30 novembre 2015

Lavorare per risultati

Il commissario alla spending review Cottarelli (e prima ancora Bondi) hanno lavorato mesi ma senza produrre risultati (concreti, almeno).
La commissione di garanzia che doveva controllare i bilanci dei partiti non è riuscita a produrre risultati (per la scarsa collaborazione dei partiti forse).

Alcuni esempi di dipendenti pubblici che, se dovessero essere valutati sui risultati, non avrebbero preso buoni voti.

Tempi difficili anche per quelli che invece lavorano a progetti innovativi, difficilmente misurabili. Nuovi brevetti, nuove invenzioni, nuove strade.
Come misuri il loro risultato?
E come si controlleranno gli abusi?

Report – la giusta causa

Come mai giudici diversi decidono in modo manifestamente diverso su casi simili?
Come mai le sentenze arrivano dopo anni?
Mancanza di personale, leggi fatte male, mancanza di risorse, si dice.
Ma allora, come si organizzano gli uffici e il lavoro nelle procure?
Come si decidono le carriere dei magistrati?
Come vengono selezionati i dirigenti in questi uffici?

“Se le leggi potessero parlare per prima cosa si lamenterebbero dei giuristi”.
Dei giuristi se ne era occupata una passata inchiesta di Report (le leggi fatte col buco): ora tocca ai magistrati.
Un'inchiesta sulle corti supreme, la Cassazione e la Corte Costituzionale, le cui sentenze impattano sulle nostre vite, usando la metafora della bilancia, cercando di unificare l'applicazione delle leggi affinché i giudici non si sbizzarriscano nelle scelte.
Ma se ad una sentenza si arriva dopo 11 anni, qualcosa non va nella magistratura
Lo stesso vale se, per la nomina di un procuratore capo, si muovono giochi poco puliti di raccomandazioni come successo a Napoli.
Infine i giudici della Consulta, i più pagati al mondo.
I garanti della Costituzione le cui ultime decisioni hanno fatto molto discutere, creando qualche difficoltà ai nostri conti.

La giusta causa di Claudia Di Pasquale (qui il pdf con la trascrizione del servizio)

Iniziamo dai licenziamenti per giusta causa: vediamo alcuni casi.

17 maggio 2001: la dottoressa Spinu partecipa ai Fatti nostri mentre era in malattia.
Le sue coliche non le consentivano di lavorare ma di cantare sì.
La casa di cura non sapeva della trasmissione e la licenzia: lei però fa appello e vince in Cassazione, prendendosi anche i contributi arretrati.
La Cassazione sentenzia che uno può anche fare attività hobbistica in malattia.

Altra trasmissione “Paese che vai”: il conduttore aveva proposto l'assunzione della moglie nel programma, cosa vietata dal codice etico.
Il giudice fa reintegrare il giornalista perché moglie e marito non sono parenti ma coniugi.
Il comportamento rimane in palese contrasto, ma il modulo era fallace …

Sempre in Rai, il caso del giornalista Testi che guadagna 19mila euro ma non fa nulla, pur avendo incarichi dirigenziali. Incarichi contestati dal giornalista, che ha fatto causa all'azienda.
La Cassazione gli ha riconosciuto 170mila euro, per questa inattività.
Ma poi si scopre che lavora la domenica, per poche ore, accumulando tanti mancati riposi.

Salvatore, ex addetto in una pescheria in un supermercato: viene licenziato perché in malattia fu sorpreso a lavorare in una pescheria in nero.
Si è difeso dicendo che stava facendo apprendimento, stava studiando.
I giudici hanno ritenuto scorretto il comportamento, ma la Cassazione ha ribaltato il verdetto dopo 11 anni, col rimborso di 10 anni di stipendi arretrati e contributi.

Roberto ha avuto una storia simile con un finale opposto: sorpreso a lavorare per altri, in malattia, fu licenziato. In primo grado e in appello gli viene data ragione, ma alla fine la Cassazione conferma il licenziamento. Per slealtà.

In Liguria 5 dipendenti vengono sorpresi a rubare: la Cassazione li fa reintegrare, per il valore tenue della merce rubata.
Lucio viene licenziato per un furto di dischetti, in Fincantieri. Nel suo caso la Cassazione ha confermato il licenziamento.
Merendine si e dischetti no?

Oggi non c'è la certezza del diritto: cambia a seconda del magistrato. Come mai?
Il primo pres. Della Corte di Cassazione Santacroce spiega che è fisiologico, una sezione può non conoscere le scelte di un'altra.
La lunghezza dei processi è imputata alla carenza degli organici.

Col jobs act il governo ha tagliato la testa al toro, togliendo l'articolo 18.
Niente reintegro, solo indennizzo.
Il senatore Ichino ha citato proprio il caso del pescivendolo, per giustificare la riforma del lavoro: ma all'addetto alla pescheria non si imputa la nuova norma, perché è stato assunto prima del jobs act.
La normativa vale solo per i nuovi assunti, dunque rimane una divisione di trattamento dei lavoratori: colpa del governo che ha legiferato con la delega del Parlamento.

I giudici hanno una responsabilità?
Santacroce invita a porre la domanda alla sezione lavoro, quello che ha deciso per il giornalista rai e per la pescheria, e che ha risposto a Report dicendo che parlano solo le sentenze.

Come funziona nel pubblico?
Savona 2013: alcuni dipendenti dell'ospedale vengono condannati a 4 anni, per una storia di mazzette. Oggi i dipendenti lavorano, il giudice del lavoro li ha riammessi al lavoro.
Veniano: Samanta viene fermata dai vigili, era senza assicurazione. Uno dei vigili fa delle avances, per chiudere un occhio.
Samanta denuncia i vigili, che vengono licenziati: uno dei due fa ricorso e lavora ancora come vigile.
Nel trevigiano: l'ex dirigente della scuola aveva sottratto 197mila euro, il giudice lo fa reintegrare per un vizio di forma.
Nel paese ci si chiede perché?

L'onorevole Rubinato aveva chiesto, tramite un emendamento, di unificare la ppaa al privato: per i nuovi dipendenti pubblici vale il jobs act o no?
Ichino dice si, la collega Gnecchi in commissione lavoro dice di no.
Forse perché è una legge scritta male, che non chiarisce cosa sia giusta causa?

Nemmeno il ministro Madia riesce a chiarire i dubbi della giornalista.
Milena Gabanelli
Il ministro Madia ha detto più volte che le nuove norme sui licenziamenti non valgono
per i dipendenti pubblici; quindi la legge discrimina fra pubblico e privato, ma anche
fra privato e privato, perché, come abbiamo sentito, per chi è stato assunto prima del
7 marzo valgono le vecchie, per i nuovi non c’è tanto da interpretare. Comunque
nessuna legge ha risolto il problema dei tempi biblici, nemmeno quando le cause
arrivano davanti alla Corte Suprema.

Perché i giudici, prima di decidere, non consultano le sentenze della Cassazione, che dovrebbe garantire l'uniformità delle decisioni?
Il problema viene imputato alla mole dei ricorsi: in totale pendono 137026 ricorsi, non esistono tanti ricorsi in altri paesi europei.
In Germania siamo a 7mila casi.
In Italia si arriva in Cassazione sempre, non è mai l'eccezione: ogni consigliere partecipa a 4 sedute al mese, le sezioni tengono udienza 1 o due volte al mese.
Il tempo lo occupano a leggersi le carte.
Nel civile si aspettano così anche 5 anni per una sentenza.
Nel penale si aspetta un anno: per ogni ricorso dichiarato inammissibile si dovrebbe pagare una penale di 1000 euro, ma nessuno paga.
Conviene impugnare e nessuno paga nel caso si debba pagare le penali che sono il 61% dei casi.
In Cassazione rispondono che non sanno nemmeno calcolare il totale delle sanzioni non pagate: contenti loro.

Chi nomina i membri della Cassazione? Il CSM, presieduto dal presidente della Repubblica che pra dovrà decidere i capi di diverse procure in Italia.
Come vengono nominati i capi delle procure?

La storia di Falcone (e Borsellino) forse non la conoscono in tanti: un “giuda” (parole di Borsellino) fece fuori Falcone a capo dell'Ufficio istruzione che fu dato a Meli perché più anziano.
Oggi la storia sembra ripetersi: Di Matteo è stato bocciato per la procura nazionale antimafia dal CSM, nonostante i suoi successi, in 18 anni.

Quelli nominati che cosa avevano di più? Dopo solo sette mesi i membri del CSM non si ricordano.
Di Matteo lo vuole morto Riina, non fa parte di una corrente, ha istruito il processo stato mafia.
La correntocrazia sta uccidendo la magistratura – racconta Bruno Tinti: recentemente Area, Unicost e MI si sono divise le procure di Appello di Napoli, Milano, roma e Caltanissetta.
Per un accordo tra correnti Napoli è rimasta scoperta per un anno.

Balduzzi, membro laico del CSM, nemmeno sa cosa ha fatto il procuratore generale Alfonso per meritare il posto a Milano.
Francesco Greco è uno dei giudici bocciati, in questo giro di nomine: la carriera si fa perché ti occupi di altre cose, non per i processi – dice Greco.
Non si viene scelti perché si è bravi, ammette il giudice del processo Parmalat: conta di più l'appartenenza.
Anche Davigo è stato bocciato alla corte d'appello a Torino: sul perché, il vice presidente del CSM Legnini non sapeva rispondere alle domande di Di Pasquale.
Ma è tutto ampiamente motivato.

Ma nelle carte di parla genericamente delle doti dei singoli. Nessuna valutazione nel merito, attendibile. Solo una storia di baratti. Voto di scambio, così dice Aniello Nappi.

Tra i magistrati eletti nelle correnti, Forteleoni e Pontecorvo, sponsorizzati via sms dal sottosegretario Ferri, ex capo di MI.
E i membri laici del CSM? Sono quasi tutti ex politici, come Balduzzi, Leone, Casellati. O come Legnini, che era un sottosegretario prima della nomina al CSM.
Sono lì per controllare i magistrati?

Milena Gabanelli
A vedere i fascicoli degli aspiranti dirigenti degli uffici giudiziari, sono tutti straordinari.
Ma non potrebbe essere diversamente, perché quale sostituto farà presente che il suo
capo è carente quando è quello che poi gli deve firmare la relazione? Il quale capo dirà
che ha un sostituto che sa lavorare male, che è come dire, come accusare se stesso di
non essere capace di organizzare l’ufficio. Per cui sono sempre tutti fantastici.
Chi deve scegliere, allora, come sceglie? Presumibilmente quello che si è dato da fare
per la mia corrente, che può anche andar bene, purché sia bravo. Però non siamo in
grado di valutarlo. Noi che ne sappiamo se quello che è stato mandato a Milano o a
Palermo è il migliore, il peggiore o il mediocre. Però alla domanda “perché Tizio al
posto di Caio” la risposta è: “non ricordo”. Allora, noi invece ricordiamo benissimo
perché ne paghiamo le conseguenze, del fatto che sono troppi gli uffici giudiziari
organizzati male. Non è che è dovuto anche al fatto che è stato scelto il capo
sbagliato? Intanto gli esclusi fanno ricorso e i tar sono pieni.

Come quello per Lo Voi a Palermo.
Come Passandante a Venezia: aveva vinto il ricorso al Consiglio di Stato. Ma la collega con meno titoli rimane al suo posto.
Vincenzo Russo invia una lattina di olio al giudice del Consiglio di Stato che doveva decidere sul suo ricordo.
De Donno, Gasparri, Annibali al CSM era la catena con cui Mancuso voleva assicurarsi la nomina per Napoli. È stato solo ammonito dal CSM.

Solo il 7% degli esposti ai magistrati non vengono archiviati: quando i magistrati sbagliano, cosa succede?
Di Pasquale ha parlato del caso della centrale di Tirreno Power di Savona: nelle intercettazioni si parla del procuratore Granero, contro cui si voleva arrivare ad una sanzione disciplinare presso il CSM, con un esposto. Per bloccare l'inchiesta.
Il sottosegretario De Vincenti non ha risposto alla giornalista.

Centrale Enel di Porto Tolle: la procura di Rovigo ha fatto tre processi contro l'Enel, per i danni ambientali. Ma il pm Fasolato è finita sotto processo dal CSM.
Per aver scritto al ministero dell'ambiente per un chiarimento: tutto era partito dall'interessamento di Violante e di Alfano.

Legnini scrisse una lettera aperta al corriere in cui chiedeva ai magistrati di valutare il peso delle loro scelte sull'economia, dopo il caso Ilva.
Il modello del giudice sta cambiando: oggi il giudice ha bisogno di una formazione continua, una cultura dell'organizzazione.


Oggi il ministero della giustizia sta lavorando alla riforma del CSM, con ex membri del CSM stesso. Tra questi Mirabelli, Ciani e Zagrebelsky. E anche Virga, il magistrato indagato a Palermo per induzione indebita.

Qui il link per rivedere il servizio sulla Corte costituzionale.

29 novembre 2015

La certezza del diritto (l'inchiesta di Report sui magistrati e la Consulta)

A seconda di come scrivi le leggi, poi i giudici le interpretano. E le sentenze arrivano con comodo. E poi entreremo nel cuore del sistema giudiziario: chi sceglie procuratori e dirigenti, e con quali criteri?Qual è la certezza del diritto? E poi: a breve verranno scelti gli alti dirigenti dei più importanti uffici giudiziari, chi fa le nomine e con quali criteri?

Due dipendenti un pescivendolo e un macellaio vengono licenziati per giusta causa (facevano un altro lavoro): fanno causa al datore di lavoro e uno dei due viene riassunto, dopo 11 anni. Come mai questa diversa decisione?
Un giornalista Rai che lavora tutte le domeniche per qualche ora (da 10 anni) e fa pure causa all'azienda per demansionamento (nonostante abbia un incarico dirigenziale). LA Rai prova a licenziarlo ma i giudici lo reintegrano. Come andrà a finire?
Una cardiologa di professione che va a cantare in televisione mentre è in malattia. Licenziata, ma riassunta dal giudice di Cassazione. Come mai?
Uno può essere in malattia e fare attività hobbistica?

Sono alcuni degli spunti (qui l'anticipazione di Reportime) da cui parte il servizio di Report di questa sera, condotto dalla giornalista Claudia di Pasquale: si parla di giustizia, di certezza del diritto (la legge è uguale per tutti e non c'è bisogno di andare fino a Berlino) e di chi la amministra.
Si parlerà dunque dei magistrati, di come sono organizzati gli uffici giudiziari, come vengono decise le promozioni e di come, spesso, giudici diversi applichino le leggi in modo diverso.
Come vengono scelti i giudici, come vengono selezionati i migliori per guidare gli uffici, come viene premiato il merito o sanzionati gli errori (che pure ci sono)?

Decide tutto il CSM, l'autogoverno dell'ordine giudiziario, il parlamentino di cui fanno parte magistrati e membri laici, ovvero politici eletti.
Il presidente è Mattarella e il vice, cui vengono delegati i compiti, è l'ex sottosegretario Legnini (la sua nomina dal governo al CSM suscitò qualche polemica).
Come si muove il CSM, dunque?

A Palermo bloccò la nomina del procuratore capo, con pretesti che fecero nascere il sospetto che si volesse spingere una nomina che non fosse sgradita alla politica. Erano i tempi delle polemiche sul processo alla trattativa stato mafia.
Alla fine il CSM, dunque anche la politica, nominò un magistrato che non aveva avuto esperienze dirigenziali .
A Milano il procuratore Bruti Liberati ha legato il suo fine mandato con la fine di Expo (come mai?). In questi mesi di Expo le inchieste della procura di Milano sugli appalti sembra che si siano congelato tanto che il presidente del Consiglio si è sentito in dovere di ringraziare il “tatto” della procura.

A Roma la procura veniva chiamata il porto delle nebbie, che tutte le inchieste avvolgevano facendone sparire i contorni.
C'è voluto l'arrivo di Pignatone per aprire il fascicolo sui rapporti tra politica, cooperative e criminalità. Perché?

Tornando indietro con la memoria, non possiamo non ricordare gli anni del CSM vicepresieduto da Mancino che allontanò da Milano la gip Clementina Forleo, il procuratore De Magistris prima da Catanzaro poi da Salerno assieme ai pm coinvolti nello scontro tra le procure.
Erano gli anni delle inchieste su Bancopoli che lambirono senza toccarlo, il mondo della politica.
Della Calabria dei depuratori non fatti, delle assunzioni clientelari dentro l'agenzia Why Not.

La legge è uguale per tutti, dice il motto sopra le teste dei giudici nei Tribunali.
L'inchiesta di Report cercherà di entrare dentro questo mondo per capire cosa c'è che non funziona e che blocca la macchina della giustizia.

La scheda dell'inchiesta "LA GIUSTA CAUSA" di Claudia Di Pasquale
La legge è uguale per tutti, ma quando si tratta di applicarla i giudici di primo grado possono pensarla in un modo, quelli di secondo grado in un altro e la Cassazione può ribaltare i verdetti precedenti: e, soprattutto, giudicare in modo opposto fattispecie che sembrano avere grandissime analogie. A tutto questo si aggiunge l'estenuante lunghezza dei processi. Un cocktail micidiale quando in ballo c'è una causa per un licenziamento che può definirsi anche dopo 10 anni. A complicare le cose ci si mettono i vuoti di organico degli uffici giudiziari e le lentezze del Consiglio superiore della magistratura che lascia gli uffici direttivi vacanti per molti mesi. Per quale motivo? E quali sono i criteri per nominare i procuratori capo, i presidenti dei tribunali, i procuratori generali presso le corti d'appello? L'inchiesta di Report proverà a spiegarlo.


 
Il secondo servizio rimane sempre nel mondo della giustizia: dalle procure e dal CSM ci si sposta alla Corte Costituzionale che sempre di più in questi ultimi anni ha fatto d badante alla politica andando a bocciare e rivedere molte delle leggi uscite dal Parlamento.
La legge 40, la legge elettorale di Berlusconi “porcellum”, il legittimo impedimento, i lodi Schifani e Alfano.
E, recentemente, la parte della riforma Fornero che bloccava l'indicizzazione delle pensioni, il taglio delle pensioni d'oro (con qualche sospetto che abbiano agito pensando anche alle loro), la nomina dei dirigenti dell'Agenzia delle entrate.
Tutte decisioni che hanno avuto poi effetti concreti sulle manovre dei governi:
Colpa di chi ha fatto le leggi, inesperienza, superficialità. Come racconterà Marrucci, si potevano limitare i danni, ovvero i costi che ora lo stato dovrà affrontare.
Negli ultimi anni la Consulta ha dichiarato incostituzionali il taglio delle pensioni d'oro e degli stipendi dei manager pubblici, la nomina senza concorso di 800 dirigenti dell'agenzia delle entrate, il blocco della rivalutazione delle pensioni e anche l'utilizzo di autovelox mobili privi di taratura periodica. Tutte sentenze che rischiano di costare allo stato una montagna di quattrini. A volte si potrebbero limitare i danni, ma servirebbero leggi diverse

27 novembre 2015

Parole al vento

Il bonus da 500 euro per i diciottenni, per la cultura, dove si scambiano diritti (studio) per una concessione del potente.
Le intercettazioni sulla playstation per stanare quelli dell'Isis, che magari nemmeno le usano.
E poi l'ultima uscita di Poletti. Il ministro del lavoro.
Che, come un buon padre di famiglia, consiglia ai ragazzi di sbrigarsi con la laurea. Non siate choosy - dice. Meglio un voto basso ed uscire subito dal mondo degli studi.
«I nostri giovani - ha detto - arrivano al mercato del lavoro in gravissimo ritardo. Quasi tutti quelli che incontro mi dicono che si trovano a competere con ragazzi di altre nazioni che hanno sei anni meno di loro e fare la gara con chi ha sei anni di tempo in più diventa durissimo».
Peccato che l'Ocse ci racconti come in Italia sia più facile trovare un lavoro per un diplomato che per un laureato.
E che in Italia ci si laurei tardi anche perché chi studia spesso deve anche lavorare.
E qui torniamo ai diritti (le borse di studio per i meritevoli con problemi economici) oggi fraintesi con le mance.

Vatileaks - Il processo ai giornalisti

Sto leggendo il libro di Gianluigi Nuzzi, Via Crucis: l'autore l'ha scritto utilizzando dei documenti usciti dal Cosea, l'ente istituito da papa Francesco nel 2013 per un'analisi approfondita delle finanze del Vaticano.
Documenti segreti, ma che sono arrivati al giornalista da delle fonti interne al Vaticano: non si tratta dunque di furto, come in tanti stanno scrivendo.
L'accusa, per i due giornalisti ora a processo, è aver divulgato notizie riservate che mettono a rischio la sicurezza.
In Italia (e in tutte le democrazie) oltre all'articolo 21, esistono sentenze che garantiscono il lavoro del giornalista: se la divulgazione di un atto segreto aveva funzione di informare l'opinione pubblica, questo fatto prevale sul resto.

In Vaticano tutto questo non c'è.
E non c'è anche quanto racconta Nuzzi in "Via crucis": non esiste un catasto degli immobili, alcuni sono affitati a prezzi di favore (come un palazzo a Banca Intesa), altri a canone zero.
Mentre ci sono beni acquistati dal Governatorato che poi non risultano.
C'è la storia dei beni acquistati senza IVA da dipendenti e cittadini all'interno piccolo Stato, peccato che la tessera (per avere questo sconto) sia posseduta da 41mila persone.
C'è la storia dell'Obolo di San Pietro che anziché finire per opere di bene serviva a pagare le spese correnti della curia.

Insomma, è il racconto della via Crucis che sta portando avanti il papa e dalla Commissione referente sulle strutture economiche e amministrative della Santa sede.
In tutto questo, perché prendersela col dito e non con la luna?
Ovvero i cardinali nei palazzi da centinaia di metri quadri, i conti in rosso, il buco finanziario per le pensioni ..

Forse tutto ciò (il processo, la probabile condanna ai giornalisti) serve solo per una prova di forza: ora comando io e non accetto che altri dettino l'agenda sulle riforme in Vaticano.

26 novembre 2015

Mentre il mondo si prepara alla guerra

Mentre il mondo si prepara alla guerra, in Italia le cronache ci raccontano delle solite miserie nostrane.
La Corte dei conti archivia l'inchiesta sugli scontrini di Renzi (quando era sindaco illuminato a Firenze): dove siete forcaioli che non siete altro - scriveva ieri il senatore Esposito su twitter.
Ecco, ora che è tutto chiarito, magari Nardella potrebbe tirarli fuori, questi scontrini, come è stato fatto per Marino a Roma. Così per trasparenza e coerenza.

Il patto del nazareno non ha tenuto ieri, sul voto per i giudici della Consulta. Quelli che dovrebbero giudicare le leggi emesse dal governo (dovrebbe essere anche il parlamento ma ormai ..) e che dunque dovrebbero essere al di sopra delle parti. Il patto PD, FI e SC aveva tirato fuori tre nomi di persone vicine ai partiti.
Il consulente di Schifani, l'avvocato di Fitto e un ex parlamentare PCi e PDS.
E' finito dentro una intercettazione, nell'ambito di un'inchiesta su raccomandazioni all'università di Bari (assieme all'ex garante della privacy Pizzetti)
Tra gli indagati c'è anche l'ex garante della privacy, che secondo gli investigatori fa pressioni per far vincere un concorso al figlio come evidentemente gli aveva promesso Lombardi. "Lui  -  dice al telefono con Ferrari, in riferimento a un altro professore  -  dice che gli farebbe piacere che appunto il desiderio di Lombardi si realizzasse ". Ferrari: "Stai tranquillo". Pizzetti: "È un secolo che ci conosciamo, sappiamo anche comunque quando ci siamo presi degli impegni reciproci non li abbiamo mai fatti mancare". Sono decine le telefonate di Pizzetti, che viene definito dagli investigatori "astuto e "infaticabile". "Volevo dirti che ho visto Augusto (ndr, Barbera)  -  dice Pizzetti a Ferrari  -  e anche lui una mano su Gambino potrebbe darla". E poi: "Se ti serve possono parlare anche io a padre Paolo (padre Paolo Scarafoni, ex rettore dell'Univeristà europea di Roma, indagato, ndr)". Il concorso alla fine salterà.
Se questi sono i giudici della Corte costituzionale scelti dai partiti ...

Infine la querella sulle primarie (in Campania e nel resto del paese): il PD forse non la farà la norma contro Bassolino forse anche per non perdere la faccia, Renzi era quello delle primarie aperte. Ma a Napoli, se il PD dovesse cercare un accordo con l'UDC (oltre all'NDC di Alfano), dovrebbero trattare con Ciriaco De Mita.
L'ex potente democristiano.

Non il massimo come rottamazione, no?

Infine, il bonus ai futuri diciottenni, per le spese in cultura. Dare questi soldi a pioggia, è una mancia o una cosa buona (almeno gli 80 euro erano in base al reddito)?
Ad ottobre gli studenti erano scesi in piazza a protestare contro i nuovi criteri di assegnazione dei fondi
Non era meglio investire quei soldi tutti in borse di studio?

25 novembre 2015

Nella fretta di scuotare le carceri

Nella fretta di svuotare le carceri, perché l'unione europea ci avrebbe multato, perché c'era qualche amico da salvare, si sono dimenticati che della legge sulla costodia cautelare ne avrebbero potuto approfittare anche i terroristi.
E tutto questo si aggiunge all'innalzamento del contante, alla vendita delle armi ai paesi che poi sono sponsor dell'Isis, al buco dei money transfer ..

Una riflessione sulla giornata contro la violenza sulle donne

La giornata dedicata alla (contro) violenza contro le donne è di spunto per una riflessione sui fatti di cronaca di questi giorni.
Dove si parla della difesa dei nostri valori, del fatto che l'ISIS non ci farà cambiare abitudini.
Tra i nostri valori dovrebbe esserci la tutela dei più deboli dalle discriminazioni, dai soprusi, dalle violenze.
Tra i più deboli, appunto, ci sono anche le compagne, le mogli, le fidanzate o ex: quelle che sperimentano la violenza, le minacce, le intimidazione tra le mura domestiche, all'uscita dal lavoro.
Anche l'Isis (e la parte integralista dell'Islam) non ha grande considerazione delle donne.
Vogliamo ritenerci superiori a questi oscurantisti?

Iniziamo a dare il buon esempio.

