28 febbraio 2014

Le ultime parole famose

Penati rispondeva anche con fastidio a chi gli chiedeva conto delle indagini che lo riguardavano:
«Ristabilire la mia onorabilità significa per me uscire da questa vicenda senza ombre e senza macchie. Se, al termine delle indagini in corso, tutto non verrà chiarito, non sarò certo io a nascondermi dietro la prescrizione»
Poi però, al momento opportuno, la sua difesa non ha manifestato in Tribunale la sua intenzione. E lui, dietro santa prescrizione, si è di fatto salvato.
Ora Penati, ex presidente della provincia di Milano nonché della segreteria di Bersani, presenterà ricorso in sede civile

"Non rinuncio comunque a dimostrare la mia totale estraneità ai fatti che mi sono stati contestati. Ho dato incarico ai miei avvocati di promuovere in sede civile tutte le iniziative giudiziarie atte a ristabilire la verità dei fatti, a tutela della mia onorabilità e citerò i miei accusatori per diffamazione".

A caso

Non solo si rischia di far saltare i conti al comune di Roma, ma ora rischia pure di tornare la web tax con tanto di infrazione europea.
Col del ritiro del decreto Salva Roma: questa volta niente ghigliottina, per bloccare le opposizioni.
Roma non è le banche e forse anche Renzi non è Letta.
Le spara grosse anche lui, ma in modo più casereccio.
Perché ci vuole coraggio anche per questo.

Certo, per essere credibili (all'estero) poi però c'è bisogno di andare nel dettaglio: "FMI promuove Renzi e Padoan" scrive la Stampa. E pensare che i due sono al goveno da pochi giorni ..
Il messaggio completo dal fondo monetario infatti era «diamo il benvenuto ad alcune delle misure che ha toccato nel suo intervento in Parlamento» ma aspettano «altri dettagli sulle sue proposte».

Anche noi italiani

27 febbraio 2014

I primi della lista

I senatori più assenti da Openpolis (la % indicata è sulle presenze in aula).
Badanti, poeti, avvocati, ex banchieri ... per par condicio con quanto scritto prima su M5S.

Autolesionismo




La rete ha deciso: i senatori dissidenti sono fuori.
Internet vult!
E' incredibile la capacità del movimenti di farsi del male da solo: in una botta sola il M5S è riuscito a guadagnarsi nuovamente le prime pagine dei giornali e nascondere tutto il resto.
La minaccia di espulsione per la minoranza PD se non avesse votato la fiducia al governo Renzi.
La svolta autoritaria dentro la CGIL, per mettere fuori linea Landini e la Fiom.
Per non parlare di quello che succede dall'altra parte: dalle scope di Maroni, al partito di forza Dudù dove il proprietario nomina i delfini.
Per non parlare di tutto il resto: la legge elettorale che entro febbraio andava approvata. Febbraio è finito e al momento è tutto fermo.

Piaccia o non piaccia, oggi il M5S ha 10 senatori di meno che confluiranno nel gruppo misto: Renzi ha ora tre maggioranze.
Quella ufficiale, quella per le riforme con Berlusconi e quella aumma aumma con Sel e i dissidenti.
A cosa è servita l'espulsione? A rendere più solido il partito?
Vedremo nei prossimi mesi.

26 febbraio 2014

Tournè


Renzi da Treviso “Che bello incontrare gli studenti – scrive su Twitter – Sentivo la mancanza. Investire sulla scuola è il modo per uscire dalla crisi”.  

Pensa, se avessero internet a scuola, avrebbero potuto anche leggerlo, il tweet.

Il ministro di 12 milioni di italiani

A domanda del giornalista Peter Gomez,  il ministro del lavoro ha risposto (ex presidente lega coop):

"Con una battuta posso dire che se devo avere un conflitto di interessi sono contento di averlo e di tutelare 12 milioni di persone". 
"In ogni caso - ha concluso, rispondendo a Gomez che gli chiedeva se sarebbe uscito da una riunione di governo dedicata, ad esempio, a banche e assicurazioni - un Consiglio dei ministri e' fatto da 18 persone".

E gli altri milioni di persone che magari fanno la spesa nei piccoli mercati (e non nella grande distribuzione)?

La risposta del ministro è come quella della Guidi. Nessun conflitto, perché lei si è dimessa da tutte le sue cariche.
E poi ci sono gli altri 17 ministri..

La strada in salita

Hai voluto la bicicletta? E allora pedala.
Così si dice in Toscano e questo è un proverbio che Renzi dovrebbe conoscere bene.
Peccato che la strada sia rimasta in salita e che solo con le parole, si vincano le primarie. Non si risolvono i problemi.

Non è vero che se il governo fallisce sarà solo colpa sua: siamo noi che ci rimettiamo per primi, se l'economia non riparte, se non creano subito posti di lavoro ..
Ci sono altre cose che non tornano nel discorso di Renzi: rimproverava a Letta la melina sulla legge elettorale, che non veniva fatta per tirare a campare.
Ma ora avendo legato legge elettorale alla riforma del Senato (di competenza parlamentare e non del governo), le cose non sono cambiate. Passeranno mesi per vedere finalmente rottamato il porcellum.

Per portare avanti tutte le riforme di Renzi (pagamenti dei debiti, cuneo fiscale, ristrutturare gli edifici scolastici) servono tante risorse risorse: alcune sono state trovate dal lavoro di Saccomanni (come i debiti della pp aa).
Ma per il resto ancora non si sa nulla.

Quelli che rimangono come fatti certi sono i conflitti di interesse dentro l'esecutivo.
Il legame alla vecchia maggioranza e al vecchio esecutivo (quello appena fatto fuori).
Nel discorso di Renzi non c'è spazio per antimafia, lotta alla corruzione e all'evasione.

Veramente basta un Renzi al comando per cambiare verso?
Tra qualche mese la gente potrebbe domandarsi per quale motivo abbiamo cambiato governo.
Stefano Feltri su Il fatto quotidiano di oggi affronta l'argomento Europa:
Nel suo secondo discorso della fiducia alla Camera, il premier ha ribadito: “L'Europa oggi non dà speranza perché abbiamo lasciato che il dibattito sull'Europa fosse solo virgole e percentuali. Noi vogliamo un’Europa dove l’Italia non va a prendere la linea per sapere che cosa fare”. E poi ha provato a spiegare meglio la sua proposta di riduzione del cuneo fiscale (la differenza tra costo aziendale del dipendente e busta paga): “La doppia cifra è riferita ai miliardi e non alle percentuali. Se si riduce di 10 miliardi non credo sia giusto fare sorrisi ironici, se arriveranno contributi anche su questo tema da opposizioni vi saremo grati”. Messaggio misterioso, ieri mattina il responsabile economico del Pd, Filippo Taddei, aveva spiegato a Radio 24 che la proposta del governo è di tagliare “8 miliardi, ma si può arrivare a 10”, con un beneficio da “500-600 euro all’anno per un lavoratore che guadagna 1.600 euro netti, 30 mila all’anno lordi”. I benefici dovrebbero essere forti fino a 35 mila euro di reddito, poi decrescenti fino a 55 mila. Però Renzi non deve avere ancora le idee chiarissime, perché la riduzione c’è anche in percentuale nelle proposte del Pd. Secondo Taddei, l’Irap (la tassa regionale sulle imprese) sarà ridotta “del 10 per cento per un totale di 2,3 miliardi”.

Il premier democratico è tornato su uno dei suoi temi preferiti, il pagamento degli arretrati dello Stato alle imprese creditrici: “Lo sblocco totale dei debiti delle pubbliche amministrazioni deve costituire uno choc”. Promessa facile da mantenere: 22,5 miliardi sono già stati pagati dal Tesoro, per altri 25 miliardi ci sono già le coperture e i pagamenti sono partiti (i ritardi dipendono spesso dalle Regioni che non ritirano le somme disponibili). Una volta pagati quei 47 miliardi il più è fatto. Restano i debiti fuori bilancio, somme mai certificate, di cui nessuno conosce l’entità e che probabilmente mai saranno pagati. Da quanto si capisce non è di queste che parla Renzi, punta semplicemente a intestarsi un risultato che sarebbe più giusto attribuire a Enrico Letta e Fabrizio Saccomanni.

25 febbraio 2014

Peace and love

Dopo il sobrio Monti, il pacato Letta, lo sdolcinato Renzi:
 
Mentre i grillini insultano, con Matteo è tutto un sorrisi, baci e tenerezza.

Ci pensiamo noi - saluti dalla falange armata

"Chiudi quella maledetta bocca ricorda che i tuoi familiari sono liberi. Per il resto ci pensiamo noi".
Firmato falange armata.

Nei momenti in cui la politica è più debole, sulla ribalta ritornano vecchie conoscenze della nostra repubblica.
Gente che nella zona grigia tra stato, massoneria, servizi, mafia.
Gente a cui quelle chiacchierate all'aperto di Riina hanno iniziato a dar fastidio.

