27 aprile 2013

Doppio livello - Stefania Limiti

Come si organizza la destabilizzazione in Italia.
Questo libro racconta una storia che forse non esiste, quantomeno non esiste nelle sentenze della magistratura (per i processi sui vari misteri d'Italia), nei libri di storia, nelle memorie dei tanti politici che sono entrati nelle stanze dei bottoni. 


Il saggio storico di Stefania Limiti (autrice tra l'altro del libro su l'Anello o Noto Servizio, sempre per Chiarelettere) è un tentativo di decifrare la storia politica italiana, dal dopoguerra ad oggi, attraverso la destabilizzazione del sistema messa in atto da apparati atlantici (i servizi di intelligence americani su ordine delle amministrazioni americane), vere e proprie centrali dell'eversione (come fu l'agenzia di stampa Aginter Press), gruppi di estrema destra coperti, nelle loro azioni, da parti dei nostri servizi di sicurezza e da membri degli esecutivi politici.

Destabilizzazione, eversione, stragi che colpivano nel mucchio, bombe sui treni, dentro banche affollate o nelle piazze mentre erano in corso manifestazioni antifasciste.
Tutto questo è stato messo in atto per il solo fine di condizionare la vita politica del nostro paese, che dopo la fine della seconda guerra mondiale (ma forse a guerra ancora in corso) è sempre stato un paese a sovranità limitata. Stretti nel mezzo dei due blocchi, occidentale e orientale, in cui era diviso il mondo, nell'impossibilità di aprire una nostra politica (economica, energetica), indipendente dal volere degli accordi di Yalta, con gli altri paesi del Mediterraneo.
Chi lo ha fatto, viene raccontato nel libro, ha pagato a caro prezzo questo questa scelta: da Mattei a Moro, per arrivare fino a Craxi e Andreotti.

È la teoria del doppio stato, o del doppio livello delle istituzioni, che per anni ha avuto la faccia di Giulio Andreotti. Il delfino di De Gasperi, l'uomo legato a padre Morlion (dei servizi Vaticani), in Parlamento dal 1947. L'uomo che seppe parlare ad interlocutori diversi, dall'estrema destra, al Vaticano e, in base alla sentenza della magistratura, anche con la mafia (almeno fino al 1980), tramite gli uomini della sua corrente siciliana, come Salvo Lima. Fino alla massoneria deviata di Licio Gelli: l'uomo a capo della Loggia Propaganda2 che vedeva tra le sue fila, generali, giornalisti, ministri, banchieri, imprenditori, spioni ...
Per descrivere cosa sia il doppio livello l'autrice ricorre alla definizione posta da Franco de Felice per descrivere le peculiarità della storia italiana nella dimensione internazionale del dopoguerra.
“Il doppio stato non è identificabile in un luogo determinato né tanto meno può configurarsi come una struttura dormiente e segreta da attivare a seconda delle necessità [..] è un farsi, può avere sedi privilegiate (i servizi) ma anche non esaustive e la sua estensione e articolazione è tanto maggiore quanto più profonda è la crisi della funzione dirigente. La forma concreta, le modalità di operare e l'incidenza del doppio stato sono storicamente determinate e come tali vanno analizzate”.
Continua l'autrice: anche la concettualizzazione più radicale di Stato Parallelo suggerita da Paolo Cucchiarelli e Aldo Giannuli può aiutarci a collocare l'agire politico di Giulio Andreotti
Si dà Stato duale quando una parte delle elite istituzioni, a fini di conservazione, si costituisce in potere occulto, dotato di un proprio principio di legittimazione – estraneo e contrapposto a quello della Costituzione formale – per condizionare stabilmente il sistema politico attraverso metodi illegali, senza giungere al sovvertimento dell'ordine formale che conserva una parte della propria efficacia”
pagina 331
In che modo è avvenuta questa destabilizzazione? La giornalista ha raccolto un materiale enorme, partendo dai primi anni della nostra Repubblica, passando alle stragi degli anni '70 (Piazza Fontana, Piazza della Loggia, Italicus, la strage di Natale del treno 904, fino al botto di Capaci), ai tentativi di golpe (il golpe Borghese, il tentativo della Rosa dei venti), gli omicidi eccellenti. 

Ma la giornalista ritrova strani collegamenti tra gli omicidi della banda della Uno bianca (su cui ha scritto un bel libro il pm Giovanni Spinosa) e la Falange Armata (l'organizzazione che rivendicò i loro colpi e anche le bombe della mafia nella stagione 92-93). Altrettanto inquietanti solo i legami dei Savi con l'estrema destra. Dobbiamo allora inserire la stagione di sangue della uno bianca nel libro nero della destabilizzazione? L'autrice collega poi i delitti della banda dei fratelli Savi, con i colpi della banda del Brabante Vallone, che tra gli anni 1982-1985 eseguì diversi attacchi quasi di stampo militare, contro supermercati.
Proprio negli anni in cui si discuteva, in Belgio, dell'installazione di missili Nato ...

