31 marzo 2014

La distanza tra Italia e Grecia


Quanto è distante la Grecia dall'Italia? Per mesi ci siamo quasi rincuorati quando i presunti esperti di economia dicevano di stare tranquilli. Perché l'Italia non è la Grecia.
Perché certe scene che abbiamo visto nei telegiornali, gli scontri in piazza, le manifestazioni violente, in Italia non le avremmo viste.
Non ancora, almeno.
La crisi in Grecia èfrutto di una classe dirigente corrotta, che ha truccato i conti grazie alle grandi banche internazionali, in cui vivono ancora posizioni di rendita non più sostenibili (la casta degli armatori).
Debiti cresciuti anche per le inutili spese militari, verso paesi stranieri ..
Vi ricorda qualcosa?

La cura della troika applicata in Grecia ha funzionato poco, causando più danni che benefici.
Non è solo l'esplosione dell'estrema destra (che forse per qualcuno non è un problema). E' anche l'aumento della malnutrizione, la mancanza di cure mediche a sufficienza, anche per i bambini.

L'Italia non è molto distante: c'è il lavoro malpagato (per chi lo ha).
Ci sono le misure d'auterity che colpiscono chi ha già pagato per la crisi, tagliando in modo lineare i servizi pubblici.
In Grecia, come in Italia, si fa finta di non vedere i veri problemi per concentrarsi sugli specchietti per le allodole: la flessibilità che dovrebbe creare posti di lavoro, le privatizzazioni finte, le false dismissioni. E l'evasione (che qualche pm scambia per misure da imprenditori), la corruzione nel pubblico, le mafie?

Dalla pagina FB di presa diretta, un'anticipazione:

"La Campania come la Grecia, 270mila posti di lavoro bruciati,48,2% giovani disoccupati e 64% donne.
La crisi industriale in Toscana, persi 40mila posti di lavoro e 22 miliardi di euro di investimenti.
La Sicilia degli sprechi e delle clientele e con il bilancio a rischio "default". In Europa più corrotta dell'Italia c'e' solo la Grecia".

5 milioni gli italiani che fanno fatica a mettere assieme pranzo e cena, disoccupazione giovanile al 42% ..

Per i colletti bianchi che delinquono, però, nessuna cura della troika: in studio Iacona parlerà del caso del deputato Genovese (PD), per cui la procura ha chiesto l'arresto.
Succede questo nella Sicilia degli sprechi, dove i dipendenti della regione non ricevono da mesi lo stipendio e gli ex lavoratori di Termini ancora aspettano una risposta dallo stato sul loro lavoro. Cosa gli rispondiamo, rimboccatevi le maniche? Oppure, aspettate che ora tagliamo il Senato?
Anche così muore lo Stato, intaccando il tessuto connettivo che lega assieme cittadini e istituzioni (i legami con l'Europa sono già compromessi). In tanti hanno fatto il paragone con la crisi del 29: in pochi ricordano anche che questa fece da anticamera per la nascita delle europee e per la seconda guerra mondiale.

La scheda della puntata:

Per la dodicesima e ultima puntata di questo ciclo di PRESADIRETTA, uno spietato confronto tra le condizioni della Grecia e dell’Italia, piegate dalla crisi economica.
Le telecamere di PRESADIRETTA hanno fatto un lungo viaggio nella crisi, dalla Toscana delle grandi aziende in difficoltà, alla Campania in cima alle classifiche della disoccupazione, alla Sicilia tra miseria, scandali e corruzione, fino in Grecia.
A PRESADIRETTA il racconto delle piaghe che rendono Italia e Grecia drammaticamente simili.
PRESADIRETTA è andata in Toscana, per raccontare la precarietà del lavoro, le imprese italiane e straniere che chiudono e i soldi per gli ammortizzatori sociali che non ci sono più.
In Campania, dove è proprio il lavoro ad essere scomparso, dove hanno chiuso aziende e negozi, i consumi sono al collasso, un’intera Regione si ritrova disoccupata. In Sicilia dove alla povertà si somma lo spreco di risorse pubbliche, i dipendenti della Regione non ricevono lo stipendio e un’inchiesta della Procura di Messina sui soldi per la Formazione Professionale ha fatto esplodere l’ennesimo scandalo politico.

Il viaggio nella crisi di PRESADIRETTA è arrivato in Grecia, un paese a pezzi. La mancanza della ripresa economica nonostante le ricette “lacrime e sangue” imposte al paese, la morte lenta dei diritti fondamentali, la corruzione della classe politica e il successo del partito di estrema destra “Alba Dorata”.

“GRECIA ITALIA” è un racconto di Riccardo Iacona, con Giulia Bosetti,Vincenzo Guerrizio, Alessandro Macina, Federico Ruffo, Rebecca Samonà e Andrea Vignali.
La diretta TV sul Fatto quotidiano con la presentazione della puntata:

Lotta di classe

Lo so. Fa quasi sorridere nell'epoca delle larghe intese, del turbo renzismo e del post idelogico, parlare di lotta di classe.
Ma questa mattina, complice un lungo viaggio sul mio treno da pendolare, mi sono letto i due articoli principali del FQ del lunedì.
Si parla dei nuovi schiavi del lavoro (precario) in Italia: non solo giovani che sono appena entrati dentro il mondo del lavoro.
Anche professionisti come avvocati, ricercatori, hostess e architetti finiscono nel girone di quanti devono campare con 1000 euro, senza garanzie e tutele:

Hostess, ricercatori, architetti: nessuno è al riparo dalla crisi
“HO 35 ANNI, SONO UN MEDICO CON DOTTORATO E MASTER. COME PATOLOGO PRENDO TRA I 700 E I 1200 EURO: ALMENO DIECI ORE AL GIORNO, PIÙ SERA, E A VOLTE NOTTE E WEEKEND”
di Elisabetta Ambrosi

È giovane e curata, ti serve il caffé con un sorriso. E tu sorridi di rimando, come se la cabina di un aereo consentisse, almeno per un po’, di lasciare a terra gli incubi di poveri e sfruttati che popolano le nostre città. Ma Sonia, hostess di 28 anni, non lavora per la nota compagnia di volo low cost di cui indossa la divisa, ma per un’agenzia interinale che fornisce “materiale umano” alle compagnie aeree. Come racconta il sindacato FamilyWay, Sonia ha speso 3.000 euro per il corso di formazione, 325 euro per la divisa. Oggi non ha un contratto ed è pagata a ore: 15,33 euro per ora di volo, per uno stipendio di 1100 euro. Se è malata non guadagna e in più paga le tasse - dal maggio del 2012 - in due paesi.

Provate a distrarvi, leggendo le notizie sull’Ipad. Aprendo un importante sito di informazione, potreste incappare nell’articolo di Francesca, giovane neomamma. Scrive per diversi siti che fanno capo a un’unica società, con cui ha un contratto di collaborazione occasionale. Guadagna 20 euro per 7 pezzi (4 ore), 40 per 14 (8 ore): 2,85 euro a pezzo, calcola, mentre “la signora delle pulizie di mia madre prende otto volte tanto”.

Sempre dal FQ: tra il 2002 e il 2012 l'aumento medio degli stipendi è stato del 24,6%, mentre l'andamento dell'inflazione sui beni a maggior consumo è stato del +33%.
Non c'è solo il dramma della disoccupazione, di quelli che il lavoro non lo cercano proprio e di quelli in cassa integrazione che sopravvivono con lo stipendio ridotto.
Ci sono anche quelli che un lavoro lo hanno anche, ma rimangono nella zona a rischio povertà.
Senza possibilità di costruirsi un futuro, fare figli, accedere ad un mutuo.
Passano i governi, ma le formule magiche per creare lavoro sono le stesse: articolo 18, lacci e lacciuoli, flessibilità.



L'altro articolo parla dei treni dei pendolari o, meglio, di come Trenitalia investa più sui treni ad AV, più redditizzi, a discapito del traporto locale:
L’Alta Velocità pagata dai pendolari
LE FERROVIE PUNTANO SULLE FRECCE CHE GARANTISCONO IMMAGINE E SOLDI. MENTRE IL TRASPORTO LOCALE RESTA SULLE SPALLE DI REGIONI E VIAGGIATORI. ECCO I DATI
di Stefano Campolo e Daniele Martini
Ma perché per i clienti dell'alta velocità i treni ci sono sempre e per i pendolari no? Non è una domanda oziosa. Forse perché i primi, i viaggiatori dei treni veloci, sono pochi rispetto agli altri che sono tre milioni e passa al giorno? O perché i primi possono mettersi comodamente le mani in tasca mentre i secondi pagano poco? É così, ma è solo un pezzo della verità. Qualsiasi azienda coccola i clienti facoltosi e le Ferrovie di Mauro Moretti non fanno eccezione . C'è però dell'altro dietro la decisione di dividere i viaggiatori tra fortunati e dannati. Privilegiando i primi con una scelta strategica di fatto classista, le Ferrovie si sono soprattutto comprate facilmente gli applausi di chi fa opinione, dai manager ai giornalisti, ovviamente contenti di viaggiare puntuali, comodi e veloci sulla tratta Roma-Milano, tanto da convincersi che le Ferrovie sono state risanate e non sono più un inguardabile carrozzone.

