29 novembre 2013

Servizio pubblici - via col vento

Ieri è stata una di quelle volte, poche per la verità, in cui ad un certo punto ho preferito cambiare canale.
Non potevo più sentire le continue bugie della signora Santanché: esiste un limite a tutto.
Quella di ieri è stata una puntata interamente dedicata alla decadenza di Berlusconi: il re nudo, ha mostrato nella sua interezza anche le nudità dei suoi nominati, divisi oggi in lealisti e governativi, falchi o colombe.
Come Santanché e Formigoni che si sono punzecchiati durante la trasmissione.
Ingrati, poltronisti, traditori, irresponsabili ...

Il presidente della Repubblica ha acconsentito ad una minifiducia del nuovo governo Letta, dopo l'uscita dalla maggioranza di Berlusconi: un modo per imbrigliare Renzi e distoglierlo dalle sue volontà di andare ad elezioni (facendo tra l'altro un favore a B.).



Nella copertina Santoro si è messo nei panni di un elettore di destra, che si sbatte con Equitalia mentre lui se ne sta al caldo con i soldi all'esteto.
Ma domani sarà un altro giorno e sorgerà un alba dorata ..

Chi sono gli elettori di B.? Alcuni li ha incontrati in piazza Bertazzoni: c'è un pò di tutto, fascisti, studenti in gita, anziane in pelliccia. Qualcuno era lì e nemmeno sapeva per cosa.

Quanti erano? 20000 dice Santanché. E chi dice il contrario dice balle. E quelle persone meritano rispetto.

Rispetto che merita, dal lato mio, la senatrice Taverna del M5S, per le parole nette e decise: parole da vera opposizione, quella che per anni è mancata in Italia.

E anche ora, dopo la scissione, siamo certi che Letta avrà una opposizione? In fondo Alfano e Berlusconi hanno la stessa visione della giustizia. Da riformare per l'ennesima volta nel senso del verbo berlusconiano.

Formigoni ha risposto alla domanda di Travaglio, sul dove fossero le differenze tra lealisti e governativi.
La necessità delle primarie per scegliere gli esponenti (e non le nomine dall'alto, come la Minetti, imposta dal partito), e arrivare ad un programma condiviso.

Non siamo mica ingenui, però: se si arrivasse ad elezioni, sicuramente li vedremmo nuovamente alleati, con B. nuovamente leader. Quello che porta voti e danè.
Ingrato Formigoni, che ha governato per 20 anni in Lombardia da solo, che ha preso il suo posto in Senato grazie a B. e ora gli volta le spalle.

Travaglio: l'auto colpo di stato



L'intervento più interessante è stato quello della professoressa Gualmini: queste larghe intese non avevano un salvacondotto vero e proprio per B. E ora, tutti questi cambi di partito, senza alcun voto esplicito, sono il massimo dell'anomalia.
Il PD è al governo senza Sel. Alfano vice premier e lì grazie a Berlusconi.
Mauro, ministro, non è più nel suo partito.
Si accentua la separazione tra politica e paese reale. Chi rappresenta chi? Oggi cresce l'astensionismo, e sarà difficile fare le riforme strutturali necessarie per il paese.
Letta, ha concluso Gualmini, dovrà alzare ogni volta l'asticella delle promesse non mantenute e spostare avanti il tempo delle risposte.



Nel frattempo, cosa farà il paese reale?
Le persone che lavorano nella Manufat e che settimana scorsa, sempre a Servizio pubblico chiedevano solo il lavoro.
Le vittime della strage di Viareggio?
I cittadini di Taranto.

L'intervento di Dragoni sul tesori di B.

Una stella incoronata di buio, di Benedetta Tobagi

Una stella incoronata di buio, di Benedetta Tobagi.
Storia di una strage impunita

Sono qui con voi, perchè sia voce
La mia dentro le vostre
Voce dimenticata
E l'assolata fantasia dei vostri anni
La forza che reclama da ogni radice il frutto
Salvata intatta nel vostro guardare gli uomini

Questo pensarvi vivi, liberi e scalzi
Le tasche piene di sassi, la memoria di voi
Che trema in noi
Come una stella incoronata di buio
Pierluigi Cappello

Strage di piazza della Loggia: cinque istruttorie, per dieci gradi giudizio, l'ultimo di cui si è celebrato l'anno passato alla corte di Appello di Brescia, con l'assoluzione di tutti gli imputati. Un generale dei carabinieri dalla strabiliante carriera, un politico di estrema destra e un medico di Venezia.
Come tante altre stragi della nostra storia, anche quella di Brescia (8 morti e decine di feriti) rimane senza colpevoli. Senza nessuna verità giudiziaria cui aggrapparsi, da parte dei parenti delle vittime.
Ma questa strage, così come le altre, non è solo una questione giudiziaria: è anche un racconto delle vite delle vittime, delle loro vite, delle loro passioni. Ogni morto porta con sé la sua “valigia”, per il suo viaggio nella vita, così come ogni sopravvissuto porta con sé il dilemma, il rimorso per essere vivo.
Il bel libro di Benedetta Tobagi è un lungo racconto della strage in cui si cerca di andare oltre il solito discorso sui processi, le piste, le dietrologie, le “solenni ovvietà” di cui parla Gherardo Colombo tirate fuori ad ogni ricorrenza. Un tentativo di andare al di là di una verità putroppo incompleta, per evitare che questa strage diventi solo un luogo e una data.
Piazza Fontana, Milano, 1969.
Piazza della Loggia Brescia, 1974.
Italicus, 1974.
Bomba alla stazione di Bologna, 1980.
Ustica, 1980.
Strage Capaci, 1992.
Cia D'Amelio, 1992.

Benedetta ci racconta le vite dei personaggi di questa storia, i buoni e i cattivi come anche quelli che sono rimasti a vedere: a cominciare da zio Manlio Milani, marito di Livia, una delle vittime della bomba:
Fino in fondo è il titolo che sceglierei per la biografia di Manlio. La locuzione torna come un leitmotiv nei discorsi che ha pronunciato nel corso degli anni, ma la utilizza spesso anche chiacchierando normalmente. Gliel'ho sentita usare la prima volta quando l'ho intervistato per un documentario, poco tempo dopo averlo conosciuto. Parlando con trasporto, disse: «Abbiamo bisogno di approfondirla fino in fondo, la nostra storia, di far emergere tutta la verità storica di quegli anni» - gli anni settanta ovviamente. [..] Mi piacque il modo in cui Manlio salvata a piè pari i richiami rituali alla verità e giustizia ed evitava espressioni generiche (dunque vacue) come «dovere della memoria» e tutto un certo apparato retorico d'occasione..
pagina 60
Manlio e Livia si sono conosciuti sul treno per Milano, lei reduce da una lezione all'università, lui dopo di ritorno dal capoluogo con un amico: il classico colpo di fulmine. Lui impegnato nel partito ma soprattutto col sindacato, lei insegnante amante della poesia. Una di quelle tante ragazze che vedevano nello studio un modo per emanciparsi come donne. Una emancipazione che alla generazione precedente era stata esclusa, sia per colpa della guerra che per la mentalità vigente.

Manlio e Livia che si scambiano lettere, che vanno a visitare la casa del Gattopardo, che volevano fare un viaggio a Cuba. Livia che studia anche per Mario, costretto ad andare a lavoro fin da piccolo:
Mi dici sempre «ho voglia di fare». Credo di essere orgogliosa di te in quei momenti, gli aveva scritto un anno prima. L'altro giorno dicevi che tutto quello che hai avuto, hai dovuto conquistarlo. Ti ho proposto di studiare insieme perché mi sembrerà di partecipare alle lotte che condurrai. La Laurea per Livia appartiene a tutti e due. Sposandosi hanno suggellato anche questa promessa.
Pagina 76
Ci sono tante ministorie dentro la strage: storie di persone cui la follia terrorista (ma non solo) ha interrotto bruscamente: in piazza, il 28 maggio 1974 c'era un'intera generazione che voleva cambiare il paese.
Dal diario di Alberto Trebeschi, insegnante come Livia, come Clem:
Ritengo che si possa veramente portare innanzi la lotta per una società migliore, più giusta e più colta, passando attraverso le battaglie con la decisione che può nascere soltanto dalla consapevolezza di contribuire a una causa profondamente umana e giusta. Io cerco di dare tutto ciò che è nelle mie possibilità, ben consapevole dei miei limiti angutissimi, ma altresì orgoglioso di poter collaborare ad una lenta ma continua trasformazione della società verso il riconoscimento dei veri valori ideali e sociali”.
Pagina 125
La bomba, o sarebbe meglio dire le bombe del 1974, interrompono tutto questo: ci hanno privato di questo slancio emotivo dentro i partiti di sinistra, dentro il sindacato (Livia e le sue amiche Clem e Giulietta era impegnata nella Cgil scuola, per arrivare ad una istruzione aperta a tutti). E' un anno importante il 1974: ogni strage segna nella nostra storia uno spartiacque. Un prima distinto da un dopo, anche si fa fatica a comprendere le vere motivazioni, il cui prodest (per i molti risvolti causati dalla strage).
C'è la fine dell'amministrazione Nixon e dei tentativi di Golpe. Ci sono i gruppi di estrema destra, armati fino ai denti, che inseguono ancora il golpe per una svolta autoritaria del paese. Gruppi neofascisti che cercano, con quelle bombe, di fare una fuga in avanti, in disobbedienza ai loro referenti nei servizi, negli organi dello Stato che per anni li hanno protetti e coperti.
Infine, Brescia rende più indigeribile, per i militanti comunisti, il compromesso storico: lo sanno tutti che quella bomba è fascista. Che i fascisti sono stati protetti dal Sid (il servizio segreto), dall'arma dei carabinieri, dalla polizia. Organi che prendono ordini dall'esecutivo democristiano:
Il 1974 marca una cesura netta, non solo nella loro vita e in quella della città. Per il sindacato, nonostante lo strapotere apparente, comincia una lenta, inesorabile autolisi. La crisi economica pesa, ma i ritardi culturali saranno fatali. La sinistra istituzionale si avvita su se stessa, il Pci si logora nella mediazione tutta politica e istituzionale con la Dc e abbandona a se stessa la pressante domanda di cambiamento che monta sempre più forte dalla società. A Brescia è la bomba a troncare ogni stagione di speranza. Sul resto del paese, calerà ad asfissiarla lo sfacelo del terrorismo rosso.
Pagina 147
Il lungo viaggio dentro il neofascismo.
Chi sono i neofascisti, come sono stati protetti dallo Stato, quali obiettivi si prefissavano con quelle bombe (piazza Fontana e le bombe sui treni, e poi le bombe della stagione 1973-74, da Brescia all'Italicus)?