Consigli di lettura: Toglimi le mani di dosso, di Olga Ricci (Chiarelettere)
“Il 99,3% dei ricatti sessuali non viene denunciato. Siamo di fronte a una rimozione collettiva.”

Dati indagine Istat su un campione di 24.000 donne.

24 novembre 2015

Il tempo delle iene, di Carlo Lucarelli

PrologoUno, due, tre 
Keyèh ainì.Il rosso occhio.No.Non era la parola giusta. Keyèh era troppo forte, troppo generico, faceva venire in mente il sangue, un occhio iniettato di sangue, e non era così. Forse un po' ma non tanto.No, Keyèh, no.Guarì, infiammato, allora.No, neppure. Faceva pensare ad un occhio arrossato di pianto e non era neanche così, non così tanto.Perché a lui quello spazio tra i rami del Sicomoro, quell'occhio dolce e un po' obliquo, a lui quella goccia rossa – no, Keyèh, no – ritagliata nel cielo dell'aurora dalle braccia nere dell'albero, a cui piaceva, e molto.Era per quello che appena vedeva i primi riflessi schiarire l'aria fuori dalla porta Jàfet usciva subito da tucul, anche se sarebbe toccato a Isàias, che era più piccolo, portare a pascolare la capretta, e comunque non così presto.Ma lui voleva arrivare al Sicomoro prima che sorgesse il sole, voleva fermarsi sotto quell'ombrello enorme di foglie e di rami robusti come braccia e nodosi come dita, trovare la sua radice tra quelle che scoppiavano fuori dalla terra secca e sedersi a guardare quel buco contro il cielo.[..]Ma non andò così.Sotto il suo occhio c'era una lacrima dritta e nera, una sagoma immobile sul controluce del cielo, appena sotto un ramo gonfio come un muscolo, e che fosse quella di un corpo Jàfet lo capì prima dalle dita dei piedi spalancate nell'aria viola che da tutto il resto.
In quel momento una risata acuta, lontana ma abbastanza vicina da far scattare la capretta come se l'avessero frustata, irrigidì Jàfet in un brivido ghiacciato, la pelle così accapponata dalle natiche alla nuca che sembrava che qualcuno gli stesse tirando i capelli.Schizzò via volando sulle punte dei piedi, perso in un terrore così intenso che neanche zio Wolde avrebbe trovato le parole per raccontarlo.

Torna la “strana” coppia di investigatori inventata da Carlo Lucarelli: il capitano dei carabinieri Antonio Colaprico, comandante la stazione di Asmara in Eritrea e il suo vice, lo zaptiè Ogbagabriel Ogbà.
Strana coppia perché il primo è un bianco, “ferengi”, e anche italiano “t'lian”, per cui vale il discorso
T'lian fetiunnì ilkà aitiaguès, non sentirti felice se l'italiano ti ha detto che ti ama. Non sentirti triste se ti ha detto che ti odia. Mai prenderli sul serio, gli italiani. Fanno sempre cose inutili.”

Ma il capitano Colaprico è un “t'lian” diverso dagli altri: troppo onesto e tenace in quell'Italia già così contrabbandiera e piena di intrighi. Sono gli anni del primo colonialismo, dopo la disastrosa battaglia di Adua quando, unico esercito coloniale europeo, fummo sconfitti dall'esercito del negus Menelik II.

La strana coppia si completa a vicenda: il suo zaptiè è un investigatore silenzioso, rispettoso dei ruoli gerarchici col capitano a cui non nasconde le sue deduzioni, nate dalla sua capacità di osservatore. Come lo Sherlock Holmes dei romanzi di sir Conan Doyle: non a caso, nel libro riecheggerà più volte una delle sue celebri massime: “Non c'è niente di più innaturale dell'ovvio.”

Perché c'è il rischio di farsi prendere la mano dall'ovvio, dal “commonplace”: tre abeshà (contadini) che vengono trovati morti, forse impiccati sotto l'albero di sicomoro, poco lontano dai tucul (le capanne) del villaggio di Afelba. Viene poi trovato, sempre impiccato (o forse no) anche il marchese Carlo Maria Sperandio. Che aveva avuto in concessione dal governatore diversi terreni da coltivare.
Un sognatore questo marchese, non come tanti altri “ferengi” venuti in terra d'Africa solo per prendere e trafficare.
Lui voleva perfino piantare delle viti, per vendemmiare un chianti africano.

Suicidio per tutti e tre, anzi quattro?
Calma.
E cosa c'entra la strega delle iene, trovata uccisa nel suo tucul a colpi di coltello?
Che fine ha fatto uno degli uomini di fiducia del marchese, Ciacci, sparito dalla circolazione poco dopo la sua morte?
Insomma, era interessante questa cosa del mosaico, ma hadeghegnà, pericolosa.Per esempio, sembrava naturale accomunare tutti e cinque i morti di Afelba, i tre abeshà, il marchese e la strega. E sembrava naturale attribuirli al romagnolo che era scappato. E sembrava naturale, visto come era accaduto, visto il clima di paura del villaggio e l'ostilità dell'esercito, che ci fosse dietro qualcun altro e anche qualcosa di grosso. E alla fine veniva naturale pensare che una grande importanza ce l'avessero le carte cercate nella casa del marchese, forse abbastanza da essere la ragione principale delle morti.Ecco. Sembrava tutto molto naturale, cornice e disegno, anche se a grandi linee, addirittura b'rghez, ovvio.Ma kem fulut neghér zeybahriawì yelèn”.

No, non può essere tutto così semplice. Carlo Maria, che pure Colaprico conosceva molto bene (così come sua moglie Anna Maria), non si sarebbe mai ammazzato, nemmeno se avesse avuto problemi economici.
Bisogna mettere al loro posto tutte le tessere del mosaico.
Anche se questo significa ficcare il naso in mezzo agli affari di altri italiani di questa colonia, che è come una terra sospesa nel tempo. In attesa delle decisioni suo suo futuro da parte del governo di Roma.
Non sono solo i soldati del forte Tonelli a Saganeiti a tollerare molto poco l'arrivo di Colaprico, pure in veste ufficiale, per le indagini.
Perfino la vedova, Anna Maria, relega tutto in un “semplice” suicidio:
“non c'è nessun mistero in questa storia. Chiudi la tua indagine in fretta. Perché questa volta non ti lascerò rovinare tutto”.

Eppure c'è qualcosa, nascosta nelle terre date in concessione al marchese (e per cui lavoravano anche i tre abeshà morti impiccati), per cui vale la pena di uccidere.

