21 aprile 2016

Il posto che ci meritiamo

Il 77 esimo posto nella libertà distampa ce lo siamo guadagnato, anno dopo anno, grazie al modo italiano di raccontare il paese.
Leggete le prime pagine e vedete cosa raccontano: il fronte del si contro il fronte del no, l'acutizzarsi dello scontro politica magistratura, chi vuole le riforme e chi non le vuole fare.
Giustizia, lavoro, riforme, immigrazione, rischi terrorismo. E poi le inchieste giudiziarie, ad orologeria, la barbarie delle intercettazioni, la magistratura che entra nelle questioni politiche, nella politiche industriali, distrugge la vita delle persone ..
Cambiano i personaggi, non sempre, ma il succo rimane quello.

Dietro questa cortina, c'è un paese che non viene raccontato: sul tema del lavoro sarebbe stato interessante leggere del perché dello sciopero dei metalmeccanici, le loro ragioni, quelle di confindustria.
Lo sciopero dei dipendenti di Versalis, il settore chimico che Eni vuole vendere.
L'eterno presente (le polemiche, gli scontri, i meravigliosi piani, le riforme) ci porta a dimenticare che è in corso un processo a Roma su mafia capitale, dove i testimoni devono essere accompagnati in aula perché intimoriti. Dove gli avvocati difensori se la prendono coi magistrati e coi giornalisti che hanno raccontato dei clan, dei rapporti politica e mafia, della spartizione del territorio.

Sta per finire nel dimenticatoio anche la storia di Giulio Regeni, troppo poco importante di fronte alle questioni di politica internazionale e agli accordi con l'Egitto.
Ancora qualche settimana e qualcuno romperà il tabù dicendo che se l'è andata a cercare. Ops.. è già stato fatto.

La storia delle banche: Report ha raccontato anche in modo chiaro, come si è arrivati al crac delle popolari, in Veneto e in Toscana. Come aveva raccontato anche prima la storia di MPS, spolpata dagli amministratori per finanziare imprese degli amici, per clientelismo. Del ruolo di Bankitalia, che sapeva della situazione e che ha “solo” sanzionato i vertici degli istituti di credito.
Interessa ancora a qualcuno che diverse migliaia di italiani sono stati truffati?

Mesi fa su Expo c'erano tutte le prime pagine, ora il silenzio. Niente chiusura ufficiale del bilancio, il futuro dell'area è poco chiaro.
Di chiaro, nella vicenda di Brescello, è che i clan sono ben insediati qui al nord, nelle città e nella provincia. Ma la mafia al nord, nel cattivo giornalismo italiano (salvo poche eccezioni) non ha lo stesso appeal dell'Isis.

Certo, questa brutta posizione nella classifica di Reporters sans frontieres arriva dopo il processo a Nuzzi e Fittipaldi, ma è in Vaticano e più che fare pressioni (che non vedo) si può far poco.

Da una parte abbiamo il giornalismo 2.0 de l'Unità (il falso scoop sulla candidata Raggi), il #matteorisponde senza intermediazione di giornalisti con domande scomode (si chiamerebbe populismo), i giornali nelle mani di gruppi imprenditoriali. Dall'altra i giornalisti minacciati, precari, costretti a fare da portavoce a questo o quello.

Il Botswana ora ci guarda dall'alto.

Non ci dovrebbe meravigliare: astensione, poca partecipazione alla cosa pubblica, la distanza tra cittadini e palazzo che aumenta, poco interesse nel voler approfondire nella lettura delle notizie sono tutte questioni legate. 

Nessun commento: