25 aprile 2016

L'ingegnere di Fossoli – il mio ricordo per questo 25 aprile

Questo 25 aprile lo voglio ricordare citando uno dei personaggi forse minori, nella grande storiografia della Liberazione. Una di quelle persone di cui ci siamo colpevolmente dimenticati, sebbene, dove sia passato, abbia lasciato una sua impronta.
Parlo dell'ingegnere Carlo Bianchi, milanese di nascita ma inverighese di adozione, perché qui spostò la sua azienda negli anni della guerra.
Carlo Bianchi, laureatosi in ingegneria al Politecnico a soli 23 anni, è stato uno di quegli italiani che di fronte al fascismo non ha girato la testa dall'altra parte: si licenziò dalla Siemens a Milano nel 1938 per non doversi iscrivere al partito fascista (senza tessera, in quegli anni, non si andava da nessuna parte).
La sua avversione al fascismo maturò anche dopo diversi viaggi di vacanza in Germania.
E' vero, poteva permetterselo perché, a differenza di altri, aveva alle spalle una famiglia e nell'azienda di famiglia trovò lavoro. Ma non si fermò qui: dopo l'8 settembre, ad Inverigo, con l'approvazione del cardinale Shuster, dette vita all’organizzazione "Carità dell’Arcivescovo", istituzione con cui dare supporto alle persone colpite dalla guerra.
Strinse rapporti col CLN milanese e le prime formazioni partigiane della Brianza: assieme a Teresio Olivelli, che ospitò anche a casa sua, creò il foglio clandestino "Il Ribelle", alla cui realizzazione avrebbero partecipato anche Claudio Sartori, Enzo e Rolando Petrini e Franco Rovida.
Entra a far parte del CLNAI e fa anche parte dell'O.S.C.A.R., un'organizzazione scout che portò in salvo centinaia di ebrei e prigionieri di guerra ricercati dai nazisti.
Per colpa del tradimento di un delatore, fu arrestato in piazza San Babila a Milano il 27 aprile 1944, incarcerato a San Vittore fu poi trasferito al campo di Fossoli, come internato politico.
Per molti, Fossoli fu il campo di transito verso l'inferno in terra di Auschwitz, un viaggio di non ritorno. Altri sopravvissero e lasciarono per noi, che siamo venuti dopo, il loro ricordo, come fu per Primo Levi.
Carlo Bianchi fu invece fucilato al poligono di Cibeno, insieme ad altri 66 internati politici, il 12 luglio 1944, come rappresaglia per un attentato partigiano compiuto a Genova.

Carlo Bianchi è stato insignito della medaglia d'oro dal comune di Milano, per la sua attività antifascista, in seguito gli fu attribuita la Medaglia di Bronzo al Valor militare
«Animato da profondo amore per la libertà, non esitava, benché padre di quattro figli, a entrare, dall’armistizio, nella Resistenza, segnalandosi per capacità organizzativa e di animatore. Catturato, sopportava stoicamente minacce e torture, nulla svelando che potesse danneggiare l’attività partigiana. Tradotto a Fossoli confermava i suoi alti ideali e la sua fermezza d’animo, pagando con la fucilazione il suo grande amore per Italia».

Qui ad Inverigo esiste una via Carlo Bianchi.
Ma un catasto distratto e un comune poco attento, hanno ribattezzato la via intitolandola ad un altro Carlo Bianchi, poeta.
Ci vuole poco a dimenticare la storia, l'importanza di persone come l'ingegnere di Fossoli. Un italiano, sposato e con tre figli (e in attesa del quarto), che di fronte alla Storia seppe fare le sue scelte. Giuste.

Il 23 aprile, qui ad Inverigo, la compagnia teatrale “Nuovo teatro Ariberto” ha allestito uno spettacolo "L’INGEGNERE DI FOSSOLI. UN EROE DI INVERIGO": c'era Carla Bianchi, la figlia, che ancora si ricordava delle signore inverighesi che l'avevano cresciuta quando passava le estati qui in Brianza.
Cattolico, benestante, anche borghese se vogliamo: uno che ha fatto (purtroppo per poco) la Resistenza senza mai imbracciare un fucile. Ma che aveva contribuito a salvare molte famiglie ebree dalla deportazione e che faceva paura alla dittatura. Per le sue idee e per il suo impegno.
Perché è importante ricordare la storia di Carlo Bianchi? Per due motivi: il primo è legato all'obbligo della memoria della guerra di liberazione, che è stata combattuta sia sul fronte, dagli Alleati contro i tedeschi. Sia sul fronte interno, sulle montagne, nelle città, nelle retrovie del fronte, dai partigiani.
Una guerra non di meno importante perché costrinse i tedeschi a spostare truppe nel contrasto ai “banditen”, così venivano chiamati i partigiani. Nemmeno l'onore di essere considerati truppe belligeranti, perché irregolari. Persone che dopo l'8 settembre scelsero la via della libertà, della fine della tirannia, dei soprusi, delle ruberie, del fascismo. Anche grazie a loro, la liberazione dalla dittatura è arrivata.

E, infine, c'è un secondo motivo: sulla guerra di Liberazione si è creato un falso binomio per cui resistenza = comunisti. Non è vero: le formazioni partigiane erano di tanti colori politici e, soprattutto, a questa guerra parteciparono uomini e donne provenienti da tutto il mondo civile.
Ex soldati, carabinieri, studenti, professori, operai. E ingegneri come Carlo Bianchi.
E preti come don Pietro Pappagallo a Roma.
E donne come Tina Anselmi, la staffetta partigiana.
Questa è stata la guerra di Liberazione: un movimento popolare, il fondamento della democrazia in cui viviamo oggi. Quella che oggi ci permette di esprimerci liberamente, di riunirci, tutela i nostri diritti senza vincoli di sesso, di religione, di ceto sociale, politici.

C'è stato un periodo nella nostra storia in cui tutto questo non era scontato: i giornali non erano liberi, si veniva perseguiti per la religione, per il credo politico, per aver detto certe frasi.
Non si andava a votare e non si poteva scegliere, non esisteva partecipazione. Era con una tessera in tasca che si andava avanti.
Ricordiamocelo, in questa Europa in cui soffiano ancora venti di estrema destra e di quel fascismo che non se ne è mai andato, ma che ogni tanto riaffiora come un fiume carsico.

Buon 25 aprile!

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