08 febbraio 2015

La buona scuola

Vi ricordate le tre I di Berlusconi? Una di queste era la I di informatica: ebbene, Gian Antonio Stella in un articolo uscito sul Corriere racconta come in Italia solo 38 istituti siano stati completamente informatizzati. Per completare il processo per i restanti 8519 , di questo passo serviranno altri 437 anni....
Dopo le mirabolanti promesse di un fantastilione di triliardi siamo messi così: le «scuol@2.0» all’altezza delle sfide digitali mondiali sono in Italia 38 su 8.519. Di questo passo, accusa Tuttoscuola, occorreranno «437 anni per digitalizzarle tutte». È una sconfitta epocale. Che la dice lunga sulle indecorose panzane che ci sono state rifilate per anni. Per capire la sproporzione abissale tra le rassicurazioni, gli impegni, i giuramenti del passato e il panorama di oggi è necessario fare un passo indietro. A partire da un’Ansa del 1988 in cui l’allora ministro della Pubblica istruzione Giovanni Galloni già invitava a tener conto della «rivoluzione informatica».[..]L’anno dopo, miracolo! Nel novembre 2001, entusiasta di compiacere Berlusconi che aveva fatto la campagna elettorale sulle tre «I» di Internet, Inglese, Impresa, il ministro Letizia Moratti assicura trionfante: «Gli obiettivi fissati per il 2001 dal piano europeo sulla diffusione delle tecnologie informatiche nella scuola sono stati raggiunti. Quasi tutte le diecimila scuole italiane risultano oggi collegate in Rete: in particolare la totalità delle superiori, il 96% per cento delle medie e il 91% delle elementari». Bum! E non è finita, assicura la maga Letizia: «Per il 2002 il nostro obiettivo è realizzare un collegamento Internet in tutte le classi e la creazione di specifici servizi di supporto informatico alla didattica». Di più ancora: «Entro il 2004 uno studente su due avrà a disposizione un personal computer». Testuale. Ansa.

Ma fossero solo questi i problemi delle scuole pubbliche del nostro paese.
Soffitti e intonaci che crollano mettendo a rischio l'incolumità dei ragazzi. La presenza dell'amianto nelle strutture: ad Inverigo, alla scuola media, per rimuovere la copertura di amianto, il gruppo consiliare di opposizione ha dovuto scrivere al prefetto.
Insegnanti non sufficienti a coprire tutta la didattica: all'isola di Vulcano non si possono fare tutte le ore di lezioni per mancanza di personale. Un caso limite?
E gli insegnanti di sostegno?
E i genitori che devono venire incontro alle carenze di materiale scolastico facendo delle collette oppure organizzando delle tombole (a Como, in una scuola elementare)?
Non ci sono soldi.
Questa è la risposta che si sente dire: non ci sono soldi per mettere in sicurezza, per pagare bene gli insegnanti e premiare i meritevoli (e costringere gli insegnanti a migliorare la loro preparazione), per il materiale ..
L'ex ministro dell'istruzione Gelmini (quella che si faceva togliere le multe con richieste al prefetto su carta intestata dal ministero) in un intervista aveva detto che la scuola in Italia era stata usata come ammortizzatore sociale, per dare un posto a troppe persone. E che era anormale in un paese avere più bidelli che carabinieri.
Forse ha ragione.
Ma poi, quando si scopre di come sono stati usati i soldi pubblici del ministero, per esempio con lo scandalo delle pillole del sapere (lo ha raccontato Report), si capisce che la verità è un'altra.
La scuola pubblica e l'istruzione pubblica non sono mai stati considerati come dei cardini dalla nostra politica.
Eppure per tutti gli italiani, la scuola è uno dei primi incontri con le istituzioni: istituzioni che si presentano così. Strutture fatiscenti, che cadono a pezzi, senza materiali e con insegnanti non sempre motivati.
In questi anni di crisi, è successo che mentre i soldi alla scuola pubblica venivano tagliati, i soldi per le scuole paritarie (senza oneri per lo Stato) venivano mantenuti.
Col risultato di arrivare a situazioni come quelle della Lombardia, dove la dote scuola per le private è proporzionalmente superiore ai contributi per la scuola pubblica.
E non succede solo in Lombardia, dove CL ha un ruolo importante. Anche a Bologna, nella roccaforte rossa, il referendum sulle scuole paritarie è stato boicottato dal PD locale.
Il risultato di questa politica di tagli e cattiva gestione dei fondi pubblici è che oggi l'Italia è ultima, tra i paesi OCSE per spesa pubblica in rapporto al Pil.

Di scuola, anzi di buona scuola, si occuperà Presa diretta nella consueta inchiesta di questa sera: si parlerà della riforma della scuola (l'ennesima) del governo Renzi, delle emergenze nelle scuole, dei precari e mostrando anche delle realtà di eccellenza, proprio nel sud del paese.
Sapremo premiare questi insegnanti?

