20 dicembre 2012

Banchieri & compari, di Gianni Dragoni

Banchieri & compari: come malafinanza e cattivo capitalismo si mangiano soldi dei risparmiatori.

I libri di Gianni Dragoni (giornalista del sole 24 ore) hanno il grande pregio di raccontare in modo chiaro e trasparente, quello che succede dentro il mondo della finanza.
Un mondo che, se siamo arrivato ad un passo dal baratro per la crisi che stiamo affrontando, ha delle colpe ben precise. E che ancora non sta pagando.

Questo libro è una sorta di "agenda nera" dell'azione di governo in Italia (e anche nel mondo) a voler essere maligni: un'azione che avrebbe dovuto salvare il paese (tutto) e l'unità dell'Europa e che invece ha, al momento, salvaguardato la salute delle banche.
Si comincia dalla domanda: che fine han fatto i 270 miliardi arrivati anne nostre banche (Unicredit, Intesa, MPS ..) dalla BCE ad un tasso dell'1%?

"Tra la fine del 2011 e il febbraio del 2012 la Bce ha elargito alle banche 1019 miliardi in totale. Le italiane sono quelle che hanno ottenuto di più: circa 270 miliardi. Dove sono finiti questi soldi?"
pagina 27

Avrebbero dovuto dare respiro all'economia reale, quella che, negli anni del liberismo è stata schiacciata dal principio del "fare denaro col denaro".
Quella per cui è sano investire in azioni speculative, piuttosto che nel capitale umano (le persone che lavorano per te) o nella ricerca e sviluppo.
Se oggi il nostro paese è alla continua ricerca di soldi, per la diminuzione del debito, qualche colpa ce l'hanno anche loro.

La nostre banche e i nostri banchieri continuano a rivendicare la loro solidità: eppure è lampante che ci sia qualcosa che non va. Le raccomandazioni per un aumento di capitale dopo gli stress test europei; i tagli dei posti (anche a seguito delle fusioni dei gruppi) di lavoro e, in contrapposizione, l'aumento degli stipendi dei manager.
Un aumento che non ha una corrispondenza nello stato di salute delle rispettive banche, né nello stato di salute dei nostri conti correnti (per non parlare di mutui e prestiti).

I soldi della BCE sono stati usati per speculare sui nostri titoli di stato, causando l'abbassamento dello spread.
Ogni aumento di questo indicatore rende l'Italia meno attraente per gli investitori e ci costa più miliardi per gli interessi che paghiamo sul debito.

"L'errore maggiore non è stato comprare Antonveneta ma 27 miliardi di titoli di Stato che oggi ci mangiano cinque miliardi di capitale. Senza questi titoli non avremmo avuto bisogno di supporto pubblico."
Alessandro Profumo, neopresidente del Monte dei Paschi, 28 agosto 2012.
pagina 45
Bisognerebbe abbassare il debito allora: come farlo?
Nei mesi passati si è parlato delle cartolarizzazioni e della dismissione dei beni pubblici. Nel passato, con Tremonti, è stato un mezzo fiasco e ci hanno guadagnato solo gli intermediari (le banche, anche). E c'è un'altra cosa da dire: da una parte si vogliono vendere palazzi e case. Dall'altra le nostre stesse istituzioni continuano ad affittare nuovi spazi.

Un altro problema del nostro paese è quello dell'evasione. Parliamo di un sommerso di 280 miliardi di euro, con un mancato introito per lo stato di 150 miliardi.
Colpa delle politiche "indulgenti" nei confronti degli evasori.
colpa dei vari condoni, che sono stati un affare solo per le banche, ancora loro: quello del 2011 ha riguardato 100 miliardi scudati, di cui solo 34 sono effettivamente arrivati in Italia. Gli altri sono rimasti in Svizzera e negli altri paradisi fiscali.
E anche le nostre banche, hanno anche qualche problema di elusione (o evasione): i casi Brontos per Unicredit, il caso della Biverbanca per Intesa (per cui il ministro Passera è stato indagato).

"Il fisco ha mosso contestazioni alle banche italiane per una somma tra i quattro e i cinque miliardi di euro di imposte non pagate e sanzioni. Ha recuperato solo un miliardo. E gli altri?"
pagina 52
A consigliare queste operazioni, di "abuso di diritto", che questo governo intendeva pure depenalizzare, lo studio da commercialista dell'ex ministro Tremonti.
Lo stesso che poi, come ministro, chiedeva agli italiani di pagare le tasse.

Mentre in Italia si fa la caccia ai piccoli evasori (o si fanno i blitz nelle località esclusive, con pochi risultati concreti a lungo termine), dall'altro ci si dimentica delle grandi evasioni. Una strabismo, che autorizza a pensare male (molti componenti dell'attuale esecutivo provengono da quel mondo). E che comunque ci costa diversi miliardi di mancati incassi.
Sono i soldi che poi dobbiamo recuperare coi tagli, con la spending review.