Conquista la folla

Proximo: Allora ascoltami, impara da me: io non sono stato il migliore perché uccidevo velocemente. Ero il migliore perché la folla mi amava. Conquista la folla, e conquisterai la libertà.
Massimo: Conquisterò la folla, le darò qualcosa che non ha mai visto prima.
[Il gladiatore]
 Matteo Renzi non parlava ai senatori (che d'altronde nemmeno lo stavano troppo a sentire), ieri: dal posto di presidente del consiglio parlava direttamente agli italiani: si rivolgeva direttamente a loro, quando prometteva tagli al cuneo fiscale e interventi nell'edilizia scolastica. Quando prometteva il pagamento dei debiti della pubblica amministrazione, senza specificare da dove prendere le risorse.
Parlava all'elettorato del PD ma, soprattutto, all'elettorato che la scorsa volta ha votato Grillo: per questo nel suo discorso il vero avversario è stato il M5S.
Dai banchi di Forza Italia, i senatori azzurri avranno rivisto nello speech renziano, nella postura, nei gesti, il loro leader ringiovanito di anni.
Le promesse senza alcun fondamento: con la promessa di togliere l'ICI aveva vinto le elezioni e l'anno scorso aveva sfiorato il bis promettendo l'eliminazione l'IMU coi soldi dell'accordo sui capitali con la Svizzera.
Alla fine l'IMU è stata tolta per tornare con altri nomi e i soldi dalla Svizzera non si sono visti.
Ma le promesse elettorali, in un paese in perenne campagna elettorale, sono sempre lì, pronte.

Anche Monti nel suo discorso aveva promesso equità.
Letta, nemmeno un anno fa, aveva toccato più o meno gli stessi temi usati ieri da Renzi.

Berlusconi si sta preparando per tornare al voto tra meno di un anno.
E anche Renzi ci sta pensando: e allora perché non spararle grosse fin da ora? Se va male, si potrà dare la colpa al sistema.

24 febbraio 2014

Il paese che ama poco l'informazione

Per primo è saltato (o meglio spostato alla domenica) Ballarò, per fare spazio al festival di Sanremo che iniziava proprio martedì (anche se poi su la7 è andato in onda lo speciale di Mentana su Renzi).
Poi Servizio Pubblico, giovedì: sempre per far spazio a Sanremo.
Dove tra l'altro, la politica spopolava sia per la presenza di Grillo (che attaccava Rai e giornalisti) sia per le polemiche di rito sui compensi di Fazio &c.

Questa sera a saltare è Presa diretta: farà spazio al dibattito per la fiducia a Renzi, al Senato.
La Rai, l'azienda di servizio pubblico, ha deciso di sacrificare una delle trasmissioni di punta di informazione, per mandare in onda Rex, su Rai2.

Proprio nei momenti in cui ci sarebbe bisogno di maggiore informazione, per discutere del nuovo governo, per fare le pulci sulle promesse e sui programmi, c'è meno informazione.

Avevano timore che Iacona commentasse il siluramento da parte di Napolitano del pm Gratteri, ospite la scorsa settimana nella puntata dove si parlava di ndrangheta?

Decisamente, non è un paese che ama l'informazione.
In questi giorni, tra le notizie "politiche" troviamo anche il Renzi affacciato da Palazzo Chigi, il Renzi senza scorta ..




La prima gaffe


Staffan De Mistura chi?
La prima gaffe di un ministro del Renzi 1 (della piddina Mogherini): ne parla il FQ nell'articolo di Sara Nicoli

Staffan De Mistura? Chi era costui? Sembra passato un secolo da quel lontano 28 novembre del 2012 quando Federica Mogherini, all’epoca semplice emergente franceschiniana del Pd, twittava serena contro l’attuale premier: “Ok, Renzi ha bisogno di studiare un bel po’ di politica estera, non arriva alla sufficienza, temo! #csxrai #terzaelementare”. Bei tempi. Quelli di oggi, invece, narrano di una Mogherini neo ministra degli Esteri saldamente insediata fin da ieri alla Farnesina (at work, ha twittato felice) con in mano il dossier dei due marò. Decisa a risolverlo, “costi quel che costi”. È solo che quando le hanno detto che l’intera questione, in queste ore, era ancora saldamente in mano proprio a Staffan De Mistura, uomo di fiducia sul caso di Emma Bonino e forse il miglior diplomatico su cui può contare il ministero degli Esteri, soprattutto alla vigilia della nuova udienza davanti alla Corte Suprema del Kerala, la Mogherini, che probabilmente – si spera – stava pensando ad altro, se n’è uscita con un “E chi è?” che ha fatto sobbalzare tutti i funzionari presenti. Poi si è ripresa, Mistura (che era lì) si è presentato e tutto si sarebbe sciolto in una risata generale, ma l’impatto dell’incidente è stato di quelli destinati a restare negli annali della Farnesina.
 Twittare di meno e studiare di piu?

A me gli occhi

Non facciamoci ingannare dai tricchi e dalle prime pagine celebrative.
Siamo al primo giorno di governo e abbiamo la prima smentita. E' accaduto dopo che Velocirenzi ha mandato il suo braccio destro a farsi intervistare da Lucia Annunziata: non faremo la patrimoniale (di cui pure avremmo bisogno, ma spaventa i ricchi, dunque ..), ma potremmo tassare la rendita finanziaria.
Delrio ha fatto il solito esempio da bar, della vecchietta con tanti soldi investiti in bot.

Ma poi la smentita: nessuna tassazione aggiuntiva.
Il mostro da aggredire, dice il premier è la burocrazia.
Sembrano studenti in gita, pieni di entusiamo e di voglia di mettersi in mostra: tutti i giornali di ieri erano pieni di interviste ai neo ministri.
Il dossier dei marò.
La scuola che ha poche risorse.
Orlando che si dedicherà al processo civile.
Lupi che dice che bisogna andare avanti col lavoro fatto.

Forse sarebbe meglio che studiassero prima un po': perché per togliere di mezzo la burocrazia nei ministeri servirebbero mesi di lavoro con una visione chiara di dove si vuole andare a parare.
Vogliamo il nucleare (come lo volevano Galletti e Guidi) o le rinnovabili vere?
Vogliamo lavorare sulla precarizzazione (modello Guidi) o sulle tutele per chi lavora?
Vogliamo le grandi opere (Lupi) o la messa in sicurezza del territorio?
Vogliamo un modello di difesa europeo, o continuare col progetto dei caccia F35 (modello Pinotti)?

Non facciamoci illudere, è sempre la solita musica: siamo all'ultima spiaggia, non possiamo spaccare il PD, occorre coraggio, dobbiamo fare le riforme. 

E ancora, i soliti tagli alla spesa pubblica, la spending review ..
Ma non vi siete stancati di sentire la stessa musica e farvi illudere ogni volta?

23 febbraio 2014

Maigret di Georges Simenon

Incipit
Prima di socchiudere gli occhi, Maigret aggrottò la fronte, non sapendo se credere a quella voce che veniva a strapparlo da un sono profondo:«Zio! ..»Senza sollevare le palpebre, con un sospiro tastò il lenzuolo, e allora capì che non sognava, ma che stava succedendo qualcosa di insolito, perché la sua mano non aveva trovato al posto consueto il tiepido corpo della signora Maigret.
Doveva essere l'ultimo romanzo di Simenon, con protagonista Maigret: Simenon l'aveva presentato al suo editore nel 1934 come ultimo romanzo giallo, perché avrebbe voluto scrivere anche d'altro liberandosi per sempre dall'ingombrante figura del celebre investigatore.
E invece .. Maigret tornerà a fare il suo mestiere di investigatore ancora per un bel pezzo, sui libri di Simenon. La pensione è ancora lontana.
In questo libro succede più o meno la stessa cosa: ritiratosi in pensione nella sua villa di campagna nella Loira, Maigret è costretto a tornare in azione, a Parigi, per aiutare il nipote (figlio della sorella della moglie), che si è cacciato in un guaio.

Il nipote Philippe è un ispettore di polizia: durante un appostamento a un gestore di bar sospettato di essere anche trafficante di droga nonché un assassino, si è lasciato uccidere l'uomo quasi sotto il naso. 

Pepito Palestrino, questo il nome della persona che doveva sorvegliare, è stato ucciso nel bar di cui era prestanome e Philippe (che era lì nascosto), preso dal panico, è fuggito ma, mentre se ne sta uscendo, si imbatte in una persona che in seguito andrà a testimoniare alla polizia.

Maigret accese la pipa, lasciò che il fiammifero bruciasse fino in fondo e poi si alzò chiamando:«Cameriere!».Ritto in mezzo alla sala con la sua mole imponente, aspettava il resto guardandosi tranquillamente attorno.«Dove andiamo?» gli chiese Philippe quando furono usciti.Maigret si voltò a guardarlo come se fosse stupito di trovarselo davanti.«Tu vai a dormire» rispose.«E tu, zio?».Il commissario alzò le spalle, si ficcò le mani in tasca e si allontanò senza rispondere. Aveva trascorso una delle peggiori giornate della sua vita. Per tutte quelle ore, seduto nel suo angolo, si era sentito vecchio e rammollito, privo di risorse e di idee.Ma adesso dentro di lui era scattato qualcosa, si era accesa una fiammella. Doveva approfittarne subito.«La vedremo, perdio, eccome se la vedremo!» borbottò per farsi coraggio.
Maigret deve tornare a Parigi per capire come sono andate le cose e per trovare una soluzione al problema. Philippe viene arrestato, dopo che Joseph Audiat, la persona che l'ha visto fuori il bar, lo ha riconosciuto. Maigret non può che tornare a fare il suo vecchio lavoro, pur non avendo i titoli e i mezzi per torchiare a modo suo i probabili assassini.
A cominciare dal vero proprietario del bar Floria, Germain Cageot, a capo di una banda di trafficanti di droga e di tante altre cose. Un uomo freddo, calcolatore, per il modo un cui riesce a congegnare i suoi traffici viene chiamato “il notaio”. Pepito Palestrino era un suo prestanome, e la polizia li teneva d'occhio perché li sospettava dell'eliminazione del vecchio proprietario, Barnabé.

