28 maggio 2015

La verità sulla strage (e sulla nostra storia)

Manlio Milani, mentre soccorre la moglie Livia dopo lo scoppio della bomba in piazza della Loggia
La storia della bomba di Brescia, la strage di piazza della Loggia è stata raccontata in un bel libro da Benedetta Tobagi ("Una stella incoronata di buio").
L'incontro con zio Manlio Milani, marito di Livia, una delle vittime che quel maledetto 28 maggio era in piazza, in una manifestazione antifascista organizzata dai sindacati.
Dopo le bombe di Milano e dopo le altre bombe che esplodevano sui treni, davanti la Questura a Milano .. Bombe che creavano terrore, che dovevano spingere verso la svolta autoritaria o, forse, che dovevano impedire il cambiamento, l'emancipazione di un paese costretti a vincoli politici ben precisi (la guerra fredda, Yalta).
Benedetta racconta delle spinte ideologiche che portavano gente come Livia e Manlio (lei insegnante, lui operaio) a manifestare in difesa della democrazia, per una scuola aperta, moderna.
Dal diario di Alberto Trebeschi, insegnante come Livia, come Clem:
“Ritengo che si possa veramente portare innanzi la lotta per una società migliore, più giusta e più colta, passando attraverso le battaglie con la decisione che può nascere soltanto dalla consapevolezza di contribuire a una causa profondamente umana e giusta. Io cerco di dare tutto ciò che è nelle mie possibilità, ben consapevole dei miei limiti angutissimi, ma altresì orgoglioso di poter collaborare ad una lenta ma continua trasformazione della società verso il riconoscimento dei veri valori ideali e sociali”.Pagina 125
Ma nel libro ci sono interi capitoli dedicati al contesto: il compromesso storico, le bombe e gli attentati dei gruppi di estrema destra:
Tra il 1973 e il 1974, quando Ordine Nuovo viene messo fuori legge, l'area di cui parla Vinciguerra subisce un'ulteriore mutazione. La strage di Brescia matura in questo contesto, nel cuore di una destra radicale che indossa nuove maschere ma che ha sempre lo stesso scheletro. Una rete di ragazzi e di uomini ormai ben addestrati e pronti a tutto, perché non hanno davvero niente da perdere,e sono carichi di esplosivo fino ai denti.Hanno cominciato ad accumularlo fin dagli anni sessanta. Anfo, plastico, tritolo, gelignite, dinamite in pacchetti, cilindri, mattonelle, scaglie, granuli scuri, perle rosate, candelotti, trasportato in valigie, immagazzinato in santabarbare, garage, armadi, sottoscala, appartamenti, ristoranti, chili, quintali, tonnellate. Un fiume di esplosivo scorre per anni inosservato lungo la traccia pulsante di arterie nascoste che irrora tutto il paese, il vero granchio d'ombra, il più pericoloso.Pagina 290
Delle coperture di parte dello stato. 
Dietro il silenzio c'era Maletti. C'era Del Gaudio. C'erano i «plurimi atti abusivi» di Delfino.Dietro il silenzio c'era non un gruppo, ma un grumo di potere, come lo definisce il giovane Andrea [un avvocato della parte civile] nella sua arringa. Qualcosa che blocca e ostruisce il funzionamento dello Stato e della giustizia secondo le regole costituzionali. Il vero segreto di Stato era il silenzio. Lo è ancora. Ma questo silenzio è possibile romperlo senza bisogno d'interventi dell'esecutivo. Sta tutto scritto in documenti accessibili al pubblico.Seduti sulle macerie della storia, bisogna avere il coraggio di fissare l'abisso, fino in fondo, come dice sempre Manlio, cercando le radici da estirpare. Di solito si parla di «deviazioni» all'interno dei servizi segreti e delle altre forze di sicurezza. Espressione rassicurante, ma inesatta, quanto le grida a indirizzo del «segreto di Stato». Come si fa a parlare di «deviazioni», quando sono coinvolti i vertici del Sid? Quando le attività di copertura, di protezione, di inquinamento probatorio a opera dei carabinieri si ripetono in modo sistematico?Pagina 377
I servizi deviati e i depistaggi.
Dire «le stragi le hanno fatte i servizi», a sottintendere che il terrorismo di destra di destra non c'entra, è una comoda scappatoia. Senz'altro è vero, e alcuni ex terroristi l'hanno raccontato, che la galassia della destra eversiva si è sentita usata e poi scaricata dai padrini nascosti nelle forze di sicurezza statali, quando fu evidente che l'«ora X» del colpo di Stato non sarebbe mai arrivata, perché allo status quo bastava l'intentona. Ma è troppo comodo, da parte di chi militava in quel mondo, proclamare la propria estraneità sulla base del seno di poi, l'evidenza che le stragi hanno stabilizzato il potere in senso neocentrista. I servizi erano coinvolti in una partita giocata dalla destra eversiva. Ci hanno creduto davvero, e a lungo, i camerati che a furia di botti e attentati, sarebbero riusciti a innescare una svolta autoritaria.Pagina 288
Del partito di governo, quello della barra al centro, che non ha saputo proteggere i suoi cittadini. Dalle stragi e dai tentativi di golpe:
Il 1974 marca una cesura netta, non solo nella loro vita e in quella della città. Per il sindacato, nonostante lo strapotere apparente, comincia una lenta, inesorabile autolisi. La crisi economica pesa, ma i ritardi culturali saranno fatali. La sinistra istituzionale si avvita su se stessa, il Pci si logora nella mediazione tutta politica e istituzionale con la Dc e abbandona a se stessa la pressante domanda di cambiamento che monta sempre più forte dalla società. A Brescia è la bomba a troncare ogni stagione di speranza. Sul resto del paese, calerà ad asfissiarla lo sfacelo del terrorismo rosso.Pagina 147 
Ecco, sono d'accordo col presidente della Repubblica Mattarella quando parla di senso di sconforto: "E' sconfortante che, ancora oggi, dopo 41 anni, non siano stati individuati e puniti i responsabili di tanta barbarie".
Ma abbiamo ancora una possibilità, forse l'ultima, per il processo di appello sulla strage, a Milano.
Alcuni imputati sono andati assolti, altri sono morti. Alla sbarra ora sono rimasti il medico Carlo Maria Maggi reggente di Ordine Nuovo e la fonte del Sid Tramonte.
Questo governo aveva voluto lanciare un messaggio chiaro, sui segreti di stato: apriamo tutti i cassetti.