Una stella incoronata di buio affronta tutti questi temi: leggendo i capitoli dedicati all'eversione nera, alla Brescia industriale molto restia ad accettare le richieste dei sindacati (e di riflesso, molto favorevole ad una svolta autoritaria che queste richieste avrebbe affossato), al “granchio d'ombra sulla terra”, al capitolo su depistaggi e omertà istituzionali, quale sia stato grande lavoro di ricerca svolto da Benedetta Tobagi.
Un lavoro che mette a nudo l'ipocrisia dei militanti e dei politici di estrema destra, ovvero di destra (in Italia non abbiamo mai avuto una destra moderata), del MSI. Che non sono mai stati capaci di fare i conti con la propria coscienza, non hanno mai voluto tirare fuori i propri scheletri dagli armadi: le stragi?
Colpa dei servizi, ti dicono gli ex terroristi.
Come se Ordine Nuovo e poi Ordine Nero, Avanguardia Nazionale, La Fenice, Le Sam di Fumagalli le armi e gli esplosivi li tenessero solo per difesa. O per sport.
Come se non esistessero le prove dei loro coinvolgimenti dentro le stragi, manovrati o istigati da quello stato che avrebbe dovuto proteggere i cittadini e difendere la Costituzione. E che invece hanno saputo proteggere una distorta ragione di stato, in nome di un anticomunismo che ha permesso tutte le nefandezze:
Dire «le stragi le hanno fatte i servizi», a sottintendere che il terrorismo di destra di destra non c'entra, è una comoda scappatoia. Senz'altro è vero, e alcuni ex terroristi l'hanno raccontato, che la galassia della destra eversiva si è sentita usata e poi scaricata dai padrini nascosti nelle forze di sicurezza statali, quando fu evidente che l'«ora X» del colpo di Stato non sarebbe mai arrivata, perché allo status quo bastava l'intentona. Ma è troppo comodo, da parte di chi militava in quel mondo, proclamare la propria estraneità sulla base del seno di poi, l'evidenza che le stragi hanno stabilizzato il potere in senso neocentrista. I servizi erano coinvolti in una partita giocata dalla destra eversiva. Ci hanno creduto davvero, e a lungo, i camerati che a furia di botti e attentati, sarebbero riusciti a innescare una svolta autoritaria.
Pagina 288
Le responsabilità della destra radicale le racconta l'ex militante di Ordine Nuovo Vincenzo Vinciguerra:
«E' ben chiara l'area a cui vanno riferite le scelte e le operazioni di strage, comprese quella di Brescia. Per quanto in mia conoscenza, tale area va individuata, e non ho alcuna difficoltà a farlo, nel gruppo di Ordine Nuovo – senza distinzioni, notare, tra “centro studi” e “movimento politico”, - collegato con ambienti di potere e apparati dello Stato».
Pagina 289
Della pericolosità di questa destra ne parla Aldo Moro: il ventre profondo dello Stato che mette assieme nostalgici del fascismo, vertici militari (ma anche la magistratura) cresciuti nel ventennio, un mondo industriale poco incline a dare una risposta alle rivendicazioni salariali e dei diritti. Un partito di massa, la Democrazia Cristiana, costretta a rimanere al governo per colpa della guerra fredda che impedisce di fatto, un'alternanza politica (e una depurazione dei politici di governo):
Pensava a tutto questo Aldo Moro, quando nel 1973 constatava amareggiato quale ingombro insuperabile all'evoluzione del paese rappresentasse la «vera destra», «sempre pericolosa per la sua carica reazionaria, per la minaccia che reca inevitabilmente – lei sì - all'ordine democratico», una destra che ha «un peso di gran lunga maggiore di quello che risulta dalla consistenza dello schieramento politico e parlamentare che a essa si richiama» cioè il MSI, ma ha una forte capacità di condizionare i vertici civili e militari dello Stato, anche in virtù del fatto che essi sono ancora capillarmente innervati di personale che, ben prima di iscriversi alla P2 o entrare nella Rosa dei Venti, semplicemente si è formato sotto il regime fascista. E agisce di conseguenza. Questo ventre profondo dello Stato è il comprimario delle stragi e degli altri crimini impuniti contro i cittadini. Per molti fedeli servitori non si tratta di complicità con l'eversione: sono convinti di fare il proprio dovere, obbedendo ad una ragion di Stato posta al di sopra della Costituzione, tanto quanto gli ex partigiani Sogno e Fumagalli.
Pagina 207
Il cui prodest della bomba (o delle bombe), che aiuta a chiarire quello che è stato il contesto in cui sono maturate le stragi, è da ricercare negli avvenimenti che sono accaduti nella seconda metà degli anni settanta: il sorpasso mancato del partito comunista
La bomba non fa che approfondire la spaccatura. Manlio mi spiega che dietro al netto rifiuto, suo e di tanti compagni, della prospettiva del «compromesso storico» c'era proprio il sentimento dell'impossibilità di governare insieme alla forza politica che di fatto ha avallato per anni le coperture agli stragisti. In questo senso, la bomba ottenne l'effetto auspicato da molti golpisti di rendere più difficile il consolidarsi di una prospettiva del compromesso cattocomunista verso cui tende la «repubblica conciliare», come la definiscono con sarcasmo i missini.
Pagina 215

Tra il 1973 e il 1974, quando Ordine Nuovo viene messo fuori legge, l'area di cui parla Vinciguerra subisce un'ulteriore mutazione. La strage di Brescia matura in questo contesto, nel cuore di una destra radicale che indossa nuove maschere ma che ha sempre lo stesso scheletro. Una rete di ragazzi e di uomini ormai ben addestrati e pronti a tutto, perché non hanno davvero niente da perdere,e sono carichi di esplosivo fino ai denti.
Hanno cominciato ad accumularlo fin dagli anni sessanta. Anfo, plastico, tritolo, gelignite, dinamite in pacchetti, cilindri, mattonelle, scaglie, granuli scuri, perle rosate, candelotti, trasportato in valigie, immagazzinato in santabarbare, garage, armadi, sottoscala, appartamenti, ristoranti, chili, quintali, tonnellate. Un fiume di esplosivo scorre per anni inosservato lungo la traccia pulsante di arterie nascoste che irrora tutto il paese, il vero granchio d'ombra, il più pericoloso.
Pagina 290
I despitaggi
Come si è arrivati all'assenza di colpevoli, a processi durati anni, alle assoluzioni per insufficienza di prove, alle false piste, come il mostro Valpreda, il mostro Buzzi, colpevole nella prima istruttoria partita dalle indagine “forzare” del capitano Delfino?
Non c'è stato bisogno di opporre il segreto di Stato. E' stato sufficiente non passare le informazioni alla magistratura, come ha fatto il Sid (su input dei suoi referenti politici, come Andreotti) con la magistratura di Brescia, consentire che certe piste investigative (come quella del neofascista Cesare Ferri) finissero in secondo piano. E poi il tempo: che rende più difficile il vaglio delle prove, il confronto dei testimoni che dimenticano, non si ricordano più bene.
Ogni anno sui muri di Brescia, in ricorrenza con la strage, venivano appesi dei manifesti in cui si chiedeva conto del silenzio, sui responsabili:
Dietro il silenzio c'era Maletti. C'era Del Gaudio. C'erano i «plurimi atti abusivi» di Delfino.
Dietro il silenzio c'era non un gruppo, ma un grumo di potere, come lo definisce il giovane Andrea [un avvocato della parte civile] nella sua arringa. Qualcosa che blocca e ostruisce il funzionamento dello Stato e della giustizia secondo le regole costituzionali. Il vero segreto di Stato era il silenzio. Lo è ancora. Ma questo silenzio è possibile romperlo senza bisogno d'interventi dell'esecutivo. Sta tutto scritto in documenti accessibili al pubblico.
Seduti sulle macerie della storia, bisogna avere il coraggio di fissare l'abisso, fino in fondo, come dice sempre Manlio, cercando le radici da estirpare. Di solito si parla di «deviazioni» all'interno dei servizi segreti e delle altre forze di sicurezza. Espressione rassicurante, ma inesatta, quanto le grida a indirizzo del «segreto di Stato». Come si fa a parlare di «deviazioni», quando sono coinvolti i vertici del Sid? Quando le attività di copertura, di protezione, di inquinamento probatorio a opera dei carabinieri si ripetono in modo sistematico?
Pagina 377
E' vero, non abbiamo i nomi. Ma sappiamo tante cose: il duro lavoro di Manlio è stato anche questo. Impedire che il tempo cancellasse la memoria delle vittime e che facesse cadere nel dimenticatoio questa strage. Se anche non sono più perseguibili dal punto di vista giudiziario, deve rimanere viva la memoria storica su questi fatti:
«Non è più tempo di ripetere “io so, ma non ho le prove”, - osserva Manlio dopo l'ultima sentenza -. Oggi è il contrario: abbiamo moltissime prove». Sapiamo del contesto delle dinamiche, dei gruppi. Non sappiamo i nomi degli esecutori, ma conosciamo quali meccanismi ci hanno impedito di incastrarli, e in taluni casi anche chi li ha messi in moto. Sappiamo cos'hanno fatto Gian Adelio Maletti a Manlio Del Gaudio [ufficiali del Sid, entrambi iscritti alla P2]. Conosciamo gli effetti dei «plurimi atti abusivi» consumati da Francesco Delfino [capitano dei carabinieri, investigatore della rima falsa pista Buzzi]. È assai meno suggestivo, ma indispensabile, confessare ciò che non possiamo sapere, e al tempo stesso esercitare un paziente vaglio critico per non lasciar affondare nel mare dell'indistinzione quanto invece possiamo argomentare con persuasività, se non affermare con certezza. È tempo di lasciarsi alle spalle l'incantesimo di Pasolini.
Pagina 407
E poi:
Di tante cose abbiamo le prove. Con l'ultimo processo resta accertato che Maggi ricopriva un ruolo apicale nel gruppo di Ordine Nuovo, già parzialmente rigeneratosi nella struttura clandestina di Ordine Nero e sigle affini, la cui pericolosità è ben nota e provata. Stava lavorando al suo rafforzamento per portare avanti una strategia stragista, come confermano, scrive la Corte d'assise d'appello bresciana del 2012, «numero e significativamente concordanti dichiarazioni testimoniali». Sappiamo che nel 1974, l'anno in cui accadono due stragi e vengono a galla almeno tre trame golpiste, Maggi e i suoi sodali volevano fare proprio le stragi, per arrivare al colpo di Stato. Avevano la volontà, gli esplosivi, le competenze e gli uomini per mettere in atto il loro programma, e godevano della disattenzione degli uomini del Sid. Sappiamo che Maggi era ben noto ai servizi come soggetto assai pericoloso, sin – almeno – dal dicembre del 1973. Ma non sarà mai lambito da inchieste o indagini, fino al 1982. La bomba passata per le mani di Digilio e Soffiati rimanda all'ideazione della strage di piazza della Loggia agli uomini della galassia di Ordine Nuovo, ancora una volta, come quella di piazza Fontana.
Pagina 409
Questo libro non è solo un racconto sulla strage, le vittime e i carnefici: la volontà di Manlio, superato lo choc, è stata quella di dedicare la vita “al tentativo di continuare a dare voci a queste morti e quindi a ricercare la verità sui fatti”. L'impegno dentro “La casa della memoria”, gli incontri con studenti e altri incontri pubblici, anche con persone che stavano dall'altra parte della barricata (come Casapound).
Con questo lavoro, coscienzioso, ha voluto preservare la memoria delle vite offese, “affinché il fuoco vitale che accese le loro vite non si spenga per sempre”, per “ottenere una giustizia che possa essere patrimonio per tutti”.

Una stella ha forse ancora luce ..
Altri post su questo libro:
L'Italia delle stragi - http://unoenessuno.blogspot.com/2013/11/litalia-delle-stragi-benedetta-tobagi.html
Cos'è questo golpe - http://unoenessuno.blogspot.it/2013/11/cose-questo-golpe.html

Il link al sito “La casa della memoria”.
Una stella incoronata di buio di Benedetta Tobagi, qui potete scaricare il primo capitolo.
La scheda sul sito di Einaudi, il link per ordinare il libro su Ibs e Amazon


28 novembre 2013

Promesse da Maroni


Ogni volta che lo vedo in TV, e recentemente capita anche spesso, sui cantieri dell'Expo a promettere che mai la mafia entrerà dentro questo grande progetto, mi viene in mente l'imitazione che ne fa Crozza.

Bisogna prenderla un pò sul ridere, specie quando si viaggia sui treni regionali, sovraffollati, in ritardo.
Specie quando arriva l'inverno e aumenta il carico dei pendolari (perché iniziano i corsi unversitari) e le intemperie invernali acuiscono i problemi di linee vecchie, e treni vecchi.

In campagna elettorale aveva promesso che, se fosse stato eletto, i treni sarebbero arrivati in orario (col 75% delle tasse ..).
Promesse buone solo per la campagna elettorale, visto che per trattenere le tasse in regione serve una riforma ben più ampia.

Sotto i ritardi dei treni di oggi, per la linea Canzo Asso, su Twitter

Mana manà ..

La fine di Prodi o tirare a campare


La decadenza del pregiudicato potrebbe portare ad uno scenaio politico simile a quello che abbiamo vissuto durante il secondo goverbo Prodi.
Un'opposizione che blocca il parlamento, sceneggiate e urla, manifestazione in piazza, il fango sui giornali.
In fondo, al Senato, sono solo in sei i senatori in più.

Se questo è quello che ci aspetta, avrà vita corta questo governo.
Ma ci sono altre possibilità: per cautelarsi nei confronti del Berlusconi in maggioranza (Alfano) e del Berlusconi all'opposizione, Letta potrebbe ora portare avanti quelle riforme non divisive, cioè gradite all'ex PDL.
La giustizia, le intercettazioni, la responsabilità civile dei magistrati ..

Tirare a campare o rischiare?
Probabilmente sentiremo altri proclami su riforme da fare, che raccontano la mezza verità: come per la seconda rata dell'IMU, dove i soldi sono stati presi della banche.
Da dove arriva tutta questa generosità delle banche (e questa improvvisa cattiveria contro gli istituti bancari)?

Dalla rivalutazione delle quote di Bankitalia. Una operazione di finanza virtuale che mette in cassa allo stato dei soldi ora, mette in sicurezza i conti delle banche (in vista delle ristrutturazioni) e garantisce ricche plusvalenze (che saranno pure tassate al 12% e non al 20%). Chi è che ci guadagna?

27 novembre 2013

Il cavaliere (in) nero

La storia che raccontano i giornalisti Paolo Biondani e Carlo Porcedda e quella di una gigantesca frode, ai danni del fisco, ai danni nostri, è "il racconto finalmente definitivo di un sistema illegale che ha condizionato un intero paese e arricchito una sola famiglia, quella di Silvio Berlusconi. Il finale è ancora una volta tutto suo: la più grande caccia al tesoro dell’ultimo ventennio l’ha stravinta lui. Il Cavaliere nero".

Storia di una caccia al tesoro durata dieci anni e conclusa con la sentenza della Cassazione del 1 agosto
“Silvio Berlusconi è l’ideatore, l’organizzatore e il beneficiario finale di una colossale e sistematica frode fiscale.”

Sentenza Mediaset, 1° agosto 2013.

Questo libro raccoglie le prove e cerca di spiegarle, per far capire come Berlusconi si sia arricchito ai danni dello Stato, anche quando era presidente del Consiglio: nessuna persecuzione, nessun teorema.


Come ultimo regalo che si è fatto, la gestione dei diritti TV per i film che B. ha comprato, i film di De Sica, Fellini e Pasolini: ogni volta che vediamo Don Camillo, ad esempio, B. incassa:

“Nel giro di un anno la società personale di Berlusconi compra dalla Fininvest 767 film, pagandoli poco più di 22 milioni di dollari, subito dopo rivende 702 film a Mediaset, incassando oltre 60 milioni di dollari.”

Si tratta della Mercurio Srl, società personale di Berlusconi che acquista i diritti dei film Fininvest poco prima della quotazione in Borsa e della nascita di Mediaset.

Avvocati, faccendieri, affaristi, testimoni corrotti (e prescritti). Come è nato il patrimonio nero del cavaliere e come è stato usato.

Il link per ordinare il libro su Ibs e Amazon.


Un Berlusconi di meno (forse)

Oggi, se tutto va bene, ci sarà un Berlusconi di meno in Senato, perché potrebbe decadere  dopo la condanna per frode fiscale. Ma per la fine del berlusconismo dovremo ancora aspettare diversi anni. E forse, come una malattia che non si può eradicare del tutto nel nostro organismo, saremo sempre vulnerabili a ricadute.

