16 febbraio 2015

Presadiretta – terra nostra

Presa diretta si è occupata nel servizio di ieri delle culture intensive, dello sfruttamento dei terreni, del settore biologico in crisi per colpa dei residui che vengono ritrovati nel fieno che si da alle bestie.
Vogliamo nutrire il pianeta ma non sappiamo più prenderci cura dei terreni, non sappiamo più rispettare gli equilibri della terra, che non può essere sempre sfruttata in nome del profitto.
Raffaella Pusceddu è andata in Trentino, nelle zone della mela Doc: qui la monocultura della mela ha portato ai filari degli alberi fino in cima alle colline.
Per spingere al massimo la produzione i contadini del consorzio usano pesticidi, che i sindaci della zona hanno poi vietato.
A Malles è stato un referendum ha bloccare l'uso delle sostanze chimiche, che non sono finivano nell'aria, ma anche nel cibo, con tutti i problemi per la salute delle persone. Anche per i figli dei produttori di mele.
Nonostante le minacce, le pressioni, il 76% dei cittadini qui ha detto no: da una parte l'associazione dei produttori di mele che ha cercato di rassicurare le persone. Ci sono protocolli da rispettare, non è vero che si rilevano residui di pesticidi. La APOT garantisce l'ecosistema e che i loro associati usano i fitofarmaci al minimo indispensabile.
Dall'altra parte la filiera del biologico, che rischiava di chiudere: in una valle ventosa, come fai ad essere sicuro che i prodotti usati su un versante, non arrivino dappertutto?
Bisogna trovare una via tutti assieme, diceva uno di questi allevatori. Anche puntare sulla monocultura è rischioso, anche se profittevole nei tempi brevi. Che succede se la domanda di mele crolla all'improvviso?

Stesso discorso per le monoculture di mais, che impoveriscono i terreni.
Le monoculture stanno facendo morire la terra: sono terreni stanchi, che perdono la loro fertilità per colpa di culture intensive associate a fertilizzanti e pesticidi. Per aumentare la produttività dei terreni. Per ripristinare i terreni servono anni, dice un professore dell'università della Tuscia, il prof. Valentini. Quale è il PIL della terra?
Tutto questo è valutato in 50000 miliardi di dollari, un valore confrontabile coi 70000 mila miliardi del PIL di ricchezza mondiale.
La biodiversità ha un valore, anche per l'industria alimentare, ma di questo non si tiene conto nelle finanziarie dei governi.
Serve un piano nazionale di difesa del suolo agricolo: i terreni che andiamo a toccare sono già poveri e se noi distruggiamo questo valore, perderemo anche l'altro pil economico.

Gli schiavi della terra a Latina.
L'agricoltura è anche una scena dove vengono violati i diritti di migliaia di persone: nel 2015 a pochi km da Roma ci sono storie come quelle raccontate da Antonella Pusceddu.
Sono le storie dei braccianti indiani, indispensabili nella produzione del cibo: persone che prendono 40 euro ogni 1000 ravanelli raccolti a mano.
Nei campi a raccogliere la verdura, si trovano per lo più sono stranieri campi, ma ci sono anche delle italiane.
I braccianti, per contratto, dovrebbero lavorare massimo sei ore, invece lavorano anche dieci ore, per 3 euro all'ora.
Uno di questi ha raccontato la sua giornata alla giornalista: a fine giornata ti senti morto, vieni insultato e siccome lavoro non c'è, devi accettare tutto. Anche le umiliazioni del caporale, che si trattiene un terzo della paga.
Mezz'ora di pausa, padroni che schiavizzano i lavoratori: siamo tornati agli anni '50, coi foglietti scritti a mano compilati dal padrone.
Ci sono anche buste paga false, perché indicano molte meno ore di lavoro.
I 12000 indiani sick sono un serbatoio di lavoratori che nemmeno vengono pagati: uno sfruttamento da schiavi da parte dei padroni. Che fine han fatto gli ispettori del lavoro, i sindacati?
I braccianti sono considerati come animali: in una intercettazione due padroni dicevano che gli anziani vanno lasciati a casa e i giovani vanno sfruttati per due anni al massimo.
Mercato di Fondi: è uno dei più grandi d'Italia, ma qui la domanda è crollata e così anche i prezzi per il contadini. La crisi interna ha messo in ginocchio le aziende agricole che qui facevano la fortuna. E ora è finito tutto con la crisi.
I broccoli nemmeno conviene raccoglierli, perché si vendono a 30 centesimi, nemmeno conviene prenderli.
E anche questo è lo specchio dell'agricoltura in Italia, con cui vorremmo nutrire il pianeta.

La nuova stazione della TAV a Firenze.
Presa diretta si era occupata della stazione di Firenze nel 2013, con l'arresto della Lorenzetti di Italferr: ma sono passati due anni e il cantiere sotto Firenze è rimasto fermo.
La Lorenzetti premeva sulla commissione del ministero dell'ambiente, per far si che la terra dei cantieri non fosse considerata terra da trattare, con un bel risparmio per le aziende.
La talpa è ferma da un anno e mezzo, perché dopo l'inchiesta il ministero ha sospeso il piano per le terre, perché serve capire dove mettere la terra in sicurezza.

Ma nonostante il fermo, i costi sono saliti di altri 528 ml euro e non si è costruito quasi nulla.
Il presidente di FS Elia ha rassicurato il giornalista Danilo Procaccianti: vedremo se pagare questi milioni a Nodavia.
Il lavoro del CNR sarà completo a giugno, entro settembre ottobre si ripartirà coi cantieri.
Moretti, l'ex presidente (ora in Finmeccanica) si era preso l'impegno con Rossi, il presidente della Toscana, di finire i lavori entro il 2014.
Il presidente della regione è furioso, perché i treni dell'AV fanno da tappo per i treni dei pendolari: si sono spesi tanti soldi per l'AV, qualcosa non ha funzionato.

Sono le forme contrattuali il problema: spingono a far durare il più possibile i lavori per prendere più soldi, c'è tanta corruzione dietro gli appalti. L'AV è una delle opere più costose in Italia: 61 ml al chilometro, mentre in Francia siamo a 10 ml.

L'intervista a Riccardo Fusi e la storia dell'appalto a Firenze: è stato condannato per l'appalto per la scuola marescialli a Firenze, dove è stato considerato uno degli imprenditori della cricca della protezione civile di Bertolaso.
Fusi chiamava Verdini, per gli appalti, anche se non ne ha mai vinto uno: perché, come ha spiegato al giornalista, chi ha l'amico più potente e che fa parte del sistema, vince.
Come a Venezia col Mose: dove trovavi certi uomini che rispondevano alla politica, che decidevano a chi dare l'appalto.
Fusi accusa il mondo della cooperativa rosse, spiegando che questo sia un sistema protetto: ci sono sempre nei grandi appalti. Poi non lamentiamoci se le opere durano tanto e costano sempre di più.
Si vincono gli appalti costruiti su misura con gare al minimo ribasso, e poi si mettono in progetto delle varianti supplettive per sistemare il prezzo.

E sono opere che si mangiano i terreni su cui dovremmo coltivare il cibo per l'uomo. E il problema è sempre lo stesso.

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