21 dicembre 2015

Mistero sul lago nero, di Massimo Cassani

 L’immagine di copertina è di Angela Varani.  
Incipit
Un po’ di malinconia mi stava venendo, amici miei, ve lo devo confessare. Ma stavo provando ad ammorbidirla con due dita di Jack Daniel’s liscio, sorseggiate con calma, le gambe allungate sulla scrivania, lo sguardo al soffitto.Nell’intonaco annerito dal fumo di sigaretta si intrecciavano svincoli di ipnotiche e tortuose fessure scavate dal tempo.
Ero solo, tolta una cimice che sgambettava sul vetro della finestra con addosso soltanto qualche goccia di Chanel N°5. Stavo lì senza far niente, aspettavo e basta. Ho sempre adorato star lì, senza far niente, aspettando e basta, ma quella volta la malinconia mi stava rovinando il mio passatempo preferito.
È stato al secondo sorsetto che dietro la porta smerigliata dell’ufficio ho visto il profilo di una donna, il naso perfetto e la chioma vaporosa ingigantita come un’ombra cinese.Per un attimo – ma soltanto per un attimo – mi sono vergognato che il vetro avesse nel mezzo una crepa inelegante.L’ombra se n’è rimasta immobile per qualche secondo, come un fotogramma di un film.
 
Intuivo una mano sul pomello e immaginavo due occhi splendidi leggere la scritta “Mario Borri – Investigazioni”. Ho preso un terzo sorsetto e ho tirato giù i piedi dalla scrivania. In presenza di una bella signora so essere fine, e chi afferma il contrario è un bugiardone spudorato.[Il primo capitolo lo potete scaricare qui]

Cosa succede se un detective privato milanese, viene assunto per seguire un caso (l'ultimo prima di andare in pensione) in provincia, sul Lago?
Questo succede al milanesissimo Mario Borri, investigatore che sembra uscito da una pellicola anni '40 in bianco e nero: 1 metro e sessanta d'altezza e col vizio naturale di fare battute con le clienti, specie quelle avvenenti.
Nonostante abbia deciso di ritirarsi, decide di accettare il caso offerto da una splendida signora fulva, tanto bella quanto distaccata. Forse i piccioni del parco possono aspettare.
Di mezzo, nel caso, c'è una questione di eredità di una vecchia zia (della cliente) che nel testamento ha messo precise indicazioni affinché le sue due nipoti possano ereditare.
Una delle sue nipoti è la cliente di Mario Borri, e questo ve l'avevo già detto. Che dovrà tenersi lontano dalla bottiglia. L'altra è la sorellina che Borri deve sorvegliare.
Perché le disposizioni sono state chiare:
È per mia zia”, ha detto.  
Ho alzato lo sguardo verso il reticolo di crepe del soffitto e ho sbuffato in alto una nuvola di fumo. Ho caricato la mia voce di tutta la sufficienza di cui sono stato capace e ho detto: “Va bene che il vetro della porta ha una crepa in mezzo, ma la scritta si legge bene: In-ve-sti-ga-zio-ni, non Casa di riposo. Forse voleva andare alla Baggina e ha sbagliato strada”.
Un’altra battuta delle sue e me ne vado”, ma non si è mossa di un millimetro.
Se mi vuole assumere è meglio che si abitui. Le battute mi vengono naturali e di solito le donne ridono, non sorridono come la Gioconda. Cos’ha la zietta che non va?”
  
È morta”.  
Capisco. Capita. Vuole che pedini il feretro?” 
No, voglio che tenga d’occhio mia sorella”, e mi ha allungato un foglietto bianco. “Qui c’è nome, cognome e indirizzo”.Ho dato un’occhiata distratta, era l’indirizzo di un paese di provincia, sentito soltanto nominare. Ho lasciato planare il foglietto sul ripiano della scrivania e mi sono fatto sotto: Se non beve cosa ci faceva agli alcolisti anonimi?” 
E lei? 
Le domande dovrei farle io. Ma per dimostrarle che sono un gentiluomo le voglio rispondere: tenevo d’occhio un giovanotto. Ci dava un po’ troppo dentro con l’Amaro Lucano. Ero stato incaricato dalla famiglia, dovevo assicurarmi che a quelle riunioni ci andasse davvero e non frequentasse i bar. Ero diventato il suo angelo custode”.

