30 novembre 2012

La credibilità dello Stato

Comunque lo si guardi, il decreto del governo, che fa legge, si mette in contrasto con l'azione della procura tarantina. Se l'Ilva inquina e questo è causa di malattie e morti, l'unica strada sarebbe bloccare la produzione e sequestrare l'acciaio prodotto.
Ma bisogna evitare che, come con Bagnoli, il blocco degli impianti non ha portato alle bonifiche.

Il decreto uscito dal cdm è, rispetto a quanto fatto nel passato, molto coraggioso: costringe l'azienda a bonificare, a sue spese, pena multe salate fino alla perdita della proprietà.
Un garante, nominato dal Quirinale, controllerà l'operato.

Il punto è che, ancora una volta, lo Stato si sta giocando la sua credibilità. La credibilità nei confronti dei cittadini di Taranto (non solo gli operai), e del paese.
Il ministro Clini ci ha messo la faccia e, anche coraggiosamente, è andato a dirlo a Servizio pubblico.
Ci ha messo un pò a scaldarsi, a togliersi di dosso l'aria da tecnico: ma alla fine, anche nel covo di Santoro, si è confrontato con l'operaio, con Landini, con Crosetto, spiegando quello che già prima era chiaro a tutti. Che ora tocca a Riva pagare i cocci. 

Servizio pubblico – la crosta

Di crosta e di potere ha parlato il presidente Monti, in un suo intervento. La crosta del potere, che la politica, la buona politica si intende, non riuscirà forse a erodere: le lobby, le massonerie, la burocrazia di stato. Come a dire che le primarie, le discussioni, sono poca cosa:
"Io mi auguro che le imminenti elezioni- dice Monti- siano l'occasione per un dibattito comprensibile non solo sulle leadership, che hanno qualcosa di invincibilmente interessante perche' sono agonistiche, e riguardano la competizione, che si tratti di primarie o di illazioni su chi guidera' le sfide elettorali. Ma questa- aggiunge il presidente del consiglio italiano- e' la crosta. Quello che conta e' cosa si fara' con il potere grande che deriva dalle elezioni. Io spero che emerga sempre piu' questo nel dibattito". 
  

Ma in questi giorni la crosta nasconde anche tutto il pus sotto la ferita di Taranto: una ferita che per troppi anni nessuno ha voluto curare. Una ferita contro la salute dei tarantini, per le migliaia di morti causate dalle emissioni dell'Ilva della famiglia Riva. Una ferita della democrazia, per tutto quel sistema di relazioni che l'impresa ha saputo coltivare, pagando: giornalisti, sindacalisti, tecnici, periti, politici locali e nazionali. Anche la curia locale sarebbe stata “comprata” con una generosa offerta.

La scorsa puntata di Servizio pubblico si è dedicata interamente alla vergogna di Taranto, anche se nell'anteprima, Santoro, ha voluto parlare delle primarie del centro sinistra .Quei 3 milioni e passa di italiani che hanno fatto la fila per votare, i confronti dei candidati nei talk show: c'è voglia di buona politica che va in televisione a confrontarsi sui problemi.

Sul potere della televisione, il conduttore, ha voluto esprimere la sua preoccupazione: ogni volta che la sinistra si avvicina al governo, non c'è profumo di cose di sinistra, ma di “ordine”. C'è nell'aria una specie di nuovo regime, annunciato dagli intellettuali che scrivono sui giornali, che vorrebbe cacciare gli “scostumati” come Santoro dalla tv. Per il suo modo di fare tv: una tv ubriaca, irriverente. Non allineata al “volemose bene” che ha contraddistinto i confronti fin'ora.
Ieri ci sono state le solite nomine Rai lottizzate (cambiano i governi e non cambia nulla, nemmeno coi tecnici): sopra la crosta i leader cantano, sotto la crosta i poveri crepano.
E sotto la crosta rimane ancora imprigionata l'informazione e la cultura.



Le immagini di Taranto.
Pare incredibile, ma nonostante la sbornia di informazioni che ci vengono date, ci sono immagini della protesta di Taranto, da parte degli operai che non si fidano più di nessuno, che non abbiamo mai visto nei TG. Il porto dopo il passaggio del tifone (con l'operaio ancora disperso in mare), la protesta contro il direttore dell'impianto che promette ancora la messa a norma, la protesta contro Vendola (“non l'abbiamo mai visto”) e contro gli altri candidati del centrosinistra.

Gli ospiti in studio, erano Aldo Busi, il sindaco Matteo Renzi, Maurizio Landini e Guido Crosetto.
Prendendo spunto dal suo ultimo libro, il primo ad intervenire è stato lo scrittore: oggi, se un leader volesse combattere le lobby, la corruzione, verrebbe fatto fuori.
Perché il popolo è fascista: costretto ad essere fascista per l'assenza di ricambio, e i giovani sono scelti fin da subito in base alla loro fedeltà ai vecchi.
Per rompere questa crosta, occorre rompere questa mentalità conservativa: sotto la crosta c'è un potere inamovibile e le parole di Monti sembrano dire ai leader dei partiti, “voi lì non potete intervenire”.
La prima cosa da fare sarebbe la bonifica da ogni clericalismo.

Matteo Renzi: la politica ha fallito a Taranto, perché ha rinviato per anni il problema, ha fatto una rimozione nel futuro dei problemi (il Sulcis, il debito pubblico). Allucinante anche la privatizzazione dell'Ilva: il secondo stabilimento d'Europa è stato quasi regalato (senza nessun obbligo di bonifica) alla famiglia Riva (dal governo tecnico di Dini, ma gli accordi erano precedenti con Prodi e Berlusconi).
Il privato ha fatto profitti miliardari, in questi anni, e non ha investito in bonifiche.
E le leggi per farlo ci sono: è mancata la volontà di applicarle.

Il giornalistaDragoni ha raccontato, brevemente, la storia della famiglia Riva: da una industria di gestione rottami, ha iniziato a comprarsi acciaierie in Italia e all'estero. Arrestato per omicidio colposo nel 1975, ha fermato gli impianti finché non fu scarcerato.
Condannato anche per mobbing, perché teneva impiegati in una palazzina a non far nulla tutto il giorno.
Con l'Ilva, acquistata nel 1995, si è garantito 4,4 miliardi di profitti, mentre sono rimasti allo stato i 3,5 miliardi di debiti della bad company.
Un po' come è successo con la privatizzazione dell'Alitalia: è entrato in Cai con 120 milioni nel 2008, quando, guarda caso, il ministero dell'ambiente di Prestigacomo (e Clini) era restio a concedere l'Aia (l'autorizzazione) perché l'Arpa regionale pugliese aveva portato dei dati negativi.
Il ministro contestò quei dati e l'autorizzazione fu concessa. Un caso.

Dragoni ha anche ricordato i 98000 euro dati da Riva a Bersani, e l'accordo fatto coi DS in Liguria, dopo la dismissione dell'impianto di Cornigliano. Un'area demaniale occupata fino al 2060.

Maurizio Landini ha voluto ricordare che dietro gli impianti di Taranto ci sono 20000 persone, c'è un acciaio che per il 70% rimane in Italia. Bloccando Taranto, a catena si creerebbero problemi anche ad altre imprese.
È uscito dall'incontro con Monti, senza capire quali fossero le sue intenzioni: ma quello che occorre fare è ripristinare la fiducia tra lavoratori e imprese. Perché questi imprenditori hanno grosse responsabilità: se è vero che l'acciaio e le industrie vanno salvaguardate, oggi servono investimenti per rifare gli altoforni, per coprire i parchi minerari. Parliamo di 4 o 5 miliardi: oggi il governo dovrebbe prendere un ruolo di controllo, non rimanere semplice osservatore.

Stefano Bianchi, tarantino anche lui, ha portato in studio le voci degli operai: come Cataldo, che ha fondato il “comitato dei cittadini liberi e pensanti”.


Ho molto apprezzato l'intervento di Guido Crosetto che, sulla questione Ilva, si è dimostrato molto più di sinistra di altri candidati.
Un'azienda seria non dice ai propri operai di occupare la città, dopo il sequestro degli impianti da parte della magistratura (come ha raccontato poco prima Cataldo).
Un'azienda seria mette a norma gli impianti.
Lo stato dovrebbe prendere i soldi, per le bonifiche, direttamente dai profitti dei Riva (senza arrivare alla nazionalizzazione, come ha fatto Hollande)..
Perché un imprenditore vero è uno che mette i soldi, rispetta le regole: altrimenti è un prenditore.

Renzi ha ricordato che, oltre Taranto, esistono altri 51 siti da bonificare: il 3% del territorio nazionale. Anche questa è una sfida che lo stato deve affrontare.

L'intervento di Marco Travaglio: la superiorità della politica.
A proposito di Talk show modello italia dei tecnici: chissà come l'ha presa Pierluigi (l'uomo delle metafore), l'intervento del vicedirettore de Il fatto.
I soldi dei Riva (e di federacciai), il governo che decreta contro i giudici (o forse no), l'autonomia della politica che prende soldi dalle imprese. E nessun politico (che poi oggi spera anche di finire a Palazzo Chigi) che si chieda, come mai questa persona mi da dei soldi? E chi è questa persona? Cosa vorrà in cambio?
L'inchiesta della procura su Taranto si chiama “ambiente venduto”. A svenderlo sono stati in tanti.

29 novembre 2012

Troppo belli per essere veri

Questa volta il confronto dei candidati me lo sono voluto vedere, almeno la prima parte.
Bersani vs Renzi: il vecchio e il nuovo, l'usato sicuro e il rottamatore della generazione che ha fatto il suo tempo.

