11 novembre 2016

La mucca bianca era da un po' che girava

"Per dirla in bersanese: la mucca nel corridoio sta bussando alla porta". Lo scrive su Facebook Pierluigi Bersani. "Il voto americano -spiega - parla anche di noi. Nel mondo ripiega la globalizzazione. Si affacciano protezionismi e pensieri aggressivi verso le persone e le merci di fuori. Gli establishment interpretano la fase precedente, in via di superamento". 
"Ovunque, anche in Europa, c'è una nuova destra in formazione - prosegue Bersani - Non è una destra liberista, è una destra della protezione. Se vogliamo impedire che vinca ovunque dobbiamo attrezzare una sinistra larga che abbandoni le retoriche blairiane delle opportunità, delle flessibilità, delle eccellenze e scelga la strada della protezione sulla base dei propri valori di uguaglianza".
Simpatica persona, Bersani.
Disposta a prendersi pure gli schiaffi della corrente renziana del suo (ex?) partito.
Politicamente, però, quello che doveva dimostrare, l'ha già dimostrato. Contro avversari come Bersani, D'Alema, uno come Renzi ha buon gioco.
Dove eravate, cosa avete fatto voi, quando era il vostro turno?
Certo, Bersani è quello delle lenzuolate e ai tempi del governo Prodi il debito e i conti sono stati tenuti più o meno in ordine.

Ma sul lavoro, sul liberismo, anche uno come Bersani ha le sue colpe.
Il primo colpetto alle norme sul lavoro è stato dato dalla riforma Treu, primo governo Prodi.
Il secondo colpetto (dopo i tentativi falliti da Berlusconi, fermati dalla sinistra che scendeva in piazza coi sindacati) l'ha dato Monti con la riforma Fornero.
Renzi, quando è arrivato, col suo patto del Nazareno, ha avuto gioco facile.

La mucca aveva già bussato anni fa, ma all'epoca nessuno ci aveva fatto caso. Gli anni 2000 in cui si preparò il terreno alla grande crisi e poi ai governi tecnici.
I tempi in cui gli allarmi per la generazione perduta dei precari rimanevano lettera morta.

La mucca bianca era da un po' che girava.
E accorgersi ora che questa "mucca" poi porta alla rabbia delle persone che poi, al momento del voto, si affidano ai leader populisti, muscolari, politicamente scorretti, è un po' tardi.

Lo scrive Gilioli meglio di me:
Così quella che fino a ieri era un'opinione e un "alert" di minoranza (o da "estremisti", o da "grillini") oggi è diventata cosa talmente mainstream da sembrare scontata, ovvia, giusta, corretta, insomma da Buongiorno di Gramellini. Il quale infatti oggi ci spiega la vittoria di Trump, in prima pagina sulla Stampa, parlandoci degli stipendi bassi e dei lavori precari, dei debiti spaventosi che i ragazzi devono contrarre per arrivare a una laurea dopo la quale saranno disocccupati, ed «è stata la finanza a costruire questo mondo di sperequazioni odiose».
Bravo, sono d'accordo. Da un bel po', diciamo.
Di tutto questo sono contento, ripeto: per semplificare, del fatto che finalmente sia chiaro a tutti che in Occidente la mancata governance sociale della globalizzazione abbia provocato tanti e tanti disastri da portarci all'implosione, al casino. E che talvolta (spesso, temo, se non ci si dà una mossa) questo casino si declina poi nell'affidamento a leader ipermuscolari e iperemotivi, che proprio per questa ipermuscolarità e iperemotività vengono visti come uniche risposte possibili ai poteri freddi, lontani, impalpabili e algoritmici che hanno preso il controllo delle nostre economie e delle nostre vite, impoverendo il ceto medio ed esternalizzando le democrazie.
Sono anche abbastanza contento del fatto che adesso la si smetterà definitivamente (con l'eccezione di qualche zuccone) di dire che per la sinistra "le elezioni si vincono al centro", quando la centrista Hillary si è persa per strada 6-10 milioni di elettori democratici, rispetto alle ultime due tornate presidenziali, finendo così per essere sconfitta da un avversario repubblicano che ha preso meno voti di McCain e di Romney.

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