A PRESADIRETTA un'inchiesta sul progetto di Riforma del governo Renzi “La Buona Scuola” per capire cosa c’è di vero nelle critiche di studenti e insegnanti, che lo hanno contestato in tutto il paese.GUARDA IL PROMOUn viaggio nelle emergenze che investono la Scuola pubblica italiana. Mancanza cronica di denaro, i problemi legati alla sicurezza degli edifici scolastici, il sovraffollamento delle aule. Le nostre scuole sopravvivono ormai solo grazie all’intervento economico dei genitori: il cosiddetto “contributo volontario” è diventato la prima voce di bilancio degli istituti pubblici. Lo Stato infatti è ancora “debitore” nei confronti delle scuole di ben 580 milioni di euro.PRESADIRETTA è andata a visitare anche le buone scuole che esistono già. Dal nord al sud del paese, sono nate esperienze scolastiche d’eccellenza, innovative nella didattica e nell’impegno di studenti e insegnanti. Realtà cresciute dal basso e senza aiuti pubblici.Le telecamere di PRESADIRETTA sono entrate nel mondo dei Precari, che sono al primo punto della Riforma della Scuola. Il Progetto del governo Renzi dice: “Mai più precari nella Scuola”. E’ davvero così?A PRESADIRETTA un intervista in esclusiva a Yanis Varoufakis, economista e ministro delle Finanze della Grecia nel governo Tsipras.LA NOSTRA SCUOLA” è un racconto di Riccardo Iacona con Alessandro Macina ed Elena Stramentinoli.

Presa diretta si era occupata di scuola (e dei tagli) nel 2010 nell'inchiesta "Scuola fallita":  stiamo assistendo ad una sorta di lotta di classe al contrario, con una scuola (e una sanità) a due velocità. Per ricchi e per meno ricchi.
Il tutto per arrivare ad un paese a due velocità. Dove non esiste possibilità per emanciparsi da una situazione familiare di partenza sfavorevole. Dove "io sono io e voi non siete" ..

Sul Fatto Quotidiano un'anteprima dell'intervista al ministro greco dell'economia Varoufakis 
“Dei funzionari italiani, non vi dico di quale grande istituzione, mi hanno avvicinato per darci solidarietà, ma non possono dire la verità perché anche l’Italia è a rischio bancarotta e temono conseguenze da parte della Germania. Una nuvola di paura negli ultimi anni ha avvolto tutta l’Europa, stiamo diventando peggio dell’ex Unione Sovietica”. Così il ministro delle Finanze greco Yanis Varoufakis in un’anticipazione dell’intervista esclusiva rilasciata a Lisa Iotti di Presadiretta (Rai3 – in onda domenica alle 21,45) . “Noi greci non abbiamo il monopolio della verità – spiega l’economista -, ciò che possiamo fare per il resto del’Europa e specie per l’Italia di aprire una porticina verso la verità, non possiamo noi trovare la verità, ma possiamo aprire la porta e fare in modo che voi possiate raggiungerci, in questo modo – continua – potremmo passare tutti dall’attuale oscurità dell’austerity verso la luce di un dibattito europeo razionale e ragionevole”. “La soluzione per uscire dal ‘guado’ economico? Noi proporremo che l’Europa intraprenda un New Deal, come Rosswelt nel 1933, un New Deal per l’Europa, finanziato dalla Banca europea per gli investimenti, che deveaumentare di 10 volte i capitali fino ad ora investiti. Sono idee che interesseranno l’intera Europa. E  - conclude Varoufakis -prima o poi la signora Merkel dovrà sedersi ad un tavolo con noi e spiegarci perché le nostre proposte non vanno bene”

2 commenti:

Giorgio Banaudi ha detto...

Ma non sarebbe ora di citare la Costituzione così come è stata scritta, non tagliuzzando a caso? Ad esempio, il 'classico' refrain del "senza oneri per lo stato" si riferisce espressamente al diritto di istituire scuole. Non c'entra nulla con la frequenza e il resto, come se gli alunni che la frequentano cessassero di essere cittadini italiani ...
Sarà per questo che l'Italia è ultima in Europa (insieme alla Grecia), per quanto riguarda la possibilità di scelta?

alduccio ha detto...

Quella della scelta è semplicemente un'ipocrisia: chi ha i soldi per una scuola privata non ha bisogno di quei soldi. Sono soldi che invece servirebbero ai ceti meno abbienti, per le borse di studio ai meritevoli, per il materiale delle scuole.
Non raccontiamo sciocchezze: se uno vuole iscrive il figlio ad una scuola paritaria nessuno lo vieta.
Aldo