Se quelli di Sciascia erano i giorni della civetta, i tempi di cui parla Lucarelli sono tempi delle iene: tempi di affarismo, arricchimenti facili, speculazioni. Nel corso della sua indagine Colaprico e Ogbà si imbattono in avventurieri, avvocati (o faccendieri) dagli affari poco puliti, vedove e madame che reclamano un'eredità dal morto, soldati rimasti ostaggio di battaglia non combattuta, trafficanti di armi e di uomini.
Assassini e sognatori.
Un giallo dove serve tanta pazienza e la dose giusta di intuito per mettere assieme le tessere del mosaico. Perché, alla fine, la soluzione è sotto gli occhi, sotto il caldo sole africano.
Elementare Watson.

I precedenti racconti “africani” di Carlo Lucarelli

La scheda sul sito di Einaudi e un estratto dal libro.

I link per ordinare il libro su Ibs e Amazon

Armiamoci e partite

Alla fine se ne è accorto anche il ministro Alfano  dell'utilità di una intelligence europea, che convogli tutte le segnalazioni dai paesi sui ricercati.
Quelli che vorremmo taggare.
Quelli per cui vorremmo arrivare ad un riconoscimento facciale.

Ma è lo stesso ministro Alfano che considerava gli articoli del Fatto (sui giubbotti antiproiettile carenti, sulla preparazione degli agenti di Roma per il Giubileo) come ansiogeni.
Chissà cosa ne pensa il ministro, e anche il governo, del servizio di Report dove si parlava dei money transfer.
Dell'allarme lanciato da Bankitalia sui flussi sospetti partiti dalla Lombardia (la regione di Maroni e Salvini), che potrebbero nascondere operazioni di riciclaggio o di finanziamento ai terroristi.

Mentre noi stiamo a guardare, l'unica risposta che è arrivata dai paesi europei (in attesa che l'Unione europea si risvegli dal torpore) è quella dei bombardamenti alle postazioni dell'Isis. Dovremmo chiederci però quanto sono efficaci e quante vittime civili costano.

Chiediamo agli immigrati di fede islamica di dissociarsi dai terroristi, dimenticandoci che gli stessi possiedono la nostra ex compagnia di bandiera e anche interi quartieri a Milano.
Sarebbe bello che le banche dati si parlassero, che i dati, in formato elettronico viaggiassero dalle telecamere agli analisti dell'intelligence europea.
Ma qui siamo ancora alla carta d'identità su carta, alle mille anagrafiche che non parlano, all'uso del contante per rilanciare l'economia (coi risultati di cui sopra).

Gilioli, come al solito, approfondisce l'argomento in modo più esaustivo: le borse che esultano assieme ai produttori di armi, assieme agli analisti militari "che passano lunghi inverni rinchiusi nei loro siti per bambini tonti a giocare con immaginari carrarmatini, ma adesso hanno il loro nuovo quarto d'ora di celebrità con interviste, articolesse, inviti ai talk show".
Stiamo andando in guerra che è proprio quello che Isis vuole.

Senza una visione politica sul dopo.

Armiamoci (e armiamoli) e partite.
I venti di guerra soffiano (vedi il caccia russo abbattuto) e dobbiamo dare una risposta alle paure della gente.

PS: mi chiedo se tra i nostri valori a cui non dobbiamo rinunciare c'è anche la libertà di stampa e il diritto ad essere informati.
E anche la libertà di espressione.

Perché vedendo quello che sta succedendo a Nuzzi e Fittipaldi in Vaticano, al vignettista Heidari in Iran, ai dissidenti in Arabia (dove Renzi ha pure parlato di terrorismo), non sembrerebbe proprio.

23 novembre 2015

Report – nero a metà

E' l'occasione che fa l'evasione”.
Tre idee per l'evasione: i voucher, i money transfer e un'azienda che investe in oro.

Partiamo dai lavori a ore che prima erano pagati in nero e ora coi voucher. L'inchiesta mostrerà come di fatto legalizza il nero e magari si tira fuori giusto quando serve, per esempio quando c'è l'infortunio. Che succederà alle casse dell'Inail, se va avanti così?
I money transfer: per legge c'è un limite di 1000 euro al trasferimento. Ma c'è sempre l'inghippo: nel 2014 sono usciti 5 miliardi di euro, dove sono andati?
Gli investimenti in oro: 100mila risparmiatori hanno investito in una società che investe in oro. Ma l'oro c'è o no?

Nel paese del lavoro nero cronico, ogni governo ci ha messo del suo per rendere sempre più facile l'erogazione del voucher, che troviamo non solo per i lavori domestici ma anche in una pizzeria, in un ristorante, nell'edilizia.
Prendi un voucher in una tabaccheria, paghi e basta.
Un voucher = 1 ora di lavoro, vale 10 euro di cui 7,5 vanno al lavoratore.
Erano nati per lavori a ore per studenti e baby sitter, come lavori accessori di poche ore, ma oggi si usano molto anche per lavori svolti tutti i giorni, per più ore, usati al posto dei contratti veri.
Perché conviene al datore di lavoro, che ha meno costi e meno burocrazia, il massimo della flessibilità.
Ma così i ristoratori onesti vengono danneggiati, perché pagano molto di più i loro dipendenti, rispetto a quelli che usano il nero o il voucher.
Oppure anche la formula “un po' un po'”, cioè qualche voucher e il resto in nero, come hanno testimoniato molti dei ragazzi che lavorano nei bar e nei ristoranti della riviera. Non avendo un contratto di lavoro stagionale non hanno nemmeno i giorni di riposo.
Il voucher semplifica la vita ai datori di lavoro ma da meno diritti a chi lavora: gli albergatori lo ritengono uno strumento così fondamentale che pensano di aprire l'attività tutto l'anno.
A chi facciamo male, dicono? Ai lavoratori è la risposta.
Che se segnalano problemi e abusi, vengono lasciati a casa.

Anche nell'edilizia si registrano degli abusi: Gashi ci ha rimesso un orecchio, dopo un infortunio. Scoprì, uscito dall'ospedale, di essere stato assunto coi voucher, mentre pensava di essere assunto in nero, infatti ha ritirato i voucher solo dopo l'infortunio.
L'infortunio è stato pagato dall'Inail, l'azienda se l'è cavata con poco, con tre voucher.
BERNARDO IOVENE FUORI CAMPOÈ andata così. Lavori a nero. Se ti fai male, spunta che proprio in quel momento, eri coperto dal voucher. Eppure sui voucher c’è scritto che il committente deve comunicare preventivamente l’inizio della prestazione all’Inail e all’Inps. E da giugno di quest’anno anche alle Direzioni Territoriali del Lavoro.BERNARDO IOVENESe io leggo sul buono che sono obbligato a comunicare, cosa faccio?ALESSANDRO MILLO – DIREZIONE TERRITORIALE DEL LAVORO BOLOGNAForse avete visto dei buoni già predisposti con la nuova predisposizione in realtà nonattuata. Per ora stiamo proseguendo con le stesse modalità precedenti.