Ciascuno dei due ha interpretato la sua parte, e il confronto è stato, a tratti, anche divertente: battute, metafore (il tacchino), frecciate (i 2500 giorni di foverno .. che pazienza che hai per contarli).
Ma alla fine non dobbiamo dimenticarci di chi stiamo parlando.
Del segretario del partito che, quando si è dovuto votare sullo scudo fiscale voluto da B. , non era presente in aula.
Del partito che ha fatto il tifo per Marchionne (eccette poche eccezioni).
Del partito che è favorevole al TAV in Val di Susa, compreso Renzi che ieri sera criticava le grandi opere.
Del partito che non ha una sua idea di rilancio industriale se non un generico, dobbiamo sederci attorno ad un tavolo.

E dall'altra parte, l'uomo in maniche di camicia, è lo stesso che è andato in visita a B., che ha appoggiato Marchionne all'epoca del referendum su Pomigliano, che ha messo i suoi uomini nel società del comune.
Quello che vorrebbe togliere il finanziamento pubblico ai partiti, a prescindere da quello che pensa il suo partito.
Che cerca i voti del centro, in concorrenza con Casini, e che per questo non potrà dire parole che profumano di sinistra.
Veramente possiamo credere che Renzi nei primi 100 giorni faccia la legge sul conflitto di interessi, contro la corruzione, etc etc?

Troppo belli per essere veri.

La via più semplice

Come per le pensioni e per il lavoro, questo governo per risolvere il problema dell'Ilva ricorre alla via più semplice.
Un decreto che annulla vincoli (e di fatto morti e malati), in continuità con la linea berlusconiana (di Acerra e delle altre discariche in deroga, diventati con un tratto di penna siti di interesse).
E' la via più semplice: chiedere all'Ilva di bonificare e di smettere di inquinare significava mettersi contro i Riva (che sono anche soci di Alitalia e poi magari Passera ci rimane male) e contro Confindustria.
Stesso film visto con l'IMU: farla pagare alla Chiesa (per le scuole paritarie e per gli altri edifici) significava mettersi contro il Vaticano.
Più semplice continuare a non far pagare ciò che è di Cesare.

Strano questo governo: dovrebbe essere il più europeista (non come la Lega o Grillo, dei veri pericoli per la stabilità) eppure tutte le raccomandazioni che arrivano le ignora.
Quella sulla legge 40, quella sulle discariche, sulla corruzione, sull'IMU da far pagare a tutti.
Diciamo che, di tutte le promesse di cambiamento (quelle su rigore, crescità ed equità, la Rai, l'anticorruzione, la ripresa, le liberalizzazioni), l'unica mantenuta è il rigore.

28 novembre 2012

Complotti

Il ministro dell’Ambiente Corrado Clini a Radio Anch’io:
“Ci sono interessi politici espliciti – aggiunge – di chi anche nei mesi scorsi in campagna elettorale per il rinnovo del consiglio comunale di Taranto ha chiesto ripetutamente la chiusura dell’impianto; c’è evidentemente una valutazione della magistratura che sostanzialmente ha chiesto la chiusura; ci sono poi interessi oggettivi, non dico che c’è un grande vecchio dietro, ma interessi oggettivi perché se chiude l’Ilva i concorrenti europei e quelli asiatici fanno festa”. Bisogna aver chiaro, ha proseguito, “qual è il gioco e nessuno di noi può far finta di non sapere. La protezione della salute e dell’ambiente non si assicurano chiudendo l’impianto perché la sua chiusura lascerebbe lì un deserto inquinato. La chiusura infatti deriverebbe da un contenzioso tra l’Ilva e la magistratura che è appena iniziato. Prima che la questione arrivi in dibattimento, come già visto in molti altri siti italiani, le cose rimangono lì per anni”. 
(Mi sembra di sentire i berlusconiani quando parlavano dei poteri occulti che complottavano contro l'allora governo Berlusconi....).

La magistratura ha chiesto all'Ilva di non inquinare più, e di bonificare l'ambiente.
Non avendo adempiuto a questo,  perché l'azienda ha continuato la produzione, i giudici hanno sequestrato il materiale prodotto.
Il punto è che non si può continuare a produrre senza inquinare, dunque continuare a causare morti.

E questo il problema. Altro che parlare di complotti. E, secondo la mia opinione, se poi all'estero (in Europa e in Asia) vogliono continuare a produrre causando inquinamento e malattie, sono problemi di quei paesi, in assenza di un'unica normativa a livello europeo. Anche se mi viene difficile pensare, in Germania, un sistema gelatinoso come quello italiano. Dove si mette sullo stesso piatto le morti e i profitti di imprese private e il futuro dell'impresa pesante in Italia.
 


Se la sanità non è più sostenibile

"Le proiezioni di crescita economica e quelle di invecchiamento della popolazione mostrano che la sostenibilità futura dei sistemi sanitari - incluso il nostro servizio sanitario nazionale, di cui andiamo fieri - potrebbe non essere garantita se non si individueranno nuove modalità di finanziamento e di organizzazione dei servizi e delle prestazioni", ha detto Monti intervenendo in videoconferenza alla presentazione del progetto del Centro di biotecnologia Ri.Med, in corso a Palermo.
Lo avrei capito, il presidente Monti, se avesse detto che le 174 morti a Taranto, per l'inquinamento dell'ilva, non sono più sostenibili.
Se avesse detto che l'incremento di casi di tumore tra la popolazione, anche infantile, non è più una cosa sostenibile in un paese civile. E che dunque occorre un nuovo modo per fare impresa.

Se avesse detto che la corruzione, quelle centinaia di miliardi di euro di soldi pubblici che spariscono nelle tasche di assessori, sindaci, consigleri, primari, imprenditori .., non è più una cosa sostenibile in una democrazia compiuta. E che dunque occorre nuove vie per fare politica: nuove facce, nuovi partiti.

Se avesse detto che i 160-180 miilardi di euro di evasione, che costringono poi il governo ad alzare le tasse e a tagliare i servizi del welfare, non sono più sostenibili. E che dunque occorre trovare forme diverse per la lotta all'evasione.

Se avesse detto che certe spese per le grandi opere, il TAV, le nuove autostrade, i nuovi porti, i nuovi aeroporti, il ponte sullo Stretto, non sono più sostenibili e che dunque occorre ripensare la spesa pubblica sul territorio. Piccole opere di messa in sicurezza del paesaggio: le colline, i fiumi, gli argini, le fogne nelle città. Perché non è più sostenibile che, ad ogni pioggia più intensa del "normale" le città finiscano sott'acqua.

Se avesse detto che certe spese militari, per gli armamenti, non sono più sostenibilli. Perché l'Italia è un paese che ripudia la guerra.

Ecco, invece ci si è concentrati, caro presidente, sulla scuola pubblica (che ha subito in questi anni diversi miliardi di tagli lineari) dove i professori sono conservatori perché non vogliono lavorare due ore in più.
E anche sulla sanità pubblica, che deve trovare altre forme di finanziamento: quali finanziatori ha in mente? Spero non la ndrangheta, che dispone di forte liquidità. E spero non le imprese private come l'Ilva. Da una parte inquinano, dall'altra curano.
Magari abbiamo capito male noi, abbiamo frainteso.
Ma la sanità pubblica finanziata dai privati, sarebbe ancora pubblica?

Forse non è più sostenibile la sanità privata pagata coi soldi pubblici. Gli scandali nella sanità. I faccendieri che aggiustano e ammorbidiscono i rapporti tra privato e politici regionali.

Tra l'altro, e forse la cosa sfugge ai più, la sanità pubblica è sancita dalla Costituzione. La stessa costituzione su cui il primo ministro ha giurato e di cui il presidente della Repubblica dovrebbe essere garante.
La stessa Costituzione che sancisce quelle prerogative per cui Napolitano ha aperto un conflitto con la procura di Palermo.

27 novembre 2012

Noi e loro


Nel giorno in cui leggiamo della previsione dell'Ocse sull'Italia (la peggior crisi dal dopo guerra, ma tanto c'è l'agenda Monti e uil resto è demagogia), vorrei dire anch'io la mia sul noi e loro. La querelle (inutile) tra Renzi e Bersani.

Quel noi e loro è la divisione che esiste tra quanti credono che i diritti valgano per tutti e non solo per qualcuno.
Noi siamo quelli che pensano che la battaglia della Fiom, per la riassunzione dei lavoratori di  Pomigliano, sia una battaglia per tutti.
E non solo della Fiom o dei pm.

Noi siamo quelli che non intendono seguire il gioco al ribasso di quanti ritengono che ci si deve confrontare col il mercato del lavoro in Serbia, in Polonia, nell'est asiatico.
Loro sono quelli che considerano la spesa per i salari una spesa inutile e se è possibile abbassarla al massimo, senza preoccuparsi del danno sociale che si crea, è ancora meglio.

Oggi l'espressione "noi e loro" è una divisione ben più radicata nel paese che non i renziani e i bersaniani.

Quando la politica declina (a Taranto)

Se la tua salute non è tutelata dallo stato, chi ci penserà?
E lo stesso sul posto di lavoro: hai voglia a dire che va tutelato il lavoro e non il posto di lavoro (come dice il ministro), ma le cose non cambiano.
Le carte della procura, sul caso ilva a Taranto, inchiodano tutti: i politici che si sono lasciati influenzare, i tecnici del ministero, parte dei sindacati e dei giornalisti.
E ora non si può lasciare gli operai, da soli, di fronte a questa ennesima rappresaglia, dopo gli arresti decisi dalla procura.

Dov'è lo stato, se li lascia soli, con la loro rabbia?


