10 febbraio 2013

Sono solo canzonette


Berlusconi Ceausescu (avercela la sua maggioranza ...) si è espresso contro il il festival di Sanremo: toglie share alle sue comparsate TV (e quelle degli altri candidati), proprio quello che share che servirebbe per recuperare quelle centinaia di migliaia di voti per la rimonta.

Canzonette contro canzonette: per fare spazio alle tribune elettorali, questa sera Presa diretta non andrà in onda per fare spazio a Ballarò.
Il talk show (quelli che dovevano essere morti e superati) dove si scontreranno sulle tasse da abbassare i politici che quelle tasse le hanno alzate.
Imu, Irap, Iva … mica vengono dallo spazio, sono tasse approvate dalle manovre votate a maggioranza.
Come si tagliano le tasse? Con la diminuzione della spesa pubblica.
Il giornalista del Sole 24 ore Dragoni, l'altra sera a Servizio Pubblico spiegava come tra il 2001 e il 2006 la spesa pubblica è aumentata di più di 200 miliardi (come è anche aumentato il debito pubblico). Anche tra il 2008 e il 2011, in tempi di crisi, di cassa integrazione, di crisi nelle aziende, la spesa pubblica è salita di 23 miliardi.
E ora la vogliono abbassare? Canzonette (e la corruzione, l'evasione, le mafie, i costi delle infrastrutture ?).

Le imprese chiudono, anche qui al nord, in Lombardia e nel nord est. Il problema è il lavoro. Nella prima campagna elettorale, il cavaliere prometteva 1 milione di posti di lavoro, per un nuovo miracolo italiano. Oggi, dopo quasi 20 anni di promesse, si è dovuto adeguare: ora siamo a 4 milioni di posti di lavoro (promessa poi smentita).
Ma anche dall'altra parte non scherzano: per creare lavoro, per stimolare lo sviluppo, Monti propone la ricetta della Flexsecurity.
Meno tutele per i nuovi contratti, con tutele crescenti nel tempo. Un modello che funziona se il mercato del lavoro non è in sofferenza come adesso. Dove i posti di lavoro si perdono e non si recuperano più.
Un modello che ha comunque un costo che si dovrebbero dividere stato e aziende.
Un modello che poi si scontra con la proposta di far lavorare più a lungo chi ha già un lavoro, che dovrebbe pure, per il principio della competitività, lavorare per più ore alla settimana.
Non è spremendo il limone che si uscirà da questa crisi. Spremendo il limone si massimizzano solo i profitti a breve termine.

Per creare impresa, sviluppo sostenibile (e non solo cemento e cemento) e lavoro serve investire in ricerca, università e innovazione.
Puntare sulle eccellenze, su cultura. Sul mantenimento e sulla valorizzazione dei nostri tesori: i tesori dell'arte, il nostro ambiente, la nostra cultura.
Mentre la spesa pubblica aumentava (e di passo diminuiva il Pil, cresceva la disoccupazione giovanile) si facevano dei tagli lineari su sanità e istruzione.

Non andremo da nessuna parte, senza laureati e ricercatori.
2 miliardi in Germania, gli investimenti in borse di studio.
333 milioni in Italia
In Germania ci sono state +121000 immatricolazioni all'università.
Il resto sono solo canzonette.

Oggi sui titoli dei giornali si continua a parlare dello scandalo Mps: le banche, l'uso sconsiderato dei derivati, le connessione malsane tra politica e finanza, il controllore che ha controllato male.
Lo sapevate che nella pancia delle banche italiane ci sono 366 miliardi tra Bot e Btp.
E che i derivati sono stati usati (grazie a Tremonti, quello che la crisi l'aveva pure anticipata) anche dalle amministrazioni locali, per coprire mutui e nascondere debiti. Come nella banca di Siena.

L'autorità per l'energia sta indagando sul rincaro delle bollette: pare che il costo della Robin Tax sia stato fatto pagare agli utenti. Forse più che parlare di Imu, servirebbe parlare dei costi dell'energia.

Cosa intendono fare i candidati premier per banche e finanza?
Su ricerca e istruzione. Su evasione e corruzione. Su tutela ambiente e dei beni culturali.
Nei prossimi giorni si tornerà a parlare di condoni, da una parte (per recuperare i voti), e di voto disgiunto dall'altra, dei centristi per il timore di non prendere voti in regione Lombardia e che vinca Maroni. Gli attacchi quotidiani a Grillo e Ingroia, gli outsider di queste elezioni.
Canzonette, ancora.

Questa invece, non è una canzonetta. Guido Scorza, oggi, parla di un colpetto di Stato:
Il Parlamento è divenuto un inutile orpello istituzionale con il profilo di un grigio burocrate passacarte con l'unico ruolo di "vidimare" scelte e decisioni del Governo senza alcuna concreta facoltà di sindacato. 
I numeri sono più eloquenti di ogni parola: il Parlamento, nel nostro Paese, nell'ultima legislatura si è completamente lasciato esautorare dal Governo tanto del potere di fare le leggi che del diritto/dovere di controllare ed indirizzare l'operato dell'Esecutivo. I Parlamentari dal canto loro - i numeri raccontano naturalmente la media statistica che soffre, per fortuna, di importanti eccezioni - hanno, ormai, completamente tradito il concetto della rappresentanza e, una volta eletti, si sentono liberi di attraversare l'intero emiciclo, da destra a sinistra, senza avvertire neppure l'esigenza di rendicontazione ai propri elettori. 
Inutile perder tempo in chiacchiere e parole, i numeri, mirabilmente analizzati e rappresentati da Open Polis parlano da soli. Su 387 leggi approvate nel corso dell'intera legislatura, 297 sono di iniziativa governativa e solo 90 di iniziativa parlamentare. Significa che leggi le ha fatte il Governo per il 77% in barba al principio costituzionale che assegna all'Esecutivo tale ruolo solo in maniera del tutto eccezionale. Ma non basta. 
Se Deputati e Senatori si azzardano a prendere l'iniziativa legislativa, la percentuale di successo è dell'1%. E' pari a zero - ed è forse uno dei dati più drammatici che emergono dal Rapporto - la percentuale di successo delle iniziative legislative assunte, in conformità alle previsioni costituzionali, dai cittadini, dal CNEL o dalle Regioni. 
Il Governo che dal Parlamento dovrebbe essere controllato lo tiene, invece, in scacco o lo "minaccia" costantemente utilizzando l'arma del voto di fiducia. Quasi una legge su due tra quelle approvate grazie al voto di fiducia nel corso del breve Governo dei professori. 
L'alibi della crisi non basta davvero a giustificare una simile dinamica da golpe istituzionale. Il Parlamento, d'altra parte, in ben 12 occasioni presentatesi non è mai stato capace di sfiduciare neppure un singolo Ministro. Sin qui senza parlare del fattore "tempo" che, pure, gioco un ruolo essenziale nel governo del Paese.   

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