Bobbioscrisse nel 1994 che Forza Italia era un partito eversivo “e Berlusconi se ne rende perfettamente conto”.

Montanelli, nella celebre intervista a Biagi, disse che l'unico vaccino a Berlusconi è Berlusconi stesso: un vaccino che stiamo prendendo senza troppi risultati (per la cura del malato) da venti anni.
Come a dire che non in pochi avevano capito chi fosse. Il partito delle eterne promesse (la rivoluzione liberale, i posti di lavoro, il contratto con gli italiani, le tasse da abbassare ..), della politica privatizzata per gli interessi di pochi. Della politica che ha sdoganato i peggiori istinti dell'italiano: le battute da caserma, la visione della donna come mortificata a strumento di piacere, il piegare le leggi e le istituzioni ai propri desideri, l'insofferenza verso ogni forma di controllo. Che si tratti di stampa, magistratura, la maggioranza.
Nel verbo berlusconiano ogni cosa può essere comprata o, alla peggio, messa in condizioni di non nuocere.




Sintomi di una malattia degli italiani che era pregressa al 1994. Di una malattia che continuerà a incidere nel nostro corpo. Perché oggi non solo è il giorno della decadenza, è anche il giorno dell'ipocrisia. Non è vero che questo governo con Forza Italia all'opposizione è più forte. Ci sono solo 6 senatori in più in maggioranza.
Così come non era vero che non c'erano alternative alle larghe intese, almeno a queste larghe intese. SPD e Cristianodemocratici in Germania hanno portato avanti una trattativa per due mesi, dopo le elezioni finite in pareggio in Germania. Nell'accordo di programma i due grandi partiti hanno deciso cosa ci sarebbe stato dentro l'azione di governo, prendendo alcune parti dai due programmi.
Gli elettori sono stati trattati da persone adulte, non sono stati ingannati.

Qui abbiamo avuto promesse, una continua campagna elettorale, riforme sulla carta: ancora oggi non sappiamo dove prendere i soldi per l'IMU, abolita per fare un favore a Berlusconi. Qualcuno dovrebbe spiegare agli italiani che oggi i comuni in qualche modo i soldi li devono trovare.
Comuni che dovranno colmare i buchi delle società partecipate, anche per colpa di amministrazioni pregresse, costringendoli a venderle al privato (che non avrà obblighi a riguardo, la legge non dice che se anche il privato dovrà sanare questi buchi).

Oggi finisce (forse) l'era del senatore Berlusconi, e il Senato sarà un po' più pulito, ma non è la fine dei suoi mali: perché anche senza il cavaliere (in nero), Alfano non farà mai una legge seria contro la corruzione (magari col reato di autoriciclaggio). Il nuovo centrodestra (e nemmeno il PD) non farà mai una legge a tutela del territorio, con investimenti pubblici pari almeno a quelli messi su TAV, F35 e spese per armamenti.
Questo governo non farà mai una vera riforma della giustizia per velocizzare il processo penale: la notifica degli atti via mail, con la fine della prescrizione al primo grado di giudizio.

Nessuno ammetterà, in questo governo diversamente berlusconiano, che non ci potevamo permettere l'abolizione dell'IMU.

26 novembre 2013

Gli amici si vedono nel momento del bisogno

Dopo Casini, anche Boccia si dice favorevole al rinvio del voto sulla decadenza di B .. aspettiamo, che fretta c'è?
Si sono bevuti le balle di B., le ultime, dopo essersi bevute quelle di prima.
E' proprio vero: è nel momento del bisogno che si vedono gli amici.

Report - l'ostaggio

L'arresto di Alma Shalabayeva e della figlia Alua, moglie del dissidente Kazako Ablyazov, per mano della polizia italiana è una brutta pagina della nostra democrazia. La storia raccontata dall'inchiesta di Paolo Mondani per Report racconta tutta la nostra pochezza etica, politica, economica, sociale.

I nostri servizi segreti hanno aiutato Ablyazov a scappare e sfuggure alla rendition chiesta a Scaroni dal dittatore Nazabayev. Cui abbiamo comunque dovuto lasciare la moglie Alma e la bambina Alua (rapita con l'inganno), in modo che il dittatore abbia un arma di ricatto contro l'ex alleato.

Le accuse rivolte alla Shalabayeva erano false, bastava fare dei controlli per capire chi fossero le due donne, che avevano anche altri passaporti e che dunque potevano circolare nell'area Schengem.
L'aereo su cui sono tornate in Kazakistan era un charter di quel paese.

Peccato che la Shalabayeva non fosse a conoscenza del numero di cellulare del ministro della giustizia, forse lei avrebbe fatto qualcosa per liberarla dal Cie di Ponte Galeria.

La storia di questa rendition affonda nei rapporti tra Italia e Kazakistan o, meglio, tra i rapporti tra Berlusconi, l'Eni di Scaroni e il presidente Nursultan Nazarbayev: Mondani ha ricostruito la vicenda delle penali che Eni avrebbe dovuto pagare per un pozzo costruito in ritardo. Penali poi risolte in nulla: Unicredit ha acquistato, negli stessi mesi, una banca di quel paese, la ATF, da una persona considerata vicina al presidente.
La banca ATF è stata pagata per 2,4 miliardi di dollari e rivenduta poco dopo a 850 milioni.
Cosa si nasconde dietro questa supervalutazione, una tangente?
Il presidente Profumo lascia Unicredit, ma rimane nel cda di Eni.

Ha buone amicizie il dittatore Kazako: oltre Berlusconi, anche Prodi e Blair che si è preso per il suo lavoro di lobbista 8 miliardi di dollari. E il giudice che ha condannato Ablyazov in Inghilterra (con le accuse che il Kazakistan ha portato) era il fratello dell'ex premier laburista.

Sovranità limitata, corruzione e anche un pò di vigliaccheria: Alfano si è difeso dicendo di non sapere e a scaricato tutta la colpa sul suo capo di Gabinetto. Unica testa che è caduta.
Lui non sapeva, nessuno gli ha detto nulla al Viminale. E alla fine è pure rimasto al suo posto (grazie al PD che kl'ha salvato, come anche la Cancellieri). L'ambasciatore era di casa, evidentemente, al Viminale.
Ma nemmeno il ministro Bonino ha voluto fare azioni nette, nei confronti di questo ambasciatore: contano anche, ha ammesso il ministro, i dossier sui tavoli. Come quello che parla dei rapporti economici con questo paese riccono di petrolio ma povero.

Perché la ricchezza dell'oro nero è nelle mani, come anche le banche e l'informazione, della famiglia del dittatore.
Che però, come ha spiegato in aula Schifani, non è nemmeno un dittatore, perché l'Italia gli ha concesso diverse riconoscenze.
Così come Napolitano ha dato la croce di gran cavaliere ad Assad.
Anche la commissione diritti umani del parlamento, che è stata in Kazakistan, ha stabilito che non c'è violazione dei diritti umani, una democrazia temperata.

Senza opposizione, dove chi contesta finisce in carcere, sottoposto a torture. Senza una informazione libera. Dove la povera gente è soffocata dai mutui delle banche (nelle mani dei politici del regime), dove vige il culto della persona del leader.
Che razza di idea hanno di democrazia i nostri rappresentanti? Quelli che si sono commossi per lo stato della povera signora Ligresti?

MILENA GABANELLI IN STUDIO
Il 12 luglio scorso il presidente del consiglio Letta, insieme a l ministro Alfano e Cancellieri, proprio loro, hanno ritirato il decreto di espulsione e dichiarato che ce le vogliamo riprendere. Dopodomani il ministro Bonino ripropone la questione in sede europea. Ma chi ha la forza di andare da quel presidente e dire restituiscici gli ostaggi?
Forse Scaroni che lui è più in confidenza, e magari può riportarcele a casa, stavolta sul nuovo aereo magari dell’Eni. Ma Ablyazov quando è scappato da Roma invece dove è andato? A Aix en Provence dove alla fine di agosto è stato arrestato  dal l’autorità francese. Adesso il Kazakistan, Ucraina e Russia hanno chiesto l’estradizione, la Francia deciderà a breve, entro i primi di dicembre. Ma in tutta questa vicenda la cosa più brutta quella che dice Madina, la figlia grande della Shalabayeva , è il modo in cui è stata mandata via la piccola Alua, la polizia avrebbe estrapolato la foto che si trovava sul passaporto della madre, fotocopiata, portata all’ambasciata Kazaka che ha potuto in questo modo costruire un documento di identificazione con la richiesta di espulsione, e con quel documento la polizia ha potuto e spellerla. Noi sappiamo bene che in tutto il mondo le relazioni, gli interesse economici, scavalca no i diritti, però c’è un confine che non andrebbe barattato, altrimenti ti esponi al ricatto di qualunque brigante. É una questione di dignità, è una questione di onore.

Il link per rivedere la puntata e il PDF con la trascrizione.