Dal Fatto quotidiano di oggi:
Le richieste a Bersani e le promesse di Vendola
IL GIP: AL GOVERNATORE PUGLIESE “LA REGIA” DELLE PRESSIONI LA LETTERA PER DIRE A PIER LUIGI “DI NON FARE IL COGLIONE”
di Antonio Massari inviato a Taranto
Nell’estate 2010 il gruppo Riva si giocava tutto. E giocava su tutti i tavoli: minacciava di far saltare il ministro Stefania Prestigiacomo, gongolava per il “regalo” ricevuto da Silvio Berlusconi, scriveva a Pier Luigi Bersani per bloccare il senatore del Pd Roberto della Seta, spingeva sul governatore pugliese Nichi Vendola per “frantumare” il presidente dell’Arpa Puglia Giorgio Assennato, incassando - su quest’ultimo progetto - la complicità della Cisl. E nessuno – a giudicare dagli atti – che osasse contraddirli. Il tutto sotto la regia di Girolamo Archinà , dirigente Ilva per le relazioni istituzionali.
E la lettera di Riva a Bersani: "mi scusi lo sfogo"
“MI SCUSI LO SFOGO”, scrive Emilio Riva, patron dell’Ilva, a Pier Luigi Bersani in una lettera del 30 settembre 2010 agli atti dell’inchiesta. Riva fa leva sulla “reciproca conoscenza” per segnalare al segretario del Pd quanto poco abbia gradito gli interventi del parlamentare democratico Roberto della Seta che lo hanno “sconcertato”. Della Seta annunciava di voler cambiare un provvedimento del governo Berlusconi (cosiddetto “decreto salva Ilva”) che rinviava di due anni il termine entro cui lo stabilimento di Taranto doveva rispettare i requisiti ambientali sul benzo(a)pirene. Riva è scandalizzato dalla “pressione mediatica violentissima”. Sentito dal Fatto Quotidiano, Della Seta spiega: “Nel testo su cui il Parlamento aveva espresso parere non c'era la norma che prorogava i limiti per la concentrazione di benzoapirente nell'aria. Venne inserita dopo con un blitz del ministro Prestigiacomo, una norma ritagliata esclusivamente su misura dell'Ilva. Ma nessuno del Pd, men che meno Bersani, mi ha mai chiesto di cambiare il mio atteggiamento. Feci interrogazioni e dichiarazioni, ma non ho ricevuto alcuna pressione”.

Profumo di niente

Se la doppia intervista a Che tempo che fa, di ieri sera serviva a far scegliere meglio gli indecisi per le primarie di coalizione, è servita allo scopo.
Da una parte Renzi il grande comunicatore: quello che reclama il suo diritto a provarci, a cambiare le cose e le persone, sedute su quelle poltrone da troppo tempo. Renzi che dice non bisogna consumare territorio, ma che è stato favorevole alla grande opera forse poco utile, il TAV in Val di susa. Inutile forse, dispendiosa sicuramente.
Quale la ricetta, nel concreto, di Renzi, su lavoro, industria, cultura? A Servizio pubblico aveva spiegato come, nei primi cento giorni servisse fare le riforme che il centrosinistra non ha saputo fare: conflitto di interessi, anti corruzione seria, falso in bilancio da ripristinare.
Ma possiamo credergli?
Di certo, quello che si capisce è che da ieri Renzi è a caccia di voti, a sinistra dai vendoliani, e a destra dai delusi del centro e dell'UDC. Difficile che leggi sul conflitto di interessi trovino patria con queste alleanze.

Dall'altra parte Bersani: c'è poco da dire, non buca lo schermo e fors, in un'epoca di televenditori non sarebbe nemmeno un problema.
Peccato che, a parte una bella promessa sulla scuola (e una piccola bacchettata a Monti per le sue parole frettolose sugli insegnanti "conservatori"), Bersani ieri sera abbia fatto un'ennesimo scivolone sull'Ilva.
Proprio nel giorno in cui il padrone dell'Ilva, il signor Riva (che ha finanziato Bersani nel passato) chiude gli stabilimenti per rappresaglia contro le decisioni della magistratura.

"E' una cosa drammatica, qui bisogna che il governo intervenga per cercare di dirimere quello che sta diventando un pasticcio di proporzioni cosmiche, perché siamo di fronte ad una decisione del ministero dell'ambiente con restrizioni forti dell'attività produttiva e siamo di fronte ad una magistratura che sta facendo tutt'altro. sono due poteri dello stato che intervengono in modo difforme..."

L'ennesimo scontro magistratura e politica? Sembra di sentire Berlusconi, e non un leader di una sinistra che si dice riformista.
Lo sa Bersani che a Taranto, per le emissioni dell'Ilva, c'è gente che muore di tumore?
Oppure pensa, come Fabio Riva, che "due tumori in più all'anno siano una minchiata"?

Ieri sera, se ci aspettavamo di sentire profumo di sinistra, siamo rimasti delusi.
Belle le primarie, ma ora aspettiamo i contenuti.
Non ci dimentichiamo del tifo del PD per Marchionne, della lettera di Riva a Bersani (per far pressioni sul senatore Della Seta), della telefonata di Vendola con Archinà, delle tentazioni di bavaglio anche dentro il centrosinistra, dell'aver votato le due riforme della Fornero,  dell'accordo sulla produttività (che riporta le lancette indietro di 50 anni), sul sostegno al TAV in Val di Susa, sul sostegno tardivo ai referendum per acqua e beni comuni ....


26 novembre 2012

Non è demagogia

Repubblica, Scalfari sulla Camusso:
Il sindacato operaio di oggi rappresenta i lavoratori con contratto a tempo indeterminato e i pensionati, il che significa che ogni lavoratore che va in pensione non sarà sostituito con quel tipo di contratto. Tra poco perciò i sindacati operai diventeranno di fatto sindacati dei pensionati. Non è una bella prospettiva.
Dispiace che la Cgil non si sia data carico del tema della produttività e ripeta sulle piazze le consuete giaculatorie contro i mercati e contro lo "spread". Se la Camusso non comprende la questione, la studi; se l'ha compresa non faccia demagogia; se è condizionata dalla Fiom abbia il coraggio di liberarsene e ne spieghi le ragioni.
Le parti sociali da molti anni hanno gravi responsabilità, Montezemolo e Marcegaglia inclusi.
A parte che la Fiom ha rappresentato e difeso i suoi iscritti che andranno in pensione, grazie alla fornero, molto tardi.
In ogni caso, per scrivere queste cose Scalfari, si sarà letto la bozza dell'accordo che Cisl e Uil hanno firmato, o parla a vanvera?
Oppure, dobbiamo pensare che la linea di Repubblica è quella delle deroghe ai contratti, del demansionamento, della diminuzione dei salari, del controllo a distanza, dei licenziamenti facili?
Perché lo vuole il mercato.

Da Grillo a Berlusconi

Da Berlusconi a Grillo: purtroppo (per Grillo) l'insulto continua.
Per il primo chi vota per il centro sinistra è un c.... (elezioni 2006).
Per il secondo, chi vota alle primarie di centro sinistra è un folle perché crede di votare per un cambiamento, mentre è già tutto stabilito:

Le primarie dei folli sono un bromuro sociale, un calmante, servono a dare al popolo l'illusione di decidere, a pagamento (partecipare costa due euro), il premier che salverà l'Italia dal baratro. Chiunque diventi premier per una notte, conterà come un soldo bucato. In Italia non esiste il premierato, non esiste di conseguenza neppure il candidato premier. La buffonata odierna, promossa dalla grancassa mediatica equamente distribuita e senza eccezione alcuna, non eleggerà alcun candidato premier. Il presidente della Repubblica può nominare chi crede. Costui, con un programma e una lista dei ministri, si presenta alle Camere per la fiducia. Se la ottiene diventa presidente del Consiglio. Ma, come in una Grande Follia Democratica, il posto è già occupato da Rigor Montis, implicitamente rinominato da Napolitano e invocato dai partiti per poter continuare la loro assurda recita. Anche il programma per la prossima legislatura è già deciso. Punto per punto. Taglio per taglio. Tassa per tassa. Non si chiamerà programma di governo, ma "Agenda Monti", indiscutibile e già venduta alla BCE e agli Arabi.
Vero, l'agenda Monti è una spada di Damocle sul futuro di questo paese (che significa, meno stato, più tasse, più sacrifici): ma molto dipende dai futuri assetti delle alleanze. Da ieri sappiamo che l'ala vendoliana (la sinistra, per intenderci), pesa il 15%.
Chi prenderà i voti della sinistra alle prossime elezioni?
Spera Grillo di attrarre questi voti (i delusi del PD)?

E dov'è che si vota per le primare del M5S?

Quando la politica declina dal suo compito

Alcuni sintomi della malattia, per cominciare:

In Puglia, un camioncino di braccianti (raccoglievano le clementine a 20 euro al giorno) è stato travolto da un treno, mentre era fermo sui binari, in attesa di passare per un cancello provato vicino alla ferrovia.

In Bangladesh in un'azienda di tessuti muiono per un incendio 125 donne: l'azienda riforniva parecchie industrie europee e americane del vestiario.
Per sfuggire alle fiamme, molte delle operaie si sono dovute tuffare dalla finestre.

Dopo l'America, anche in Europa, le banche chiedono una proroga all'applicazione degli accordi di Basilea 3. Per evitare la concorrenza sleale degli istituti americani, dicono. Gli accordi di Basilea 3 doveano servire ad evitare altri pericoli per la crisi finanziaria, dopo la crisi del 2007-2008.

La magistratura ha scoperto un call center nel milanese che era finito nelle mani della ndrangheta: il Blue Call aveva come clienti RFI, Vodafone .. il proprietario, per rientrare nei debiti si era rivolto, passando per il commercialista di "fiducia" all'amico dalla Calabria, pensando di poterlo controllare. E invece alla fine si è trovato con un coltello alla gola.. Qui la ndrangheta si è stabilizzata, entra nelle imprese, cita le frasi di Cuccia, elegge dei consiglieri regionali.