Non è lotta di classe questa?
C'è una parte del paese che deve sopravvivere sfruttata da quanti campano alle loro spalle (nei call center, negli studi dei professionisti, nella scuola, nei giornali ..).
E c'è sempre una parte del paese costretta a muoversi su treni strapieni, spesso in ritardo, scomodi.
Anche viaggiare (come figliare, come progettare un futuro) è cosa da ricchi.


Ricordati che devi morire

Solo Grillo e il movimento 5 stelle devono controllarsi, quando si esprimono nei confronti dei vertici delle istituzioni.
Grasso si permette di criticare la riforma del Senato ("la svolta autoritaria"), come uno Zagrebelsky qualsiasi?

E la Serracchiani, appena nominata vice segretario nel pd renziano, lo bacchetta
"Grasso è un presidente di garanzia ma credo anche che, essendo stato eletto nel Pd, debba accettarne le indicazioni".

Come a dire, ricordati chi ti ha messo lì (che poi è stato Bersani nel listino bloccato e non Renzi).
Questa è il nuovo corso renziano del piddi: l'importante è dare l'impressione del fare.
Chi non accetta le decisioni del partito, ovvero di Renzi, è fuori. Si chiamava centralismo democratico, ai tempi del PCI.


PS: dalla prima del corriere
Renzi striglia Grasso: «Lancia avvertimenti. Se la riforma non passa, mollo tutto. Ho giurato sulla Costituzione, non sui professoroni.
Caro Renzi, quelli che chiami professoroni, con disprezzo, sono persone che hanno pure raggiunto alte cariche nel paese e che meritano rispetto (più che Verdini o B.).
Le critiche non sono avvertimenti (altrimenti dovrebbero esserlo anche quelli di FI).
Infine, la sinistra, il tuo partito, i girotondi non li ha mai fatti. Era la società civile quella ....

30 marzo 2014

Deja vu

Cosa vi terrorizza di più nella purezza?” chiesi. “La fretta,” rispose Guglielmo.
Il nome della rosa, Umberto Eco.

L'altra sera ad Otto e mezzo ospite di Lilli Gruber era il ministro per le riforme Boschi: alla domanda sulle critiche espresse al DL sul lavoro da parte di Fassina, la ministra ha risposto molto renzianamente, “ma quanti posti di lavoro ha creato Fassina quando era ministro?”.
A parte che Fassina era all'economia e non al lavoro o al welfare, questa risposta da il senso di cosa sia oggi il renzismo. Liquidare con poche battute i critici e quanti si mettono in mezzo tra loro e la riuscita dello spettacolo.
Il mettersi di fronte al paese, al popolo e togliere di mezzo gli organi intermedi. Partito democratico compreso, diventato un fastidioso organo consultivo (e forse nemmeno).
Sindacati, confindustria, opposizioni.
Lui è uno che parla chiaro, uno come noi, uno che va veloce, che è ottimista per natura (perché i pessimisti non hanno mai combinato nulla). Che è bravo a promettere e a far passare l'idea che, o Renzi o morte. L'ultima spiaggia per il paese.
Ma queste cose non le avevamo già sentite? Non vi ricorda niente? Nessun deja vu?

Le riforme strutturali così ben elogiate da Obama e per cui occorre fare in fretta, a voler grattare sotto la superficie sono ben poca cosa.
Le province rimangono, con i loro dipendenti, semplicemente i membri non saranno eletti. Ma espressione di qualcos'altro. Che decisioni prenderanno per noi, questi non eletti? Non è chiaro. Quanti risparmi avremo? Non lo sappiamo. Ma è già un successone.
Stesso discorso per il Senato.
Come Berlusconi, Renzi sostiene che è tutta colpa del bicameralismo, se le riforme (che aspettiamo da anni etc etc …) non si fanno.
Se in Italia c'è una corruzione da paese da terzo mondo è colpa del Senato.
Se in Italia gli evasori, i grandi evasori, non vengono toccati (e se la cavano sempre con poco, come ha spiegato Landini a Servizio pubblico), è colpa del Senato.

Ma veramente vogliamo continuare a credere a questi pifferai?
Il senato nella visione renziana rimane, non viene tolto, avrà funzione consultiva (se è come ho capito) e i neo senatori non percepiranno stipendio, perché faranno parte di altri organi.
Ma i costi per i palazzi, per il personale, come i commessi del Senato, rimangono tutti. Vi ricordate i servizi di Report sugli affitti d'oro a Scarpellini e sui commessi del Senato che non sono in regime Fornero?

Finché ci saranno eletti come questi qua, io di una sola camera, che tra l'altro è svuotata dalle sue funzioni (perché deve votare i decreti del governo) non mi fido. Mi fa paura.
A voi piace questo presepe non piace: questa velocità nel cambiare la Costituzione (senza averne l'autorevolezza), nel presentare come riformismo la continua precarizzazione del lavoro (come Monti, come Berlusconi ..), che fa finta di tagliare (i caccia e le auto blu rimangono) e si dimentica di mafia, corruzione ed evasione.

Ma, ribattono, ci ha messo la faccia, metterà gli 80 euro (che sono come il taglio dell'Imu), non bisogna sempre gufare.

E' così bello seguire il pifferaio magico ...
 

Giochi criminali, di Giancarlo De Cataldo, Maurizio de Giovanni, Diego De Silva e Carlo Lucarelli

Quando a giocare sono gli adulti, spesso il gioco diventa un gioco criminale: lo raccontano secondo quattro angolatura diverse gli autori di questa raccolta.
Dai giochi sadomaso che richiamano la letteratura del passato di De Cataldo, al gioco del lotto che diventa, nel racconto di De Giovanni, una febbre che uccide.
Un gioco d'amore che viene scambiato per stalking dall'avvocato Malinconico, personaggio seriale del napoletano Diego Silva.
Infine, il gioco più crudele, quello della vendetta. In cui si imbatterà l'ispettrice Grazia Negro in un momento estremamente delicato della sua vita e della sua relazione con Simone.

I quattro racconti:
Giancarlo De Cataldo, Medusa
Forse il più attinente alla realtà, dove si mescolano passioni amorose “particolari” con mafia e speculazione edilizia.
Al caffè centrale non si parlava d'altro. E se ne parlava al'uso salentino: con poca o nulla pietà, molta iroinia e continue allusioni alle abitudini sessuali della vittima. Era opinione diffusa presso i belcastresi che il barone Mallarmè, con il suo stile di vita estremo, se la fosse andata a cercare.

Anche il giovane magistrato di turno pensa che in fondo, il barone, trovato nudo nella sua stanza, sia stato ucciso da un suo amante. Ma la professoressa Blasi, no.
La Medusa, per il suo sguardo che durante gli interrogatori impietriva gli studendi, dovrà trovare un colpevole non scontato, andando a fugare nei beni del defunto amico.
Il risentimento che ancora provava per Stefano svanì di colpo, e dal suo cuore partì una risata irrefrenabile. Bé, era stato divertente. Atroce e divertente quel gioco a due. E lei, in fondo, che cosa avrebbe potuto chiedere ancora? Aveva goduto del suo prezioso spazio segreto, e per un tempo lungo. A quanti esseri umani era stato concesso un simile privilegio? ”

Maurizio de Giovanni, Febbre
Domenica mattina: davanti al commissario Ricciardi, l'uomo che riesce a vedere gli ultimi istanti dei defunti, si presenta il piantone spiegandogli che è stato rinvenuto un cadavere al vicolo Speranzella.
È un assistito, uno che parlava con le anime del purgatorio, ricevendo i numeri del lotto. Rummolo Gaspare detto 'o cecato, lo chiamavano tutti nel quartiere per interpretare i loro sogni, da tutti benvoluto.
Perché aiutava i napoletani, tutti, senza distinzione di censo osesso, a coltivare la loro malattia: quella del gioco, che illude ricchi e poveri, borghesi e aristocratici, nella speranza di una vincita che dia una svolta alla vita.
Dovevo capire.Dovevo capire chi avesse avuto la forza, la volontà e soprattutto un motivo valido per porre fine alla vita di un uomo che, a quanto pareva, era benvoluto da tutti, e che al contrario di altri che facevano il suo mestiere non mirava ad arricchirsi alle spalle di poveri creduloni.[..]Dovevo capire chi fosse in realtà la vittima, che sentimenti e che passioni avesse suscitato la sua vita per indurre l'assassino al delitto”.
Diego De Silva, Patrocinio gratuito
Lo stalking è un reato disgustoso, perché rende la vita delle vittime un inferno, alla mercè di un uomo (di solito) che considera la sua moglie/compagna/amante solo un oggetto di sua appartenenza. Una tortura quotidiana fatta di telefonate, messaggi, minacce anche velate …
E se invece, dietro certe telefonate, in cui si sente solo la voce di Mina che canta “Parole, parole”, ci fosse altro?
Lo scopre a sue spese l'avvocato Vincenzo Malinconico, costretto ad aiutare l'ennesima amica di amici, proprio per un caso di stalking un po' particolare.
Che forse proprio stalking non è.
E che costringerà il povero Vincenzo a fare da mediatore tra due strane persone.