Il lavoro di Maigret è resto difficile anche dal fatto che Cageot ha buone entrature anche dentro la polizia, essendo tra le altre cose, pure un informatore della buoncostume.
Che fare? Il responsabile della polizia giudiziaria che ha preso il suo posto, il commissario Amadieu, inizialmente non lo aiuta. Il vecchio commissario si mette allora a pedinare i membri della banda e porta avanti con loro una guerra di nervi: si installa dentro il Tabac Fontaine, dove la banda si trova a bere e a giocare, guardandoli bene in faccio.
Come a dire, so che siete stati voi e prima o poi vi frego: individua nel giovane Audiat l'anello debole della catena, quello che potrebbe far crollare tutto il castello di alibi che li protegge e incastra il nipote.
Ma la svolta all'indagine arriva solo dopo che il direttore della polizia giudiziaria decide di aiutarlo: Maigret si trova faccia a faccia con Cageot, nella casa di quest'ultimo.

Qui, il commissario riuscirà a far scattare la sua trappola nei confronti dell'avversario.
Come in altri libri con Maigret, quello che conta non è solo arrivare al nome dell'assassino, tra l'altro già chiaro all'inizio della storia, ma entrare nella psicologia dei personaggi, tutti tratteggiati con poche parole da Simenon.

L'ingenuo e viziato nipote, contro cui Maigret impreca chiamandolo “imbecille”.
La madre di Philippe, provinciale e fin troppo premurosa nei confronti del figlio.
La mentalità semplice della prostituta Fernande, innamorata di un uomo della banda.

Il senso di impunità dei componenti banda, che ridono in faccia di Maigret, non sapendo che in quel momento Maigret li sta “fotografando”.
Fino alla psicologia criminale del capo banda, Cageot:
“Cageot era ed era sempre stato il prototipo dell'uomo rinchiuso in se stesso. Tutto solo, con le palpebre abbassate, doveva passare il suo tempo a escogitare le strategie più ardite, di qualsiasi genere, finanziario, criminale o erotico.
Per forza non lo si era mai visto con una donna! Le donne non erano certo in grado di realizzare le sue esasperate fantasie!
E così si ripiegava su se stesso, in quella tana impregnata dei suoi pensieri, dei suoi sogni, del suo odore. E quando, attraverso la finestra, guardava la via assolata dove la folla brulicava davanti alle vetrine e gli autobus filavano stracarichi di vite umane, non lo faceva con il desiderio di mescolarsi alla massa dei suoi simili, ma con quello di architettare nuove e abilissime strategie.”
La scheda del libro su Adelphi.
Il link per ordinare il libro su Ibs

22 febbraio 2014

Complimenti a Renzi


Vorrei fare i complimenti a Renzi: dopo aver rottamato gli elettori del PD, aver rottamato il partito, aver rottamato il governo Letta, ora si appresta a rottamare l'intero paese.


Potremmo parlare di grande capolavoro: riuscire a governare con Casini, Alfano e Berlusconi (temporaneamente fuori dall'esecutivo per potersi rifare l'immagine) come i precedenti governi, riuscendo a far passare il suo come esecutivo di cambiamento.



Un esecutivo giovane e con metà donne: come se essere giovane e donna fosse di per sé un valore.
E vedendo i nomi di Boschi e Madia, e quello che han fatto per arrivare fin qui, ho molti dubbi sui meriti.
Come anche per gli altri nomi: ha dato a ciascuno il suo, Matteo. Un pezzo ai falchi di confindustria (quelli che no sindacato e no articolo 18). Un pezzo alle coop (bianche e rosse, visto che Poletti rappresenta entrambe). Un pezzo ai dalemiani, un pezzo ai giovani turchi e un altro alla minoranza interna.
Senza dimenticare che NCD e Scelta civica potrebbero avere più ministri che elettori.
Un ministro alla difesa favorevole ai caccia F35 (che novità!) e uno alle infrastrutture favorevole alle grandi opere (anche qui, che novità!).


Mi piacerebbe conoscere i veti di Napolitano alla nomina di Gratteri alla giustizia (su Nitto Palma non aveva posto obiezioni, se non ricordo male).
E di riflesso, che visione ha, della giustizia, Orlando: vorrà fare le riforme condivise con B.?


Ai tempi dei girotondi, Moretti dal palco ammoniva ai DS “con questi dirigenti non vinceremo mai”. Si sono accontentati di pareggiare con l'avversario.


21 febbraio 2014

Gli piace vincere facile

Può una società di calcio, occuparsi anche delle scommesse sul calcio?
A rigor di logica e buon senso, probabilmente no.
Ma siccome siamo in Italia, si può fare. C'è un vuoto normativo sui regolamenti federali del calcio e, dunque, non essendo vietato, diventa lecito.
Gazzabet potrebbe essere un altro caso di conflitto di interesse (nonostante il comunicato sindacale dei giornalisti della Gazza ..).
Come quel titolare di concessioni pubbliche che si candida in politica.

Roba vecchia, superata dalla costituzione di fatto.
Oggi uno può essere dentro il calcio, le scommesse sul calcio e i giornali che parlano di calcio.
Gli piace vincere facile.

Il canovaccio delle guerre civili



Kiev Brucia
La guerra civile a Kiev
100 morti per le strade

Massacro a Kiev

Dalla Bosnia dei primi anni 90, alle guerre nei paesi nordafricani, fino alla guerriglia per le strade di Kiev, sembra sempre di rivedere lo stesso film.
Focolai di tensione che vengono lasciati crescere, fino a che diventano delle guerre dove a morire non sono i soldati, ma i civili. E gli organismi internazionali che si muovono quando è troppo tardi e con strumenti che risultano inefficaci o controproducenti. La sanzioni, i richiami, le pressioni internazionali.
L'abbiamo vista crescere questa ennesima guerra civile: un paese con una democrazia a scartamento ridotto, le opposizioni e le voci di critica che vengono soffocate. Elezioni con la sensazione di brogli, maggioranze bulgare.
Da una parte la massa di gente che vive in condizioni di semi povertà, dall'altra i regimi che si difendono accusando i paesi esteri, l'Europa di ingerenza.
E mentre lo sdegno per le piazze in rivolta monta, ONU, Europa, sembrano impotenti.

Forse la colpa è dell'ipocrisia sugli equilibri mondiali su cui si poggia la politica internazionale delle democrazie occidentali: Assad non si può toccare per il veto di  Russia e Cina.
Della Russia non si può dire nulla, perché è un nostro partner commerciale.
Lo stesso era successo prima con la Libia di Gheddafi e del petrolio. E degli accordi bilaterali.
Dell'Egitto della corruzione dove l'esercito è sovvenzionato dagli Usa.
L'Ucraina che deve rimanere sotto l'ombrello russo.

L'Iran è stato un nostro partner commerciale.

C'era una volta la guerra fredda, e il mondo diviso in zone di influenza russe o americane.
Oggi è la stessa cosa.
Dove ognuno si coltiva il suo orticello.

20 febbraio 2014

La faccia è salva

Abolito, fra tre anni, il finanziamento diretto ai partiti.
La faccia è salva, ora.
Renzi, come Letta prima di lui, potrà dire di aver mantenuto gli impegni.

Da qui, ad una vera legge sui partiti, c'è ancora molta strada da fare. 
O meglio, ce ne sarebbe da fare, usiamo il condizionale: il tetto per i finanziamenti privati è alto, i controlli saranno post e prevederanno solo delle sanzioni: come per il decreto su bankitalia, anche questa legge è blindata
Il testo, com’è noto, è pieno di norme frutto di accordi di comodo scaturiti in commissione Affari costituzionali: fu modificato dai capigruppo Gelmini e Fiano quando c’era ancora il Pdl ma Forza Italia già era nell’aria. Ecco perché i 5 stelle ieri declamavano modifiche “di buon senso” che, se approvate, avrebbero reso meno “truffaldino” il provvedimento. Tipo: abolizione immediata di tutte le forme di finanziamento ai partiti (che invece restano fino al 2017), tetto massimo per le erogazioni liberali a 30 mila euro (ora invece sono oltre i 110), cassa integrazione per dipendenti di partito limitata al biennio 2014-2015 e non a vita (come è ora) e nessuna agevolazione di tariffa postale per chiedere il 2 per mille ai cittadini (il costo stimato, solo per il 2014, è di 9 milioni di euro). Nessuna di queste proposte sarà possibile discutere nella seduta fiume che, alla fine, consentirà di approvare in via definitiva il dl entro stasera o al massimo domani mattina. Poi, ovviamente, se ne riparlerà “in un momento politico diverso…”. Incidente permettendo.