Il ministro Grilli, in una intervista a La Stampa, spiega che a metà 2013 ci sarà la ripresa, ma non finiranno i sacrifici. E che comunque le tasse non possono ridursi se non si riduce la spesa pubblica.
Peccato che la spesa pubblica potrebbe aver dentro anche la sanzione dall'Europa, per il mancato pagamento dell'Imu da parte della Chiesa. Come a dire che, anche nell'Italia dei tecnici, i sacrifici non sono per tutti.

Questi sono i sintomi della malattia: la malattia che sorge quando la politica delega dai suoi compiti. Tra i quali ci sarebbero anche quelli di regolamentare il mondo del lavoro, della finanza, dei diritti di chi lavora e dei doveri di chi si occupa della finanza e dell'impresa.
E quando lo stato regredisce dai suoi compiti, il vuoto viene occupato dagli speculatori, dagli approfittatori, dai signorotti che si comportano da vecchi feudatari. E anche dalle mafie.
Diventeremo tutti come gli operai nel Bangladesh, costretti a lavorare senza troppe tutele che disturbano le imprese?

L'esenzione dall'Imu della chiesa ci potrebbe costare 3,5 miliardi di euro (e ce lo aveva chiesto l'Europa). L'evasione 160-180 miliadi. Chiaro che con una politica che declina al mercato, alla finanza, alle imprese, al più forte, ci saranno sempre sacrifici.

25 novembre 2012

Basta con questa guerra


Siamo il paese che ad ogni episodio di violenza contro una donna (moglie, ex fidanzata, compagna) si indigna. Giusto il tempo per stigmatizzare l'ennesimo caso di femminicidio, per poi dimenticarsene.

Oggi è la giornata contro la violenza sulle donne: 113 donne uccise dall'inizio dell'anno, 73 dal proprio partner. Che fare? Un'inasprimento delle pene?
O forse non è il caso di 
rendere certe le pene, investire in cultura, nelle scuole, in welfare, in strutture di assistenza.
Andare oltre la cultura che vede la donna come oggetto sottomesso ai voleri del padre,amante,marito padrone.
Come ha scritto Iacona in "Se questi sono gli uomini", anche l'informazione deve fare il suo compito facendo diventare la lotta contro la violenza sulle donne una questione nazionale "fino a far diventare tabù anche solo uno schiaffo." 

Voto Vendola, perché


Ho deciso che a queste primarie voterò Vendola perché credo che l'azione di questo governo non sia sostanzialmente differente con quella di quella del governo precedente (e degli altri) che hanno portato il paese alla situazione che stiamo vivendo.
La differenza tra Monti e Berlusconi è che il secondo negava la crisi (“i bar pieni, i ristoranti pieni”), mentre il primo dice che si poteva fare di più per i disagiati. Ma non l'ha fatto.

Allora, per cambiare le cose serve una politica che abbia uno sguardo diverso: non Bersani, non Renzi (e mi dispiace per gli altri candidati, ma per altri motivi nemmeno loro), non Berlusconi e non Monti (e nemmeno Casini, Montezemolo e altri responsabili presunti).

Voto Vendola perché è l'unico che parla di questioni concrete e non solo buoni propositi che non si mantengono poi: l'ambiente e la cultura, l'abuso del precariato, la finanza cui la politica ha lasciato mano libera.

Voto Vendola perché non riesco a sopportare il mantra dell'agenda di Monti: doveva portare equità e la stiamo aspettando. Doveva aprire il paese alla concorrenza e ancora stiamo aspettando l'autorità di regolazione per i trasporti (che in Italia è una specie di monopolio).
Voto Vendola perché non mi vergogno di dire e sostenere cose di sinistra (altri dovrebbero vergognarsi, per le ricette che non risolvono i problemi): Brunetta, a Servizio Pubblico attaccava il presidente della Puglia dicendo che con lui tutti i precari della scuola verrebbero stabilizzati.
Senza concorso.
Ma è lo stesso ex ministro che diede una poltrona a Martone jr, dopo aver nominato Martone sr alla Civit. All'autorità di controllo della pubblica amministrazione.

Vanno assunti tutti i precari che servono, e bisogna mettere un freno ai contratti a tempo determinato (alla giungla dei contratti): non solo nella scuola, ma anche nei call center, negli ospedali ..
Voto Vendola perché sta dalla parte dei più deboli.
Non degli evasori, dei banchieri (con tutto il rispetto), della finanza, delle lobby.

Voto Vendola nonostante i tanti errori, sperando che tragga una lezione da questi: l'accordo con don Verzè per un ospedale in Puglia del gruppo S. Raffaele. Per l'inchiesta (e le nomine) dentro la sanità regionale pugliese. Per la questione dell'Ilva di Taranto (poteva fare di più).

Voto, e spero di non rimanere deluso anche questa volta.

24 novembre 2012

Sarò la tua ombra, di Jeffery Deaver


L'ultimo thriller di Jeffery Deaver si svolge tutto all'interno del mondo della musica: in questo mondo dorato fatto di cantanti, di strumentisti, di produttori, di fan.
Ma un mondo che ha anche un suo lato oscuro, come scopre il giovane talento della musica country, Kayleigh Towne (figlia del leggendario Bishop Towne) che inizia ad essere tartassata da lettere e email da un ammiratore, Edwin Sharp. Che si rivela ben presto ben più di un fan accanito: riesce a rintracciare le caselle di posta personali della cantante, inizia a mandarle richieste abbastanza "inusuali", le rivela l'amore per le sue canzoni, i suoi timori per la sua sicurezza. "Sarò la tua ombra ....".
Un comportamento ossessivo che inizia a infastidire la ragazza e il suo entourage.

La cosa inizia a diventare ben più di un problema da avvocati, quando Edwin, e la sua macchina rossa fiammante (una Buick), si presenta a Fresno, dove Kayleigh è originaria e dove dovrà tenere un concerto.
Dopo aver ricevuto una telefonata strana, con la prima strofa della canzone "Sarò la tua ombra", qualcuno uccide Bobby Prescott, il roadie del gruppo, mentre sta effettuando un sopralluogo sul palco.
E' stato Edwin Sharp? Lo sceriffo e il detective della contea di Fresno, PK Madigan, sono convinti di si, e pensano che, mettendo sotto pressione il giovane, confesserà tutto.

Non è così. Qui entra in scena l'esperta di cinesica Kathryn Dance (protagonista di altri romanzi di Deaver): anche lei è in vacanza a Fresno, per incontrare l'amica Kayleigh. Perché oltre a lavorare per il CBI, è anche una appassionata di questo genere musicale.
Dopo un scontro iniziale con lo sceriffo e il detective Madigan (che pensano che sia in città solo perché la Towne è una personalità famosa), anche la Dance entra a pieno titolo nel gruppo di indagine dell'omicidio.
Che diventano due, dopo la morte di un hacker, amministratore di un sito internet da cui scaricare musica pirata (tra cui anche quella di Kayleigh).
Morti che potrebbero diventare tre, dopo che qualcuno (Edwin?) cerca di far fuori anche la matrigna della cantante, la moglie numero quattro della star del country. La pista da seguire, per scoprire chi sarà la prossima vittima e come colpirà l'assassino, sembra essere il testo di "Sarò la tua ombra" (la canzone che qualcuno ha fatto ascoltare al telefono prima del primo omicidio ...).

Ma nonostante Edwin giri la città su una macchina rossa, sembra una persona invisibile, "il serpente invisibile" lo chiamano. Non solo, ma la stessa Dance non riesce a decifrare i segnali del suo corpo, mentre cerca di interrogarlo. Deve concentrarsi sulle parole.
Edwin si dimostra un osso più duro del previsto: e se fosse in realtà innocente, come lui stesso di difende?
Cioè, se fosse qualcun altro che ha architettato l'incidente dove è morto il roadie e gli altri episodi delittuosi? E se c'è un complotto, coinvolge anche persone vicine alla cantante?

Quando il gioco si fa duro .. ecco che compare in scena il criminologo Lincoln Rhyme, con la compagna Amelia Sachs: chiamato in causa proprio da Kathrin, riuscirà a trovare la chiave dei delitti analizzando le prove raccolte sulla scena del crimine.

Come altri romanzi dell'autore, anche questo è stato scritto dimostrando (da parte di Deaver) una certa preparazione sul mondo della musica, ed è ricco di colpi di scena: lo stalker, il complotto, il nemico all'interno della banda della cantante country ..
Ma è anche un libro che racconta dal di dentro, il mondo di una cantante famosa: la passione nello scrivere canzoni, il confronto con i fan, ma anche il lato commerciale del mondo della musica. Il dover mantenere un profilo pubblico secondo un canone "commerciale" (da acqua e sapone, per intenderci), il non riuscire mai ad uscire dall'ombra del padre (e padrone), che più che una figlia, sembra considerarla come un gallina dalle uova d'oro da sfruttare.

E' un romanzo che fa dell'analisi psicologica, oltre che dell'analisi forense, un suo punto di forza. Sia la mentalità disturbata dello stalker (e la sua percezione distorta della realtà), che quella di Kaileigh (e di come far proseguire una certa relazione, nella sua vita privata) e anche di Kathrin.