Ti ha chiamato lui, giusto
Eh.
Ti ha detto che era lui che infastidiva la tipa, giusto?
Eh.
E tu gli hai detto che se non la finiva avresti preso provvedimenti, giusto?
Eh.
Quindi il tuo dovere l'hai fatto.
Mi pare di sì.
A quel punto lui ti ha chiesto di metterci la buona parola con la tipa.
Proprio.
E ti voleva pagare.
Anche subito. Era davanti al computer, ha detto «Dica lei la cifra, se mi da l'Iban le faccio il bonifico».Ha detto proprio così.Eh.
«Dica lei la cifra».
«Dica lei la cifra».
E ti ha chiesto pure l'Iban.
E mi ha chiesto pure l'Iban.
E tu gli hai detto di no.
A questo non rispondo, visto che c'era anche lui.
Ci guardiamo in faccia per, tipo, un minuto netto.
Vincé, - dice, rompendo il silenzio.
Oh.
Ma sei cretino?



Carlo Lucarelli, A Girl Like You
“Una donna, un tatuaggio, affari illeciti, due morti più o meno suicidi. Coincidenze.
Coincidenze?
Stella, Stellina, pensò Grazia mentre scendeva le scale.
Stella, Stellina.”

Una indagine che parte da una stella tatuata sul dorso del piede e da uno strano suicidio di Franchino Malapoti. Figlio del capo della ndrina che comanda in quella zona dell'Emilia, terreno fertile per appalti, corruzione e mafie.

Stella, stellina che porterà Grazia, alle prese con la sua gravidanze alle prime settimane, lungo una scia di altri strani suicidi. Il figlio del capo della ndrina, l'assessore e il sindaco, il figlio della proprietaria di un bar. Qual'è il nesso comune?
Proprio quella stella.

La scheda del libro sul sito di Einaudi

Il link per ordinare il libro su Ibs e Amazon

28 marzo 2014

C'è un giudice a Bruxelles

C'è un giudice a Bruxelles, anche per i pendolari:
Ferrovie dello Stato, Italia deferita dalla Commissione Ue per i diritti dei passeggeri Bruxelles ricorda che il nostro Paese non ha ancora istituito un organismo ufficiale per vigilare sulla corretta applicazione del regolamento sul territorio e non ha stabilito norme volte a sanzionare violazioni della legge: "I pendolari non possono far rispettare i loro diritti in caso di problemi"

La febbre del gioco – Maurizio de Giovanni

Molte febbri però non si vedono.
Eppure non sono meno mortali. Io lo so bene. Li vedo, gli effetti delle altre febbri; l'amore, la fame. La fame di futuro, soprattutto, che troppo spesso il futuro finisce per seppellirlo. Una tra le febbri più strane è il gioco. Il gioco del lotto, per la precisione.
Non che si giochi solo a quello. Le bische clandestine prosperano, i salotti dei ricchi fervono di carte e di fumo, agli angoli delle strade, su banchetti improvvisati, piccoli malviventi spostano assi con destrezza, pronti a scappare al primo fischio che avverte dell'arrivo di una guardia. Ma l'abitudine che lega la speranza di futuro al sogno è quella che si unisce a un biglietto colorato sul quale sono scarabocchiati tre numeri; un messaggio in bottiglia che il naufrago affida alle onde prima di affogare.
E giocano, giocano.
Giocano le serve, che sperano di non essere più serve, di non dover più salire e scendere mille volte le scale, di non vedere più la pelle delle mani spaccarsi dal freddo, il caldo e l'acqua, con tutti i panni che sono costrette a maneggiare. Giocano le mogli per togliere i mariti dall'abbrutimento del lavoro, scambiandosi i numeri agli angoli delle strade, vicino alle botteghe acide dal fetore di tinture, piombo fuso, frutta marcia.
Giocano le sarte, gli occhi accecati dai mille punti infilati nelle candele consumate, succhiandosi le gocce di sangue dai polpastrelli. Giocano le capere, le sorridenti parrucchiere che girano con la borsa dei pettini e delle spazzole di casa in casa, sognando un tetto e un marito, e magari di farsi lavare i capelli, una volta.
Giocano gli operai, commentando gli eventi da cui trarre i numeri nelle officine, la pelle ustionata dal riverbero del metallo fuso, gli occhi rossi come braci, allucinati dal calore che li consuma.
[..]
Giocano anche, e talvolta inutilmente vincono , i signori dell'aristocrazia, per scherzo o per dimostrare di saper ben interpretare i sogni; in certi casi vengono divorati dalla febbre perfino loro, e distruggono i loro patrimoni.
E giocano gli stessi postieri, impiegati i proprietari dei banchi lotto. Perché non resistono alla tentazione di governare la materia di cui vivono, vittime del contagio che hanno essi stessi interesse a propagare.
Tutti giocano, e alla lunga nessuno vince. Tutti sperano, e tutti muoiono disperati. Il banco vince sempre. Vince lo Stato e vincono gli strozzini, che prosperano a decine e centinaia, succhiando il sangue di questa massa di cuori, sospesa tra un presente soffocato e un futuro inesistente.
Una delle cose che mi fanno più paura, il gioco. Un demone che striscia e ammalia, una sirena che canta nella nebbia. Per il gioco ho visto scorrere sangue da gole tagliate, colare cervelli da teste spaccate, e volti bellissimi irrimediabilmente sfregiati.
Dal racconto “La febbre” di Maurizio de Giovanni, nella raccolta “Giochi criminali” Einaudi editore.
La febbre è quella del gioco (del lotto, in questo racconto): una febbre che consuma e che uccide pure.

Servizio pubblico - adesso spera

Anche Renzi ha avuto il suo endorsement a stelle e strisce come Monti prima e Letta poi. Obama si dice stupito dell'energia del premier guovane e veloce. Entusiasta delle riforme strutturali: le province governate da non eletti, il senato di non eletti. Il precariato che rimane per le riforme del lavoro che non c'è.
Siamo rimasti la solita italietta che ha bisogno del padrone cge ci dica bravi. A patto che rispettiamo gli accordi che parlamenti delegittimati hanno preso senza chiedere conto al paese.  I caccia f35 che non possiamo non comprare, le missioni militari che devono proseguire. E ora il gas cge anziché da Putin dobbiamo prendere secondo un progetto futurista dagli Usa.

Nel frattempo, in attesa che i bachi del caccia bombardiere vengano risolti e i costi (ad oggi ignoti) destinati a salire, assistiamo allo stravolgimento della costituzione.

Che aria sentite, si chiedeva ironicamente Santoro nella copertina: aria di banana. Non lui, l'erede.
E se il progetto di Renzi fallisse?
Vieni tacciato di portare sfiga. Di gufare.
L'ottimismo è il sapore della vita.

In studio si è discusso di diseguaglianze sociali, di spese militari e dei nuovi assetti politici mondiali (per la crisi in Crimea e in Ucraina).
Gino Strada,  Maurizio Landini, il giornalista Federico Rampini e lo scrittore Nicolai Lilin.
Eccetto un ex ministro il cui ruolo nel dibattito in studio è stato assente, tutti hanno dato un loro contributo.

Gino Strda è stato chiaro: diseguaglianza significa concentrare le risorse economiche del pianeta nelle mani di sempre meno persone, restie alla redistribuzione delle ricchezze.
Diseguaglianze frutto di politiche economiche e sociali.
Come le spese militari che ogni hanno vengono fatte e che sottraggono fondi a sanità e istruzione.
Quel miliardo per le missioni all'estero.
Quei 14-16 miliardi (almeno) per i caccia F35.
Perché non si tagliano le spese militari? Perché non si toglie il profitto dalla sanità pubblica?
Con 10 milioni di disoccupati e con gli italiani che risparmiano sul cibo, possiamo permetterci queste spese?