Doppio livello è libro che si basa su un lungo lavoro di ricerca, con interviste ai testimoni di quegli anni, sentenze e perfino testimonianze dirette, come quella raccolta in un intervista inedita ad un ex gladiatore che racconta la sua verità sulla strage di Capaci

“Non penserà mica che fu opera soltanto di quattro mafiosi?... Mi creda, quei poveri scemi piazzati nella casetta sopra la curva dell’autostrada credono davvero di aver compiuto un attentato con tutti i crismi della professionalità… non si sono accorti che altri, ben più all’altezza di tali situazioni, hanno fatto tutto con grande capacità, lasciando a loro solo l’effimera illusione di essere veri criminali...”Testimonianza all’autrice di un ex gladiatore siciliano.
Lo stesso avvocato di Totò Riina, Luca Cianferoni, disse in una conversazione con l’autrice
La strage di Capaci è al 90 per cento di mafia, il resto lo hanno messo altri. Per quella di via D’Amelio siamo 50 e 50 e per le stragi sul continente la percentuale mafiosa scende vertiginosamente.”
Dunque la strage di Capaci (che ha già una sua verità giudiziaria circa i responsabili materiali sulla strage, ma lascia ancora aperta la questione dei mandanti a volto coperto) è stata un'operazione di false flag? Come lo sono state la strage di Portella della Ginestra (a sparare furono anche uomini di un commando della X Mas di Borghese, addestrati dall'OSS di James Angleton) che aveva il compito di creare terrore tra i contadini dopo la vittoria delle sinistre alle elezioni regionali?
Come lo è stata la strage di Piazza Fontana, attribuita nella fase iniziale agli anarchici, grazie ad un'opera di infiltrazione messa in atto dai terroristi di Ordine Nuovo (e le veline dei servizi italiani, che arrivavano dall'Aginter Press), che l'ultima sentenza della Cassazione ritiene i responsabili di quelle morti (come lo erano delle bombe sui treni dell'estate del 1969).
Come lo doveva essere anche la strage di Brescia, se il caso non avesse fatto spostare i carabinieri fuori dal raggio d'azione della bomba (stessa matrice di estrema destra) affinché fossero ancora una volta incolpata l'estrema sinistra (nei mesi in cui l'Italia votava sul divorzio).

Quali gli strumenti in cui ha potuto operare questo doppio livello nelle nostre istituzioni? Stefania Limiti indica i tre strumenti principali in cui questo avvenne: la rete Atlantica di agenti italiani a soldo dell'intelligence americana.
I legami di funzionari della Nato e della Cia con esponenti dell'estrema destra, come Ordine Nuovo per il triveneto (molti di questi diventeranno pedine consapevoli dello stragismo italiano).

Per Ordine Nuovo si arriva a dare la definizione di Consociativismo di destra:
“Il nostro paese ha subito una forma molto aggressiva di ‘consociativismo occulto di destra’ perché gli apparati dello Stato hanno lavorato a stretto contatto con gli uomini del neofascismo.”
Consociativismo che si è radicato nel Veneto perché:
L’area veneta è stata il cuore della Rete atlantica in Italia. Lì si concentravano le materie prime essenziali: strutture e organismi militari Usa e Nato e tanta manovalanza nera disponibile a collaborare.”
L'Aginter Press, l'agenzia di stampa portoghese, centro occulto dell'eversione europea, dove si incontravano spioni e terroristi, per le operazioni sporche dei governi. 
I finti manifesti anarchici a Piazza Fontana, la velina del Sid su Guerin Serac, le infiltrazioni dentro l'estrema sinistra e gli anarchici, l'operazione Blue moon (la droga fatta circolare nelle formazioni di sinistra per indebolirle).


Ma il condizionamento si è appoggiato anche alla struttura militare di Gladio, che dietro la faccia ufficiale (quella di cui Andreotti ha raccontato nel 1990) nascondeva una struttura nascosta. Struttura usata per ostacolare l'avanzata del partito comunista nelle elezioni politiche.
La loggia P2 di Gelli, “La P2 è un prodotto di importazione americana” disse l'ex presidente della Repubblica Cossiga.
Nata e finanziata dagli USA:
“Il governo degli Usa ha mandato soldi alla P2. La somma toccò anche la cifra di dieci milioni di dollari al mese. La Cia si era servita della loggia di Gelli per creare situazioni favorevoli all’esplodere del terrorismo in Italia.”Testimonianza dell’agente Cia Richard Brenneke, agosto 1990.
E, infine, la mafia.
L'ultimo capitolo chiude tutta la storia della destabilizzazione italiana, tetando di riscrivere la storia del botto di Capaci, la morte del giudice Falcone, della moglie e della sua scorta. La strage di mafia che segnò la fine della Prima Repubblica e l'inizio della seconda, all'insegna della trattativa e dei ricatti.
La mafia è stata sempre usata dalla politica per i suoi lavori sporchi, come la Banda della Magliana l'holding criminale che ha regnato su Roma all'inizio degli anni '80 (e che forse continua ancora oggi):

Domenico Sica, ex alto commissario per la lotta alla mafia, in un'intervista che fece molto rumore , disse: “La funzione storica di Cosa nostra è stata quella di costituire un corpo di polizia delle strutture parallele.”

