15 aprile 2016

Bufale pretestuose

Il meccanismo è noto: prima si cerca di sminuire l'avversario, ridicolizzandolo, togliendo ogni spazio per esprimere le sue ragioni. Poi si arriva al fango, se non alla criminalizzazione.
Sul referendum del 17 aprile, pro o contro la durata delle concessioni (fino ad esaurimento o con termine), gli amici dei petrolieri hanno seguito le due strade: il referendu? Quale referendum? Nelle ultime due settimane il Tg1 al referendum ha dedicato solo 13 minuti.
Il referendum toglie posti di lavoro .. quando chiuderanno le trivelle, da dove prenderemo l'energia? .. Senza piattaforme l'Adriatico sarà incrociato dalle petroliere .. le piattaforme non inquinano ..

Sui posti di lavoro, ha risposto ieri la presidente di Legambiente:
E sulla perdita di posti di lavoro?L’Unione petrolifera conta 35 mila addetti nel settore: a terra, entro e oltre le 12 miglia. I posti a rischio, dai nostri calcoli, potrebbero essere pochemigliaia riassorbibili in altri settori. La Fiom Cgil si è schierata a fianco del Comitato per il sì: la piattaforma che smette di funzionare viene smontata. E lo faranno gli stessi operai che facevano manutenzione.
Da dove prendiamo l'energia?
Parte delle piattaforme ancora operative estraggono la minima quantità di gas o petrolio per non chiudere e non pagare le tasse. Se chiudessero dunque non creerebbero problemi.

Sull'inquinamento delle piattaforme mi aspetto che lo dica un rapporto terzo, non l'Eni o gli amici del comitato.
Forse è passato troppo tempo dal disastro ambientale della piattaforma BP in Florida (solo sei anni fa, in fondo). Immaginatevi lo stesso nell'Adriatico, o al largo della Sicilia. 

Infine ieri sono arrivate le due uscite di Renzi e Napolitano testimonianza di uno stato nervosismo: sarà il timore del quorum (difficile da raggiungere), l'eco dell'inchiesta di Potenza, la scoperta (grazie alle intercettazioni), del comitato che lavorava per la lobby del petrolio.

Il referendum è una bufala, dice Renzi (intendendo che non è contro le trivelle): colpa del quesito referendario che, al solito, è astruso ma comprensibile.
In realtà il referendum è un segnale anche politico alla classe dirigente, come lo è stato (forse inutilmente) quello sul servizio idrico e sul nucleare.
Utile, se non ci fosse stato, saremmo ancora qui con quell'obbrobrio dello Sblocca Italia.

Il referendum è pretestuoso, prosegue l'ex presidente, alla faccia delle regioni che hanno presentato i quesiti, alla faccia degli italiani che hanno raccolto le firme, che stanno promuovendo il sì, alla faccia della Cassazione che ha ammesso i quesiti.

Certo che è lecito non andare a votare, se il cittadino pensa che il referendum non abbia senso, sia pretestuoso, inutile.
In Italia sono lecite tante cose, dall'elusione al farla franca dai processi grazie alla prescrizione.
Ma dai vertici delle istituzioni mi aspetto il buon esempio (il dovere civico di votare) e pretendo il rispetto delle opinioni altrui.
Altrimenti nasce il sospetto che la campagna per l'astensione sia in realtà una campagna per l'astensione dal sentirsi cittadini con opinioni personali, che rivendichino diritti, che non deleghino ad altri le loro decisioni.

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