Rampini ha parlato della politica che Obama sta chiedendo a Renzi: una politica di maggiore impegno (anche militare) nel Mediterraneo.
Il presidente americano è rimasto deluso dell'esito delle primavere arabe.
Sa che ora la guerra non è solo militare ma anche economica.
Anche se l'incontro più importante è stato quello con il papa, Obama ha apprezzato le parole (per il momento solo quelle) di Renzi contro l'austerity.

Se l'Italia vuole far parte della Nato, deve prendersi delle responsabilità, anche in ambito militare: come contropartita c'è la questione dei caccia F35.

Il dossier della ABC




Il ministro Mauro, alla domanda sul perché servono proprio questi caccia alla nostra aviazione, non ha risposto.
O meglio, ha usato le solite espressioni su sicurezza, impegni ..
Dove c'è sicurezza militare, c'è pace: se ne è uscito con questa frase più o meno.

Negli Stati Uniti, non mi sembra che ci sia tutta questa pace sociale.

Dragoni, nel suo intervento, ha cercato di dare le cifre, almeno quelle note, sui costi dei caccia: si parla di 135 milioni ad aereo.



http://www.serviziopubblico.it/2014/03/poco-lavoro-in-italia/?cat_id=archivio_puntata

Abbiamo già comprato sei aerei, zitti zitti con una spesa aggiuntiva di 700 milioni di euro.
Per la difesa spendiamo, per lo più per il personale, 16,7 miliardi (1,04% del PIL più della Germania).

L'intervento di Travaglio: lo spread con la Germania




Gino Strada contro il ministro Mauro

"Chi pensa di spendere miliardi per aerei militari è un cretino": a cosa servono questi caccia, a bombardare gli evasori?
Nemmeno dal punto di vista industriale i caccia f35 sono un affare: la ricaduta occupazionale è tutta da rivedere, come anche il guadagno in termini di competenze tecnologiche.
Lo ha spiegato Landini, ricordando che l'Italia è già dentro il progetto europeo del caccia, su cui lavorano già aziende italiane.




In questa nuova guerra fredda Obama ha bisogno di nuovi alleati: se fino a ieri potevamo essere il paese della doppia fedeltà, forse oggi questo ruolo sarà più difficile.

27 marzo 2014

Troppo buono Pasqualì

L'11 LUGLIO 2012 è stato nominato presidente del Consiglio della giustizia tributaria, l'organo di autogoverno dei giudici tributaristi. Quella nomina andò liscia nonostante l'amicizia ingombrante con Pasqualino Lombardi, giudice tributarista finito in carcere per la vicenda P3. Proprio in quell'inchiesta, senza mai essere indagato, finisce anche Santamaria perché parla al telefono con l'amico “Pasqualì”. Le conversazioni, che non hanno rappresentato un reato, sono, però, imbarazzanti per un magistrato. Santamaria e Lombardi si parlano a proposito del ricorso dell'ex presidente della Regione Lombardia Roberto Formigoni (non indagato in questo caso) contro l'esclusione del “listino bloccato” e della lista del Pdl per le Regionali 2010.

“Pronto Pasqualino”. Lombardi: “Uè Gaetà”. Santamaria: “Tu adesso mi devi dare altri tre inviti”. Lombardi: “Te li porto domani perché sto a Milano”. Santamaria: “Io domani non ci sto perché sono a Roma”. Lombardi cerca di fargli cambiare i piani: “Vedi un poco di non andare a Roma”. Santamaria: “Come faccio, ci ho il plenum (del Consiglio tributario, ndr)”. Lombardi insiste: “È più importante quella commissione elettorale della Corte d'appello”. Santamaria: “Quella di Roma?”. E Lombardi: “No di Roma, di Formigoni”. Santamaria: “Adesso parliamo con Alfonso (Marra, allora presidente della Corte d'appello di Milano, nominato dal Csm anche per le pressioni di Lombardi, ndr)”. Non mancano i ringraziamenti per un regalo. Lombardi: “Personalmente ti ho mandato sei bottiglie di vino”. Santamaria: “Ah, sei troppo buono Pasqualì, io devo, devo ricambiare”.

POCHI mesi prima di quella conversazione, il 19 gennaio 2010, il Ros dei carabinieri aveva registrato un’altra telefonata: al Csm dovevano essere nominati il procuratore e il presidente della Corte d'appello di Milano, nel pieno dei processi all’allora premier Berlusconi. Lombardi: “Anche Nicola (Cerrato, procuratore aggiunto di Milano, ndr) ha partecipato al concorso di procuratore capo a Milano. Dobbiamo vedere se ci possiamo dare una mano, che dici?”. Santamaria: “Eh, ma non ce la facciamo. Già c’ho provato un sacco di volte”. Cerrato non ce la farà. Il Csm nominerà procuratore Edmondo Bruti Liberati.

Dal Fatto quotidiano del 27 marzo

Il Pasqualì dell'intercettazione è Pasquale Lombardi quello della fu inchiesta della P3. Chi parla dall'altra parte è il procuratore generale Santamaria, quello che ha difeso nell'accusa i due stilisti Dolce e Gabbana.
Avercene di magistrati dell'accusa così, persone così sensibili sui problemi degli imprenditori.
Specie quelli che spostano le sedi all'estero, per fare impresa si intende.

Sicurezza nazionale

Mi riallaccio a quello che ho scritto ieri sui disastri ambientali di questo paese: ma siamo sicuri che la sicurezza nazionale passa attraverso il massiccio acquisto di armi, come i costosi (e pieni di difetti) caccia F35?
Cosa facciamo?
Li usiamo per bombardare i casalesi che hanno sversato rifiuti?
Li usiamo per dare la caccia ai politici che hanno coperto i traffici della mafia?
Per snidare gli imprenditori che negli anni hanno sversato veleni nei fiumi, nell'aria, nella terra?

Magari sarebbe bello ricordare ad Obama (e a tutti i guerrafondai italiani) della questione del poligono di Quirra in Sardegna.
Che in Italia si rischia la pelle più per i tumori causati dall'Ilva o della Caffaro, che per il rischio che ci invadano i russi.
O forse dobbiamo pensare che tumori e intossicazioni sono un rischio calcolato?


Monti, per difendere l'acquisto dei caccia, usava l'arma del populismo:
“Quando si parla di difesa e di scelte di strumenti militari bisogna evitare di cadere nelle risposte facili e qualche volta un po' populiste”.

Lo vada a dire ora alle persone di Bussi, di Taranto, di Brescia. 

26 marzo 2014

Il paese di Attila

Taranto e l'Ilva.
Brescia e il caso Caffaro.
Le morti silenzione per l'amianto a Casale Monferrato e il maxiprocesso di Torino.
La terra dei fuochi in Campania, il traffico dei rifiuti da parte delle ecomafie dal nord al sud e viceversa.

L'eco bomba ecologia per la discarica di Bussi, ex Montedison:

Le analisi dell'Istituto superiore della sanità sul sito di rifiuti tossici più grande d'Italia in provincia di Pescara: "Nessun controllo su rete idrica, coinvolte anche scuole e ospedali". Realacci (Pd): "Nel sito ex Montecatini Edison 250mila tonnellate di scorie"
Storie di devastazione ambientale, di terrorismo sociale, di furto del futuro, di morte e di malattia. Di gruppi criminali lasciati liberi di saccheggiare i nostri beni comuni, con la complicità delle istituzioni.
Storie note da anni, denunciate dalle associazioni, da trasmissioni di inchiesta (Presa diretta per Brescia, Report per Bussi).
Storie del fallimento di uno stato, della giustizia.

Il paese devastato dagli Attila, che siamo noi. Che sono anche quei ministri che parlano ogni tanto del petrolio d'Italia ...

L'aiutino alla presunta

L'articolo di Giuseppe Lo Bianco e Sandra Rizza a commento della puntata di Presa diretta "Matteo Messina Denaro"
D’Ambrosio e l’ “aiutino” alla trattativa

 Loris D’Ambrosio era a conoscenza delle manovre per la dissociazione dei boss mafiosi ed era contrarissimo. Fu lui uno dei primi a segnalarne l’esistenza’’. Lo rivela, a sorpresa, l’ex pm di Palermo Alfonso Sabella che lunedì sera, nell’intervista a Presadiretta , ha raccontato come nel maggio 2000, dalla sua scrivania di capo di gabinetto del ministero della Giustizia, Loris D’Ambrosio (futuro consigliere giuridico di Napolitano) è il primo a informare il Dap delle operazioni avviate nei penitenziari per promuovere la dissociazione dei detenuti al 41-bis. L’informazione è contenuta in una lettera, ufficialmente firmata dal Guardasigilli Piero Fassino, ministro del governo Amato, ma in realtà scritta proprio dal suo capo di gabinetto (“se non ricordo male, il documento riportava in calce addirittura la sigla di Loris”, ricorda Sabella), il magistrato che 12 anni dopo, nel ruolo di spin-doctor del Quirinale, sarebbe finito al centro delle intercettazioni telefoniche che hanno svelato il tentativo di interferenza del Colle nell’indagine sulla trattativa Stato-mafia.