25 novembre 2013

Report - il caso Shalabayeva

La rendition di Alma Shalabayeva è una brutta vicenda di potere e petrolio: di questa si occuperà l'inchiesta di Paolo Mondani per Report "Kazaki all'interno" (con la collaborazione di di Chiara Avesani).
Di perdita di sovranità nazionale nascosta dietro una ragione di stato, usata a sproposito per nascondere al cittadino "ingenuo" un pezzo di verità.
Un ministro che non sapeva niente di quanto i suoi prefetti facevano all'interno del ministero, assieme all'ambasciatore Kazako.
Uno scandalo diplomatico che ha fatto il giro del mondo ma che, al solito, non ha causato alcuno strascico nel ministero (se non la testa del prefetto Procaccini, che ha pagato per tutti): come se fosse normale che, in una democrazia, una persona venga espulsa dopo un blitz della polizia, con una accusa (il passaporto falso) che poi la magistratura ha fatto cadere.

Tutti sanno dell'amicizia tra il premier Kazako, Nursultan, e l'ex presidente del Consiglio Berlusconi. Così come della sua amicizia col premier Putin, degli accordi tra Eni e Gazprom (take or pay) molto vantaggiosi per i russi.
Ci piacerebbe ora sapere come tutto questo sia potuto accadere senza dover aspettare, come in altri casi, che intervenga la magistratura. 


La scheda della puntata:

Alma Shalabayeva - moglie di Mukhtar Ablyazov, ricco banchiere e dissidente kazaco – è stata espulsa dall'Italia lo scorso 31 maggio insieme alla figlia Alua, di soli sei anni. La vicenda ha fatto il giro del mondo e il nostro paese è finito al centro di uno scandalo diplomatico senza precedenti.

Alma Shalabayeva viene espulsa perché in possesso di un passaporto reputato falso, ma il 5 luglio scorso il Tribunale di Roma ha stabilito che quel passaporto era autentico e il 12 luglio il governo italiano ha deciso di annullare il decreto di espulsione.

L'operazione di polizia del 29 maggio è partita a seguito dell'intervento dell'ambasciatore del Kazakistan a Roma. Nella ricostruzione ufficiale, l'ambasciatore ha parlato direttamente con il prefetto Giuseppe Procaccini, capo di gabinetto del ministro dell'Interno Angelino Alfano, e nella vicenda sono stati coinvolti i prefetti Alessandro Valeri e Francesco Cirillo.

Unico a pagare: il prefetto Procaccini. Mentre il ministro Alfano ha negato di essere mai stato informato dai suoi sottoposti. E da poche settimane, la Procura di Roma ha indagato tre diplomatici kazaki, tra cui l'ambasciatore Yelemessov, per sequestro di persona aggravato.

Appurato che l'espulsione della Shalabayeva e della figlia è stato un errore, resta da chiedersi come è stato possibile commetterlo. Possibile che il ministro dell'Interno Alfano non sapesse nulla della vicenda? Cosa ha spinto il ministero dell'Interno a offrire una così solerte collaborazione all'ambasciata kazaka? I nostri servizi segreti hanno avuto parte nell'espulsione? Nella puntata di Report in onda il prossimo 25 novembre cercheremo di chiarire questi e altri misteri.


L'anteprima su Reportime:



 La vicenda di Alma Shalabayeva e di sua figlia lascia senza risposta ancora molte domande. La ragione di Stato vorrebbe che di fronte a un interesse superiore, quello dello Stato appunto, si possa sacrificare una parte della verità.

Ma qui siamo di fronte ad un caso in cui i diritti di una madre e di sua figlia sono stati sacrificati per permettere al governo kazako di tenere sotto ricatto l’oppositore numero uno del presidente Nursultan Nazarbayev: Mukhtar Ablyazov, che ha a disposizione molte informazioni sulla presunta corruzione del governo kazako nella gestione delle relazioni economiche, in particolare con le compagnie petrolifere di tutto il mondo. Siamo cioè di fronte a un ricatto in piena regola esercitato da un governo straniero sul nostro.

Aver espulso la signora Shalabayeva per poi essere costretti, il 12 luglio scorso, a ritirare rocambolescamente quella espulsione , dichiarandola illegittima, ha esposto il nostro paese a una delle peggiori figure diplomatiche della sua storia.

Perché il nostro ministero dell’Interno, tra il 28 e il 31 maggio scorsi, con un’azione lampo ha prelevato una donna e sua figlia, le ha dichiarate clandestine, sulla base di documenti che provavano l’esatto contrario, e poi le ha espulse, subendo gli ordini che provenivano dall’ambasciata kazaka di Roma?

Oggi, Alma Shalabayeva è agli arresti domiciliari in Kazakistan, un paese che tutte le organizzazioni dei diritti umani del mondo definiscono una dittatura di fatto. I nostri interessi in campo petrolifero possono veder sacrificati i diritti di una donna senza pendenze penali e di una bambina di sei anni?


La visione dell'ambiente

Una delle norme più pubblicizzate nella legge di stabilità è quella che rende i manager delle società pubbliche responsabili delle performance delle stesse.
Così se tu, sindaco o assessore, assumi nella società dei rifiuti o dei trasporti l'amante, la moglie, il camerata, il parente e poi l'azienda ha i conti in rosso, niente bonus e seu pure licenziabile.

Peccato che nella stessa legge di stabilità sia presente un emendamento che allunga i tempi sulla raccolta differenziata: si allunga di 4 anni il termine per cui i sindaci dovranno arrivare al 65% della differenziata: da ilfatto quotidiano

Nel ddl ambiente collegato alla legge di stabilità approvato dal Consiglio dei ministri venerdì scorso è spuntata una sanatoria per i comuni che non hanno rispettato gli obiettivi di raccolta differenziata stabiliti dalla legge 152/2006. L'articolo 18 sostituisce
le scadenze e le deferisce nel tempo, sgravando di riflesso da eventuali azioni di responsabilità gli amministratori che, nel
frattempo, non li hanno rispettati. E' appena successo a Recco, dove sindaco e assessori sono stati condannati dalla Corte dei Conti a
risarcire un milione di euro di tasca propria. Ma ecco il "pronto soccorso" del governo: il tetto del 65%, che doveva essere conseguito
l'anno scorso, slitta di quattro anni e arriva al 2016. Il provvedimento accorda anche il raggiungimento
in “comode rate” dei livelli successivi previsti dalla legge del 2006 e che altri Paesi d'Europa, più civili, hanno raggiunto
da anni. Un favore ai sindaci ma un danno all'ambiente e ai contribuenti che già dovranno sobbarcarsi 100 milioni di sanzioni europee
in arrivo. E ora vedono ulteriormente a rischio la possibilità di centrare l'impegno di arrivare entro il 2020 al 50% di riciclo. "Una
vergogna", protestano gli ambientalisti che si preparano a dar battaglia alla Camera.

Un regalo ai sindaci che in questi anni non si sono preoccupati dell'ambiente, alle ecomafie, ai proprietari delle discariche.
La visione che ha questo governo (come i precedenti) dell'ambiente, come anche della cultura, non è quella di una risorsa che potrebbe contruibuire alla crescita dell'economia del paese e al benessere.

L'ambiente va bene solo che ci si può costruire sopra, vedi legge salva stadi. O vedi i fondi concessi alle autostrade come la Orte Mestre.
La cultura va bene come poltronificio: la cultura non dà da mangiare, ma fa mangiare gli amici.

24 novembre 2013

Cos'è questo golpe

Prosegue la lettura del libro di memorie e racconti di Benedetta Tobagi “Una stella incoronata di buio”, sulla strage di Brescia del 1973: nel capitolo “Cos'è questo golpe”, si parla dei tentativi di colpo di stato, a cavallo tra il 1964 e il 1974. Forse, più che tentativo di colpo di stato, erano solo una minaccia di colpo di stato, una “intentona”, per usare l'espressione spagnola. Minaccia che serviva a condizionare l'azione politica (il governo Moro di centrosinistra, il governo Rumor alle prese con l'autunno caldo, bloccare l'avanzata delle sinistre spegnendo nel sangue tutto l'entusiasmo delle piazze).

Mi hanno colpito i proclami che i golpisti avevano preparato, sono molto simili:

LA FORMULA POLITICA CHE PER UN VENTICINQUENNIO CI HA GOVERNATO E HA PORTATO L'ITALIA SULL'ORLO DELLO SFACELO ECONOMICO E MORALE HA CESSATO DI ESISTERE: così il principe Borghese avrebbe dovuto salutare la nazione dopo aver assunto il controllo dei ripetitori Rai.E tra i punti programmatici per il «golpe bianco» di Sogno, leggiamo:
A CAUSA DI UNA CLASSE POLITICA CORROTTA ED INCAPACE, CHE HA APERTO UN PROCESSO DI PARALISI PROGRESSIVA E DI DEGENERAZIONE IRREVERSIBILE DEL REGIME, È VENUTA A MANCARE OGNI BASE DI LEGITTIMITÀ AI MASSIMI ESPONENTI DELLO STATO E DEL GOVERNO CHE HANNO SISTEMATICAMENTE VIOLATO ED IGNORATO LE NORME E I PRINCIPI NON SOLO DELLA COSTITUZIONE, MA DEL CODICE PENALE.
Carlo Fumagalli, interrogato due giorni dopo la strage di Piazza della Loggia, si lancia in una vibrata denuncia della partitocrazia: «Io non credo più in questa forma di democrazia basata sui partiti, non credo a questi sistemi bicamerali .. Qui in Italia in ventisette anni abbiamo avuto trentadue governi .. questa sorta di democrazia, che io chiamo dittatura parlamentare, ha condotto al sottogoverno, quindi a tutte le forme della corruzione e a tutte le forme di degradazione morale e materiale della nazione».
Scrive Benedetta Tobagi: “Chi voleva sovvertire il sistema, insomma, dichiarava di essere in lotta contro un sistema vecchio e malato. Gli attacchi alla «farsa democratica» e a a una politica marcia e pletorica hanno sempre avuto gioco facile, in Italia. Insieme all'anticomunismo, questi argomenti sono stati la «placenta del golpe»[..]La corruzione diffusa, la crisi di governabilità, la necessità di interventi forti in materia economica erano argomenti reali. Già negli anni settanta, infatti, il sistema aveva un livello di efficienza pateticamente basso: uno dei tanti frutti avvelenati della democrazia «bloccata» della guerra fredda. Certi della propria insostituibilità, la Democrazia Cristiane e i partiti a lei consociati al governo perfezionarono un sistema di potere clientelare, spartitorio e diffusamente corrotto.”
Una stella incoronata di buio, pagina 176.
Interessante il parallelo, forse forzato, coi giorni nostri, dove si parla di golpe in ogni momento: per unasentenza di condanna, per una legge elettorale che cambia le regole del gioco, per un voto di decadenza.
E dove i problemi del paese, che negli anni settanta generavano quei mostri (e quelle stragi che hanno insanguinato il paese), sono rimasti tali.
Così come è anche rimasto tale il senso di insostituibilità di chi governa.

Meriterebbe ulteriori approfondimenti.La scheda sul sito di Einaudi, il link per ordinare il libro su Ibs e Amazon

Che cos'è questa stabilità

Tg1 delle ore 13.30, sabato: Alfano parla al suo nuovo gruppo difendendo sia Berlusconi dall'aggressione giudiziaria, sia la scelta di smarcarsi dagli estremisti del PDL e rimanere al governo.
Mia mamma, non capiva e mi chiedeva: 
"Ma Alfano sta con Berlusconi o col PD?"
"Con tutti e due" ho dovuto rispondere.

Ecco, sta tutta qua la difficoltà nel comprendere e spiegare la politica italiana. Partiti e gruppi che si creano o che si sciolgono: nuovo centro destra di Alfano (che difenderà però Berlusconi sulla decadenza).
Berlusconi che, dall'altra parte (o forse dalla stessa parte di Alfano) sta preparando un discorso di chiamata in correità al Senato: "se consegnate me, poi tocca a voi". Cosa dobbiamo pensare, che tutti i senatori hanno problemi giudiziari?

I nuovi popolari di Mauro che abbandonano (il fallimentare) Monti per rimanere al centro. Il PD che abbandona i suoi elettori per mantenere in piedi l'alleanza di governo: niente sfiducia ad Alfano e alla Cancellieri.

Tutto in nome della stabilità. Stabilità politica.

Ma cos'è questa stabilità? E il tentativo, forse l'ultimo, per nascondere la realtà che ipocritamente tuttu fanno finta di non vedere. Stiamo affidando le sorti del nostro paese alle stesse persone che l'hanno governato fino ad ora. Queste larghe intese sono l'ultimo tentativo di difendere la casta e i suoi privilegi: Cuperlo, a Servizio Pubblico, si è pure arrabbiato con Santoro che gli rinfacciava la distanza dal paese.
Questi partiti di governo che si sono chiusi a riccio nelle larghe intese, promettendo riforme e la luce in fondo al tunnel, si sono dissociati dal paese.
A Genova il PD ha lasciato solo il sindaco Doria, alle prese con le proteste dei lavoratori dell'azienda pubblica di trasporto. Probabilmente al PD genovese e ligure andrebbe anche bene la privatizzazione.
A Genova la protesta ha bloccato la città per giorni (come i camionisti avevano bloccato il paese nel passato, per gli incentivi sul gasolio, come i tassisti avevano bloccato Roma ..): abbiamo avuto anche noi la nostra parte di Grecia. 
Non si capisce come mai la cattiva gestione del passato debba essere fatta pagare dai tramvieri e dagli autisti dei bus.
Parafrasando Renzi che ha citato Terence Hill, "altrimenti ci arrabbiamo noi".

Ma non è solo Genova: anche la Campania è stata abbandonata. Cosa si sta facendo di concreto per la terra dei fuochi, per le bonifiche, per contrastare le ecomafie? Taranto è stata abbandonata: a che punto sono le prescrizioni che la magistratura ha chiesto ai Riva e all'Ilva?
Stesso discorso per la Sardegna, dove fino a ieri si è cementificato, consentendo condoni di quartieri costruiti in zone a rischio, costruzioni in riva al mare, il mancato rispetto delle norme edilizie.

E ora?
E' un modello politico che è fallito: il modello politico degli abusi edilizi, della politica che non controlla, che lascia fare gli affari sporchi ai suoi amici nelle banche, nelle assicurazioni, nelle aziende "strategiche". La politica dei signori delle tessere, al sud come al nord: politica che non si chiede da dove vengono i voti. In Piemonte, come ha raccontato l'inchiesta Minotauro, in Lombardia (caso Zambetti). E nel sud, come abbiamo visto per le primarie del PD.
La politica che ha occupato le società pubbliche o partecipate, svuotandone le casse e ora, quando non ci sono soldi, scarica tutto sui cittadini e su chi lavora con un "un sistema di potere clientelare, spartitorio e diffusamente corrotto".

La politica che sa dare, come unica risposta, quella della cassa integrazione: sono soldi che servono per andare avanti, in momenti di crisi. Ma le operaie della Manufat, sempre a Servizio Pubblico sono state chiare: "vogliamo un lavoro". Non la sussistenza.



Alcuni drappi bianchi esposti nella zona di Inverigo Arosio, per l'iniziativa dell'imprenditore Giuseppe Caggiano

22 novembre 2013

Chi ha ucciso Kennedy?


I shouted out
"Who killed the Kennedys?"
Well after all
It was you and me

Rolling Stones - Sympathy For The Devil Lyrics | MetroLyrics

L'assassinio del presidente Kennedy ha scatenato tutte le teorie del complotto, relativamente alla domanda "chi ha ucciso il presidente?".
Per rispondere a questa domanda (gli esuli cubani, la mafia, la Cia) bisognerebbe allora chiedersi chi ne ha avuto i maggiori benefici.
Dopo Kennedy c'è stato l'aggravarsi della guerra in Vietnam, l'aumento delle spese militari per rimpiazzare elicotteri e altri mezzi militari. Si sono poste le basi per il neoliberismo che poi è stato applicato da Reagan negli '80.
Forse avevano ragione i Rolling Stones: non è stato solo il diavolo (Oswald) a sparare, sono stato io con voi.

Servizio pubblico - la congiura degli innocenti

Questo governo è "splendido splendente", come la canzone della Rettore: l'unico soluzione possibile per uscire dalla crisi.
Ma mentre Letta è splendido splendente, ancora non si sono trovati i soldi per la seconda rata dell'Imu, i fondi per abbassare le tasse sul lavoro sono insufficienti e allora via con le privatizzazioni e i tagli alla spesa.
In bocca al lupo.



Nel frattempo il paese, cioè noi, abbiamo bisogno di risposte adesso: chi critica il ministro della repubblica Cancellieri non lo fa perché vuole complottare contro il governo, dunque contro il paese.
Chi critica, lo fa forse perché è in quella parte del paese di cui fin'ora la politica non si è occupata: non solo i Ligresti, i Berlusconi (e i figli perseguitati come gli ebrei), le banche e i banchieri.

Sono i disoccupati, gli esodati, le persone senza cure mediche, gli imprenditori strozzati dalla crisi e dalle banche. I "tutti", come li ha definiti nella sua copertina Santoro, citando il libro di Francesco Piccolo. Quelli che oggi pagano la crisi causata anche dai Ligresti.

La colpa per le sconfitte non è della classe dirigente e politica: è colpa dei complotti.

Nella puntata di ieri di Servizio pubblico si è parlato dell'emergenza in Sardegna e della crisi delle piccole imprese nel nord: il primo servizio di Giulia Innocenzi era proprio dedicato alla Manufat, un'azienda tessile di Inverigo oggi chiusa.



Per colpa delle scelte industriali fatte, dice il proprietario, che ha pagato la scelta di mantenere la produzione di capi tessili in Italia. E calando la domanda, per la crisi delle famiglie che non possono spendere, sono iniziati i problemi. Problemi accentuati da Equitalia e dalle banche che hanno chiuso i rubinetti del credito.

Certo, va aggiunto (e il proprietario non l'ha detto) che la Manufat era in crisi da tempo e la Cassa integrazione è iniziata molti anni fa.
Una delle operaie, in attesa di stipendi arretrati, ad un certo punto se ne è uscita con una frase che dovrebbe far riflettere tutti: "ma cosa è valso essere stati onesti per tutti questi anni?".

Non è una frase da sottovalutare: perché dobbiamo continuare a rispettare le leggi, a pagare le tasse, a rispettare le istituzioni?
Per un ministro vicino alla famiglia Ligresti?
Per un ministro che non sapeva quello che l'ambasciatore Kazako faceva dentro il suo ministero?

