16 luglio 2012

A chi giova questo altro conflitto?

A chi gioverà questo ulteriore conflitto, aperto dal capo dello Stato contro alcuni pm di una procura dello stesso Stato?
Questo scontro di poteri, in nome delle prerogative del presidente della Repubblica, ha senso se serve al rispetto delle regole da parte delle magistratura, ad una maggiore trasparenza della cosa pubblica (un potere che può indagare su un altro potere dello stato, ma sempre nel rispetto delle norme), al superamento di una situazione di stallo .
In questo caso invece tutto ruota attorno a delle intercettazioni: non sapevo che queste prorative impedissero del tutto intercettazioni dirette o indirette, che ora si chiede vengano distrutte.

Il comunicato :
«Alla determinazione di sollevare il confitto, il presidente Napolitano è pervenuto ritenendo dovere del Presidente della Repubblica, secondo l'insegnamento di Luigi Einaudi, evitare si pongano, nel suo silenzio o nella inammissibile sua ignoranza dell'occorso, precedenti, grazie ai quali accada o sembri accadere che egli non trasmetta al suo successore immuni da qualsiasi incrinatura le facoltà che la Costituzione gli attribuisce».

Mi viene in mente che il suo successore potrebbe essere Berlusconi (quello che un italiano su due ha bocciato), che nel passato ha aperto numerosi conflitti con la magistratura per i suoi casi giudiziari (come il caso Ruby ). E non riesco ad essere sereno.

Update:
Alfio Sciacca spiega sul corriere le ragioni del conflitto, citando gli articoli 90 della Costituzione e la legge 219 del 5 giugno 1989

In Italia è «assolutamente» vietato intercettare le conversazioni alle quali partecipa il Presidente della Repubblica. Lo stabilisce l'articolo 90 della Costituzione e l'articolo 7 della legge 5 giugno 1989, n. 219. Nel caso si venisse in qualunque modo in possesso di intercettazioni in cui uno degli interlocutori è il capo dello Stato le conversazioni «non possono essere in alcun modo valutate, utilizzate e trascritte e di esse il pubblico ministero deve immediatamente chiedere al giudice la distruzione». È a questo principio che fa riferimento Giorgio Napolitano nell'affidare all'Avvocatura dello Stato l'incarico di promuovere il cosiddetto «conflitto di attribuzione» nei confronti della Procura di Palermo che indaga sulla presunta trattativa tra apparati dello Stato e i capi della mafia per mettere fine alla stagione delle stragi del 92/93. A dirimere il conflitto viene ora chiamata la Corte costituzionale.

INTERCETTAZIONI SU ALTRA UTENZA - Nel decreto pubblicato sul sito del Quirinale si fa esplicito riferimento proprio a quella normativa che impedisce di intercettare le conversazioni del capo dello Stato. E questo perchè proprio durante le indagini della Procura di Palermo «sono state captate conversazioni del presidente della Repubblica nel corso di intercettazioni telefoniche effettuate su utenza di altra persona». Conversazioni che, fa rilevare il Quirinale, la stessa Procura di Palermo ha ritenuto «irrilevanti» e delle quali dunque non si prevede «alcuna utilizzazione investigativa o processuale ma esclusivamente la distruzione da effettuare con l'osservanza delle formalità di legge».

AUTORIZZAZIONE DEL GIUDICE - Ma allora perchè Napolitano solleva il conflitto di attribuzione? Una risposta in qualche modo si può trovare sempre nel comunicato del Quirinale dove si fa riferimento all'intervento il 9 luglio scorso sul quotidiano La Repubblica del procuratore di Palermo Francesco Messineo. In quella circostanza il capo della Procura siciliana disse che pur essendo quelle intercettazioni irrilevanti «alla successiva distruzione della conversazione legittimamente ascoltata e registrata si procede esclusivamente previa valutazione della irrilevanza della conversazione stessa ai fini del procedimento e con la autorizzazione del giudice per le indagini preliminari, sentite le parti». Ed è proprio questo il punto chiave della controversia che il Quirinale ritiene lesivo delle prerogative del Capo dello Stato. Cioè il fatto di mettere le intercettazioni a disposizioni delle parti e poi del Gip. Con la sottintesa preoccupazione che in questo modo finiscano facilmente anche sui giornali. 

E adesso la cosa è un pò più chiara.

1 commento:

Stella rossa ha detto...

Legittimo sollevare conflitto attribuzione da parte di Napolitano! Del tutto forzato il richiamo ad Einaudi! Immagino lavoro suoi Uffici, per cercare un appiglio plausibile e nobile! Doveroso per lo Stato accertare i fatti di una stagione vergognosa che ha visto le Istituzioni venire a patti con la mafia, per fermare le stragi! Quel che non si comprende e che Napolitano DEVE spiegare, è la ragione che lo ha spinto ad intromettersi in un procedimento giudiziario, per evitare che due soggetti (Mancino e Martelli) fossero messi a confronto, per far luce su versioni discordanti su stessi fatti! Come si è permesso! Chi copre Mancino, oltre se stesso! Napolitano, come Capo dello Stato e come cittadino, non può non augurarsi che si faccia luce sulle ragioni che hanno spinto manovalanza Mafia ad accelerare morte Borsellino! È inutile che poi va a commuoversi alle commemorazioni! Rimanga in alveo che la Costituzione assegna al suo ruolo! E non si irriti per critiche. In una Repubblica democratica, il Capo dello Stato può essere criticato e come! Non ravviso lesa MAESTÀ ! Personalmente mi genufletto solo davanti a Dio! Neppure al Papa!