09 ottobre 2014

La sceneggiata (al Senato)




Ieri pomeriggio il Senato ha votato la fiducia ad un emendamento del governo, che riformula il jobs act da come era uscito in commissione.
Un emendamento con cui il parlamento (organo legislativo) delega al governo di riformulare una legge.
Peccato che quello che si è votato ieri sia solo una scatola vuota.
Datemi fiducia, sembra dire Renzi per bocca del suo ministro Poletti.
Dunque questo è quello che è successo: l'articolo 18 cmoe verrà mantenuto? Come verranno gestiti i contratti atipici? Quali nuovi diritti si daranno ai neo assunti? Come verrà gestito il demansionamento? Non lo sappiamo. Bisognerà aspettare i soliti decreti attuativi (e il passaggio alla Camera, dove nulla è scontato).
Dunque, trattandosi di una riforma così importante e delicata, chi è che ha fatto la sceneggiata?
Era dai tempi di Berlusconi che non sentivo parole così sprezzanti sull'oppozione, sui sindacati, sulla minoranza PD.
Non è un caso: la concezione degli organi intermenti dentro le istituzioni è la stessa. Un ostacolo per la propria gloria.
Renzi si aspettava il voto al Senato proprio durante l'improduttiva riunione a Milano con Merkel, Hollande e Van Rompuy.
Riunione dove non si è deciso niente.
Ma si sono elogiate le riforme "strutturali" basate sul niente.

Anche qui, chi ha fatto la sceneggiata?
Le dimissioni del senatore Tocci sono l'emblema di quello che è diventato il Partito Democratico: un partito del pensiero unico, il suo.
Quello delle riforme da sbandierare, dei tweets, del centralismo (poco) democratico, del patto del nazareno dove si lascia sotto il tappetto tutta la sporcizia.

A proposito delle belle parole di frau Merkel:
"Fiducia nell'Italia e nelle sue impressionanti riforme strutturali" [Repubblica 24/11/2011].
"Ogni Paese deve fare i propri compiti, l'Italia ha già compiuto un pezzo di strada" [Huffington post del 30 aprile 2013].

La prima era riferita a Monti, la seconda a Letta.
Non è che i complimenti del cancelliere tedesco portino proprio bene.

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