03 novembre 2012

Le parole di Pasolini, oggi

Mi sorprende ogni volta, la vastità di argomenti su cui Pier Paolo Pasolini aveva scritto o detto. E anche la lucidità nel saper vedere lungo, nei cambiamenti in atto nella società e nel paese.

Nel ruolo che la televisione stava assumendo.
eravamo nel 1975, come strumento di educazione di massa, unidirezionale, che genera un rapporto di inferiorità in chi vede:
Pier Paolo Pasolini: Il fatto di aver trovato i miei amici qui, alla televisione, non è bello. Per fortuna noi siamo riusciti ad andare al di là dei microfoni e del video e a ricostituire qualcosa di reale, di sincero. Ma come posizione, la posizione è brutta, è falsa.
Enzo Biagi: Perché? Cosa ci trova di così anormale?
Pier Paolo Pasolini: Perché la televisione è un medium di massa e il medium di massa non può che mercificarci e alienarci. [...]Enzo Biagi: Ma noi stiamo discutendo tutti con grande libertà, senza alcuna inibizione. O no?Pier Paolo Pasolini: No, non è vero.
Enzo Biagi: Sì, è vero. Lei non può dire tutto quello che vuole?
Pier Paolo Pasolini: No, no, non posso dire tutto quello che voglio.
Enzo Biagi: Lo dica!
Pier Paolo Pasolini: No, non potrei perché sarei accusato di vilipendio, uno dei tanti vilipendi del codice fascista italiano. Quindi in realtà non posso dire tutto. E poi, a parte questo, oggettivamente, di fronte all’ingenuità o alla sprovvedutezza di certi ascoltatori, io stesso non vorrei dire certe cose, quindi mi autocensuro. Ma a parte questo, non è tanto questo, è proprio il medium di massa in sé. Nel momento stesso in cui qualcuno ci ascolta dal video ha verso di noi un rapporto da inferiore a superiore, che è un rapporto spaventosamente antidemocratico.
(da “Terza B. Facciamo l’appello”, 1971, link)


E ora pensate a quello che è diventata la televisione oggi: strumento di educazione politica, dove il politico di turno va in onda per autoassolversi o a celebrare la sua opera.

La sua idea su progresso e sviluppo.
Non sono la stessa cosa, ancora oggi si ripete il mantra dello sviluppo ad ogni costo. Dimenticandosi che noi, la nostra vita, la dobbiamo migliorare, progredire, appunto.
confondere sviluppo e progresso: in questo momento storico sono addirittura inconciliabile .. questo sviluppo lo vuole la destra economica .. sviluppo che vuole la produzione di beni superflui, chi vuole il progresso vuole la produzione di beni necessari
Pasolini fece distinzione tra “sviluppo” e “progresso”, chiarendo perché le riteneva opposte e inconciliabili. Questo sviluppo lo vuole la destra economica. Questi nuovi padroni non corrispondono a quelli che consideravamo in passato padroni. Non vogliono progresso. Ma l’opposizione non è una nuova opposizione, ossia ha delle posizioni tradizionaliste. Questo sviluppo vuole la produzione di beni superflui. Coloro che vogliono il progresso vorrebbero la produzione di beni necessari.
La produzione di beni superflui ha finito per cambiare antropologicamente tutti gli italiani. La destra è profondamente cambiata. Ha accettato lo sviluppo. È cambiato il fascismo e ha mutato nome.


E ora pensate a cosa sta succedendo a Pomigliano, cosa sta succedendo nel resto del paese a chi lavora, che fine stanno facendo, sempre più in basso i diritti dei lavoratori, il welfare. E chi ci dice ogni giorno in televisione (appunto), che questi diritti, queste regole (magari giuste in linea teorica) non ce le possiamo più permettere, in nome dello sviluppo.