Nel capitolo
“False bandiere a Capaci” , l’autrice ricorda che già nel 2009 Riina, sempre tramite il suo legale, aveva “ammesso di essere stato giocato” da qualcuno.

Il volume riporta anche le tesi del Pm Luca Tescaroli che ha parlato nelle sue sentenze su Capaci di “rabboccamento” dell’esplosivo utilizzato sull’autostrada Palermo-Trapani e anche i dubbi a suo tempo maturati dall’ex ministro dell’Interno dell’epoca, Enzo Scotti, che subito dopo la strage sorvolò l’autostrada.
“Scotti ricorda che gli esperti facevano fatica a capire la dinamica, le modalità e con quali strumenti fosse stato possibile cogliere l’istante del passaggio delle auto di Falcone e della scorta”.
Nello stesso capitolo si riporta l’intervista data dal procuratore antimafia aggiunto Gianfranco Donadio nel maggio del 2012 a Rainews (e visionabile su internet) nella quale il magistrato sintetizza così i fatti: “A Capaci c’erano due bombe”.
Dunque Brusca e gli altri del commando furono giocati come Valpreda e gli anarchici per Piazza Fontana (come ipotizza Cucchiarelli nel libro “Il segreto di Piazza Fontana”)?
L’uomo di Gladio, usa una sottile metafora per spiegare quanto potrebbe essere successo a Capaci, il 23 maggio 1992. Raccontando di quando si recava a pesca con la figlia piccola:

”Naturalmente – racconta – non era in grado di tirare su pesci e allora, per farla divertire, la armavo di canna con una lenza rivolta verso il basso e poi, sempre accanto a lei, gettavo in acqua la mia canna aspettando che la preda abboccasse alla mia esca. Appena sentivo che la mia canna si muoveva, cercavo di agganciarmi alla sua lenza così che lei potesse ?sentire il movimento e illudersi di aver pescato… quando tiravamo su era così felice che certo non distingueva le due canne … Mi creda – dice il ‘gladiatore’ all’autrice – quei poveri scemi piazzati nella casetta sopra la curva dell’autostrada credono davvero di aver compiuto un attentato con tutti i crismi della professionalità degna dei migliori artificieri militari operanti in un teatro di guerra … ma alla fine assomigliano molto alla mia bimba … non si sono accorti che altri, ben più all’altezza di tali situazioni, hanno fatto tutto con grande capacità, lasciando a loro solo l’effimera illusione di essere dei veri criminali … Credo – dice ancora – che questa tecnica sia stata applicata molte altre volte e che l’innocente inganno della canna da pesca possa spiegare non solo i segreti? di Capaci”. (ANSA).
Dunque la destabilizzazione non è finita col crollo del muro di Berlino che ha messo fine al blocco est-ovest. La politica di oggi è ancora influenzata o eterodiretta dall'esterno?

Conclude il libro l'autrice con questa amara riflessione:
Il messaggio del sociologo Danilo Dolci che spese tutta la sua vita a cercare la verità sul Primo maggio del 1947, è perciò drammatico e definitivo: «gli italiani devono sapere che Portella della Ginestra è la chiave per comprendere la vera storia della nostra Repubblica. Le regole della politica italiana in questo mezzo secolo sono state scritte con il sangue delle vittime di quella strage».Quando Dolci suggerì al regista Paolo Benvenuti di fare un film su Portella, gli spiegò le sue ragioni con parole essenziali che non possiamo non prendere in prestito per chiudere questo libro: «Vedi Paolo, gli disse, se vuoi capire veramente la storia d'Italia, devi studiare la storia della Sicilia, perché la Sicilia è il laboratorio nel quale si elaborano le strategie politiche che poi verranno messe in atto in Italia [..] . Qui [a Portella] c'è stata questa strage, sono state ammazzate dodici persone tra cui donne e bambini [..] sono stati trucidati dei lavoratori, dei contadini, delle persone e grazie a questo sacrificio di sangue è nata la Prima Repubblica [..] vieni qua, guarda laggiù in fondo alla vallata, quella là è l'autostrada Palermo Capaci [..] laggiù c'è stata una seconda strage, quella seconda strage che ha determinato la nascita della Seconda Repubblica».Oggi sappiamo che che dietro il bandito Giuliano c'erano gli uomini della X Mas e gli americani; e dietro Riina e Brusca? I loro nomi ancora non li conosciamo, per ora restano uomini senza volto. Però sappiamo con certezza che anche dietro di loro si è mossa un'efficiente e invisibile organizzazione.

La presentazione del libro:


Il link per ordinare il libro su ibs
La scheda del libro sul sito di Chiarelettere


Qui la risposta dell'autrice al pm Gozzo che aveva criticato il libro in un suo intervento.

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