Il committente dovrebbe comunicare all'Inps e all'Inail l'inizio del lavoro: in realtà nessuno avvisa quando si iniziano ad usare, né ora né il giorno.
Chi sono i ministri che hanno fatto questa norma?
Sacconi, Prodi, Poletti, Fornero.

L'unico che parla con Report è Pennesi, segretario del ministero del Lavoro, che giustifica la norma spiegando che è stata pensata per consentire la massima flessibilità.
La senzazione è che si voglia legittimare il nero, alla fine...
C'è un ma, però. Abbiamo visto che tutti questi infortuni non sono sempre coperti dai contributi: l’Inail ha ragionato sul fatto che potrebbe liquidare degli infortuni senza che ci sia stata l’adeguata copertura?
Inail risponde che sta monitorando gli effetti: non hanno ancora incassato nulla ma solo erogato i soldi.

A Rimini un edile racconta come lavorare coi voucher, otto ore al giorno a 38 euro al giorno, sia la norma:
Non si potrebbe perché non è un lavoro accessorio: all'ispettorato del lavoro non si sono accorti dell'abuso, hanno solo un sospetto: senza denunce del lavoratore è difficile, si giustificano.
Le persone hanno paura, però: e siamo nella riviera romagnola.

A Jesolo l'ispettorato ha denunciato 130 albergatori per abuso dei voucher, ma questi hanno fatto ricorso e hanno pure vinto.
Per superare il vincolo dei 2000 euro (l'anno) da uno stesso committente, si usano voucher pagati da diverse aziende nello stesso ambito.

Tito Boeri ha lanciato l'allarme contro i casi dove il voucher è usato per pagare l'unico lavoro e non quello accessorio. Avremmo un problema serio nel futuro previdenziale di queste persone, non avranno nemmeno una pensione dignitosa, ma solo simbolica.
Parliamo di lavoratori che non hanno ferie, malattia né indennità.
E nemmeno i contributi si trovano. Devono ancora essere caricati nel sistema: parliamo di 1,5 milioni di persone, nel settore del commercio, turismo e servizi.

I voucher stanno sostituendo molti contratti e spesso sono usati per nascondere il nero: a questo si è arrivato grazie alle norme sfornate dagli ex ministri del lavoro, che hanno esteso gli ambiti di applicazione di questi buoni.
L'unico che ne parla è l'ex ministro Damiano, che li aveva pensati per gli studenti che lavoravano nelle vigne, sono quelli che sono venuti dopo ne hanno esteso negli altri lavori produttivi.
Peccato che nel settore agricolo, dove tutto nasce, i vincoli sono rimasti: le casalinghe non possono lavorare nelle vigne.

Ma nelle vigne del bresciano trovi gli immigrati pagati in nero e con qualche voucher. E per gli imprenditori agricoli è tutto normale, si sentono anche dei benefattori. Fanno lavorare delle persone.

Ma se una signora vuole pagare la colf coi voucher per un lavoro di tre quattro ore alla settimana si sente dire che non può, deve fare un contratto a 120 euro a settimana.
Ma la colf si può retribuire coi voucher o no? Fino a 7000 euro si, dicono all'Inps.
Peccato che i sindacati e i giudici abbiano idee diverse.

Gli albergatori possono usare i voucher, mentre le colf no?
Nel mercato del lavoro domestico si stima che ci siano 800mila persone in nero: in Francia i voucher sono partiti proprio per il lavoro domestico, dove sono serviti a ridurre in modo drastico il nero.

I camerieri in Francia sono pagati coi contratti, anche quelli a chiamata, per una sola giornata. I voucher sono vietati, si possono usare solo nei lavori domestici.
Un sistema semplice, veloce, dove si possono detrarre le spese dalle tasse (lo stato rimborsa al 50%) e dove tutto è tracciato telematicamente.
Il nero, per i lavori domestici è stato ridotto al 25%.

Perché in Europa non si fa dappertutto così? Si creerebbero posti di lavoro.

In Inghilterra ci sono contratti a zero ore: la massima flessibilità è favorevole anche al lavoratore e non solo al datore. Il contratto non garantisce un numero minimo di ore: ci sono degli abusi e i sindacati sono preoccupati del fatto che molti lavoratori non hanno mai un contratto, pur lavorando nello stesso posto per anni.

Anche in Inghilterra la flessibilità si sta estenndendo, ma non si usano contanti, solo bonifici in banca: qui l'economia sommersa rimane stabile.

Tanti e subito – Giorgio Mottola (il pdf con la trascrizione)
I Money transfer servivano per aiutare gli immigrati per trasferire i soldi all'estero.
Cina, Filippine, Pakistan .. si tratta di oltre 5 miliardi di euro.
C'è un limite nel trasferimento contanti: mille euro a settimana (ma quale immigrato guadagna 1000 euro alla settimana?).
Purtroppo nel sistema si rilevano delle incongruenze, nonostante le rassicurazioni del vicepresidente dei MT: nel 2014 sono partiti 280mila euro verso gli Emirati Arabi da Parma. E 448mila euro da Reggio Emila, sempre verso gli Emirati Arabi.
Ma non ci sono cittadini originari da quelle zone.
Dovremmo preoccuparci: l'ipotesi riciclaggio è quella più attendibile.
Il servizio di Giorgio Mottola dimostra che c'è sempre il modo per bypassare i limiti.
Dal 2010 al 2015 la GDF ha riscontrato violazioni nel 43% dei MT controllari: non è vero che è tutto regolare.

In una intercettazione il responsabile commerciale della Sigue Global Service spiegava ad un responsabile di uno sportello come superare i limiti: attribuire date di nascita inventate allo stesso nominativo (e superare i limiti dei 1000 euro a trasferimento).
Oppure usare nomi di defunti e documenti falsi: con questo stratagemma una organizzazione criminale cinese ha spostato in Cina centinaia di milioni.

Su 260 MT in Italia, solo 10 hanno sede qui: gli altri devono sottostare ai controlli del paese d'origine, come il Delaware, patria di Western, Moneygram o Sigue Global Service (e non ai controlli di Bankitalia).
Solo 13 MT su 250 hanno aperto un punto di contatto in Italia: è difficile fare un controllo sugli agenti per Banca d'Italia.

Non sappiamo quanti soldi circolano attraverso Mt, dove vanno né da dove sono partiti.
Diverse le cifre, tra quanto riportato da Bankitalia e la Banca mondiale, anche per le rimesse (non solo i MT): si parla di 15 miliardi (la stima di World bank) e non 5, come dice Banca d'Italia.
Quest'ultima si fida dei dati dei MT (che poi sono dati su base volontaria) a differenza della Banca Mondiale.