La grande illusione

Se Blair è stata la più grande vittoria della Tatcher, un giorno potremmo dire la stessa cosa di Renzi: aver fatto accettare un personaggio così all'elettorato del centrosinistra, è una grande vittoria di Berlusconi.
Un personaggio da grandi illusioni.

Non so se essere più preoccupato per lo streaming andato male (a seconda dei punti di vista) con Grillo e il M5S o dell'incontro andato bene (a seconda dei punti di vista) con Berlusconi, con quei sette minuti a quattr'occhi.
Sappiamo cosa si sono detti Grillo e Renzi: Grillo ha fatto di tutto per bloccare qualsiasi apertura al PD (alla faccia di quelli che gli hanno chiesto i suoi stessi elettori). Ma cosa si saranno detti a quattr'occhi il maestro e l'allievo?
Forse di televisioni e giustizia?
Dell'appoggio di FI alle sue riforme (presidenzialismo, riforma della Corte Costituzionale, prossimo presidente del Consiglio..): Matteo stai sereno, gli avrà sussurrato.

Non so se noi possiamo starcene sereni: pensare di cambiare l'Italia (come ha promesso il presidente del consiglio agli elettori del M5S in un tweet) sedendosi allo stesso tavolo con Alfano, Berlusconi, mantenendo gli stessi accordi di prima con l'Europa (di cui Napolitano è garante), è solo un'illusione.

Perché questo rimane il paese degli appalti truccati a Palazzo Chigi dove è coinvolto l'uomo che sussurrava ai potenti, Bisignani. Il paese dove due presidenti di regione sono condannati per mafia: il primo (Cuffaro) con sentenza definitiva per favoreggiamento, il secondo (Lombardo) per concorso esterno.
Dei tribunali intasati dalla ex Cirielli e dallo svuota carceri.

19 febbraio 2014

Ultime notizie di una fuga, di Valerio Varesi

Incipit:
I giornali gridavano: «Novità sulla famiglia scomparsa». Comprò una copia e se la mise sotto il braccio avviandosi al ristorante. Lesse l'articolo dopo aver ordinato. Un industriale giurava di aver incontrato Mario Rocchetta, l'uomo svanito nel nulla con moglie e due figli.
Ultime notizie di una fuga è la prima inchiesta del commissario Soneri: il libro uscì in libreria nel 1998, e prendeva spunto da un vero fatto di cronaca.
Non un un caso di omicidio, ma un un caso di scomparsa: un'intera famiglia, quella dell'oscuro ragioniere Mario Rocchetta (nella realtà si tratta della famiglia Rocchetta) sparita nel nulla. Marito, moglie e due figli, di cui uno pure con problemi di tossicodipendenza.

Soneri segue una traccia diversa dalla tossicodipendenza: una traccia che porta all'azienda per cui lavorava il ragioniere, alla contabilità parallela fatta per creare fondi all'estero nella disponibilità dei suoi azionisti. Manager rapaci, trafficanti di valuta verso la Svizzera (e altri paesi off shore), società svuotate dall'interno: Mario Rocchetta forse non era quell'integerrimo padre di famiglia che si credeva.
L'intera storia va vista e osservata da un altro punto di vista e senza essere troppo superficiali: “un buon quadro assomiglia ad un'inchiesta complessa: non bisogna mai stancarsi di osservarlo” si dice tra sé il commissario.
Seguendo un po' il suo intuito e un po' i consigli dell'amico avvocato Tobia, Soneri riesce a mettere in luce il piano di fuga che Rocchetta ha ideato:
Rocchetta e il suo piano, la sua straordinaria strategia, si stagliavano sempre più limpidi nella mente di Soneri. Tutti i giorni, ripercorrendone passo dopo passo le mosse, ne scopriva le qualità, l'attenzione per i particolari, con l'occhio sensibile dell'osservatore. E la sua ammirazione cresceva di pari passo con l'indagine.Un uomo taciturno, posseduto da pensieri ossessionanti, persino corrosivi, culla di una fuga perfetta. Ci aveva pensato per anni nel grigiore di una vita mediocre. Divenuto senza particolari meriti il complice di un giro illegale di denaro, s'era forse sentito autorizzato a forzare la mano senza provare rimorsi e aveva messo in piedi un'uscita perfetta, costruendola giorno dopo giorno come un veliero di fiammiferi”.
Una catena di ricatti e di ruberie dove ogni pedina del gioco, stava in piedi perché sostenuta dalle altre:
«In questa storia», disse Soneri, «ci sono ladri e derubati, ma questi sono a loro volta disonesti e non possono imputare ad altri quello che potrebbe ricadere su di loro».
Leggetelo, se avete letto i precedenti libri di Valerio Varesi: questo è il primo scritto dall'autore con protagonista Soneri, che qui è ancora più acerbo e ruvido del solito (lo dico per chi lo ha apprezzato nei successivi libri) che viene introdotto al lettore senza alcuna presentazione, fin dalle prime righe.

Il blog dell'autore, la scheda del libro sul sito di Sperling & Kupfer.
Il link per ordinare il libro su Ibs e Amazon


L'esorcismo di Renzi



I grandi momenti della politica italiana: Renzi che ha cercato di esorcizzare Grillo .. nella consultazione di oggi.
"Esci da questo blog!!".

L'ultimo chiuda la porta

Renzi governerà assieme a Alfano, Formigoni e Giovanardi. La stessa maggioranza che rinfacciava a Letta.
Non solo: potrebbe avere l'appoggio dei senatori cosentiniani di Forza Campania.
In ogni caso la legge elettorale e le riforme le dovrà discutere non solo con i tipi di cui sopra, ma anche assieme al condannato Berlusconi. Quello con cui mai larghe intese. E che oggi incontrerà per le consultazioni.

I ministri del governo della scossa, del cambio di passo sono probabilmente vicini alle indiscrezioni che leggiamo sui giornali: ex qualcosa (Fassino), manager di successo (come Moretti, quello della strage di Viareggio) o Bernabè.
Tutti stanno mettendo dei paletti a Matteo, casomai avesse strane idee: Draghi ha chiesto che Saccomanni rimanga al suo posto.
Alfano pretende un ministro della giustizia di garanzia per B. e niente patrimoniale.

Ieri in piazza c'erano i piccoli industriali e gli artigiani: chiedevano meno burocrazia e meno tasse.
Una stanza benevola oggi li presenta come la parte sana del paese, dimenticandosi degli studi di settore e dell'alta evasione e impunità di cui hanno potuto godere. Specie negli anni passati, quando governava lui.

La confindustria di Squinzi ha molto contribuito al cambio della guardia a palazzo Chigi.
Anche loro chiedono meno tasse, meno controlli, meno burocrazia. Ma si dimenticano dei soldi presi per la cassa integrazione, dei soldi chiesti per gli incentivi.

Questo il solito nuovo che avanza. E l'ultimo chiuda la porta.

18 febbraio 2014

Marwan che si era perso nel deserto


Marwan, 4 anni, che ha attraversato il deserto Siriano coi genitori. La foto è stata pubblicata su su Twitter il 16 febbraio da Andrew Harper, rappresentante dell'UNHCR in Giordania.
L'immagine simbolo della guerra.

Presa diretta - quando lo stato è peggio della mafia

"Era meglio la gestione di Saverio Sorangelo (l’ex proprietario della struttura a cui lo Stato ha confiscato l’immobile, ndr) che lo Stato: almeno lui pagava gli stipendi": questo dicevano al giornalista di Presa diretta i lavoratori dell'Antica Masseria dell'Alta Murgia, riferendosi al vecchio proprietario, condannato per mafia.
Nel 2011, dopo la confisca dei beni, subentrò lo stato, che chiamò lo chef Vissani per gestirla, ma il rilancio è durato solo un anno. Nel 2012, con un debito di 600 ml per i lavori di restauro, lo stato ha chiuso tutto, abbandonando la struttura a se stessa. E lasciando i lavoratori per strada, nonostante ci fossero tante prenotazioni.
Meglio il mafioso, dicono queste persone.

Una sorte peggiore è toccata alla Riela Group a Catania: quando era in mano alla mafia era un'azienda era solida.
Poi nel 1999 la confisca e l'arrivo della legalità: ma gli amministratori giudiziari hanno continuato a pagare i dirigenti dell'azienda, legati alla mafia.
Così come sono stati pagati affitti a capannoni limitrofi, in mano a famiglie mafiose.
Ora, dopo anni di cattiva gestione, l'azienda sta chiudendo.
Appalti dallo stato, negli anni dei commissari non se ne sono visti: alla fine è stato un doppio fallimentoun fallimento nella sfida alla mafia.

