21 luglio 2015

Eroi senza nome – Emanuela Loi

Ogni uscita potrebbe essere l'ultima, ogni volta quella da ricordare. Lo sanno, eccome, gli sbirri dentro la blindata, ma il giudice non può essere abbandonato. È la loro personale speranza di un Paese intero che invece sembra far di tutto per dimostrare che e se ne frega di loro e del loro giudice.Ma loro credono che la vita vada onorata, con la dedizione che merita la divisa della polizia di Stato, con la passione di chi coltiva degli ideali propri, forse non infallibili ma pur sempre autentici.

Emanuela Loi è il secondo eroe senza nome, di cui parla il libro di Maurizio Lorenzi.

La prima donna poliziotto a morire in servizio: assieme agli agenti Traina, Catalano, Li Muli, Cosina e
al giudice Paolo Borsellino, fu uccisa dall'autobomba piazzata dalla mafia (e forse non solo della mafia) in via D'amelio, il 19 luglio 1992.
La storia di Emanuela, che poteva diventare una maestra d'asilo se solo il destino avesse preso una direzione diversa, è raccontata dalla sorella Claudia.
Che era in vacanza in trentino quando seppe la notizia: il racconto che fa la sorella di quelle ore angosciose, ha dell'assurdo.
La difficoltà nell'avere notizie sulla sorella da parte dello stato, il viaggio prima in Sardegna (dai suoi) e poi a Palermo. Non all'ospedale dove pensavano di trovare Emanuela ferita. Ma al Tribunale, con davanti quelle bare di legno e la bandiera.

Emanuela era appena entrata nella scorta di Borsellino: dopo Capaci il reparto scorte aveva bisogno di nuovi elementi. Arrivò lei: così giovane che il giudice stesso chiese al caposcorta di sostituirla. Sapeva, Borsellino, che toccava a lui. Sapeva anche che la scorta non fosse affatto un deterrente per la mafia.
Emanuela era troppo giovane per morire:
Borsellino si sporge in avanti, appoggiandosi al sedile anteriore. È quasi costretto ad urlare, per via del frastuono della sirena.
«Quanto tempo rimane con noi la ragazza?»
 
«Chi? Manuela? Solo un paio di giorni, il tempo che il collega faccia rientro dalla malattia».«Bene, sostituitela non appena possibile. È troppo giovane. Quanti anni ha di servizio?» 
«Credo quattro anni, dottore». 
«Appunto! Tu sai come la penso». 
«Sarà fatto, dottore».«Questa ragazza mi sembra un farfalla, potrebbe essere mia figlia. Non voglio morti così giovani sulla coscienza. Intesi, Catalano?»

Nei ricordi della sorella c'è spazio anche per raccontare dei funerali della scorta di Borsellino nella cattedrale di Palermo:
La piazza si infiamma. Esplode.È una via senza ritorno. La gente si lascia andare. Molti dicono quello che pensano e hanno sin lì taciuto. Nessuno le manda a dire«Giustizia! Giustizia! Giustizia! Vogliamo giustizia!»«Assassini!»«Venduti!»«Fuori la mafia dallo Stato!»«Il sangue dei giusti è seme! Fuori la mafia dalla chiesa! Fuori!»La ressa trasforma l'esterno della cattedrale in un'arena. La rabbia è tanta e i palermitani presenti urlano che sono stanchi di tutte quelle morti. I colleghi di Manuela sono stanchi. L'intero reparto della scorta è presente e sembra fare squadra, formando un ideale monolite di solidarietà. Uno di loro fronteggia il neoeletto presidente della Repubblica, Oscar Luigi Scalfaro. È arrabbiato , proprio perché ama il suo lavoro, ma non si sente tutelato. Lo racconta con il cuore in mano. Dice che il coraggio dei poliziotti non può bastare senza l'aiuto delle istituzioni e che i prossimi morti sono di qua, alle sue spalle, dalla parte opposta [..] I morti, quelli che verranno in futuro, sono loro, i poliziotti che resteranno a combattere la mafia come hanno fatto i loro colleghi che adesso riposano in fredde bare di legno.

Emanuela aveva scelto il reparto scorte, pensando di poter avere così più tempo per tornare a casa.
Ci tornò, è vero.
Ma solo per riposare bel suo giardino.

La sua tomba, infatti, non è una tomba ma un giardino. Sull'immagine, adagiata sul fondo di una vasca d'acqua, sono scritte le seguenti parole: “Tu Luce della Luce della mia Luce”, una frase di J. Rodolfo Wilcock.
Prima ci venivano anche mia madre e mio padre.Adesso che non ci sono più, io vengo anche per loro ed è come se fossimo tutti insieme, qui, nel giardino di mia sorella. 
Mia sorella, una parte di me che non ha mai smesso di vivere.

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1 commento:

MaLo ha detto...

Un grazie all'amico Aldo Funicelli per la bella recensione e per la recensione... Nel segno del "dovere della memoria"