   La rivelazione di Sabella getta nuova luce sulla consapevolezza che nel tempo D’Ambrosio (scomparso per attacco cardiaco il 26 luglio 2012) può aver acquisito su alcuni passaggi del dialogo sotterraneo tra pezzi delle istituzioni e Cosa Nostra. Consapevolezze che potrebbero aver contribuito a provocare in lui quel timore “di esser stato considerato un ingenuo e utile scriba di cose utili a fungere da scudo di indicibili accordi”, tra l’89 e il ‘93: preoccupazione manifestata in una lettera scritta a Napolitano un mese prima di morire. Ma cosa sapeva D’Ambrosio? Nella lettera indirizzata nel maggio 2000 a Gian Carlo Caselli, all’epoca capo del Dap, Fassino chiede un parere sui colloqui investigativi intrattenuti dall’allora Pna Pier Luigi Vigna con i boss detenuti Pietro Aglieri, Piddu Madonia, Salvatore Buscemi e Giuseppe Farinella, disponibili a dissociarsi da Cosa Nostra: pronti, cioè, ad ammettere le loro responsabilità, senza però accusare nessuno. Aglieri, però, chiede di incontrare altri 4 boss: Nitto Santapaola, Salvo Madonia, Carlo Greco e Pippo Calò, disposti a dissociarsi. Sabella, all’epoca capo dell’ufficio ispettivo del Dap, legge la lettera e ricorda una vecchia intercettazione di Carlo Greco che il 18 luglio 1996 diceva al cognato Salvatore Adelfio: “Ancora non l’hanno messa questa legge della dissociazione, ma appena entrerà in atto… saranno pochi quelli che fra pentito e dissociato faranno il pentito’’.

   Caselli e Sabella si oppongono all’incontro tra i boss in carcere. “Fassino sposò la nostra linea – dice Sabella – e la comunicò a Vigna”. Ma nel marzo 2001 al vertice del Dap arriva Gianni Tinebra. L’11 giugno Roberto Castelli è il nuovo ministro della Giustizia. In ottobre, Marzia Sabella, pm a Palermo, comunica al fratello Alfonso che il mafioso Salvatore Biondino, detenuto al 41-bis a Rebibbia, chiede di far lo “scopino”, ruolo umiliante per un boss, ma che gli darebbe libero accesso alle celle degli ideologi della dissociazione. Il 3 dicembre Alfonso Sabella stila una relazione, suggerendo di allertare la polizia penitenziaria. Due giorni dopo, Tinebra sopprime il suo ufficio e gli revoca ogni incarico. Tinebra aveva definito all’Ansa la proposta di dissociazione di Calò “veramente interessante ”.

Ora si che vi riconosco!

La velocità di pensiero (ma non d'azione) di Renzi avevano un po' nascosto la vera faccia del Parlamento.
Ma le prova dei fatti, fa cadere la cortina di promesse e illusioni.
Il governo che va sotto il ddl sul taglio delle province.
Ma nel futuro, grazie all'accordo Renzi FI (non si parla più di PD, oramai si dice sempre e solo Renzi), il premier potrà revocare i ministri che lui ha scelto.
La proposta che rende più difficile le dimissioni in bianco (specie per le donne) trova il voto conrtario di NCD, SC e anche M5S (perché?).
Forza Italia è ostile ad una stretta sul voto di scambio (garantismo di scambio).
Gira che ti rigira, le uniche riforme per il lavoro parlano di maggiore flessibilità e di rimozione dell'articolo 18.
Il ministro Poletti, l'uomo delle cooperative, assicura che i suoi effetti si vedranno tra 3-4 anni. Quando saremo tutti morti.
Gli 80 euro al mese? Una tantum. Vediamo.
La grande riforma della pp.aa.? Prepensionamenti e assunzioni per precari (forse). Un bel risparmio per lo stato, meno per l'inps.
I sindacati non sono d'accordo? Non c'è tempo per discutere (ormai è una gara a chi prende di più a pesci in faccia il sindacato).

Le promesse di tagli ai super stipendi?
Per intanto godiamoci il piano da 24 miliardi (più della metà sono investimenti pubblici) di Trenitalia.
Forse qualche briciola arriverà anche ai pendolari.
Che dovranno pagare di tasca, loro due volte (tasse e rincari dei biglietti)) i nuovi treni.

Nell'inchiesta su Finmeccanica esce il nome di Cesa: l'UDC può tornare così al centro dell'attenzione.
L'inchiesta sugli appalti per Expo e i soldi ai giornali affinché possano elogiare la grande opera.
Perché come diceva M. il cinema è "l'arma più forte dello Stato", se sa celebrare la grandezza del regime.

E chi siamo noi per gufare?
Ora si che vi riconosco.

25 marzo 2014

Il mondo non mi deve nulla, di Massimo Carlotto

Incipit:
"Il ladro si sedette sulla panchina e sospirò di sollievo. Era stanco, viale Principe Amedeo sembrava più lungo del solito, quella sera. Intendeva percorrerlo fino alla fine, infilarsi nel sottopasso e raggiungere la stazione, dove aveva lasciato la bicicletta.
La massa dei turisti doveva ancora arrivare, ma a Rimini gente in arrivo o in partenza ce n'è sempre, e prima o poi qualche pollo pronto a farsi alleggerire l'avrebbe trovato".
Rimini, una sera di primavera, quando la città ancora non è invasa da turisti: un ladro si muove per le strade della città in cerca della sua serata fortunata:

".. il cuore iniziò a battergli forte quando notò una finestra aperta al primo piano di una palazzina abitata da gente danarosa. La stanza era al buio, come tutto il resto dell'appartamento."
La storia che ci racconta Carlotto parte da un tentato furto (anche se compiuto in modo maldestro) che si trasforma nell'incontro della vita tra Adelmo, ladro per necessità dopo esser stato licenziato, e Lise, una donna matura che ha trascorso una vita sulle navi da crociera come croupier che si gode la pensione al mare.

Due persone che, se non ci fosse stata questa occasione, mai si sarebbero incontrate, perché appartenenti a diverse classi sociali, diversi stili di vita.
La narrazione del racconto rimane quasi sempre all'interno dell'appartamento della donna tedesca, in un'ambientazione di chiaroscuro, visto che i loro incontri avverranno quasi sempre di notte.
Lise sta vivendo in modo malinconico l'autunno della sua vita: per il lavoro che ha svolto fino ad ieri ha vissuto sempre sul lusso e sulla menzogna.
Non è sorpresa o spaventata dall'irruzione del ladro: il loro incontro scontro, si trasforma in breve in in dialogo quasi surreale, per il contesto in cui si svolge:
«Ho avuto a che fare con gli uomini con tutta la vita» attaccò in tono gelido.
«E proprio perché li conosco le dico che lei è solo un poveraccio. Come maschio sta al gradino più basso della scala. Perfino i suoi ceffoni non hanno qualità. sono degli di un subalterno. di un dipendente di infimo ordine. Per osare schiaffeggiare una donna è necessaria un'autorevolezza che inviti immediatamente al perdono. Lei non sa nemmeno di cosa sto parlando, vero?»
Forse perché, nonostante le due differenze, Adelmo e Lise hanno tutti e due bisogno di qualcosa, che vada oltre la quotidianità dei gesti: un qualcosa che potrebbe assomigliare all'amore. Quello che Adelmo non riesce ad ottenere dalla moglie Carlina che lo assilla tanto da chiamarlo al cellulare mentre sta compiendo i suoi furti.

Il ladro e la croupier iniziano a confidarsi tutto della loro vita: le loro amarezze, i loro lati oscuri, il loro passato. Quello che avrebbero voluto essere e non sono riusciti.
Lise, che è stata derubata dei suoi risparmi e che ha perso l'amore che aveva incontrato nelle sue crociere.
«E così sono diventata una vera professionista. Ero talmente brava da riuscire a manipolare la verità nei casinò delle navi, dove tutto è fasullo. Gigantesche bugie galleggianti che navigano da un porto all'altro».
Adelmo che scopre di aver sempre subito le scelte d'altri, inchiodato ad una vita. Una vita normale, senza sorprese, in cui alla fine di accorgi di non averla nemmeno vissuta.
«Ma lo sai che se non mi avessero licenziato, sarei vissuto e sarei morto senza nemmeno accorgermene?».

