25 luglio 2012

Il bollettino di guerra dell'economia reale

“… quanto più perfezionata è l’organizzazione dei mercati di investimento, tanto maggiore sarà il rischio che la speculazione prenda il sopravvento sull’intraprendenza. (…) Quando lo sviluppo del capitale di un paese diventa un sottoprodotto delle attività di un casinò da gioco, è probabile che vi sia qualcosa che non va bene”.
John Maynard Keynes, Teoria generale dell’occupazione, dell’interesse e della moneta, 1936.
Anche il governo tecnico si è accorto che serve investire nell'economia reale. Monti, dalla Russia (senza amore):
«Proprio la situazione difficile nella quale versa l'Europa e in particolare l'eurozona è per noi motivo in più per cercare rapporti solidi nell'economia reale, industriale e commerciale; e quindi la Russia da questo punto di vista è un punto di ancoraggio di grande importanza strategica».
La battuta viene facile: ma cosa ci fanno assieme un liberale bocconiano come Monti e uno come Putin (ex Kgb, poco liberale e anche poco democratico).
Battuta a parte, di puntare sull'economia reale ne parlava Aldo Giannuli nel suo libro "2012, la grande crisi", ad aprile. O salviamo le banche e la finanza creativa, oppure salviamo le imprese e il mondo reale. Tutte e due le cose non si possono fare, non abbiamo risorse a sufficienza per tutti e due.

Ecco, se l'attenzione deve essere postaa sull'economia reale, come si spiegano allora i provvedimenti presi fin'ora da governo e BCE?
Per esempio i soldi dati dalla BCE alle banche italiane, usati per fare speculazioni sui titoli di stato (e abbassare lo spread) ma non per dare respiro alle piccole e medie imprese, che oggi stanno chiudendo.

La grande riforma del lavoro, che ha stabilizzato poco i precari, ha sanato poco gli abusi nei contratti e invece tolto un pezzo di articolo 18?

Perchè non si sono fatte leggi (anche europee) contro la finanza creativa che mettessero dei paletti al mercato, e si è invece aspettato il venerdì nero per bloccare le vendite allo scoperto (ma non dei derivati)?

Perchè si è deciso di andare avanti con le grandi opere, che daranno (forse) dei benefici a lungo termine invece di privilegiare piccoli interventi di risanamento, messa in sicurezza del territorio?

Perchè si stenta a fare una seria legge contro la corruzione, ma si interverrà sulla materia delle intercettazioni?
Perchè non si fa una seria legge di contrasto all'evasione (come quella, per esempio, che Report aveva proposto a Monti stesso)?

Le aziende italiane lamentano l'alto costo del lavoro in Italia, e anche l'alto costo dell'energia, che le rende poco concorrenziali. Sul costo del lavoro incidono le tasse, la tassazione tra le più alte d'Europa, di fronte agli stipendi più bassi.
E le tasse non verranno tagliate.
E, per i costi dell'energia, viene da chiedersi che fine ha fatto la separazione tra Snam e Eni: sono queste privatizzazioni fittizie che rendono la politica italiana poco credibile.
Dobbiamo puntare sull'economia reale, e tagliamo le spese su ricerca e università, ma manteniamo le spese militari per lunghe missioni all'estero e approvvigionamenti militari che forse non ci possiamo permettere. Oltre all'unione bancaria e politica, all'Europa servirà anche l'unione della difesa, con l'introduzione di un unico esercito europeo.

Ora che abbiamo l'acqua alta in casa,
i tecnici che dovevano portare il paese fuori dalla crisi (mentre la politica avrebbe portato avanti le sue riforme ) si rivelano incapaci di comprendere, di capire.
E chi osserva da fuori rimane sconcertato da troppe cose che non riescono più a digerire. Da una parte i tagli lineari a comuni e regioni, dall'altra il mega stipendio al presidente Rai (la stessa Rai che non ha risorse per coprire interamente le Olimpiadi di Londra).
Da una parte le banche che stringono sul credito, dall'altra le notizie sulla buonuscita che Ligresti avrebbe negioziato per uscire da Fonsai (43 milioni di euro).
Mi chiede se hanno mai avuto a che fare, queste persone col mondo reale.

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