La scheda del libro sul sito di Rizzoli.
Il link per ordinare il libro su ibs.
Il sito di Jeffery Deaver. Qui potete scaricare le canzoni di cui si parla nel libro.
Technorati:

23 novembre 2012

Banchieri & compari

Draghi: "Bce ha evitato scenari disastrosi".
Statali, 230mila precari in scadenza La Camusso: "Una bomba sociale"

Domani in piazza, la sfida degli studenti "Arriveremo sotto i palazzi del potere"
La Cancellieri: "Mesi difficili per ordine pubblico"


Banchieri e compari
è l'ultimo libro di Gianni Dragoni, il giornalista del Sole 24 ore, parla di banche e banchieri. Parla delle banche e del ruolo che stanno ricoprendo e che hanno ricoperto in Italia, in questi mesi di crisi (non per tutti):

Dove finiscono i nostri soldi? Chi paga la crisi? L'Italia è tra i paesi che faticano di più a risollevarsi. La cura Monti non serve a crescere. La disoccupazione è ai massimi dal 2004. Soprattutto le banche non riescono a superare la crisi, nonostante i generosi interventi fatti in loro soccorso. Quelle italiane hanno ricevuto dalla Bce 270 miliardi di prestiti a buon mercato, più di un quarto del totale distribuito in Europa. Perché hanno bisogno di così tanti soldi?
Perché sono imbottite di Bot, Btp e Cct comprati quando sembravano un investimento sicuro, mentre ora sono ad alto rischio, la fiducia è crollata e il debito pubblico sembra inarrestabile.
Questo libro racconta come la pioggia di denaro facile proveniente dal grande bancomat di Francoforte venga impiegata per fare speculazioni: le banche hanno aumentato gli acquisti di titoli di Stato (318 miliardi di euro!) che il Tesoro altrimenti non avrebbe saputo come piazzare, forti della garanzia che il rendimento dei titoli è molto più alto del costo del prestito. Alla fine chi paga? Gli Stati, se i cittadini potranno sopportare nuove tasse. Come racconta Dragoni, ricostruendo storie e casi esemplari, le scorribande della finanza e le speculazioni delle banche si incrociano con la ragnatela di partecipazioni, i conflitti d'interesse, le triangolazioni con l'estero per aggirare il fisco. Quasi sempre, a farne le spese, i risparmiatori, mentre c'è sempre qualche banchiere in grisaglia o un cinico operatore che incassa un bonus milionario.
Sul Fatto quotidiano di ieri c'era un estratto del libro: "Le banche evadono e i risparmiatori pagano ":
La fiducia nelle banche è messa a dura prova anche dalle indagini tuttora in corso della magistratura e dalle contestazioni dell’Agenzia delle Entrate, cioè il ministero delle Finanze, su una presunta evasione fiscale miliardaria. Tasse non pagate, e gli evasori sarebbero molte banche italiane, comprese le più grandi: Unicredit, Intesa Sanpaolo, Monte dei Paschi di Siena.
A Unicredit, la maggiore per patrimonio, il 18 ottobre 2011 sono stati sequestrati 246 milioni di euro per operazioni condotte attraverso una delle più importanti banche inglesi, la Barclays. Tra il 2007 e il 2009 Unicredit ha comprato dalla filiale di Milano della Barclays titoli in lire turche emessi da una società lussemburghese della stessa Barclays, presentati come titoli atipici e detti “strumenti di partecipazione ai profitti”. Perché le lire turche? Perché in Turchia il rendimento dei titoli era più alto, il 20 per cento contro il 4 per cento europeo.
Gli interessi ottenuti sono stati camuffati da dividendi, come se fossero il frutto di un
investimento azionario, perché in Italia le tasse sugli interessi si pagano sull’intera somma percepita, mentre sui dividendi si pagano solo sul 5 per cento del valore. In questo modo il 95 per cento del guadagno rimane esente da imposte. Attraverso questa operazione, che la banca ha chiamato Brontos,cioè brontosauri, Unicredit avrebbe sottratto al fisco 745 milioni di euro di guadagni, ai quali corrispondono tasse non pagate per 246 milioni. LA PROCURA di Milano, attraverso il pm Alfredo Robledo, parla di “capziosa evasione fiscale” e ipotizza il reato di “dichiarazione fiscale fraudolenta”, punibile con la reclusione da un anno e mezzo a sei anni.  Per questo il 5 giugno 2012 il gup Laura Marchiondelli ha rinviato a giudizio Alessandro Profumo (all’epoca dei fatti amministratore delegato di Unicredit) assieme ad altri 16 dirigenti della sua banca e a tre della Barclays. (...) Unicredit, prima
di subire il sequestro, aveva accettato nel maggio 2011 di pagare 99 milioni per chiudere altre contestazioni con il fisco riferite al 2005. Il 3 agosto 2012, con un secondo accordo, la banca ha versato ulteriori 264,4 milioni all’Agenzia delle entrate.
“Il pagamento riguarda in gran parte il caso Brontos, per cui abbiamo versato più o meno la somma contestata” ha detto il nuovo amministratore delegato di Unicredit Federico Ghizzoni.
Tra questi e altri casi, in totale il fisco ha mosso contestazioni alle banche per una somma tra i quattro e i cinque miliardi di euro di imposte non pagate e sanzioni. Alla fine, attraverso le transazioni, lo Stato potrebbe incassare poco più di un miliardo. E gli altri tre o quattro miliardi? (...) Il consulente che nel 2007 ha dato un parere favorevole a Unicredit per l’operazione Brontos è lo studio fondato da
Giulio Tremonti, il quale all’epoca non era al governo e dunque faceva il tributarista.
Nel 2008 Tremonti è di nuovo ministro dell’Economia. Da lui dipende l’Agenzia delle entrate, cioè l’organo dello Stato che nel 2009 ha cominciato a contestare alle banche questa gigantesca evasione fiscale. Ma il suo studio tributario, che nei periodi in cui Tremonti è stato al governo si chiamava Vitali Romagnoli Piccardi, ha continuato a dare pareri favorevoli perle operazioni di Unicredit. Non solo: ha pure assistito il Credito emiliano nel ricorso del 2010 e la Banca popolare di Milano.
QUINDI Tremonti tributarista ha consigliato alle banche di trovare il modo di pagare meno tasse, Tremonti ministro ha chiesto di pagarne di più attraverso i suoi funzionari, e anche il suo studio ha cambiato parere e consiglia di fare la pace con il fisco. (...)
E poi c’è il caso di Intesa Sanpaolo, la banca con il maggior numero di sportelli in Italia. Nel novembre del 2011, quando il suo ex amministratore delegato Corrado Passera è diventato superministro nel governo Monti, si è sparsa la voce che la banca stava facendo una trattativa per chiudere il contenzioso con il fisco. Secondo quanto comunicato al momento della transazione, il 13 dicembre 2011, l’ex banca di Passera ha pagato 270 milioni. Dal bilancio 2011 risulta che al gruppo veniva contestato, tra imposte, sanzioni e interessi, il mancato pagamento di un miliardo e 150 milioni. Dunque la somma sborsata per mettere a tacere le pretese del fisco è appena il 23 per cento della somma totale contestata.
Un bel vantaggio per Intesa. La banca non ha chiarito se lo studio tributario fondato da Tremonti sia stato tra i suoi consulenti, lasciando un margine di dubbio su questo interrogativo. Viene anche da chiedersi se sia opportuno che l’accordo con lo Stato sia stato raggiunto poco dopo l’ingresso nel governo dell’ex numero uno della banca, o che il capo di una banca accusata di evasione fiscale sia diventato ministro.

Tra i pretesti di lettura che potete leggere qui, trovate questa perla (a seconda dei punti di vista) di politica economica:
"Ligresti è indebitato per più di due miliardi verso le banche. Nonostante questo, Unicredit ha messo a sua disposizione 205 milioni. La stessa banca ha deciso di tagliare 5200 dipendenti entro il 2015. Ma la perdita causata dal salvataggio di Ligresti corrisponde al costo di mille dipendenti in un anno. E Intesa ha aumentato i tagli da 3000 a 5000 posti."

Il Brunetta che conoscevamo

Era partito bene Brunetta, ad inizio puntata.
Ma poi, alla fine, è venuto fuori il ministro che abbiamo già conosciuto nel passato.
Per la vostra gioia, lo scontro Brunetta Santoro:


Alla fine Renato Brunetta ci ha regalato l’ennesima rissa televisiva. Dopo “l’inguaribile fazioso” dovuto ad un problema di touchscreen del giugno 2011 ad Annozero, l’ex ministro pochi minuti fa a Servizio Pubblico in diretta su La 7 ha dato dell’ignorante a Michele Santoro, il quale pochi secondi prima lo aveva invitato a tornare a scuola. In una puntata - che PolisBlog ha seguito in diretta - caratterizzata da una discussione dai toni quasi sempre pacati, lo scontro dialettico è avvenuto nella parte finale della trasmissione dopo la domanda posta da Luisella Costamagna all’ex ministro.
Infatti, dopo aver smentito di essere stato associato all’università senza aver sostenuto regolare concorso, Brunetta a muso duro si è rivolto al conduttore del talk show:
Quanto guadagna lei, Santoro, da un’azienda in perdita come La 7?


Da qui è partito un dialogo caotico, che qui vi riportiamo e che dopo il salto potete ascoltare e vedere:

- Io non sono un dipendente de La 7. Lei è l’unico che non lo sa in Italia. Io sono una società indipendente.
- Mi dice quanto ha guadagnato? Me lo dice?
- Le posso dire quello che ho guadagnato l’anno scorso. Come faccio a dirle quello che guadagno oggi? Brunetta, lei ha fatto il ministro, ma dovrebbe tornare un po’ a scuola.
- Ma un po’ di trasparenza?
- Più trasparenza di così. E’ tutto sulla rete. E ho chiesto a lei di farli mettere anche a Vespa.
- La Rai si è rifiutata di farlo.
- Lei sta dicendo il falso. C’è stata un’interrogazione parlamentare solo su di me. Lei sta dicendo un sacco di sciocchezze.
- Io domani metto tutti ii documenti in rete e lei mi chiede scusa?
- Per niente.
(..)
- Sulla base di una mia legge, lo sa?
- Ma chi se ne frega della sua legge!
- Ma perché è così ignorante?

