04 novembre 2014

Quelli che dividono il mondo del lavoro

Non voglio in alcun modo paragonare l'attuale presidente del consiglio al cavaliere del ventennio.
Ma era M. che diceva "molti nemici molto onore".
Nemici esterni che servivano per compattare il popolo contro la perfida Albione, le sanzioni, i cugini francesi.
Renzi invece, più furbamente, i nemici se li inventa come alibi per giustificare le mancate riforme, i mancati risultati, i ritardi nell'attuazione del cronoprogramma.
Quello che è passato da 100 giorni a 1000 per salire poi alle due legislature.

Quello che è capace di sposparti di volta in volta sul fronte che più gli conviene. Una volta attacca i manager da salotto che vanno al forum Ambrosetti.
Un'altra volta attacca i dipendenti pubblici, poi i sindacati.
Ora il Renzi rottamatore, quello che aveva promesso trasparenza, cambiamento, svolte, diventa il Renzi complottista, quello che vede nemici dell'Italia e che voglio spaccare il paese: a Brescia Renzi ha detto che c'è

«un disegno per dividere il mondo del lavoro». Ma «non esiste una doppia Italia, dei lavoratori e dei padroni: c’è un’Italia unica e indivisibile e questa Italia non consentirà a nessuno di scendere nello scontro verbale e non solo, legato al mondo del lavoro». «Se vogliono contestare il governo lo facciano» senza fare del mondo del lavoro «un campo di gioco di uno scontro politico», ha detto ancora. «Si affrontino le questioni del Jobs act. Se si vuole attaccare il governo ci sono altre strade, senza sfruttare il dolore dei disoccupati».
Chi è che spacca il mondo del lavoro? Forse il politico che mette pensionati contro precari. Che racconta di Marta che, poverina, non può avere figli mentre le colleghe che hanno le tutele si.
Il premier che cerca di mettere lavoratori contro sindacati, che minaccia la minoranza del suo stesso partito.
Il premier che ascolta tutti, ma che ieri non ha trovato il tempo di incontrare i sindacalisti della Fiom di Brescia.
Il segretario di un partito che sta facendo shopping di voti dal centro destra, spostando pericolosamento il baricentro della politica di governo.
Il capo di un esecutivo la cui manovra è stata in parte bocciata dai report di Istat e Bankitalia: il tfr in busta paga se fosse fefinitivo porterebbe a pensioni basse. Mentre l'Istat ci dice che gli effetti sui primi due anni di governo saranno nulli.

Ci aspettano due giorni di pioggia a Genova: qui, nonostante le promesse sono arrivati solo 12 ml di euro dopo l'alluvione.
Come a dire arrangiatevi.
Questo succede nell'Italia di oggi, dove invece si spendono miliardi per TAV e autostrade. Come la Brebemi l'autostrada delle cicale l'ha chiamata Alberto Statera su Repubblica.

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