Altra nota dolente, le privatizzazioni.
Ogni volta che si è generata una commistione tra politica e finanza, è sempre stata a danno del pubblico. Ovvero, le nostre casse ci hanno rimesso.
così è stato per l'Ilva, per la Telecom, per la vecchia Alitalia (di cui Dragoni aveva parlato l'anno scorso nel libro "Capitani coraggiosi").
Oggi, sempre per abbattere il debito, l'idea è quella di usare la Cassa depositi e prestiti (che è al di fuori del recinto del debito, come anche in Germania e in Francia), come la vecchia IRI.
Presso questo ente, di proprietà del Tesoro, sono finite le azioni di Snam, per la presunta liberalizzazione del mercato energetico (la separazione Eni-Snam). Anche Eni è di proprietà, al 30%, del tesoro.
Si chiama finanza creativa, o gioco delle tre carte.
Stesso gioco che si metterà in atto per salvaguardare la "italianità" delle Generali (un pacchetto azionario verrà comprato da Cdp) e per la banda larga di Telecom.

Le uniche liberalizzazioni che si sono fatte, anche a metà, hanno riguardato taxi, negozi e farmacie.

Mentre Obama discute di aumentare le tasse ai ricchi, qui in Italia si è discusso a lungo di fare una patrimoniale. Il timore di una fuga all'estero ha bloccato, al momento, questa ipotesi.
Di certo è che oggi la crisi la stanno pagando di più i ceti più deboli: la tobin tax, la tassa sulle transazioni, è passata a livello europeo.
Ma in Italia, al momento, sono state esentate ancora le banche.

Nel contempo si è reso meno protetto il mondo del lavoro, si è allungata l'età della pensione e non si è fatto abbastanza sul costo del lavoro (nè su quello dell'energia).
Difficile pensare ad una crescita, con questa politica. In Germani si investe in ricerca e le grandi imprese fanno da apripista per quelle piccole, in Italia si delocalizza.

Il capitalismo di relazioni.
Dragoni ne aveva già parlato nel libro "La paga dei padroni": il nostro è un sistema che più che sul merito, è basato sulle relazioni e le amicizie, anche politiche. Sui doppi incarichi (che portano inevitabilmente ai conflitti di interesse), sulle catene lunghe di comando, sui patti di sindacato.
Da una parte non si finanziano le piccole imprese, si chiede di ridurre nuovamente il costo del lavoro, dall'altra il sistema della finanza e delle banche, tende a salvare se stesso:

"Ligresti è indebitato per più di due miliardi verso le banche. Nonostante questo, Unicredit ha messo a sua disposizione 205 milioni. La stessa banca ha deciso di tagliare 5200 dipendenti entro il 2015. Ma la perdita causata dal salvataggio di Ligresti corrisponde al costo di mille dipendenti in un anno. E Intesa ha aumentato i tagli da 3000 a 5000 posti."
pagina 37
Parlando degli stipendi (e buonuscite) dei top manager, Marchionne, Geronzi, Ligresti, Dragoni cita una frase di Pascal: "Non essendosi potuto fare in modo che quel che è giusto fosse forte, si è fatto in modo che quel che è forte fosse giusto."
"Stipendi dei top manager delle banche: nel 2011 Alberto Nagel, amministratore delegato di Mediobanca, ha ricevuto 2,93 milioni lordi; Pier Francesco Saviotti del Banco popolare 2,03 milioni; Federico Ghizzoni di Unicredit 2,01 milioni; Giovanni Bazoli, presidente di Intesa Sanpaolo, 1,62 milioni, e l'ex amministratore Corrado Passera 3,26 milioni."
pagina 47

Come avviene anche nel pubblico, sono gli stessi manager a stabilire la giusta busta paga: e se arriva una legge che blocca i doppi incarichi, basta sostituirsi col proprio figlio/a (come i Berlusconi in Mediobanca).

Dopo aver parlato di Rai e Alitalia, come esempi di cattiva gestione della "cosa pubblica", Dragoni passa al capitolo derivati.
Il lupo perde il pelo ma non il vizio: la crisi globale del 2007 non ci ha insegnato su quanto si paghi a caro prezzo la spregiudicateza della finanza (derivati, bolle speculative, swap).

Di ieri la notizia della condanna a Milano di alcune grandi banche d'affari (JP Morgan, DB, UBS), per l'inchiesta sui derivati venduti al comune di Milano.

"Il 3 gennaio 2012 il Tesoro ha pagato due miliardi e 567 milioni di euro alla Morgan Stanley per estinguere alcuni contratti derivati stipulati nel 1994."
pagina 122

Nel circuito della finanza, nelle nostre banche, circolano ancora queste bombe finanziarie.
E dobbiamo ancora fare molto, per rendere più trasparente il sistema e più controllato.

 "Penso che il momento del rimorso e delle scuse da parte delle banche debba considerarsi finito."
Bob Diamond, amministratore delegato della Barclays, al Parlamento inglese nel gennaio del 2011. Un anno e mezzo dopo si è scoperto che la banca manipolava sottobanco il Libor e l'Euribor, i tassi di riferimento del mondo finanziario.
pagina 131
I casi Barclays, sulla manipolazione dell'Euribor, e della quotazione di Facebook (su cui ha guadagnato JP Morgan gonfiando il prezzo iniziale delle azioni), dovrebbe dirci qualcosa.

La scheda del libro sul sito di Chiarelettere.
Il link per ordinare il libro su ibs
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