L'incarico è all'apparenza semplice: Mario Borri investigatore deve tenere d'occhio la sorellina, che è un tipo un po' leggero con gli uomini, per incastrarla (un anno di astinenza, questa la clausola della zietta).
Ma dietro tutta questa apparenza, c'è il fatto che le indagini non si svolgeranno più nei quartieri ben noti di Milano, ma in un un paese, Mirate al lago, che si dimostrerà fin da subito ben poco accogliente con l'investigatore venuto dalla città.
Col suo vestito bianco di lino e la sua Renault color cacca.
Prima un incontro poco amichevole col le suore del “Rifugio del pellegrino”.
Poi con un albergo dove non fanno da mangiare e un bar dove da mangiare ci sono solo piselli in scatola.
Va bene che non siamo a Milano, ma qui si esagera!

Ma la storia si complica fin da subito: il primo appostamento alla sorellina, in una notte di stelle che termina poi con un bell'acquazzone, si trasforma in un quasi tentato omicidio, nei confronti della ragazza, da parte del “manzetto” che la stava accompagnando e da cui lo stesso Borri deve scappare.
Perdendoci pure la macchina fotografica e le scarpe. Manco fosse Cenerentola e non un investigatore professionista.
Il paese è piccolo e ha mille occhi, e nessuno vuole collaborare con questo investigatore per giunta forestiero. I vigili sembra che abbiamo una passione per la sua auto. Mille occhi lo tengono d'occhio, come quelli che lo dalle tendine del rifugio delle suorine.
C'è qualcosa che sfugge in questa storia, a Mario Borri investigatore: porca paletta, mica può tornarsene a casa senza aver risolto il caso!
Ero avvilito, amici miei. Avvilito e stanco. E avevo una strana sensazione (sempre fidarsi delle sensazioni): tutto ciò che vedevo in quel paese era una specie di fondale, il fondale di un teatro di posa. Dietro quel fondale – non sapevo neppure io quanto nascosta, quanto segreta – c'era la realtà. E io dovevo guardarla in faccia, quella realtà, se volevo venire a capo del caso. [..] Bisognava andare più a fondo. In mano avevo solo minuscoli fotogrammi, ma la trama del film mi era ancora oscura”.

Ci arriverà a mettere in luce la trama del caso, Mario Borri, assieme ai suoi ragazzi: un guardiano di cinghiali, un barista con la passione delle armi e due anziani avventori del bar, di cui uno senza cappello.
Ma sarà un finale di carriera un pelino amaro, nonostante la soddisfazione di aver risolto il caso.

Uno scrittore deve provare a cimentarsi in qualcosa di nuovo: questa massima deve aver ispirato Massimo Cassani che, abbandonato momentaneamente il personaggio di Sandro Micuzzi e la sua Milano (e via Padova), tira fuori dal cilindro questo nuovo personaggio, Mario Borri.
1 metro e sessanta di astuzia, umorismo e anche tanta passione per le sottane e il Jack Daniel's.
Uno che ha deciso di ritarsi dal lavoro, per ritirarsi in riviera e scrivere un bel libro (perché, si sa, gli scrittori rimorchiano sempre le belle donne).
Quello che viene fuori è un giallo che ammicca al romanzo hard boiled americano, ma anche al romanzo italiano, per la sua ambientazione in provincia, con robusti innesti di ironia, come quando racconta delle disgrazie che capitano al nostro Borri al suo primo impatto con la provincia e la sua natura, che gli fanno venir voglia di cemento. Un mix che funziona proprio perché Massimo Cassani li conosce bene questi due ingredienti.

Buona lettura!

Il blog dell'autore, Massimo Cassani e la scheda del libro sul sito di Laurana editore

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