Ladro e vittima si avvicineranno sempre di più, sebbene lei continui a gettargli addosso i suoi giudizi taglienti e secchi:
«Tu non sei un uomo da fiori, profumi e vestiti. Rassegnati. Tu sei da cioccolatini. Devi andare in una buona pasticceria e farti consigliare. Evita le marche da supermercato».
«Un uomo da cioccolatini .. detta così sembra un'offesa».
«E' una via di mezzo tra la lezione di vita e il consiglio» ribatté Lise nel vano tentativo di addolcire il tono.
Lise propone ad Adelmo un patto che lui non vorrebbe proprio accettare perché oramai per lei “il mondo non le deve nulla”.

Un patto che cambierà, leggerete voi come, le vite di entrambi.

Più che un racconto, mi è sembrata una una favola in senso inverso: una narrazione che potrebbe essere una piece teatrale. Sul senso della vita, sul rassegnarsi ad un destino già scritto, sulle delusioni e sulla voglia di riscatto.


Il book trailer:



La scheda del libro sul sito di E/O
Il link per ordinare il libro su Ibs e Amazon

Presa diretta: Matteo Messina Denaro

Chi è Matteo Messina Denaro? Che reti proteggono la sua latitanza? Come si è salvato dalla cattura in questi 21 anni?
Il servizio di Presa diretta ha cercato di dare una risposta a queste domande. M.M.D . è l'ultimo dei grandi capi mafiosi ancora liberi. Sulle sue tracce ci sono lo Sco, il Ros e i servizi. Attorno a lui gli inquirenti stanno facendo terra bruciata: a dicembre un'operazione congiunta polizia e carabinieri ha portato all'arresto della sorella PAtrizia e di altre 30 persone del clan.
Era la sorella che curava i rapporti tra il boss e gli altri membri del clan, gli aspetti economici della latitanza.
Il procuratore T. Principato ha spiegato al giornalista come questa libertà sia garantita dall'enorme ricchezza di MMD: una persona che gode il consenso della mafia.

Il tesoro di MMD.
La latitanza dorata è garantita dalle ricchezze economiche del clan: Forbes lo indica tra i 10 latitanti più ricchi. Nel trapanese buona parte delle attività sono riconducibili a suoi prestanome cui le forze dell'ordine sequestrano beni.
I supermercati Despar, il centro commerciale di Belicitta', il villaggio Valtur di Favignana, i lavori per il porto di Trapani per la Luis Vitton Cup.
La mafia gestisce un pezzo di economia, da posti di lavoro, controlla gli appalti pubblici grazie alle amicizie giuste con la politica e i professionisti. Non diceva forse quel ministro, che con la mafia bisogna convivere?
I 40 parchi eolici costruiti dal signore del vento Vito Nicastri sono un altro esempio di business riconducibile alla mafia.
Le concessioni delle pale sono state arrivate anche grazie ai buoni rapporti coi politici regionali. Come Savona, ora sostenitore di Crocetta, che nega ogni rapporto (sebbene le sentenze di sequestro dei beni siano molto chiare).   
Come si è salvato dalle catture MMD?
Le storie di MMD e di Provenzano si assomigliano: per entrambi si sono raccolte storie di denunce di carabinieri poi bloccate dai superiori. Talpe che hanno bloccato le indagini, fino ad arrovare all'incredibile vicenda del mancato coordinamento dei magistrati per la cattura del boss Sutera.
La trattativa Stato mafia
MMD ha avuto un ruolo di primo piano anche nelle stragi del 1992 93 e nella seguente trattativa: quella che ancora oggi mette in imbarazzo pezzi dello stato.

La trattativa c'è stata: lo dice Mori nella deposizione davanti ai giudici del 1998 quando parla dell'incontro con Ciancimino ("ma con queste persone non si può parlare?"). È scritta nella sentenza dei giudici fiorentini contro il boss Tagliavia. L'avvocato di parte civile delle vittime delle stragi parla addirittura di responsabilità morale di Mori. Aver aperto alla trattativa ha dato a cosa nostra l'idea che la strada delle bombe fosse quella giusta.
Giovanna Maria Chelli (rappresentante vittime della strage di via dei Grogofili a Firenze) si chiedeva se la latitanza di MMD sia ancora utile allo stato, che ancora pensa di usarne i servizi.
Di trattativa parlano anche due rapporti di Sco e Dia del 1993 dove si mette nero su bianco che la revoca del 41 bis sarebbe considerata dalla mafia un arretramento.
Questo era l'obiettivo delle bombe.

L'alleggerimento del 41 bis (poi ottenuto grazie alla revoca del provvedimento a più di trecento mafiosi e la chiusura delle aupercarceri).
Il pm Alfonso Sabella ha poi ricordato un episodio del passato che rafforza l'ipotesi del ricatto allo stato: i festeggiamenti all'Ucciardone dopo la strage di via D'Amelio (come se i boss sapessero);ma a Presa diretta ha anche ricordato il tentativo di far passare il provvedimento di dissociazione per i mafiosi, citando anche una lettera scritta dall'allora ministro Fassino e firmata da Loris D'Ambrosio. La lettera chiedeva a Caselli e a Sabella (allora al Dap) di permettere un incontro tra i boss in carcere.


Sabella ha anche ricordato del suo siluramento dopo la denuncia dei movimenti dei capi mafiosi tra le carceri per concordare la dissociazione e la sua sostituzione con il magistrato di Caltanissetta Tinebra.

E infine il protocollo fantasma: ne ha parlato anche l'eurodeputata Sonia Alfano.
Si tratterebbe dell'accordo Sisde e Dap, per far accedere persone dei servizi nelle carceri per monitorare il comportamento di certi boss mafiosi. Come Provenzano o Riina.
Ancora oggi, una parte dello stato ha paura dei ricatti della mafia: sono gli stessi che stanno osteggiando in tutti i modi il processo alla trattativa a Palermo.
Che non ricordano. Che tirano in ballo la ragione di stato.
Uno stato che ha trattato con i peggiori criminali, gente che non ha esitato ad uccidere anche donne e bambini.

Finché sarà questo l'atteggiamento delle istituzioni, una lotta alla mafia solo di facciata, cosa nostra potrà stare tranquilla.

24 marzo 2014

Matteo Messina Denaro e la latitanza di 21 anni

Bernardo Provenzano è stato latitante per 43 anni.
Totò Riina per 24 anni.
Sulla loro cattura aleggia il sospetto che ci sia qualcosa di non chiaro, di indicibile: l'arresto di Riina sarebbe legato alla trattativa Stato mafia che avrebbe portato al suo arresto  in favore dell'ala moderata di cosa nostra.
Provenzano aveva espresso alla procura antimafia il desiderio di consegnarsi.

Forse è solo dietrologia, buona per screditare quelli che la storiografia ufficiale rappresenta come eroi dell'antimafia ...
Ma una cosa è certa: se per tanti anni hanno potuto governare cosa nostra (che significa controllare un pezzo di territorio italiano, controllare i propri affari) senza troppi problemi, vuol dire che qualche santo in paradiso ha vegliato sulla loro incolumità.

Il processo sulla mancata cattura a Mezzojuso, ai danni dell'ex direttore del sisde si è concluso con una assoluzione: nessun favoreggiamento, al massimo imperizia degli investigatori.

Dei vecchi boss, responsabili delle stragi del 1992-1993, l'unico ancora in libertà è Matteo Messina Denaro.
Questa sera l'inchiesta di Presa diretta si occuperà proprio di lui: l'ultimo boss ancora in libertà da 21 anni, dalla condanna all'ergastolo del 1993.
Lo stato gli da la caccia da 21 anni: ma è lo stesso stato di cui parlavamo sopra. Dei blitz per la cattura dei boss (e delle mancate perquisizioni) falliti. Dello stato che ha concesso a Riina di far nascere i figli in cliniche pubbliche a Palermo.
Dello stato che ha permesso alla mafia di accumulare tante ricchezze, coi loro traffici, dalla droga, all'edilizia, al pizzo.
Anche dietro la sua latitanza si nascondono le forze che hanno governato il passaggio dalla prima alla seconda repubblica: quelli per cui con la mafia, si deve convivere

La scheda della puntata:

A PRESADIRETTA una straordinaria inchiesta sui 21 anni di latitanza dell’ultimo dei grandi boss della Mafia non ancora assicurato alla giustizia, Matteo Messina Denaro. Condannato all’ergastolo per le stragi del 1993, da allora è sparito nel nulla.

A PRESADIRETTA la storia del suo coinvolgimento nella stagione stragista dei primi anni ’90, il ruolo nella presunta trattativa Stato-Mafia e lo strettissimo legame con Totò Riina, la caccia alla sua immensa ricchezza che ha permesso il sequestro di beni per 4 miliardi di euro, i blitz delle forze dell’ordine che hanno gradualmente fatto terra bruciata intorno a lui, fino al clamoroso arresto della sorella Patrizia.