IL servizio di Presa diretta è proseguito parlando dei lavori pubblici a Reggio Calabria in mano alle ndrine, col patto del boss Viuzzo per la spartizione degli appalti.
Anche dopo la confisca, era sempre il boss che dava ordini all'amministratore giudiziario.
Ci sono poi le ville bunker confiscate ai boss di Platì, di S. Luca in Calabria e a Bacoli in Campania, tutti beni che lo stato non ha saputo far fruttare.
Anche su questo argomento il procuratore Gratteri è intervenuto: "meglio abbatterle se non sono a norma", perché costerebbe troppo allo stato per trasformarle in scuola o caserme.
Servirebbe una gesitone manageriale che oggi manca.
Come manca anche il personale per la sua gestione e forse anche la volontà di attaccare la mafia frontalmente. Sui patrimoni, sul controllo del territorio.


Presa diretta - le cose da fare subito per la lotta alla mafia

La puntata di Presa diretta "Il tesoro della mafia" è iniziata con le immagini del blitz di FBI e SCO per l'operazione New Bridge: 18 persone arrestate a Gioiosa Ionica in Calabria e altre 8 a New York.
New bridge, come il nuovo ponte che lega la mafia americana alla ndrangheta calabrese, egemone nel traffico di cocaina ed eroina nel mondo, avendo preso il posto che era della mafia siciliana.
Ma un ponte nuovo si è creato tra la magistratura americana e quella Italiana: tra i magistrati italiani che han seguito l'inchiesta c'era Nicola Gratteri della DDA di Reggio Calabria.

Ospite in studio, ha concesso un'intervista a Riccardo Iacona in cui ha elencato quelli che sarebbero i provvedimenti giudiziari più urgenti nella lotta alla mafia.
Perché Gratteri, che è uno dei massimi esperti di ndrangheta, è stato chiaro: con questo codice penale, con questo sistema penale, la ndrangheta ci sarà finché ci sarà l'uomo.
Ed è una ndrangheta sempre più potente: l'inchiesta ha mostrato come la piccola cosa di Gioiosa Ionica degli Ursino è andata a New York per vendere ai boss americani la droga proveniente dal Messico.

Che modiche fare al codice penale?
1) Aumentare le pene: oggi le pene per il 416 bis sono ridicole, non proporzionali al reato. Senza altri capi di imputazione parliamo di 5-10 anni di carcere.
Bisognerebbe aumentare le pene e togliere i riti abbreviati nei casi di mafia.

2) Passare ad un sistema informatizzato per abbattere costi e tempi del processo: significa passare alle notifiche elettroniche e non più a mezzo posta, con gli ufficiali giudiziari costretti a girare il paese e non a non fare indagini.
Con atti che si perdono, volutamente anche per la discrezionalità dell'uomo insita in questa modalità.

3) Bloccare la prescrizione del processo dopo il primo grado, per evitare che gli avvocati puntino alla prescrizione allungando in modo anomalo il processo.
In questo modo si libererebbero risorse e giudici perché meno imputati ricorrerebbero in appello, sapendo che non ci guadagnano nulla.

4) Il 41 bis è uno slogan: sono 480 i detenuti al 41 bis nelle diverse carceri italiane, dove però i posti attrezzati sono solo 500.
Servirebbero 4 supercarceri dove concentrare tutti i boss, per arrivare ad una univocità nell'applicazione del carcere duro. Oggi, ogni carcere fa storia a sè, e un Riina se ne può passeggiare ad Opera a discutere di stragi col compare durante l'ora d'aria.

5) Emergenza carceri: niente indulto o amnistia, come nel 2006. Servono piuttosto accordi bilaterali con i paesi esteri per i detenuti stranieri.
Dopo il 2006 cosa ha fatto la politica per ridurre il problema delle carceri?
Perché non si riaprono le supercarceri di Pianosa ed Asinara?
Perché non si tolgono i detenuti per droga, in altre strutture attrezzate?

Infine gli sprechi: non ci sono soldi per i furgoni dove trasportare i detenuti, e poi il DAP spende soldi per auto di grossa cilindrata? A chi servono e perché?
A Reggio Calabria mancano il 50% dei giudici, e così anche in altre procure d'Italia. Se questa è la situazione, difficile fare una vera lotta alla mafia.
Quella che conta i soldi al chilo.
Quella che condiziona l'enonomia e la politica.

Gratteri aveva presentato un rapporto al governo Letta.
Cosa farà Renzi?

17 febbraio 2014

Il tesoro della mafia

Chissà se la parola mafia troverà spazio nella agenda del futuro governo Renzi: anche da questo si capirà se la staffetta con Letta è un vero cambio di marcia o non una semplice questione di maquillage per allungare le laghe intese.
Fin'ora, è anche grazie alla non azione dei diversi governi che si sono seguiti, se le mafie han potuto crescere i loro affari, entrare negli appalti pubblici, dentro l'economia di interi distretti offrendo i loro servizi.
Servizi competitivi, ma che alla lunga sono come un tumore che uccide tutta l'economia: chi può mettersi in competizione con imprenditori che possono minacciare, offrire costi inferiori (perché magari pagati in nero, perché non ci sono sindacati nelle loro imprese), permettersi contatti importanti con gli amministratori pubblici? Lo ha spiegato bene il giudice Gennari nel suo libro "Le fondamenta della città".

Questa sera Presa diretta ("Il tesoro della mafia") torna ad occuparsi di mafie: l'inchiesta Minotauro ha mostrato a tutti della penetrazione della ndrangheta in Piemonte: politici che prendevano voti da boss, per poi giustificarsi dicendo che non sapevano chi fossero quelle persone ..
Lo stesso ha mostrato l'inchiesta Infinito e le altre successive a questa: anche qui imprenditori che erano prestanome delle ndrine (come Ivano Perego), assessori regionali (Zambetti) che avrebbero comprato i voti ai boss (e assunto all'Aler la figlia, per gentile concessione).

Di fronte a questo pericolo la politica ha fatto poco: una legge per filtrare i politici che hanno rapporti equivoci con i mafiosi ancora non c'è. Manca il reato di autoriciclaggio. Il traffico di droga è punito in modo più severo per i piccoli spacciatori che per i grandi.
Nell'ambito delle ecomafie (di cui si è occupata la scorsa puntata di Presa diretta) siamo solo al reato contro chi appicca fuochi sui rifiuti.

E nel frattempo il governo ha promosso il piano svuota carceri, anche per i boss. Il finanziamento privato ai partiti con poche garanzie di trasparenza. Ancora aspettiamo una legge severa contro corruzione ed evasione.
Per non parlare dei tagli al settore della giustizia, alle forze dell'ordine.

Perché non ci sono soldi: i soldi che finiscono nel buco nero dell'evasione, della corruzione, delle mafie. Eppure potremmo mettere le mani sul tesoretto della mafia: i beni che ogni anno vengono confiscati alle mafie, che però spesso lo stato non è in grado di far fruttare.
L'agenzia dei beni confiscati alla mafia si era lamentata del poco personale per gestire tutti i beni, a fronte dell'enorme burocrazia necessaria.
Verrà almeno potenziata, per poter garantire che le aziende confiscate non falliscano, lasciando a spasso della gente?
Non solo: spesso si assiste al fenomeno per cui le aziende confiscate non riescano ad ottenere prestiti dalle banche (mentre sappiamo che i crediti ai mafiosi vengono a volte concessi, senza troppi controlli).

Insomma, abbiamo per le mani in tesoro, che se fatto fruttare, permettere allo stato di avere i mezzi per strozzare del tutto le ecomafie.
C'è la volontà di farlo veramente?

La scheda della puntata:

Ospite di Riccardo Iacona il procuratore aggiunto della Dda di Reggio Calabria Nicola Gratteri. Uno dei magistrati più impegnati nella lotta contro la mafia, uno dei protagonisti della stagione dei maxi sequestri di droga.

Con lui PRESADIRETTA racconta l’operazione “New Bridge”, condotta dalla Polizia di Stato e dall’Fbi che dopo due anni di indagini, ha spezzato il ponte tra la Cosa Nostra americana dei Gambino e le potenti cosche ndranghetiste del reggino, alleate nel traffico della droga. Le telecamere di PRESADIRETTA hanno seguito gli arresti di pochi giorni fa a New York e in Calabria.

In questa puntata di PRESADIRETTA il racconto della presenza mafiosa nel nostro paese. La capacità della ndrangheta di infiltrarsi nelle amministrazioni locali, che ha provocato lo scioglimento per mafia del primo Comune lombardo, Sedriano.

E poi il tema dei tesori della mafia nelle mani dello Stato. Si stima che i beni confiscati in Italia abbiano un valore di circa 30 miliardi di euro. E cosa fa lo Stato con questi beni? Sappiamo che dal primo sequestro di un bene all’assegnazione definitiva a un Comune o a un’Associazione possono passare anche 20 anni. Dalla Sicilia alla Calabria fino in Puglia e ancora in Campania, nel Lazio e in Toscana. Alberghi, ristoranti, cave, raffinerie, supermercati. Che fine fanno le aziende confiscate? Su 1708 imprese passate nelle mani dello Stato, solo 60 risultano pienamente attive. Le imprese sequestrate alle mafie falliscono, quasi tutte. Troppo spesso la frase che ricorre è “la mafia ci dava lavoro, è arrivato lo Stato e siamo in mezzo alla strada”.