Per un governo che non sa dare risposte ora e adesso alle persone in Sardegna: di chi è la colpa dell'alluvione, della devastazione, delle morti?
Di giove pluvio? O dei politici e amministratori che hanno permesso i condoni edilizi, l'edificazione su aree a rischio (le paludi attorno ad Ostia), la cementificazione delle coste, in Sardegna e anche nel resto dell'Italia?

E la crisi di oggi, è solo una finanziaria mondiale o è anche una crisi etica e morale: per anni, ha spiegato nel suo intervento Landini, abbiamo abituato le persone che bisognava fare i furbi, non pagare le tasse, che si avanzava grazie a spintarelle e amicizie.

Gli ospiti in studio erano il sindacalista Landini e i due politici, Salvini e Cuperlo.
Tutti d'accordo: bisogna cambiare le cose. Per l'esponente della Lega la colpa era dell'euro e dell'unione europea.
Cuperlo ha parlato della necessità di investimenti pubblici da usare per la messa in sicurezza del territorio.
Da dove prendiamo i soldi? Qui cuperlo, come anche Renzi la settimana scorsa, è stato vago. 5 miliardi li possiamo prendere dal patto di stabilità, che andrebbe tolto.
Lo hanno chiesto sia cuperlo (http://www.serviziopubblico.it/puntate/2013/11/21/news/la_crisi_della_domanda.html?cat_id=10) che Salvini, che però si dimentica che era al governo quando Tremonti fece questa legge.

Certo è che ora Letta deve fare cassa: vendendo quote di società partecipate, come Eni e Terna. Col rischio, come ha spiegato Dragoni (http://www.serviziopubblico.it/puntate/2013/11/21/news/privatizzazioni_chi_aiutano.html?cat_id=10), che poi lo stato ci rimetterà perdendo i dividendi.
Ma servono soldi, ora, per le promesse elettorali.
Nel frattempo che si metteranno d'accordo, rimane la domanda: "a cosa è servita la mia onestà?".

Bella domanda, specie quando poi scopri che questo governo, quello splendido splendente, ha appena fatto uscire un emendamento per la cementifazione attorno agli stadi (la legge stadi, di cui il ministro Orlando non sapeva nulla). Come se la cura del cemento non avesse già fatto abbastanza danni.

L'alluvione in Sardegna



L'intervento di Travaglio: Napo orso capo

21 novembre 2013

L'Italia delle stragi - Benedetta Tobagi

Dal capitolo "Nero" del libro "Una stella incoronata di buio", (Einaudi) - via repubblica
L'Italia delle stragi mi fa pensare a una famiglia borghese che nasconde segreti innominabili come un abuso, un incesto o altri crimini vergognosi. Se anche il segreto viene alla luce e il velo d'ipocrisia si squarcia per un momento, ben presto lo schermo si ricompatta. Tutti cercano strenuamente di negare, di nascondere, di tacitare, di minimizzare la propria complicità fino all'ultimo istante, e dopo, denudati davanti all'oscena irrefutabile evidenza, si affrettano a coprire il tutto, relegando la tragedia fra i panni sporchi da non lavare in pubblico. La vita deve continuare. Bisogna salvare la famiglia, le apparenze, il buon nome delle istituzioni, la ragion di Stato. Bisogna capire. Era una situazione particolare, c'era la guerra fredda, i colpevoli – chi sono poi? - agivano nell'interesse superiore della sicurezza nazionale, meglio una manciata di morti casuali che decine di migliaia in una guerra civile. Voltiamo pagina.
In questo meccanismo perverso le vittime sono condannate a una solitudine infinita.
Il trauma delle stragi impunite, confinato nel silenzio, coltiva un tumore nel corpo della società.

Nessuno, beninteso, se non due vecchi estremisti di destra, si permetterebbe mai di dire apertamente che la gente se ne frega di sentir parlare delle bombe. Per carità, con tutti quei morti, pietà cattolica non lo consente. Per depotenziare il trauma, scatta un meccanismo di rimozione più efficace. Si lascia che gli orrori galleggino in una nebbia lattea di indeterminatezza in cui tutto resta astratto, sospeso, sterilizzato. Emerge giusto qualche scoglio, qualche nome, frammenti di cronaca ripetuti come un mantra. Gherardo Colombo, un uomo che sa scegliere le parole con grande cura, nel volume autobiografico Il vizio della memoria conia una formula perfetta. "Solenni ovvietà", così chiama tutte quelle cose terribili che "si sanno" ma senza conoscerle davvero, ciò che tutti hanno orecchiato prima o poi, magari indignandosi brevemente, ma resta lì, sospeso nel vuoto.

Fatti pesanti come macigni, ridotti alla stregua di isole disperse. La traccia dei collegamenti si affievolisce e si perde nel ricordo, fino a che diventano grumi illeggibili cui è difficile, e spiacevole, pensare. Meglio lasciar perdere: tanto, per fortuna, è passato. È lontano. Oppure, è solo l'ennesima prova che è tutto uno schifo e non vale la pena di tornarci su. La storia di ogni strage è complessa, un labirinto pieno di false tracce e vicoli ciechi in cui è facile perdersi (non bisogna lasciarsi sviare dall'immagine addomesticata dei labirinti di siepi ben disegnati che adornano i giardini delle ville aristocratiche: la strage somiglia piuttosto al dedalo originario, dimora del Minotauro, mostro divoratore di innocenti che, una volta gettati dentro, non avevano scampo). È difficile ritesserne le fila. Allora si semplifica. "Strage impunita" è un marchio che funziona. Sui giornali e in Tv, solo le assoluzioni continuano a fare notizia, molto più dell'incriminazione o persino della condanna in extremis di qualche criminale di mezz'età di cui nessuno sa niente. Le stragi impunite sono ridotte da tempo a una litania inoffensiva, "perché Piazza Fontana, Brescia, la stazione di Bologna, l'Italicus, Ustica eccetera, eccetera, eccetera..." cantava Gaber con lapidaria ironia in Qualcuno era comunista.

Una fiammata d'indignazione e una lacrima. Un luogo e tutt'al più una cifra, il numero dei morti: come le vecchie targhe delle macchine, o le sigle dei taxi, Milano 17, Brescia 8, Bologna 85... Risuonano appelli rituali ormai logori, "abolire il segreto di Stato", "scoprire i mandanti", mentre in questo magma indistinto muore d'asfissia la fiducia dei cittadini verso lo Stato.

Parole, elencazioni, evocazioni. Pochissime immagini. Ecco, alla storia delle stragi impunite manca persino un immaginario a cui appigliarsi per ricominciare a pensare. Non esiste l'equivalente della foto del ragazzo con la P38 in via De Amicis, a Milano, divenuta simbolo degli "anni di piombo", ed è logico: i colpevoli sono per lo più senza volto. Ma nemmeno il corrispettivo del Moro prigioniero che regge un quotidiano davanti allo stendardo delle Brigate rosse. Le immagini delle stragi sono prive di esseri umani. [...] Il 28 maggio 1974 consegna il proprio racconto ai volti degli uomini. A Brescia non è avvenuta la più grande delle stragi, né la più nota. Ma è diversa dalle altre, per tanti motivi, e lo si capisce già dalle fotografie. "Strage col più alto tasso di politicità", è stato detto: perché la bomba colpì una manifestazione antifascista. Le immagini di piazza della Loggia dopo l'esplosione brulicano di persone. Gente che grida, corre, scappa, piange, resta impietrita. Manifestanti che soccorrono le vittime.
"zio" Manlio Milani, mentre soccorre la moglie Livia morente, per la bomba in piazza della Loggia


Centralismo democratico

IL PD come il vecchio PCI: alla fine prevale la vecchia linea ortodossa del partito, il centralismo democratico.
Risultato delle votazioni e della conta di ieri: Cancellieri salva e governo salvo. I Renziani "puri" alla conta sono molto meno di quelli che indicano le votazioni nei circoli: il partito è ormai nelle mani di Napolitano, dall'alto, e dai padroni delle tessere e dei voti dal basso (i De Luca, i Crisafulli..).

Tra una settimana si vota per la decadenza di B. in Senato: speriamo che questo morire per la Cancellieri (e per Alfano, e per Napolitano, ..) sia servito almeno a qualcosa.


PS: altro rinvio per la seconda rata dell'Imu (il rinvio riesce bene a questo esecutivo). Interessante leggere come, sempre questo governo, abbia stanziato 45 milioni nel fondo salva stadi (e si ritorna a parlare di nuovi stadi di calcio, altro cemento che va a seppellire il paese).
Contro i 20 milioni per il disastro in Sardegna.
Mettere in sicurezza il paese costerebbe (oltre ai soldi dall'Europa non utilizzati) 2,5 miliardi di euro (così stimava l'ex ministro dell'ambiente Clini).
Il TAV il Val di Susa almeno 10. Forse.
Gli F35 altri 15 miliardi.
La Orte Mestre almeno 10 miliardi.

Giusto per dare dei numeri.

