ma tu non ne conosci gente che è disonesta, che non è stata mai condannata perché non ci sono le prove per condannarla, però c'è il grosso sospetto che dovrebbe, quantomeno, indurre, soprattutto i partiti politici, a fare grossa pulizia, a non soltanto essere onesti, ma apparire onesti, facendo pulizia al loro interno di tutti coloro che sono raggiunti comunque da episodi o da fatti inquietanti, anche se non costituenti reati".
Equivoco che è tornato dopo le assoluzione per insufficienza di prove dell'ex ministro Saverio Romano o dopo che la Cassazione ha riportato in appello il processo al senatore Dell'Utri.
Quando la politica, i vertici delle istituzioni, faranno pulizia al loro interno?
Lo sapremo vedendo come si divideranno su questa vicenda della trattativa. Da che parte si vorranno schierare.
Dalla parte di Borsellino, o dall'altra.

Update: il discorso del presidente
«è importante scongiurare sovrapposizioni nelle indagini, difetti di collaborazione tra le autorità ad esse preposte, pubblicità improprie e generatrici di confusione».
La risposta del fratello del giudice, Salvatore Borsellino: "agghiacciante"

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