Matteo Messina Denaro si nasconde da 21 anni, nonostante gli diano la caccia la Procura di Palermo, la Polizia, i Carabinieri e i servizi segreti. In questa puntata di PRESADIRETTA va in onda il giallo di una latitanza incredibilmente lunga.

A PRESADIRETTA, un racconto cinematografico su Matteo Messina Denaro il boss di Castelvetrano, con testimonianze esclusive e documenti inediti.
“MATTEO MESSINA DENARO” è un racconto di Riccardo Iacona, con Danilo Procaccianti e Fabrizio Lazzaretti.
Su Il fatto TV la presentazione della puntata, che avrà come ospite Sonia Alfano, il deputato al Parlamento Europeo e presidente della Commissione Antimafia Europea, da sempre impegnata in prima persona contro Cosa Nostra.

Uscite dallo show

Racconta la storia (quella vera, non quella raccontata dalle fiction televisive), che hai funerali di don Peppe il vescovo riusciì a non pronunciare mai la parola camorra.
Perché quella parola faceva paura.
Ma eravamo in terra dei casalesi, nel 1994.
Ancora oggi, però, la parola mafia, associata a lavori pubblici fa paura: i servizi di cronaca sull'inchiesta che ha decapitato il vertice di Infrastrutture lombarde si sono limitati a raccontare la sorpresa di Sala, il commissario, di Maroni (quello che dovevav demafiosizzare h24).
L'urgenza di Squinzi e di Pisapia è quella di non far fermare i lavori.
Mai un cane che si preoccupi di come vengono usati i soldi pubblici che, anche in questa storia, venivano spesi per garantire appalti certi a strutture vicine al cerchio del pirellone.

Ma c'è un'altra cosa che dovrebbe interessare tutti: il rapporto che il prefetto di Milano ha consegnato alla commissione antimafia: non è più un sospetto che anche la mafia partecipi al banchetto dell'Expo.
Aziende colluse, sospette, hanno partecipato ai lavori connessi all'expo, come le tangenziali, la linea 5 del metrò.

The show must go on.
Che nessuno si permetta di parlare di mafia e appalti e nemmeno di mafia e politica.
D'altronde noi siamo il paese dove Libera manifesta in ricordo della vittime della mafia, chiedendo che si faccia luce sulle stragi di mafia, mentre governi e presidenza stanno sabotando il processo di Palermo sulla trattativa stato mafia.

Vogliamo fare la lotta alla mafia ma solo a parole: come si può commentare l'incontro tra il ministro dell'interno (che la mafia la dovrebbe contrastare) con un indagato per concorso esterno in mafia:

"Catania, il ministro dell’Interno Alfano in visita dall’indagato Mario Ciancio
Il titolare del Viminale evita i giornalisti e ritarda di quasi due ore l’arrivo nella sala congressi per la manifestazione di Ncd. Motivo, la visita all'editore de La Sicilia, sotto indagine per concorso esterno e turbativa d'asta aggravata".

E' tutto un Truman show, in cui siamo intrappolati, oppure ci siamo auto intrappolati.
Uno show in cui ci viene raccontata una realtà che non esiste.

Non è solo la mafia dei cattivi in coppola e lupara.
E' anche l'Europa dell'austerità e dei vincoli anacronistici: nessuno spiega però che quei vincoli, quei regolamenti, li abbiamo voluti fortemente noi.
Il pareggio di bilancio in Costituzione (che nessuno ora rinnega o chiede di rivedere) è stato votato e approvato in sette mesi (nessun problema di bicameralismo ).
Pure dalla Lega che ora è diventata anti euro o anti Europa.
Che il fiscal compact e il two pack nascono dal governo Berlusconi, per diventare legge con Monti.

Europa cattiva o politici che ci prendono in giro?

Usciremo dallo show, o continueremo a rimanere attaccati a questo reality, in attesa del colpo di scena della prossima puntata?
Perché uno può anche dare fiducia a Renzi, che va veloce e non può perdere tempo con sindacati o confindustria.
Il leader che ha renzianizzato il suo partito deve correre, promettere, metterci la faccia, bruciare le tappe.

Chi si ricorda che, solo ieri, diceva mai larghe intese. Mai al governo senza il voto.
Doveva rottamare i vecchi del partito e ora ci si allea. Le questioni etiche e di opportunità vengono messe in secondo piano, sottosegretari indagati finiscono al governo e sarà il comitato etico del PD ad occuparsi del caso Genovese.
Quello che avrebbe fagocitato i fondi regionali ed europei per la formazione.

Sempre a proposito di spesa pubblica da tagliare, quella di cui si dovrebbe occupare Cottarelli.
Ma noi siamo nello show: la Merkel ha approvato il piano Renzi.
La gente ha dato fiducia.
Basta coi populisti.
Diamogli fiducia.


Avreste anche ragione, non è questione di gufare per partito preso. Però non possiamo dimenticarci di chi sta dietro il premier. Della macchina che sta guidando, che è la stessa di prima.

Buona notte Truman.

23 marzo 2014

Giornate del Fai – basilica di Galliano (Cantù)




Le mura esterne


Gli affreschi interni e l'abside col Cristo


Figura orante, nella cripta

I resti dei santi, nella cripta

La Madonna del latte, nella cripta

Il modellino di come era la basilica prima dei crolli


La fonte battesimale, ricavata da una macina romana

Cosa siete andati a vedere oggi, approfittando delle giornate del Fai, grazie a cui sono aperte per le visite giardini e ville, luoghi d'arte, di cultura e di storia?



Io sono andato a Cantù, a vedere la basilica di Galliano, una struttura costruita tra il 1000 e il 1007, su una zona ad alto valore archeologico per la scoperta di reperti di epoca romana. La Basilica è arricchita all'interno da affreschi, purtroppo in cattivo stato di conservazione, ma che rimangono comunque testimonianza di un'epoca antica.
Se vi siete persi la visita, sappiate che la chiesa è ancora aperta e visitabile nel pomeriggio.



Il battistero, a fianco, non è invece aperto al pubblico.  

Inseguendo un'ombra di Andrea Camilleri

Come anche Sciascia tanti anni prima, anche Camilleri si è trovato ad inseguire un'ombra sfuggente: un personaggio storico del rinascimento su cui esistono poche biografie (anche con dati incerti), pur essendo stato una figura vicino a cardinali e papi, nonché a personalità importanti del nostro umanesimo, come Pico della Mirandola.
Un'ombra di una persona che è stata più persone nell'arco della sua breve esistenza: un ebreo che avrebbe dovuto essere l'orgoglio della sua gente. Un abile oratore di questioni teologiche, difensore della fede, dalle parole infuocate capaci di accendere la fede nel cuore delle persone.
Infine il dotto studioso di culture orientali e delle lingue orientali, al servizio a quanti si stavano aprendo al mondo sconosciuto dell'oriente.


Iniziamo con l'ebreo Samuel Ben Nissim Abul Farag, cresciuto nella giudecca del paesino siciliano di Caltabelotta:
Ha quindici anni, Samuel ben Nissim Abul Farag, ma già a quell'età oltre all'ebraico, che talvolta usano in famiglia e con gli amici, ha studiato il greco, il latino, il caldeo e l'aramaico. Nella judicca però, l'arabo e il siciliano sono le parlate correnti. Ha una straordinaria vocazione ad imparare le lingue e la storia, gli usi, i coctumi di altri popoli. Inoltre, a notte alta, quando tutti dormono, Nissim sussurrando gli spiega gli scritti difficili e misteriosi della qabbala'h, il Ma'aseh merkabah, la visione di Ezechiele, e il Sefer ha- Zohar ..”.
Come tutti gli ebrei in Sicilia, mal tollerati dal vicerè spagnolo, anche Samuel deve portare al petto la rotella colorata, simbolo della sua religione: piccoli soprusi, angherie che Samuel accetta perché lui, alla sua età, è il più intelligente di tutti. Sa come nascondere i suoi veri piani, che non sono certo quelli di lasciarsi sputare sui piedi dai contadini, per disprezzo.
“Far scomparire le tracce. Sempre. Glielo ha insegnato la persecuzione del suo popolo. E non solo le ombre dei passi”.



Per un gioco del destino, è costretto a rifugiarsi nel convento dei frati cappuccini, che già si erano interessati a lui per la sua spiccata intelligenza e con cui Samuel aveva iniziato una sottile opera di mercanteggio, volendo vendere la sua conversione al miglior prezzo possibile:
Era scritto che avrebbe avuto la capacità di studiare le fedi dell'uomo senza personalmente credere nemmeno in una, era scritto che l'odore della pelle di una donna gli desse un empito di repulsione, era scritto che avrebbe praticato il nefando crimine come lo chiamano i cristiani, era scritto che in lui il confine tra la verità e la menzogna fosse così labilmente tracciato da essere di difficoltosa visibilità, era scritto che .. ”
Assistiamo così al primo cambiamento di persona: come dal bruco esce poi la farfalla, il figlio dello rabbi di Caltabelotta, si trasforma in Guglielmo Raimondo Moncada, mentre il suo vecchio nome verrà maledetto tre volte dal padre.
.. scandendo le sillabe con voce ferma: «Il suo nome sarà Guglielmo Raimondo Moncada».Il sorriso del giovane è radioso. Per gli altri sarà stato un battesimo, sia pure solenne, ma lui l'ha vissuta come una Pasqua di Resurrezione. Le spoglie dell'ebreo Samuel Ben Nissim Abul Farag, il cui nome è stato tre volte maledetto da chi lo generò, le sta disperdendo il vento che si sente sibilare al di là delle vetrate della cattedrale”.
Chi è questo Guglielmo Raimondo Moncada, che prende il nome del suo padrino, conte di Moncada e che ben presto diventerà il più abile oratore della Chiesa?
Anche lui è l'ombra che Sciascia aveva inseguito e di cui parla nel libro “La faccia ferina dell'umanesimo” del 1962:
Io stavo inseguendo un'ombra: un personaggio di difficile, sfuggente e mutevole identità; misterioso, indecifrabile. Un ebreo siciliano (di Girgenti, della Girgenti che sarà poi di Pirandello) del secolo XV che in età di ragione si converte e si fa battezzare cristiano; e prende il nome di colui che lo tiene a battesimo, il conte Gugliemo Raimondo Moncada; e con questo nome si fa prete cattolico, riceve dalla Chiese beni sottratti alla sua gente, e contro la sua genti li tiene e li difende; e poi va a Roma, esperto in lingue orientali in Curia e predicatore di fama; e poi, caduto in grave errore, perde lo stato ecclesiastico e i beni; scompare; ricompare col nome di Flavio Mitridate, maestro di lingue e cabale orientali a Pico della Mirandola”.
E anche Camilleri, che lesse il libro di Sciascia agli inizi del 1980, confessa:
“anch'io sono stato preso nella rete, anch'io mi sono messo, e da tempo, a inseguire un'ombra, a tallonare orme impresse sulla sabbia asciutta, pronte a dissolversi per un colpo di vento”.
La seconda anima di quest'ombra ha attraversato una breve parentesi della nostra storia, ma in modo molto intenso: le sue doti oratorie sono apprezzate sia in Sicilia, dal vicerè che intende mettere le mani sul patrimonio delle famiglie ebree, sia a Roma. Samuel che è diventato ora Guglielmo, conosce i trucchi, i ragionamenti dei rabbi, con cui viene messo a confronto e, grazie a questo, riesce a sconfiggerli. Le sue prediche sono così accese che accendono anche l'ira della gente contro le varie giudecche dell'isola, causandi dei veri e propri pogrom ante litteram.
Nelle tante judicche dell'Isola si sparge la voce, nata non si sa come, che Samuel, il maledetto rinnegato, ha manifestato il malvagio proposito di predicare in tutti i paesi siciliani ove risiedano anche le più piccole comunità ebraiche. Le notizia getta tutti gli ebrei nel terrore, i rabbi vengono implorati a mobilitarsi perché non avvengano altre stragi, considerate ormai inevitabili dopo quelle prediche che scatenano tanto odio cieco.”
Dopo una parentesi nella città di Napoli, dove Guglielmo impara a conoscere l'uomo, viene chiamato a Roma. Ma anche qui, il destino o, come dicono gli storici “per un grave errore” è costretto alla fuga e a dover re indossare i panni da ebreo. La farfalla che prima un misero bruco, torna a cambiare veste: è ora Guglielmo di Sicilia, che insegna latino, greco ed ebreo nei paesi del nord Europa, dall'Irlanda alla Germania.
Non conosciamo cosa lo spinga a tornare in Italia, seguendo l'ennesima metamorfosi e prendendo il nome di Flavio Mitridate, insegnante di culture orientali, di cabala, della lingua ebraica e del caldeo: forse la stessa irrequietezza che c'era in quel periodo, per cui ci si voleva aprire a nuove conoscenze
“Nella seconda metà del quattrocento si diffonde in tutta Europa il desiderio, come scrive il Campanini, di «scoprire un oriente dai tratti sempre più complessi. In questo clima Moncada cercò e trovò la propria nicchia basandosi soprattutto basandosi sulle sue conoscenze linguistiche, reali e millantate, e sulla sua formazione ebraica».In altri termini, dalla spoglia della crisalide ormai morta dell'ex persecutore del suo stesso popolo e dell'uomo di corte Vaticana nasce una nuova creatura. Un umanista. Un sapiente che metterà a disposizione di chi lo paga la sua profonda cultura. E che dell'umanesimo, sempre secondo Sciascia, rappresenterà la faccia ferina.”
In Italia Flavio riesce ad entrare in contatto con Pico della Mirandola, l'umanista avido di conoscenza, che ha intenzione di studiare le lingue orientali e che vorrebbe che gli fossero svelati tutti i segreti della qabbalah: e Flavio accetta
Infatti stipulerà con Mitridate un contratto di lavoro che definire singolare è poco. In esso viene stabilito che, oltre alla somma convenuta da pagarsi mensilmente, Pico dovrà fornire a Flavio «un giovinetto per lo suo piacere».”
L'obiettivo finale degli studi di Pico della Mirandola è ambizioso
“Terminate finalmente le Conclusiones, Pico se ne parte per Roma per sottoporle al giudizio della commissione Pontificia. È in uno stato che rasenta l'esaltazione. È più che sicuro infatti che il suo tentativo di conciliare la fede cristiana, platonismo ed ebraismo, anche se incontrerà forti ostacoli e resistenze dalla parte più retriva dei custodi della dottrina, si risolverà alla fine in un trionfo”.
Uno sforzo che rimarrà vano, per la ritrosia della Chiesa nell'aprirsi alle altre dottrine: lo studioso stesso rischia ora di dover affrontare la santa inquisizione.
Flavio, terminato il lavoro con lo studioso umanista, accetterà un incarico da maestro presso la famiglia Farnese, a Viterbo.
Qui terminano le tracce dell'ombra: su che che fine faccia Samuel – Gugliemo – Flavio ci sono poche certezze. E lo stesso autore lascia volutamente aperto il finale, con più conclusioni possibili.



Lo scrive nel finale Camilleri, che lui le libertà che si è preso, nel corso della scrittura dei capitoli (su Samuel, su Guglielmo e infine su Flavio), servivano per la scrittura del suo personaggio:
Mi sono preso queste libertà perché esse meglio servivano al disegno del «mio» personaggio, quello che io ho immaginato. Il protagonista cioè di un romanzo storico che non scriverò mai”.
E conclude:
Inoltre in quegli anni la vita di Mitridate si è come normalizzata, direi addirittura imborghesita. Nella sua nuova esistenza di stimato letterato umanista sembrano essersi disciolte di colpo tutte le ambiziose pulsazioni che lo spingevano ad essere di volta in volta mentitore e falsario, aggressivo e spietato. È come se avesse perduto tutta la sua carica vitale. Negativa quanto si vuole, certo, ma vitale. Diciamolo con tutta franchezza: Flavio Mitridate non ha nulla a che fare, ma proprio nulla, con Samuel ben Nissim e meno che mai con Gugliemo Raimondo Moncada. Credo che a quel tempo l'esercizio della maldicenza fosse molto sviluppato tra gli intellettuali. Ecco, Mitridate stempera tutta la sua ferocia nella maldicenza malvagia, nell'insinuazione distruttiva, nel sarcasmo impietoso.Peccato. Ci aveva abituato a ben altro”.
Chi è stato, allora, Samuel Ben Nissim Abul Farag , Guglielmo Raimondo Moncada, e Flavio Mitridate? L'enigma rimane irrisolto anche al termine della lettura di questo bel romanzo di Camilleri, in cui ancora l'ombra, rimane sfuggente.
Ma forse era proprio questo l'obiettivo: non fare un romanzo storico, ma usare quello che la storia e i biografi hanno raccontato di questo incredibile personaggio per costruirsi una sua storia. In cui raccontare degli ebrei perseguitati e anche degli arabi rimasti sull'isola (di cui erano stati padroni).
Del rinascimento italiano e degli studi umanistici che avevano aperto i nostri orizzonti.
Mai sazio di sapere, come del resto lo è stato Samuel-Guglielmo-Flavio e di bellezza (come quella dei giovani uomini di cui si innamorerà).


La scheda del libro sul sito di Sellerio
Il sito di Vigata


Il link per ordinare il libro su Ibs e Amazon