Servizio pubblico - oppure Monti

Le note dell'inno sovietico hanno accompagnato l'inizio dell'anteprima della puntata di Servizio pubblico di ieri sera, dove Santoro ha parlato della dittatura dello spread. Quella che oggi ci sta condannando, in nome di una non meglio chiarita ragione di stato, al Monti bis.
Ragione di stato che è stata usata, ha ricordato il conduttore, anche durante i moti in Ungheria del 1956, quando la voglia di libertà di quel paese finì sotto i cingoli dei carri armati. Santoro ricorda le discussioni del padre, amendoliano dunque fedele alla linea del partito comunista, con la madre, che si chiedeva che si preoccupava dei sogni di libertà degli ungheresi.

E oggi sta succedendo lo stesso coi ministri tecnici, che non invadono gli spazi, ma fuggono dalle domande e usano la stessa ragione di stato (lo chiede l'Europa, dobbiamo rassicurare i mercati) oer calpestare i diritti democratici dei cittadini.
Come nel 1956, il padre direbbe che senza Monti saremmo precipitati nel baratro.
E la madre avrebbe risposto, secondo questa metafora dei fatti, che da quando c'è Monti tutti gli indicatori economici sono peggiorati.

"Come mai anche le persone che non hanno niente non scendono in piazza?". La risposta che darebbe la madre del giornalista, è che chi non ha niente, non ha nemmeno i sogni. E che oggi c'è una maggioranza silenziosa che accetta la ditatura dello spread, e cerca di tenersi attaccate le sue cose.
Ma come sappiamo, di madri ce n'è una sola, mentre di padri ragione di stato se ne vedono molti.

Mentre da una parte si discute sul Monti bis, con la candidatura del colle, dei partiti in fuga da se stessi che cercano di riciclarsi in liste civiche, dei ministri in fuga dalle domande, dalle responsabilità, dai problemi delle persone, fuori dal palazzo c'è un paese con problemi che peggiorano di giorno in giorno.
E senza prospettive.

Da Pomigliano (con la petizione degli assunti contro i colleghi della Fiom), alla Magneti Marelli, dove la tensione è tale che non ci si fida nemmeno dei sindacati.
E nemmeno dello stato: l'ex impiegata delle assicurazioni, intervistata ad inizio puntata, raccontava la sua storia. Da impiegata, a proprietaria di un bar. Impresa fallita, il bar fu venduto, ma ora arrivano le cartelle dell'Agenzia delle entrate. Per redditi non esistenti del 2006 e del 2007.
E ora?
Di fronte ai grandi scandali, nelle regioni e negli enti pubblici, nelle banche, ti trovi di fronte ad uno stato che se la prende con i piccoli evasori, che evadono magari solo per poter andare avanti.

La puntata aveva come ospiti lo scrittore Nesi, l'ex ministro Brunetta e il candidato alle primarie PD Vendola.
Le due domande: la continuità di Monti e della sua agenda, indicata da Napolitano, è necessaria?
E' vero che, quando Monti è arrivato, eravano sul baratro e non c'erano soldi per gli stipendi?

Vendola ha spiegato come lui sia pù interessato al futuro dei suoi nipoti che a quello del professor Monti. Che questa politica ha impedito la discussione dell'agenda Monti e dell'analisi dei suoi risultati.
Si dovrebbe parlare, più che del maglioncino di Marchionne (un buon manager, l'ha definito la Fornero), del piano di mobilità per le auto.

Brunetta, molto pacato, annuiva alle parole del segretario di Sel.
"Sto dalla parte di sua madre": l'ex ministro ha cercato di spiegare come questa situazione di crisi sia nata dalla speculazione di grosse banche commerciali. Questo ha causato la crescita dello spread, che alla fine ha causato un aumento dei costi, per lo stato, di soli 5 miliardi.
Dire che non c'erano soldi per gli stipendi è falso, ha spiegato Brunetta.
Ci hanno fatto credere che c'era un disastro, ma non era vero.

Montezemolo e Giulia Innocenzi.
Diversamente da altri, Montezemolo e Riccardi hanno risposto alle domande di Giulia Innocenzi: scenderà in campo Monti?
Riccardi si è detto orgoglioso del lavoro fatto.
E Passera, un pò seccato da certe domande, ha spiegato che al momento opportuno farà sapere.
Speriamo che sia prima del voto.

L'intervento dello scrittore Nesi mi ha lasciato invece senza parole. Vero, dobbiamo ricordarci da dove veniamo. Ma dobbiamo anche sapere dove vogliamo andare. Quale è la linea politica di Montezemolo, nel concreto.
Quella di Monti? Quella di meno stato, meno diritti, perché non ce li possiamo più permettere?

Va ricordato anche che la linea di Monti, sulle questione del lavoro, rispetto dei diritti della persona, sul rispetto dell'ambiente, sulla questione dei precari, è la stessa della linea Berlusconi. Quella che ci ha portato al baratro.
Quella che prende le decisioni sulla pelle delle persone, fuori dal Parlamento, usando ricette inefficaci i cui sacrifici non ci accompagneranno fuori dalla notte.
Non è una contraddizione, questa?

L'intervento di Travaglio: il sequestro affettuoso di Spinelli.



La versione di Ghedini, sul sequestro.



L'intervento di Dragoni, sul recupero crediti.

22 novembre 2012

Oppure Monti

2013, fuga dalla politica: liste civiche per Montezemolo (pro Monti) nel PDL (pro B.?), nella Lega (pro Maroni). E fuga anche dei ministri ...



Oppure Monti. Che magari mette tutti d'accordo.
Oppure Monti, il titolo della puntata di stasera di Servizio pubblico.

E ancora una volta mi chiedo, ma chi li sceglie gli ospiti? Santanché, Briatore e stasera Brunetta. 
Ma anche Vendola, l'inventore dello slogan "oppure". Che ha firmato la carta d'intenti, ma vorrebbe una politica diversa dall'agenda dei tecnici.
Dopo un anno di Governo Monti, con le elezioni politiche del prossimo anno cosa ci aspetterà? Un Monti-bis, un governo Bersani o uno guidato dal centrodestra? Nichi Vendola, candidato alle primarie, per proporre un'idea di alternativa a quanto successo sino a oggi, ha scelto come slogan della sua campagna per le primarie la parola “oppure”. Ma come farà il leader di Sel a conciliare le sue posizioni, contrarie alle politiche di austerity del governo attuale, con la linea del Pd che invece le ha, sino a ora, appoggiate? E ancora: come sta - dopo un anno di Monti - l'Italia alle prese con la crisi? Il Paese ha ancora la forza per reggere una politica di tasse alte e tagli alla spesa?

Avere a cuore gli interessi del paese

Per le persone normali, tre gradi di giudizio sono sufficienti.
Ma per salvare i soliti noti (come anche per salvare le banche con l'emendamento sulla tobin tax) serve il quarto grado di giudizio.

In caso di violazione del diritto comunitario si potrà presentare ricorso davanti alle Sezioni Unite della Cassazione. Sia in caso di giudizio civile che penale. Lo propone un emendamento del Pdl, tra i 1600 presentati al decreto Sviluppo ora all’esame della commissione Industria del Senato. La norma, contestata duramente dal Pd, avrà effetti anche sulle sentenze passate in giudicato nei due anni antecedenti all’entrata in vigore della legge. E si avranno 180 giorni di tempo da questa data per presentare ricorso. Il pensiero corre veloce alla sentenza sul Lodo Mondadori, che arriverà tra poco in Cassazione.
Questi qua non smetteranno mai di gestire la cosa pubblica per interessi privati.

E se la giustizia affonda, nei tempi dei processi, per le carceri piene, per i tribunali ingolfati, per le prescrizioni che ammazzano i processi e tolgono giustizia alle persone, chi se ne frega.

La parola magica

Il governo dopo la firma sull'accordo per la produttività, potrà ora mettersi un'altra tacca sul proprio curriculum autocelebrativo.
Dopo il salva Italia, il cresci Italia, le liberalizzazioni, la riforma sulle pensioni, la riforma sul lavoro, le semplificazioni, ora anche il piano sulla produttività.

Che promette un'altra paccata di miliardi (2,1 mi sembra) per la detassazione dei salari di produttività: che detto così non vuol dire proprio niente.
Perché all'atto pratico si capisce solo che gli aumenti salariali non saranno più legati all'andamento delle imprese, al costo della vita, ma alla misurazione della produttività, che è qualcosa di abbastanza opinabile.
Non solo, ma questo accordo, che la CGIL non ha firmato (come a dire che rispetto ai tempi di B. non è cambiato niente), permette di andare in deroga su orari, mansioni, stipendio.
Un bel colpo.
Per le imprese e per i tecnici, che ora potranno aggiungere questa la parola, "produttività" al loro corollario.
Un bello spot.

Anche perché ora servirebbe cambiare i contratti, nazionali e locali: rinnovi che ora, grazie ai tecnici, danno più potere e margini di manovra alle imprese e tolgono qualcosa alla parte più debole.

Qui potete leggere l'articolo, preso da Repubblica, sugli effetti della riforma.
A proposito: il PD ha votato contro il governo per l'emendamento che salvava le banche dalla tobin tax. Meglio tardi che mai.

