24 ottobre 2014

Come funziona in Europa (il meccanismo del reintegro)

Forse, basterebbe leggersi qualche articolo di giornale e non fidarsi solo delle chiacchiere da talk: dove si parla dei licenziamenti facili con la stessa leggerezza con cui si parla di calcio al bar sport.

L'articolo che segnalo è quello di Repubblica: come funziona in Europa il meccanismo del reintegro in caso di licenziamenti illegittimi. Qui il caso Germania e Inghilterra:
Germania. L'efficienza tedesca si nota anche nelle norme che disciplinano i licenziamenti individuali. A Berlino, infatti, è soprattutto una questione di complesse procedure che passano attraverso il recepimento di pareri non vincolanti, ma senza i quali il licenziamento è automaticamente illegittimo. Affiché, dunque, il licenziamento sia "giustificato e legittimo", il datore di lavoro deve dimostrare - l'onere della prova spetta a lui - che ci siano ragioni inerenti alla persona o alla condotta del lavoratore, oppure che esistano "urgenti esigenze economiche dell'impresa non compatibili con la prosecuzione del rapporto di lavoro". Il datore di lavoro quindi deve informare il consiglio di fabbrica il cui parere - come detto - non è vincolante, ma senza il quale il licenziamento è nullo. Peraltro nel caso di mancato rispetto delle procedure, l'azienda è tenuta a risarcire il lavoratore con metà del salario mensile per ogni anno di anzianità lavorativa. Se poi fosse impossibile proseguire il rapporto, l'azienda dovrebbe versare un'indennità compresa tra le 12 e le 18 mensilità. In ogni caso, il lavoratore può comunque ricorrere al tribunale che può decidere - sentito il parere del consiglio di fabbrica - il reintegro.

Gran Bretagna. Oltre Manica licenziare si può, ma anche in questo caso devono sussistere "giustificati motivi" e il datore di lavoro deve agire "ragionevolmente e senza disparità di trattamento". Altrimenti scatta il diritto al reintegro. In Gran Bretagna la legge affida margini di discrezionalità molto ampi al giudice il quale può reintegrare il lavoratore adibendolo a mansioni diverse da quelle precedenti. Le norme dividono, quindi, i licenziamenti in due fattispecie: quelli collettivi che riguardano almeno venti persone (anche nell'arco di 90 giorni) e quelli individuali. Perché il licenziamento sia valido il datore di lavoro è obbligato a consultare i dipendenti oggetto del provvedimento per spiegargli le motivazioni della decisione e permettere agli stessi di verificare il carattere oggettivo e non discriminatorio del licenziamento. Il lavoratore può comunque impugnare il provvedimento e il giudice disporre il reintegro.
Ovvero, rimane la discrezionalità dei giudici e il datore di lavoro che deve giustificare la legittimità. Non il contrario. Due questioni che si vorrebbero togliere da noi, per dare tutte le flessibilità al buon padrone. Che dovrà assumere, magari a tempo indeterminato,e  non licenziare dopo i 3 anni.
E gli asini volano.
Poi domani potete fare quello che volete, potete criticare Landini, la CGIL, gli scioperi. Batsa che siate consapevoli di quello che succederà nel lavoro.

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