Ogni volta, alle celebrazioni di Capaci, di piazza Fontana, di Brescia, si parla di fare luce su tutti i misteri, di dare giustizia alle vittime.
Ecco, abbiamo almeno per Brescia la possibilità di dare una verità giudiziaria.
Perché la verità storica la conosciamo, basta volerla vedere.
Basta con queste stragi nascoste sotto il tappeto, per cui si rischia la retorica della memoria, dell'assuefazione alle morti:
L'Italia delle stragi mi fa pensare a una famiglia borghese che nasconde segreti innominabili come un abuso, un incesto o altri crimini vergognosi. Se anche il segreto viene alla luce e il velo d'ipocrisia si squarcia per un momento, ben presto lo schermo si ricompatta. Tutti cercano strenuamente di negare, di nascondere, di tacitare, di minimizzare la propria complicità fino all'ultimo istante, e dopo, denudati davanti all'oscena irrefutabile evidenza, si affrettano a coprire il tutto, relegando la tragedia fra i panni sporchi da non lavare in pubblico. La vita deve continuare. Bisogna salvare la famiglia, le apparenze, il buon nome delle istituzioni, la ragion di Stato. Bisogna capire. Era una situazione particolare, c'era la guerra fredda, i colpevoli – chi sono poi? - agivano nell'interesse superiore della sicurezza nazionale, meglio una manciata di morti casuali che decine di migliaia in una guerra civile. Voltiamo pagina.In questo meccanismo perverso le vittime sono condannate a una solitudine infinita.Il trauma delle stragi impunite, confinato nel silenzio, coltiva un tumore nel corpo della società.

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