21 novembre 2012

Loro la chiamano persecuzione

Il comunicato stampa del ministero del lavoro, che commentava la rinuncia del ministro a partecipare alla conferenza stampa:
"Per correttezza nei confronti del Ministro Balduzzi e dei giornalisti convocati - prosegue il comunicato - il ministro Fornero aveva deciso di rispettare l'appuntamento nonostante questa mattina non fosse in buona salute. Di fronte però alla prevaricazione della troupe televisiva nei confronti dei giornalisti presenti e l'insistenza nel voler porre questioni che nulla avevano a che fare con i temi previsti, il ministro Fornero ha dovuto lasciare l'auditorium.
Non si può che stigmatizzare simili comportamenti che nulla hanno a che fare col diritto di cronaca".
 E il commento del ministro Balduzzi:
"Non posso non stigmatizzare - ha aggiunto - questo modo di fare informazione, che impedisce che si possa fare informazione e manifesto tutta la mia solidarietà al ministro Fornero la quale - ha concluso - è oggetto di una vera e propria persecuzione". 
Loro la chiamano persecuzione: va detto però che lo stesso ministero farebbe bene a chiarire cose stanno le cose tra i precari dell'Isfol, per gli esodati (quanti sono, cosa faremo).
Questo gioverebbe al clima che, effettivamente, si sta surriscaldando troppo.
Perchè magari c'è anche prevaricazione, ma di conferenze stampa dove il giornalista non può fare domande e il ministro racconta la solita favoletta del va tutto bene e stiamo sistemando i problemi ne abbiamo abbastanza.

Il governo delle banche (ancora)

Marco Palombi, su Il fatto:
Tobin tax, la norma cambia per salvare le banchedi Marco Palombi
C’è una lotta sotterranea in corso tra poteri economici, politica e governo di cui non è ancora affiorata traccia nel pubblico dibattito: quella che si sta giocando attorno alla Tassa sulle transazioni finanziarie (Ttf), impropriamente detta Tobin tax, inserita nel ddl stabilità su cui il governo ieri ha messo la fiducia alla Camera (oggi il voto). Questa imposta - un’aliquota dello 0,5% sulla “compravendita di azioni e altri strumenti finanziari partecipativi emessi da società residenti nel territorio dello Stato” che dovrebbe generare un miliardo di gettito l’anno per l’erario – ovviamente non piace ai trader (e con qualche ragione, peraltro), ma l’offensiva lobbistica più imponente è partita dai grandi istituti bancari : il loro obiettivo è eliminare quella parte della nuova legge che sottopone a tassazione anche gli “strumenti finanziari derivati”, di cui i bilanci delle nostre banche sono non casualmente pieni.

LA RAGIONERIA GENERALE dello Stato, infatti, secondo gli istituti di credito ha sottostimato il gettito: secondo una voce raccolta dentro Intesa Sanpaolo, per dire, solo la banca guidata da Bazoli e Cucchiani pagherebbe un miliardo per le operazioni sui derivati, mentre il conto complessivo per il sistema supererebbe i tre miliardi e mezzo. Così si uccide un settore già in crisi, si sono lamentati gli interessati col governo, dimenticandosi però che questo settore in crisi non ha mai smesso di distribuire dividendi agli azionisti e premi al management.

Da lunedì, comunque, gli animi dentro i grandi istituti italiani si sono rasserenati: il ministro Vittorio Grilli, testimoniano fonti finanziarie e parlamentari, ha dato il via libera alla riscrittura della Ttf e il testo è già stato messo insieme da un inviato di Giuseppe Vegas, presidente di Consob, e dal sottosegretario all’Economia Vieri Ceriani. Il governo, che alla Camera aveva rifiutato di mettere mano alla materia, ha annunciato che presenterà il suo emendamento in Senato, dove potrà contare sulla solidità numerica della vecchia maggioranza berlusconiana Pdl-Lega-Udc per sterilizzare l’opposizione del Pd: quando il ddl stabilità tornerà poi a Montecitorio per la lettura conforme non ci sarà più tempo e bisognerà vo-tarlo in blocco (con la fiducia, ovviamente).

ECCO COME dovrebbe cambiare la legge: la nuova formulazione messa a punto dal Tesoro con la consulenza di Consob esenta le operazioni in derivati (il settore in cui sono i soldi veri) a eccezione di quelli azionari (spiccioli) e finisce per salvare anche i trader on line – i più grossi speculatori di Borsa italiana – tassando solo il saldo a fine giornata e non le migliaia di operazioni fatte durante il giorno. Contentini per il pubblico sono le misure contro l’high frequency trading e l’estensione della tassazione anche alle transazioni effettuate all’estero su asset italiani, anche se non si capisce quale sia lo strumento coercitivo per chi non paga (nel testo non c’è la nullità del contratto di acquisto proposta dal Pd e non è alle viste nemmeno il fondamentale accordo col ministero delle Finanze britannico).

Se la Ttf alla fine sarà questa, spiegano le nostre fonti, si finirà per premiare proprio quella “finanza speculativa” che a parole si vorrebbe colpire, penalizzando invece chi svolge il lavoro fondamentale di creare canali di finanziamento per le imprese.

IL RISULTATO SARÀ che il processo di svuotamento di Borsa italiana – già nelle mani di London Stock Exchange - verrà paradossalmente implementato grazie all’opera di governo e Consob (che pure dovrebbero avere entrambi qualche interesse a mantenere vivo e sotto il loro controllo un mercato finanziario nazionale) con una ulteriore perdita di posti nel settore a favore dell’Inghilterra. Infine, questa edulcorazione della Ttf renderebbe di fatto false le previsioni di gettito: secondo i calcoli di alcuni addetti ai lavori, la nuova formulazione potrebbe garantire all’incirca cento milioni di entrate, un decimo di quanto messo per iscritto dal governo. “Se questa, come sembra, è l’operazione che il governo intende fare – dice Francesco Boccia, che segue la partita per il Pd – si sbaglia di grosso: quel testo può essere certo migliorato, ma di sicuro non va peggiorato esentando i derivati gestiti dalle banche. Noi su questo e altri punti non arretreremo di un millimetro”. 

Per una questione di equità

Credevo che il kit per il redditometro fosse uno strumento per permettere anche al comune cittadino di fare la sua piccola evasione.
"Fatti anche tu il tuo fondo nero alle cayman .. " : poteva essere la prima cosa utile proposta.

Perché in fondo, viene da chiedersi come a certe persone è permesso una sorta di evasione legalizzata, alle aziende la creazione di fondi neri (senza il falso in bilancio), la concussione viene depotenziata (come ha spiegato la Cassazione nelle sue 21 pagine), le banche non devono pagare per le loro speculazioni (la tobin tax) e per i derivati (che tengono in pancia e che sono stati la cuasa di questa crisi), i soldi in Svizzera (che magari sono già scappati in un paradiso più sicuro) possono stare tranquilli .. Mentre il resto del paese devo continuare a pagare il biglietto del treno, la tassa sui rifiuti, l'Imu e tante altre belle tasse.

Chi ha deciso che possiamo fare a meno della sanità pubblica e di una scuola di eccellenza?
E che i soldi tolti devono essere garantiti agli istituti privati.

La notizia del 20% di dichiarazioni fiscali incoerenti grida vendetta: “Da una simulazione sull’intera platea delle famiglie, oltre 4,3 milioni (circa il 20%) delle dichiarazioni dei redditi risultano non coerenti” dice l'Agenzia delle Entrate.
E allora, o cambiamo le cose in senso Costituzionale (perché la ragione sta dalla nostra parte, cari signori), oppure per una questione di vera equità, vogliamo anche andare in paradiso. Fiscale.

20 novembre 2012

Per fortuna

Negli ultimi 12 mesi spegnere l'incendio che era scoppiato nella casa è stata una priorità, non potevamo accendere un nuovo fuoco in Europa. Abbiamo evitato che si arrivasse ad un disastro totale [il premier Monti da Dubai]

E per fortuna che c'era lui. Altrimenti, cosa capitava ai poveri pensionati sotto i 1000 euro (il 52%)? A quelli che sprofondano verso la povertà e non riescono a uscirne?
Monti sarà l'unico premier italiano che verrà eletto facendo solo campagna elettorale all'estero.


Leggetevi l'intervista di Nunzia Penelope, giornalista autrice di "Ricchi e poveri" 
Le mosse del governo Monti, a suo avviso, stanno aumentando lo spread monetario fra ricchi e poveri in Italia o lo stanno diminuendo?

Quando Monti si è insediato, a fine 2011, ha detto che la parola d'ordine del suo governo sarebbe stata equità. Io non ne ho vista moltissima, devo dire. Immagino che avesse altre occupazioni, come quella di combattere la guerra santa contro lo spread. Tuttavia anche su questo ci sarebbe da dire qualche cosa, perché io ricordo che prima di entrare nell'Euro, 10 anni fa, lo spread tra lira e marco, esisteva già.
E il problema è che non si può inseguire soltanto lo spread, anche se ripeto, la maggiore parte degli economisti ritiene che sia questo l'obiettivo da combattere, il traguardo finale. Io nel frattempo ho visto un paese che si è impoverito, per la crisi naturalmente, non per colpa del governo Monti. Però mi sarei aspettata da parte del governo delle misure per esempio di sostegno all'impoverimento della popolazione, che poi non è una cosa casuale. Perché al di là di tante parole, la ricchezza e la povertà di un popolo viene decisa anche dalle politiche economiche che fanno i governi. Per esempio, l'equità si stabilisce attraverso il fisco e attraverso lo stato sociale, che sono sistemi per mettere o togliere i soldi dalle tasche delle persone. E fondamentalmente il fisco, in Italia, colpisce il lavoro dipendente, che già è penalizzato da stipendi molto bassi (perché lo stipendio medio in questo paese è 1200 Euro) e invece, per esempio, non colpisce i patrimoni. Io potrei avere la casa piena di lingotti d'oro e non ci sarebbe un centesimo di prelievo fiscale su questi. Ciò è uno dei motivi su cui il governo Monti avrebbe potuto probabilmente introdurre una patrimoniale, su quei famosi 9 mila miliardi di ricchezza privata di cui si è parlato all'inizio. Però non l'ha fatto. E quindi non vedo equità in questo.