È tutto un sistema che è fuori controllo: sempre più MT aprono qui in Italia, usando le regole della sede operativa all'estero e non quelle italiane.
Il governo ha chiesto di rafforzare la vigilanza su queste strutture, perché a rischio terrorismo.
Dobbiamo sempre arrivare all'emergenza per accorgerci di un problema.

Le società che ti propongono investimenti in oro da dove lo prendono? E dove lo depositano?
Ranucci ha incontrato, prima in forma anonima e poi presentandosi come giornalista, i responsabili della GSG Evolution, che propone ai clienti un piano di investimento nell'oro di Auvesta, che finisce nei loro caveau, al riparo dal fisco.
Ti spiegano anche di come sia facile diventare promoter, ma devi prima aderire al loro piano di investimento.
I tuoi soldi sono trasferiti alla Auvesta che ha un conto a Bolzano: Auvesta trasforma il risparmio in lingottini tenuti in un cavou a Monaco: quando voi prendere i soldi ti mandano i lingottini.

Ma al deposito doganale di Embrach non c'è alcun deposito della società.
Ma che cosa fa esattamente la GSG? Raccolta di risparmio, no. Trasferimento d'oro, forse.
Il responsabile unico di GSG sarebbe un carpentiere che contattato da Ranucci, rivela un certo nervosismo nel rispondere a delle domande.
ANDREA FILIPPOZZI AL TELEFONOLei sta rompendo le scatole. Io le prometto che entro stasera la richiamo e facciamo questo appuntamento.MILENA GABANELLI IN STUDIOMai più visto né sentito, il carpentiere, e tantomeno quelli della casa madre tedescache ci avevano promesso di mostrare il deposito. Ma questi esattamente che cosafanno visto che ci sono in ballo decine di milioni di euro che sono già usciti? Se sitratta di raccolta di risparmio sarebbe abusiva. E’ forse una variante del noto schema Ponzi, dove il promoter che arriva per dimostrare fiducia deve cominciare a metterci i suoi di risparmi, poi la storia insegna che alla fine l’ultimo che arriva resta con il cerino in mano. Oppure siamo di fronte a una grande truffa ai danni dei risparmiatori?Insomma state attenti, e chi vuole investire in oro lo faccia solo con chi è iscritto aBanca d’Italia.  

22 novembre 2015

La regola del gioco (e della democrazia)

“America's 'crack' plague has roots in Nicaragua war”
Dark Alliance – di Gary Webb del S. Jose Mercury news

Iniziava con queste parole uno degli articoli più famoso di Gary Webb, giornalista dell'anno nel 1996, dove spiegava come l'epidemia di crack nei quartieri poveri di Los Angeles e di altre città americane fosse legata al traffico di armi con cui il governo americano riforniva i Contras in Nicaragua.
Quintali di droga che arrivavano dal sudamerica, su viaggi controllati dalla Cia e dai cartelli, in cambio di armi che servivano a ribaltare i governi socialisti in centro america.
Era la guerra contro il Nicaragua di Ronald Reagan, che il Congresso non voleva combattere.
È la storia raccontata nel film “La regola del gioco”, diretto da Michael Cuesta con Jeremy Renner.


Gary Webb, cronista di un piccolo giornale locale (il S. Jose Mercury news), entrò in questa storia quasi per caso, seguendo il caso di uno spacciatore, che gli raccontò dei traffici e dei legami col governo, con la protezione della Cia. Da uno spacciatore piccolo ad uno più grande, Danilo Blandon, che lavorava a contratto col governo e la Cia per importare la droga spacciata nelle strade di South Central, per uccidere giovani afro americani.
La pista lo portò dalle prigioni della California a quelle del paese centro-americano, ad incontrare un banchiere svizzero usato per spostare i soldi, fino ad un senatore a Washington. Che era stato dentro la commissione Kerry e che lo mise in guardia dal divulgare questa storia:
Alcune storie sono troppo vere per essere raccontate”.


Dopo l'uscita dell'articolo arrivò un breve momento di celebrità e il Pulitzer, ma il sistema giornalistico americano non si dimostrò all'altezza della sua fama.
I grandi giornali come il Post e il LA Times iniziarono a fare le pulci alla vita di Webb, criticarono il suo lavoro perché non aveva usato nessuna fonte interna alla Cia.
“Si ricordi che la contraerea colpisce quando si è sopra il bersaglio .. la Cia in questo caso”.

Tagliato fuori dall'inchiesta ed esiliato a Phoenix, Webb venne contattato da un ex agente Cia, coinvolto in un'altra storia di droga, con i cartelli colombiani che però era la stessa storia. Una storia che è quella di un mostro:
Volevo stare coi buoni, volevo combattere l'impero del male .. sono andato in sudamerica, ho incontrato delle persone .. ho fatto dei nomi alla Cia. Quelle persone scomparivano, le persone cui davamo la caccia scomparivano”.

Tutto per il potere:
“è tutto menzogna e corruzione, alla fine vieni divorato dal potere”.

Il film di Michael Cuesta termina con la serata del premio Pulitzer, dove Webb si trova a fianco solo la sua famiglia: i colleghi sono in disparte, niente pacche sulle spalle o abbracci.
Questa storia mise in crisi la sua vita professionale e la sua vita privata, ma Webb ebbe la forza di essere coraggioso fino in fondo.
Il coraggio con cui si rifiutò di sottoscrivere una lettera aperta in cui si rimangiava quanto scritto, perché avrebbe voluto dire che la verità (il traffico di droga in cambio delle armi per i Contras, protetto dall'amministrazione Reagan) è qualcosa da pubblicare solo quando conviene.
Ma essere giornalista è anche questo – disse Webb davanti agli altri giornalisti – dare fastidio.
Pensavo che il mio lavoro fosse dire la verità, i fatti, perché gli altri potessero decidere quello in cui credere .. ma mi sbagliavo”.

La storia di Webb fa da contraltare a quella di Carl Bernstein e di Bob Woodward, i due cronisti del Post che a partire dall'infrazione al Watergate, da parte di un gruppo di esuli cubani, risalirono ad una storia più ampia. I fondi neri del partito Repubblicano, usati per spiare i democratici e sabotare la loro campagna.
Nel 1998 la Cia ammise l'esistenza del traffico di droga.
L'attuale segretario di Stato Kerry, intervistato a fine film, ammette i legami del traffico col governo e la Cia.
Ma Gary Webb non fu più giornalista.
Su suicidò con due colpi in testa nel 2004. Almeno così disse la polizia.

La regola del gioco e anche una delle regole della democrazia: perché alla fine la sua forza si basta su persone come Gary Webb, persone coraggiose nel cercare la verità e nel volerla rendere pubblica ai propri lettori.

Qui trovate il sito del film con altri spezzoni del film e il trailer