20 novembre 2013

Dentro e fuori il palazzo

Fuori i malati di Sla che protestano per il ripristino del fondo per i non autosufficienti

Dentro, il governo che si chuide a riccio in difesa del suo ministro amico dei Ligresti

La lista nera di Frederick Forsyth

L'incipit (e qui potete leggere il primo capitolo):
Nell’oscuro e segreto cuore di Washington si custodisce un elenco breve ed estremamente riservato. Contiene i nomi di terroristi ritenuti così pericolosi per gli Stati Uniti, i suoi cittadini e i suoi interessi da essere condannati a morte senza tentare neppure di arrestarli e sottoporli a giudizio o a giusto processo. Viene chiamato la “lista nera”.
Ogni martedì mattina nello Studio Ovale la lista viene esaminata, per apportarvi eventuali modifiche, dal presidente e da altri sei uomini; non uno di più, non uno di meno. Tra loro vi sono il direttore della CIA e il generale a quattro stelle che comanda il più grande e temibile esercito privato al mondo. Si tratta del JSOC, il Comando congiunto delle operazioni speciali, un’agenzia che ufficialmente non esiste.

Una fredda mattina di primavera del 2014 un altro soggetto si aggiunse alla lista. Quell’uomo era così misterioso che non se ne conosceva neppure il vero nome, e la gigantesca macchina dell’antiterrorismo americano non aveva sue foto. Come Anwar al-Awlaki, il fanatico americano-yemenita che diffondeva su internet sermoni inneggianti all’odio, già presente nella lista nera ed eliminato nel 2011 con un missile sganciato da un drone nel Nord dello Yemen, anche il nuovo entrato predicava online. Le sue parole erano così potenti che i giovani musulmani sparsi in tutto il mondo si convertivano a un Islam ultraradicale e commettevano omicidi in suo nome.
Al pari di Al-Awlaki, il nuovo entrato si esprimeva in un inglese perfetto. Non avendo nome, era noto semplicemente come “il Predicatore”.
La missione fu affidata al JSOC, il cui comandante la passò alla TOSA, un’organizzazione così segreta che il novantotto per cento degli ufficiali statunitensi in servizio non ne ha mai sentito parlare.
In realtà la TOSA è un piccolissimo dipartimento, con sede nella Virginia settentrionale, il cui compito è quello di scovare i terroristi che cercano di sottrarsi alla giustizia punitiva americana.

Quel pomeriggio il direttore della TOSA, conosciuto in tutti i rapporti ufficiali come Volpe Grigia, entrò nell’ufficio del suo cacciatore di uomini più esperto e gli mise un foglio sulla scrivania. C’erano scritte poche, semplici parole:
Il Predicatore. Identificarlo. Localizzarlo. Eliminarlo.

Sotto c’era la firma del comandante in capo, il presidente. Il che rendeva quel documento un ordine esecutivo presidenziale, un EXORD.

L’uomo che aveva davanti a sé quell’ordine era un enigmatico tenente colonnello del corpo dei marine di quarantacinque anni, a sua volta noto, dentro e fuori quell’edificio, solo con il nome in codice. Lo chiamavano “il Segugio”.
Non smette mai di stancare, Forsyth e, a mio avviso, rimane un punto di riferimento per quanto riguarda la scrittura di thriller e spy story.
Come in altri suoi libri, per scrivere La lista nera, Forsyth si è ispirato a fatti ispirati ed accadimenti del mondo reale: la lotta all'islam radicale da parte dei servizi di sicurezza occidentali e quanto la nostra sicurezza è in pericolo per colpa dei terroristi, istigati all'odio da parte di predicatori come il personaggio inventato (ma non tanto) in questo romanzo.
Ma c'è spazio anche per altre riflessioni: fino a che punto possiamo abbassare l'asticella della nostra privacy e consentire alle agenzie di sicurezza di spiare e intercettare le nostre conversazioni, pur di difendere la nostra incolumità?

Al centro del racconto c'è una caccia all'uomo: un uomo che inonda la rete internet con i suoi sermoni pieni di odio nei confronti degli infedeli e per questo è stato chiamato Il predicatore. Un uomo che nasconde il suo volto dietro un velo e di cui si conoscono solo i suoi occhi color ambra.
Il predicatore entra nella lista dei nemici dell'America, la “Lista nera”, dopo una serie di omicidi sia in America che in Inghilterra. Persone di origine orientale che, all'improvviso si sono trasformati in assassini, dopo essere stati indottrinati dalle parole del Predicatore, che incita via web all’odio contro degli infedeli:
Il messaggio del Predicatore era semplice quanto mortale. Ogni Vero Credente doveva individuare un kaffir dalla posizione sociale rilevante nel luogo in cui viveva e spedirlo all’inferno

Il JSOC, una delle agenzie di sicurezza governative (ma che risponde direttamente solo al presidente), ordina così al TOSA (una piccola struttura semisconosciuta dai più che si occupa della caccia e dell'eliminazione dei terroristi sulla black list) di rintracciare quest'uomo e di neutralizzarlo.
Il suo direttore, nome in codice Volpe Grigia, assegna questo incarico al suo cacciatore migliore: il Segugio. Un ex marine (figlio di marine) che ha passato anni dando la caccia ai terroristi di Al Qaeda, che conosce il mondo arabo avendo studiato a Il Cairo,
Qui ha avuto modo di comprendere da dove nasce l'odio verso l'occidente:
«Perché lo hanno fatto?» chiese Kit Carson.
«Perché vi odiano» rispose in tono pacato il vecchio erudito.
«Ma perché? Che gli abbiamo fatto?»
«A loro personalmente? Ai loro paesi? Alle loro famiglie? Niente. Tranne forse spargere dollari. Ma non è questo il punto. Parlando di terrorismo non lo è mai. Con i terroristi, che siano di Al-Fatah, di Settembre nero o del nuovo sedicente ramo religioso, la rabbia e l’odio sono in cima alla lista. Poi viene la giustificazione. Per l’IRA è il patriottismo, per le Brigate rosse la politica, per i jihadisti salafiti la devozione. Una falsa devozione.»

«I jihadisti prendono una o due frasi fuori contesto, le distorcono ulteriormente e poi pretendono di avere una giustificazione divina. Invece no. Non c’è nulla in tutto il nostro Libro sacro che ordini di massacrare donne e bambini per compiacere colui che chiamiamo Allah, il Misericordioso, il Compassionevole. Tutti gli estremisti lo fanno, compresi i cristiani e gli ebrei. Ma non lasciamo raffreddare il tè. Va bevuto bollente.»
«Eppure non capisco. Perché tanto odio?»
«Perché non siete loro. Provano una profonda rabbia per chi è diverso. Gli ebrei, i cristiani, quelli che chiamiamo i “kuffar”, i miscredenti che non si convertono all’unica vera fede. Ma anche quelli che non sono abbastanza musulmani. In Algeria i jihadisti massacrano interi villaggi di fellagha, contadini, tra cui donne e bambini, nella loro guerra santa contro Algeri. Non lo dimentichi, tenente. Prima vengono la rabbia e l’odio. Poi la giustificazione, l’esibizione di una profonda pietà, tutta una messinscena.»
Kit Carson ha anche visto in faccia la guerra in Medio Oriente, avendo partecipato alla missione in Afghanistan. Ora deve rintracciare e dare un nome ad una figura che ha visto solo in video e che ha fatto di tutto per nascondere la sua identità e celare anche l'ip da cui trasmette i video.

Per questo chiede aiuto ad un giovane Hacker, nome in codice
Ariel: un ragazzo che trascorre tutto il suo tempo rinchiuso in soffitta per colpa dell'agorafobia ma che in compenso conosce tutti i segreti dell'universo di internet.
«Roger, c’è un uomo che si nasconde da qualche parte nel cyberspazio. Odia il nostro paese. Lo chiamano il Predicatore
Ho il compito di trovarlo e fermarlo. Ma non ci riesco. In quel campo è più astuto di me. Si considera il più abile navigatore del cyberspazio.»

La caccia al predicatore diventerà per il Segugio anche una questione personale, per motivi che non anticipo: cercando di sfruttare tutte le risorse messe a disposizione e i pochi passi falsi del predicatore, il Segugio escogiterà un piano per portarlo allo scoperto ed annientarlo, che coinvolgerà i servizi americani, britannici e anche israeliani.
La lista nera è un racconto che, come ho cercato di spiegare prima, è una spy story che pesca molto dalla realtà: si incrociano nel racconto pirati somali e gruppi tribali africani in lotta tra loro:
“I somali, gli aveva spiegato, hanno una scala di valori immutabile. Prima di tutto viene l’interesse personale. Dopo la famiglia, quindi il clan, poi la tribù. In ultimo c’è la nazione, infine la religione”.

Vecchi spioni cresciuti ai tempi della guerra fredda e hacker dalle mani abili a perforare tutti i sistemi di sicurezza informatica. Guerriglieri dalla pelle bruciata dal sole e moderni soldati capaci di lanciarsi da 8000 metri e atterrare silenziosamente alle spalle del nemico (I ricognitori inglesi).

Perché la guerra al terrore è fatta sia andando alla ricerca delle più moderne tecnologie per captare le informazioni del nemico, ma anche andando ad inseguire la pista del denaro, ovvero dei finanziatori dei gruppi terroristici.
Aspettatevi un finale ad alta tensione: la caccia è aperta!

La scheda sul sito di Mondadori
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