Il destino del cavaliere






E' il suo destino: ogni cosa che gli succede, si deve tingere di giallo, deve avere dei lati oscuri.
Come per il rapimento lampo del ragioniere Spinelli.
E così ci tocca, ancora una volta occuparci del cavaliere, del suo ragioniere, delle Olgettine, dei ricatti che ha subito (Lavitola, Dell'Utri forse, Mangano ..).
Trame oscure, scrive Il giornale .. Ancora le toghe rosse?

L'agenda (dei prossimi mesi)

Non è a questo punto difficile immaginare quale sarà l'agenda, non quella di Monti, ma quella che ci aspetta per i prossimi mesi.
Su pressione del PDL e di Berlusconi (alla faccia di quanti dicono che non conta più nulla), si voterà assieme regionali e elezioni nazionali: questo in spregio al volere dei cittadini (del Lazio che si erano rivolti al TAR contro la Polverini) e della sentenza della consulta che parla di 90 giorni di tempo, per fissare le elezioni.
Si manterrà il porcellum, troppo comodo mantenere il controllo delle liste: da questoverrà solo eliminato il (super) premio alla coalizione, per mantenere in una situazione di pareggio il vincitore.
Che non sarà il centrodestra, il PDL, dove gli 11 scesi in campo sono solo uno specchietto per le allodole.
Spostando le elezioni a marzo Napolitano così potrà gestire , nelle ultime settimane, la nomina del premier. E anche il suo successore: Letta? O addirittura Berlusconi? D'altronde, se le sue onorevoli si chiamano amazzoni, potrebbe essere un passo avanti nella sostituzione dei corazzieri.

Bersani premier e Monti ministro delle finanze? Oppure Monti ministro e primo ministro?
Poco importa perché, a breve, l'Italia potrebbe chiedere un aiuto al fondo salva stati, bloccando così, una volta per sempre, l'agenda politica.

In politica entreranno anche i movimenti e le liste pro monti e pro grande centro. Come la Cisl di Bonanni: paradossale che, proprio la Cisl che ha sempre accusato la Fiom di fare politica, ora partecipi alle assemblee di Montezemolo, con Passera a fianco.
Certo, non si presenterà alle elezioni politiche, ma la sua presenza sotto il palco, era chiara. Quando Passera e Bonanni si incontrano per discutere si produttività, si incontrano come ministro e rappresentante del secondo sindacato, oppure come due politici?

A proposito di produttività, questa riforma chiude il cerchio delle cose che Berlusconi voleva fare e sono dovuti arrivare i tecnici. Come per la riforma delle pensioni, quella del lavoro che toglie l'articolo 18 di mezzo.
Anche questo accordo sulla produttività, che vede la CGIL unico sindacato contrario, di fatto applica il modello Pomigliano a tutti, andando in deroga ai contratti nazionali, in previsione di una detassazione degli incentivi in busta paga.
Tutti d'accordo? Va tutto bene?

Spero solo di aver sbagliato previsione.

19 novembre 2012

Il paradiso fiscale dei gruppi parlamentari

Ecco un'altra cosa che si poteva fare e non si è fatta. Fare luce su come vengono spesi dai gruppi i soldi pubblici dati a gruppi parlamentari per le loro spese.
Una specie di "paradiso fiscale", visto che è difficile capire in che modo vengono usati e da chi. Parliamo di 75 ml di euro, che in tempo di crisi farebbero pure comodo.

Ne ha parlato ieri sera
Report, con l'inchiesta di Sabrina Giannini ("Il gruppo selvaggio").
GIANFRANCO FINI – PRESIDENTE CAMERA DEI DEPUTATI
Per i fondi dati ai gruppi parlamentari al momento non c’è alcun di controllo, è IL
gruppo parlamentare che gestisce in modo autonomo.
SABRINA GIANNINI FUORI CAMPO
Autonomia è dire poco, i gruppi parlamentari sono come paradisi fiscali dentro Camera
e Senato. Basta leggere l’ultimo impietoso rapporto del gruppo europeo degli Stati
contro la corruzione: 75 milioni di euro vengono gestiti ogni anno senza alcun obbligo
di rendicontazione, senza controllo interno ed esterno.
Dalla prossima legislatura potrebbero arrivare le società di revisione dei conti (speriamo non siano quelle di Parmalat).
E la magistratura contabile? Anche quella, rinviata alla prossima volta.

SABRINA GIANNINI
Ma se io volessi vedere i vostri bilanci me li farebbe vedere, me li farà vedere?
PASQUALE VIESPOLI – CAPOGRUPPO COESIONE NAZIONALE SENATO
Se ci sono le condizioni per poterlo fare perché no? Per quale motivo non dovrei
farglieli vedere?
SABRINA GIANNINI
Se me le vuole dare io faccio vedere come avete speso questi soldi.
BENEDETTO DELLA VEDOVA - CAPOGRUPPO FLI CAMERA
Noi, magari per quando è in onda la trasmissione però questo non lo so magari
metteremo online i conti.
SABRINA GIANNINI
Ma me li dia a me…faccio io.
SABRINA GIANNINI
E se li chiedessi io per esempio il vostro bilancio? Per vedere come li spendete? Son
soldi pubblici, quindi.
FELICE BELISARIO - CAPOGRUPPO IDV SENATO
Son soldi pubblici che vengono destinati per attività parlamentari e noi li destiniamo
alle attività parlamentari.
SABRINA GIANNINI
E quindi se li volessi vedere?
FELICE BELISARIO - CAPOGRUPPO IDV SENATO
Faccia la richiesta.
SABRINA GIANNINI
Va bene, grazie.
Decidono tutto i capi gruppo, questo è quello che si capisce dal servizio:
SABRINA GIANNINI FUORI CAMPO
La quasi totalità dei capigruppo non ha voluto neppure rilasciare l’intervista.
incluso il senatore Bricolo, che presiede il gruppo della lega nord di cui era
amministratore fino ad aprile, Piergiorgio Stiffoni.
DAL TG3 DEL 30/04/2012
Indagato il Senatore trevigiano Piergiorgio Stiffoni, già espulso dal partito ipotesi di
reato di peculato per uso personale di fondi della lega al Senato.
SABRINA GIANNINI FUORI CAMPO
Il senatore Stiffoni un volta espulso dalla lega rilascia alcune dichiarazioni al
gazzettino successivamente confermate a me per iscritto:
“se Stiffoni deve essere condannato per peculato, stessa sorte dovrebbe toccare a
tutti i senatori della lega. Bricolo per primo».
parla di paghette distribuite a nomi illustri del partito…
e di avere utilizzato il conto del senato per regalare a ogni senatore 2mila euro in
buoni acquisto da spendere nei centri commerciali”. in fondo era natale!
ELIO LANNUTTI – SENATORE IDV
Ci sono auto blu, ogni Capogruppo ha diritto ad avere addirittura anche il
lampeggiante, possono fare quello che vogliono. Ecco, allora ci vuole trasparenza.
MAURIZIO TURCO – DEPUTATO RADICALE PD
I Presidenti dei Gruppi, beh, io credo che per la loro attività abbiano, avranno bisogno
di qualche denaro in più. Quanti? O no? Oltretutto fanno crescere sospetti,
inutilmente, penso. Forse.
SABRINA GIANNINI FUORI CAMPO
Legittimi sospetti se poi spunta questa delibera interna che mi consegna un ex
capogruppo del senato chiedendo di restare anonimo: si legge che Capigruppo
dispongono del dieci per cento del contributo per il funzionamento per le loro
esigenze. Esigenze è un concetto un po’ vago …. Molte delibere, come questa, non
sono pubbliche.
E poi ci sono le persone assunte dai gruppi parlamentari, pagate coi soldi dei finanziamenti:
ELIO LANNUTTI – SENATORE IDV
Gestiscono assunzioni , decine di persone assunte, con quali criteri e con quali personalità non si sa.
SABRINA GIANNINI FUORI CAMPO
Si sa che non vengono assunti per concorso, anche se i soldi sono pubblici. In un
sommario rendiconto del partito democratico pubblicato solo a ottobre, si è saputo
finalmente che il gruppo della Camera ha 102 dipendenti e quello del Senato 56.
Dove li mettono non si sa. Tutti i gruppi spendono comunque molto per il personale e come se non bastasse ogni gruppo raccoglie anche quelli che il senatore Ichino ha
definitivo “i nullafacenti dei partiti defunti”.
 


Persone che una volta dentro, perchè assunte dal partito, rimangono dentro il palazzo. Anche se il partito muore.
PIETRO ICHINO – SENATORE PD
Ciascuno di questi posti di lavoro che devono essere mantenuti in vita vanno da 75
mila a 150 mila euro annui per ciascuna di queste persone.
MILENA GABANELLI IN STUDIO
Ma perché queste persone non le paga direttamente il partito con i soldi che si
prendono dai rimborsi elettorali visto che incassano molto più di quello che spendono?
E se per esempio adesso il pdl dovesse ridimensionarsi i loro esuberi chi se li prende?
Ce li sciroppiamo noi? Martedì, cioè dopodomani, in Senato verrà votato il
regolamento, e ancora una volta vogliono lasciar fuori la Corte dei Conti e ancora una volta non c’è scritto chiaro e tondo che le spese devono essere documentate con le pezze d’appoggio, quindi siamo daccapo. Inoltre a fine legislatura se nelle casse dei gruppi rimangono dei soldi, chi se li prende? il regolamento non prevede che debbano essere restituiti a Camera e Senato. Insomma se non devi mai rendere conto di niente alla fine fai come ti pare…