“IL TESORO DELLA MAFIA” è un racconto di Riccardo Iacona, con Danilo Procaccianti, Rosita Rosa e Andrea Vignali.
 Ospite in studio il procuratore antimafia Nicola Gratteri, che nel passato era già stato ospite della puntata di W L'Italia diretta, oltre ad essere autore di molti libri sul tema di mafia e giustizia come "La giustizia è una cosa seria".
Nell'intervista a Iacona, nel 2007, non si era trattenuto "lo stato ha tradito le aspettative dei magistrati che, dopo la morte di Falcone, scelsero di veniore qui a combattere la mafia".

Alla voce eversione

Un associazione privata, quale è la direzione del Pd, ha sfiduciato il presidente del Consiglio in carica, che ha rassegnato le sue dimissioni senza passare per le Camere.
Il presidente della Repubblica, che pochi giorni prima aveva difeso il governo, le ha accettate.
E per fortuna che siamo una repubblica parlamentare.
Pare che in Italia il potere sia altrove.

E' stata la più veloce crisi extraparlamentare, ma a leggere i giornali sembra che sia successo nulla.
Sono cose che sono sempre capitate nella nostra storia, commentava ieri Scalfari (che per mesi ha difeso il governo Letta dagli attacchi). Anche il primo governo Mussolini è nato così, con la crisi del governo Facta.
Ma non mi sembra un buon auspicio.

E così siamo a tre: tre presidenti del Consiglio che arrivano a Palazzo Chigi non scelti dagli elettori. Monti, Letta e ora Renzi (dopo le inutili consultazioni): per fortuna che in Italia il popolo sarebbe sovrano.
Tre governi, con ministri più o meno diversi ma con le stesse maggioranze (le famigerate larghe intese). E che fin'ora han portato avanti le stesse politiche.

Vedremo ora all'opera turbo Renzi. La crisi lampo richiederà un po' più di tempo.
Ma ora si va di fretta, con coraggio.
Così di fretta che forse salteranno i decreti che scadono a febbraio: Destinazione Italia, svuota-carceri, Milleproroghe, Salva-Roma bis e abolizione finanziamento pubblico ai partiti.

L'ostruzionismo del M5S porterà verrà commentato come atti di eversione e squadrismo.
Mah .. dopo tutto quello che è successo, siamo sicuri che gli eversori siano solo loro?


PS: l'uomo delle primarie, Renzi, farà le primarie per il candidato sindaco di Firenze? Per il candidato presidente in Piemonte?

16 febbraio 2014

I primi cento giorni

Ma quanto durano i primi 100 giorni per i leader politici?
Dei primi 100 giorni aveva iniziato a parlare Berlusconi nel lontano 1994, parlando delle prime riforme del suo governo, in un'intervista a Costanzo
Berlusconi: "Nei primi 100 giorni risolvo il conflitto d'interessi"
Ed ecco che il leader di Forza Italia ingrana la marcia ed espone, punto per punto, la sua visione delle cose. Subito il conflitto di interessi. "Ho preso l'impegno di risolvere la vicenda entro i primi cento giorni. Non consulteremo tre saggi italiani, ma un inglese, un tedesco e un americano. Tre alte personalità che proporranno la forma migliore per risolvere il conflitto tenendo conto della situazione politica italiana".
Tranquilli, poi il conflitto di interessi è rimasto lì, o meglio: il conflitto è finito (anche grazie al centro sinistra, con l'accordo di cui ha parlato Violante) ma gli interessi sono rimasti.

Di cose da fare nei primi 100 giorni (il numero magico), ne parlò anche l'attuale segretario PD nonché futuro premier Renzi, alla Leopolda di Firenze nel 2012
Renzi: conflitto d'interessi entro cento giorni
Anche il sindaco però non risparmia affondi al gruppo dirigente del partito e rispolvera uno dei suoi cavalli di battaglia: «Noi stiamo dimostrando che si può fare politica abolendo il finanziamento pubblico ai partiti. E a chi dice attenzione perché così la politica la fanno solo i ricchi io rispondo che per evitare pasticci si doveva fare la legge sul conflitto d'interessi. I nostri dirigenti ne hanno parlato tanto ma non l'hanno fatta, neanche quando erano al governo. Noi la faremo nei primi cento giorni».
Anche questa volta, lettera morta. Nemmeno i renziani in Parlamento parlano più di conflitto di interessi. Anzi, paradossalmente a tirar fuori questa brutta espressione è stato proprio Letta (il nipote ex presidente del Consiglio): ovviamente la legge per regolare i conflitti di interesse è stata ritirata fuori per ostacolare l'accordo tra Renzi e Berlusconi.

La faranno adesso la legge, direte voi. Ingenuamente.
Perché la maggioranza è ancora quella, forse rinfornzata coi senatori responsabili di FI selezionati da Verdini che appoggeranno il governo. Gli interessati smentiscono, ma a pensar male …
D'altronde B. è stato chiaro: c'è la persecuzione delle tasse, dell'Europa e della giustizia.
Dunque niente ex Cirielli, niente falso in bilancio. Figuriamoci i conflitti di interesse.

I giornali di questi giorni magnificano l'azione (di immagine) del neosegretario:
Renzi al lavoro per il governo, vuole i primi risultati entro 60 giorniIl sindaco di Firenze, ancora nella sua città, prepara la squadra. Via alla partita delle nomine nei vari enti, da Eni ed Enel a Finmeccanica e Poste
Le riforme più urgenti Cento, per dire, erano i punti programmatici della Leopolda. Ma non altrettanti saranno quelli del suo file Excel: il segretario vuole prendere con il Parlamento e i cittadini l'impegno a fare quattro o cinque cose concrete. I capitoli sono lavoro, scuola, tagli ai costi della politica, snellimento della burocrazia e naturalmente riforme. Ciascuno sarà dettagliato in azioni precise. Nel primo Cdm, ad esempio, potrebbe esserci un taglio al cuneo fiscale. Quanto alla squadra, ci sarà un forte ricambio rispetto al governo Letta, anche se gli alleati resteranno probabilmente gli stessi. La formula è: al massimo quindici ministri, tante donne, figure di alto profilo. A palazzo Chigi il segretario immagina una "cabina di regia", viene spiegato, che tenga il polso dell'azione dell'esecutivo. Uno dei primi dossier importanti cui dovrà mettere mano sarà poi quello delle nomine, da Eni ad Enel, da Finmeccanica alle Poste.
Nomine, jobs act, cuneo fiscale, patto di stabilità e rapporto del 3% tra debito e PIL, privatizzazioni …
Per il resto c'è tempo.
Ma quanto durano i primi 100 giorni per i nostri politici?
Per il momento, contentiamoci del toto ministro, con le inquietanti anticipazioni, come quella di Moretti alle infrastrutture.

Quota 33, di Roberta Gallego

Incipit:
All'inizio, quando li vide entrare, non comprese. Era così perfettamente immersa nei chiaroscuri scomposti dei rumori e delle voci, avvolta dalle luci squillanti e dagli odori grevi, che non realizzò subito quello che sarebbe accaduto.
Benvenuti dentro il microcosmo della procura di Ardese: una procura che esiste solo nella fantasia dell'autrice, ma che forse è più reale di molte procure che vengono raccontate in altri romanzi gialli.
Roberta Gallego, sostituto procuratore a Treviso, si è divertita a scrivere questo libro che ha come prima qualità, quella dell'onestà.
Onesto nel raccontare le difficoltà quotidiane che magistrati e personale amministrativo devono affrontare ogni giorno nel loro lavoro: mancanza di risorse e di mezzi, di personale, di tempo.
Onesto nel raccontare pregi (molti) e difetti (altrettanti) di queste persone che, pur svolgendo un compito estremamente delicato, rimangono pur sempre persone: c'è "il magistrato furbo che scarica sui colleghi, l’autista tuttofare, il vecchio pazzo che si costituisce almeno una volta alla settimana, gli amanti del bagno del quinto piano, gli spacciatori di mozzarelle fresche nei garage… ".

Ma ci sono anche personaggi cui è facile affezionarsi: come Alvise Guarnieri, sostituto procuratore ad Ardese dopo anni in Sicilia dentro l'antimafia, l'emblema del procuratore con cui tutti vorremmo avere a che fare semmai dovessimo imbatterci nella giustizia.
E il suo assistente di polizia giudiziaria, il maresciallo Alfano.
Entrambi, il giudice e il carabiniere fanno parte della categoria di uomini delle istituzioni che credono nel loro lavoro, capaci e ostinati nel voler andare fino in fondo.
Personaggi di basso profilo, se vogliamo, lontani anni luce dal modello di pm che ama circondarsi da microfoni in favore delle luci delle telecamere.

Capita a lui il caso di omicidio della povera Oksana, perché di turno in procura.
Oksana Leykova, giovane cameriera romena, con un passato da spogliarellista in un locale di Torino gestito dai Minniti, una famiglia con diversi precedenti di giustizia.
Da Torino era giunta qui in provincia, assieme al fidanzato, Piccioni, rampollo di una famiglia benestante, e qui aveva trovato lavoro in un bar.
Forse aveva messo la testa a posto e forse si era veramente innamorata: questo fino al giorno in cui un commando armato fa irruzione nel bar per una rapina e poi la prende come ostaggio.

«I peccati e gli errori si possono pagare troppo o troppo poco; ma la tua bellezza non ha prezzo, perciò la sconterai sempre e dovunque».
Il prezzo sarà alto per la povera Oksana: viene trovata morta, uccisa, poco lontano dal bar: non solo le hanno spezzato il collo ma hanno perfino infierito sui piedi.
Come se volessero dare un segnale a qualcuno.

La facile e comoda pista (per gli investigatori e per l'opinione pubblica) , che porta verso il mondo delle bande dell'est non convince Alfano e Guarnieri.
Accomunati non solo dal comune spirito di servizio, ma anche dal dolore per i propri figli: Alfano ha perso Sara per una brutta storia di droga. Lorenzo, il figlio di Guarnieri, è a Parigi per disintossicarsi.
Li accomuna anche un buon fiuto investigativo: come mai il commando si dirige proprio su Oksana? Perché viene così vicino al posto della rapina?
Emerge un'altra pista, più difficile da seguire, perché coinvolge il giovane figlio di un potente senatore della repubblica.
Una storia che intreccia politica e mafia, il perbenismo di certe famiglie della borghesia italiana. Che non può essere scalfito dall'ingenuo amore di una bellissima ragazza dell'est.
Guarnieri e Alfano non subiscono vere e proprie minacce: ma le pressioni per arrivare ad una archiviazione del caso, in assenza di prove certe, ci sono. A Roma, nel CSM, come nei vertici della procura, qualcuno è molto interessato agli sviluppi dell'indagine.

Guarnieri imparerà a conoscere la suo Quota 33: è la metafora che insegna lui il vecchio procuratore Speranza, con cui si confida per capire come procedere.
Quota 33 era il cippo che segnava la linea di demarcazione delle linee durante la battaglia di El Alamein, del novembre 1942:
«Quota 33 è molto più di un cippo scavato nella roccia… Per migliaia di italiani che depositarono su quel piccolo altopiano sangue e ingenuità, Quota 33 si fece destino, eternità».
Per poi continuare, sospirando a bassa voce:
«Ai cippi altimetrici si sono sostituiti totem mediatici, volubili e superficiali, come iconografiche puttane di uno scadente immaginario maschili [..] e nel contempo il campo di battaglia non ha più contorni certi, perché non ha più regole rispettate e rispettabili. Resta la Quota 33 individuale , la polarità interiore, il punto fermo esistenziale, sopraelevato nella misura minima necessaria [..]Una quota che impone un tributo, non di sangue ma di coerenza personale, di capacità di negarsi, di defilarsi, di dissociarsi rispetto a un sistema disvalente e moralmente inquinato… » «Si ricordi Alvise, non è la decisione giuridicamente corretta che fa di lei un buon magistrato, ma la sola, tra quelle giuridicamente corrette che sia intellettualmente onesta…; lei dispone di un’ acqua preziosa, ma non infinita. La sparga con buon senso e senso della misura».

Attorno all'inchiesta sull'omicidio di Oksana, vengono raccontanti i casi grandi e piccoli che accadono in procura: un'inchiesta su dei casi di incendio e la caccia al piromane; un truffatore di anziani; un ragazzo con la faccia da Kim Rossi Stuart che violenta un'insegnante; il vecchio pazzo che ogni settimana si presenta in procura per autodenunciarsi; una complessa indagine su un maxi traffico di droga in cui Polizia e Finanza si pestano i piedi.
E poi i personaggi della procura, oltre ai due Alfano e Guarnieri già presentati: il pm toscano sanguigno Teatini; la pm Agostina Arcais, considerata una da evitare per il suo caratteraccio, ma forse più per la sua intelligenza e la sua solerzia; l'indolente Mascherini, che cerca di "sbolognare" agli altri i suoi fascicoli.
E ancora, il mercato nero della mozzarella nei garage del palazzo, gli incontri d'amore nei sotterranei, la lotta tra personale amministrativo per le ferie e per accaparrarsi il materiale.
Come i magnetofoni "Geloso" per registrare gli interrogatori: delle apparecchiature che risalgono ai tempi che furono e che non funzionano mai.

Si ride in questo bel romanzo d'esordio, ma forse sono risate amare, se si pensa che questo è il mondo che gestisce la nostra giustizia.
Soffocata non solo dalle piccole meschinità degli umani, ma anche dall'enorme mole di burocrazia cui i magistrati devono combattere.

Qui potete leggere una breve intervista all'autrice:
La procura di Ardese, dove lavora il suo “collega” Alvise Guarnieri, è sostanzialmente la procura di Belluno? 
«È una cosa che è stata scritta ma che non è vera. La procura di Ardese, che descrivo nel mio romanzo, ha in comune con Belluno soltanto la collocazione geografica. È una città di provincia, che si specchia su un lago e che ha come cornice l’arco alpino. Basta, le similitudini finiscono lì».
Molto spesso il successo dei libri nasce anche dal titolo. “Quota 33” ne è uno accattivante. Ci può spiegare cosa significa?
 
«Quota 33 è il cippo altimetrico che si trova a El Alamein ed era il punto di riferimento convenzionale per i soldati che parteciparono a quella famosa battaglia in Africa. È in sostanza il simbolo della necessità di avere un punto di riferimento. Il protagonista del giallo, Guarnieri, alla fine di un’indagine su un omicidio, su consiglio del suo procuratore capo in pensione, si determina sulla scorta del suo punto di riferimento etico. E fa una scelta etica. In questo caso il punto di riferimento è la coerenza».
Guarnieri, dunque, non è un eroe, come i protagonisti di gran parte dei gialli...
 
«No, non volevo un protagonista eroico e vincente. Lo volevo, però, coerente».
Della stessa autrice è appena uscito un nuovo libro dentro la "procura imperfetta" di Ardese (la più vera delle procure inventate), "Doppia ombra".

Buona lettura!
La scheda del libro sul sito di TEA
Il link per ordinare il libro su Ibs e Amazon

15 febbraio 2014

Banche e mafia, il grande affare di Davide Carlucci e Giuseppe Caruso

Banche e mafia, il grande affare: Come e perché gli istituti di credito aiutano le grandi organizzazioni criminali ad essere la prima azienda del Paese

Incipit
"Giovanni Falcone raccontava spesso che il destino di Boris Giuliano, il capo della squadra mobile di Palermo freddato dal mafioso Leoluca Bagarella nel luglio del 1979, si decise il giorno in cui entrò in una filiale della Cassa di Risparmio di Sicilia a chiedere informazioni su trecentomila dollari depositati da un certo signor Giglio. A rispondere alle domande di Giuliano, quel mattino, c’era il direttore dell’agenzia, il dottor Francesco Lo Coco, cugino di primo grado di Stefano Bontate, il principe di Villagrazia, al tempo boss dei boss di Cosa Nostra. I soldi che Giuliano stava seguendo erano stati depositati dallo stesso Lo Coco con il falso nome Giglio. Quei soldi appartenevano a Bontate. Giuliano era un uomo morto.
Raccontando questo episodio, Falcone voleva far capire come il rapporto tra criminalità organizzata e banche era, resta e certamente sarà il passaggio più importante e deicato per due poteri che spesso si sostengono a vicenda per arrivare allo stesso obiettivo: i soldi."
Seguite il denaro ... Falcone, e prima ancora Rocco Chinnici e Boris Giuliano si erano messi sulle tracce dei capitali mafiosi per combattere i boss della mafia. E le tracce del denaro li avevano portati all'interno dei quei "tempi sacri" che erano e sono le banche.
Falcone, che negli ultimi tempi stava seguendo una traccia dei capitali che passava dal sud al nord, è saltato in aria a Capaci. Rocco Chinnici è morto per una autobomba in via Pipitone. Boris Giuliano, lo sceriffo che si era messo in testa di scoprire le vie del riciclaggio mafioso dei proventi del traffico di droga, fu ucciso da Luchino Bagarella nel luglio 1979.
Pio La Torre, il segretario PCI fu ucciso anche per la sua proposta , poi diventata legge Rognoni La Torre, che prevedeva oltre all'introduzione del reato 416 bis (associazione mafiosa) anche la confisca dei beni per i mafiosi.

Questo ci dice quanto sia stategico per le organizzazioni mafiose il tema della difesa dei loro capitali.

Senza l'aiuto della politica, la mafia non sarebbe riuscita a penetrare così a fondo nel tessuto sociale ed istituzionale. Senza la tolleranza e le coperture e le connivenze vere e proprie, sarebbe rimasta una organizzazione criminale.
Ma senza l'aiuto delle banche, di banchieri infedeli, le mafie non sarebbero state in grado di conservare le loro fortune, di nasconderle al fisco e alla giustizia, persino di farle fruttare fino a renderle indistinguibili da capitali "puliti".
Il frutto del traffico di droga, dell'estersione e dell'usura.

Questo libro, che non vuole essere un attacco alle banche in generale, ma solo ai banchieri disonesti, mette però in evidenza questo legame tra banca e mafia. Prestiti e mutui concessi senza troppi controlli, senza chiedersi chi si nasconda dietro una certa impresa, come possa quell'imprenditore rientrare nel debito.
Il tutto mentre, in questi anni di crisi, i prestiti delle stesse banche ai comuni mortali e agil imprenditori onesti sono diminuiti di botto.