Pasolini e la società dei consumi.
Andate ad un centro Ikea, il fine settimana, oppure in un grande centro commerciale. Troverete le persone che qui trovano un centro di aggregazione, nel nome del finto shopping, dell'idea di consumo. Tutti uguali, tutti omologati, tutti a dire, fare, le stesse cose. Pensando pure di essere liberi come il Winston di 1984.
"il fascismo, il regime fascista non è stato altro, in conclusione, che un gruppo di criminali al potere" che "non ha potuto fare niente, non è riuscito ad incidere, nemmeno a scalfire lontanamente la realtà dell'Italia. Sicché Sabaudia, benché ordinata dal regime secondo certi criteri di carattere razionalistico-estetizzante-accademico, non trova le sue radici nel regime che l'ha ordinata ma [...] in quella realtà che il fascismo ha dominato tirannicamente ma che non è riuscito a scalfire, cioè è la realtà dell'Italia provinciale, rustica, paleoindustriale, che ha prodotto Sabaudia e non il fascismo",e, ancora, poco dopo:"Ora, invece, succede il contrario. Il regime è un regime democratico, eccetera, eccetera, però quella acculturazione, quella omologazione che il fascismo non è riuscito assolutamente a ottenere, il potere di oggi, cioè il potere della società dei consumi, invece, riesce a ottenere perfettamente. [...] Il vero fascismo è proprio questo potere della civiltà dei consumi che sta distruggendo l'Italia, e questa cosa è avvenuta talmente rapidamente che non ce ne siamo resi conto, è avvenuta in questi ultimi cinque, sei, sette, dieci anni... è stato una specie di incubo in cui abbiamo visto l'Italia intorno a noi distruggersi, sparire. Adesso, risvegliandoci, forse, da questo incubo, e guardandoci intorno, ci accorgiamo che non c'è più niente da fare"
[preso dal sito Pasolini.net]


Pasolini e i giovani: giovani che nel 1968 volevano rottamare la società per rinnovarla in chiave progressista. Ma Pasolini poteva permettersi di criticare i loro slogan, il loro prendersela con i poliziotti “figli dei poveri” a Valle Giulia, per cui il poeta parteggiava.
"Pagine corsare"
La poesiaIl Pci ai giovani!!, di Pier Paolo Pasolini.È triste. La polemica contro
il PCI andava fatta nella prima metà
del decennio passato. Siete in ritardo, figli.
E non ha nessuna importanza se allora non eravate ancora nati...
Adesso i giornalisti di tutto il mondo (compresi
quelli delle televisioni)
vi leccano (come credo ancora si dica nel linguaggio
delle Università) il culo. Io no, amici.
Avete facce di figli di papà.
Buona razza non mente.
Avete lo stesso occhio cattivo.
Siete paurosi, incerti, disperati
(benissimo) ma sapete anche come essere
prepotenti, ricattatori e sicuri:
prerogative piccoloborghesi, amici.
Quando ieri a Valle Giulia avete fatto a botte
coi poliziotti,
io simpatizzavo coi poliziotti!
Perché i poliziotti sono figli di poveri.
Vengono da periferie, contadine o urbane che siano.
Quanto a me, conosco assai bene
il loro modo di esser stati bambini e ragazzi,
le preziose mille lire, il padre rimasto ragazzo anche lui,
a causa della miseria, che non dà autorità.
La madre incallita come un facchino, o tenera,
per qualche malattia, come un uccellino;
i tanti fratelli, la casupola
tra gli orti con la salvia rossa (in terreni
altrui, lottizzati); i bassi
sulle cloache; o gli appartamenti nei grandi
caseggiati popolari, ecc. ecc.
E poi, guardateli come li vestono: come pagliacci,
con quella stoffa ruvida che puzza di rancio
fureria e popolo. Peggio di tutto, naturalmente,
e lo stato psicologico cui sono ridotti
(per una quarantina di mille lire al mese):
senza più sorriso,
senza più amicizia col mondo,
separati,
esclusi (in una esclusione che non ha uguali);
umiliati dalla perdita della qualità di uomini
per quella di poliziotti (l’essere odiati fa odiare).
Hanno vent’anni, la vostra età, cari e care.
Siamo ovviamente d’accordo contro l’istituzione della polizia.
Ma prendetevela contro la Magistratura, e vedrete!
I ragazzi poliziotti
che voi per sacro teppismo (di eletta tradizione
risorgimentale)
di figli di papà, avete bastonato,
appartengono all’altra classe sociale.
A Valle Giulia, ieri, si è cosi avuto un frammento
di lotta di classe: e voi, amici (benché dalla parte
della ragione) eravate i ricchi,
mentre i poliziotti (che erano dalla parte
del torto) erano i poveri. Bella vittoria, dunque,
la vostra! In questi casi,
ai poliziotti si danno i fiori, amici.
[...]Pier Paolo Pasolini [link]
Il processo al potere.
Infine l'accusa al potere, che negli anni 70, gli anni degli scandali e delle stragi, era il potere democristiano.
Quello della faccia pulita di Moro e Zaccagnini, ma anche degli Andreotti, Taviani, Rumor, Lima. Come intellettuale onesto, non poteva tacere, rimanere zitto, guardare dall'altra parte, farsi comprare, come succede anche oggi a tanti giornalisti e intellettuali.
Arrivò a chiedere, nelle Lettere Luterane , un processo alla Dc, per quello che aveva fatto contro il paese:
In conclusione, il PSI e il PCI dovrebbero per prima cosa (se vale questa ipotesi) giungere ad un processo degli esponenti democristiani che hanno governato in questi trent’anni (specialmente gli ultimi dieci) l‘Italia. Parlo proprio di un processo penale, dentro un tribunale. Andreotti, Fanfani, Rumor, e almeno una dozzina di altri potenti democristiani (compreso forse per correttezza qualche presidente della Repubblica) dovrebbero essere trascinati, come Nixon, sul banco degli imputati. [..] E quivi accusati di una quantità sterminata di reati, che io enuncio solo moralmente (sperando nell’eventualità che, almeno, venga prima o poi celebrato un «processo Russell» finalmente impegnato e non conformistico e trionfalistico com’è di solito):
indegnità, disprezzo per i cittadini, manipolazione del denaro pubblico, intrallazzo con i petrolieri, con gli industriali, con i banchieri, connivenza con la mafia, alto tradimento in favore di una nazione straniera, collaborazione con la Cia, uso illecito di enti come il Sid, responsabilità nelle stragi di Milano, Brescia e Bologna (almeno in quanto colpevole incapacità di punirne gli esecutori), distruzione paesaggistica e urbanistica dell’Italia, responsabilità della degradazione antropologica degli italiani (responsabilità, questa, aggravata dalla sua totale inconsapevolezza), responsabilità della condizione, come suol dirsi, paurosa, delle scuole, degli ospedali e di ogni opera pubblica primaria, responsabilità dell’abbandono «selvaggio» delle campagne, responsabilità dell‘esplosione «selvaggia» della cultura di massa e dei mass media, responsabilità della stupidità delittuosa della televisione, responsabilità del decadimento della Chiesa, e infine, oltre a tutto il resto, magari, distribuzione borbonica di cariche pubbliche ad adulatori.

Senza un simile processo penale, è inutile sperare che ci sia qualcosa da fare per il nostro Paese. È chiaro infatti che la rispettabilità di alcuni democristiani (Moro, Zaccagnini) o la moralità dei comunisti non servono a nulla.
Saggi sulla politica e sulla società, Meridiani Mondadori, Milano 1999 (“Il Mondo, 28 agosto 1975; poi in Lettere luterane [link])
Chi pagherà per lo scempio dei nostri territorio, per la cementificazione delle coste e per le discariche abusive in Lombardia come in Campania.
Chi pagherà per lo scempio e l'abbandono industriale nel paese?
Per le morti sul lavoro, per le morti di amianto?
Per un paese diventato di spettatori e non cittadini, di commentatori da bar sport e non più di lettori di libri o giornali.
Chi pagherà per lo smantellamento della Costituzione: la scuola pubblica che non è più scuola né pubblica. L'assistenza sanitaria che diventerà cosa per ricchi. La tutela contro le discriminazioni, politiche razziali e sessuali. Chi pagherà per la corruzione di sistema, per aver permesso alla criminalità organizzata di entrare nella società e nell'economia?
Chi pagherà per la generazione perduta, senza lavoro pensioni e  diritti, e che domani dovrà farsi carico degli errori (e dei debiti) di oggi.

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