Quali le cause di questo intreccio perverso e come fare per contrastarlo?
I due autori ripercorrendo i 150 anni della nostra storia (dall’omicidio di Emanuele Notarbartolo presidente del Banco di Sicilia, alla vicenda della banda privata di Sindona) e, in particolare, vicende giudiziarie degli ultimi anni , cercano di dare una risposta a queste domande.
I limiti nel regolamento antiriciclaggio delle banche sono: scarsa collaborazione di istituti di piccole dimensioni e di filiali di banche estere, mancanza di uniformità tra gli ordinamenti europei, l'impossibilità per l'UIF (Unità informazione della banca d'Italia, l'organi che riceve le segnalazioni da parte delle singole banche) di accedere ad altri registri ad accedere agli organismi investigativi per approfondire le segnalazioni domestiche (mentre può farlo per le richieste delle UIF estere) , sanzioni troppo basse con troppa discrezionalità tra sanzione minima e massima.

Vediamo i capitoli del libro
Una vecchia storia: si parte dal racconto di Falcone su Boris Giuliano, nell'incipit: l'intreccio banche e mafia è uno dei motivi che ha portato al successo della criminalità organizzata nel nostro paese.
"Le quattro grandi mafie italiane, fatturano assieme 140 miliardi di euro all’anno, pari a circa il 9% del Pil italiano": tra le cause di questa enorme ricchezza, che mette a rischio la salute della democrazia, stessa vi è certamente la responsabilità delle banche. Per i limiti della legge dl 231 del 2007 (e gli accordi di Basilea): troppo blande le sanzioni, troppo complesso il meccanismo delle segnalazioni delle singole banche (che possono anche non fare alcuna verifica sui loro clienti, rischiando solo una sanzione), la ricerca del solo profitto da parte dei dirigenti degli istituti (senza tener conto di principi di etica e trasparenza).

Il risultato è che mentre le piccole imprese soffrono la crisi per la mancanza di liquidità, le imprese della mafia la crisi nemmeno la sentono. Colpa anche di un sistema bancario che è stato lasciato crescere troppo, diventando così, per il legislatore e per banca d'Italia, troppo difficile da controllare (se anche avessero veramente voglia).
Scrivono gli autori che "in Germania abbiamo banche nane e aziende giganti: in Italia banche giganti e aziende nane". E anche questo è un brutto spread.

- Banche e controllo del territorio "banche come lubrificante di ingranaggi difficili da muovere": Si parla del rapporto tra ndrangheta, mafia camorra e istituti di credito.
Rapporti dove il confine tra banchieri e criminale è veramente labile: specie nei piccoli paesi dove tutti si conoscono e non si può far finta di non sapere chi è la persona che ti sta di fronte e a cui stai prestando centinaia di migliaia di euro.
Nel capitolo si racconta la vicenda del boss Crucitti, in Calabria:
"Nell’ambito dell’inchiesta Raccordo-Sistema, il gup ha rinviato a giudizio quattordici persone, tra cui il boss Santo Crucitti, il direttore dell’agenzia della Banca Popolare di Lodi, Francesco Gullì, gli amministratori occulti della Planet".
- Come si accede al credito: "notabili e politici hanno spesso goduto di un trattamento di favore che a volte non aveva nulla a che vedere con la capacità di restituire i prestiti e con la trasparenza".

Secondo l'accordo di Basilea II "le banche devono adesso valutare la capacità storica e futura, da parte dell’impresa, di generare liquidità, la struttura patrimoniale, la flessibilità finanziaria, la qualità dei ricavi".
Questo nella teoria: le banche che lesinano i prestiti alle famiglie e alle piccole imprese sono quelle che hanno preso centinaia di miliardi dalla BCE: miliari che "le banche li hanno usati per ripianare i propri debiti con acquisti di titoli di Stato, che hanno comprato in un buon momento con tassi alti ma che si sono svalutati".Ma questa crisi dei mutui non vale per politici, massoni, vip: si citano nel capitolo i casi di "Denis Verdini, presidente fino al 2010 del Credito Cooperativo fiorentino [..] chiede a Mussari di intervenire per concedere altri dieci milioni, oltre ai 60 già accordati da Mps, sui 150 totali [..] i rapporti tra Credieuronord e Lega, che aveva un interlocutore anche in Massimo Ponzellini, di Banca Popolare di Milano, finanziatore del democratico Filippo Penati".

- Saluti dalla Thailandia: la storia della residenza per studenti in via Malipiero a Milano.

- La gara truccata: il caso Chiriaco/Introini
Introini, vicedirettore del Credito Cooperativo di Binasco è finito a processo per una speculazione: è stato poi condannato per aver truccato una gara pubblica in favore di una azienda che dietro avrebbe Carlo chiriaco (arrestato dopo operazione Infinito), il manager della Asl, vicino all'ex assessore Abelli.
Chiriaco, considerato dai pm il raccordo tra clan e politica si getta in questo affare: la costruzione di villette (dopo che la prima impresa costruttrice era fallita) su un terreno comunale a Borgarello, schermando il progetto dietro la società Pfp, e vincendo l'appalto grazie all'aiuto del sindaco, dell'avvocato liquidatore e del banchiere.
"Sono andato dal sindaco di Borgarello… Sono andato lì e per quanto riguarda la gara d’appalto delle quattro villette… io gli porto due buste" si dicono i protagonisti della storia al telefono.

- Che banca: l'incredibile ascesa dell'ex presidente Massimo Ponzellini dentro BPM. Gli affari e i prestiti pericolosi alla BPlus Atlantis di Francesco Corallo (figlio del boss Gaetano mafioso) con sede in un paradiso fiscale.
I prestiti agli amici politici, la banca usata come Bancomat, i rapporti con la Bplus: una vicenda già raccontata da Report "La banca degli amici" : "dalla finanza rampante alle società in mano a personaggi border line con la criminalità organizzata, dall'immancabile politica a fare da amalgama fino alle banche chiamate afornire il lubrificante affinché tutto funzioni: i soldi".

- Beni confiscati: "una brutta storia di incoerenza. E' quella dei beni immobili confiscati alle mafie e bloccati dalle banche, che su quegli stabili fanno valere le loro ipoteche dopo aver finanziato (in buona o in cattiva fede) criminali di vario genere".

Si parte dalla legge Rognoni La Torre, per arrivare alla legge 109 che prevede un uso sociale dei beni confiscati alla mafia.
Ma con la riforma del 2010, dentro la legge finanziaria, nasce l'Agenzia dei beni confiscati e sequestrati: una struttura senza personale, per cui alla fine i beni deperiscono.

- Lampada e gli altri
La storia scandalosa dei prestiti ottenuti dalla famiglia Lampada, dalla BNL: 1,5 milioni di euro. "Ma chi l'ha detto che ottenere un prestito da una banca è così difficile? "
Mentre si concedono meno prestiti e con maggiori vincoli alle imprese oneste, sembra che per gli imprenditori criminali (che hanno fatto soldi con la violenza, l'usura, l'intimidazione ai commercianti onesti) la crisi dei mutui non esista.

- Il mutuo al camorrista
A San Sebastiano al Vesuvio, la storia dei prestiti e dei mutui concessi dal credito popolare di Torre del Greco ai re della carne, i fratelli Simeoli, affiliati al clan Alfieri della NCO.

- Arner bank
Zummo, un costruttore edile, Nicola Bravetti, il vicedirettore della Arner Bank, Paolo del Bue, dirigente della banca e l'avvocato Sciumè.
Una storia di riciclaggio, mafia nella banca dove il conto numero uno era intestato all'ex presidente del Consiglio, raccontata anche qui da Report "La banca dei numeri uno".

- Pecunia olet
Ma c'è anche chi dice no: la storia di banca etica, i suoi valori e la sua missione. Traparenza, flussi di denaro tracciati, prestiti concessi dietro una rigorosa indagine sul cliente e sul fine per cui questo denarò verrà impiegato.
Non dovrebbe essere difficile per le banche, contrastare il riciclaggio e aiutare veramente la sana economia reale.
Occorre la volontà, da parte degli istituti, di non perseguire solo il profitto.
Il finale amaro, col commento di un magistrato che spiega come ragionano i vertici degli istituti: "Per loro le operazioni spericolate, gli scandali, i rapporti coi boss, sono una voce già prevista nel bilancio reale delle loro attività. Sono già perfettamente a conoscenza del rischio economico che corrono nel caso in cui qualcuno scopra le loro malefatte, e per questo hanno una previsione di possibili perdite - le spese legali per pagare i migliori avvocati, le campagne per rilanciare il nome ..".
Ovviamento, scrivono gli autori "questo fino a quando il sistema legislativo non avrà deciso di far pagare sul serio, ai custodi del nostro denaro, la responsabilità di aver permesso che i risparmi di cittadini onesti possano mescolarsi con le ricchezze di chi trae profitto dalla violenza, da sopruso e dalla morte".

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La scheda del libro sul sito di Ponte delle Grazie