12 dicembre 2016

Piazza Fontana – la strage senza giustizia



"Patmos"
Sono sotto choc
è giunto fino a Patmos sentore
di ciò che annusano i cappellani
i morti erano tutti dai cinquanta ai settanta
la mia età fra pochi anni, rivelazione di Gesù Cristo
che Dio, per istruire i suoi servi
- sulle cose che devono ben presto accadere -
ha fatto conoscere per mezzo del suo Angelo
al proprio servo Giovanni. [..]
Patmos di Pier Paolo Pasolini (poesia dedicata dal poeta alla strage di piazza Fontana)

La strage di piazza Fontana è un delitto senza colpevoli, almeno per la giustizia italiana.
14 morti, nell'immediatezza dello scoppio di una bomba esplosa nella Banca dell'Agricoltura il 12 dicembre del 1969; morti saliti poi a sedici nei giorni successivi, per diventare 17 dopo nei mesi successivi.

Erano agricoltori, proprietari terrieri, venuti quel venerdì a Milano, a concludere degli accordi sui loro terreni, sui loro beni, al mercato dentro la Banca.

Venendo da là
vestivano di grigio e marrone; la roba pesante,
che fuma nelle osterie con le latrine all'aperto.
[..]
Così si consola la morte, e chi ha la cattiva creanza
di farsi piangere; ridotto a tronconi: cosa inammissibile
in un uomo serio, che si occupa di agricoltura!
Patmos di Pier Paolo Pasolini (poesia dedicata dal poeta alla strage di piazza Fontana)

17 morti e 86 feriti per cui la giustizia italiana non ha trovato alcun colpevole, sebbene la sentenza dell'ultimo troncone dell'inchiesta (nata dalle indagini del Gip milanese Salvini) abbia chiarito per sempre la matrice di estrema destra.
La bomba l'hanno messa loro, i neofascisti di Ordine Nuovo, ora lo sappiamo per certo, anche se ci sono voluti più di quarant'anni, otto processi spostati da Milano a Catanzaro, per problemi di ordine pubblico, così stabilì la Cassazione nel 1972.
8 processi tra Milano, Catanzaro e Bari e l'unica cosa che rimane in mano ai familiari delle vittime e l'ultima sentenza della Cassazione (del 3 maggio 2005) che li indica pure i colpevoli, Franco Freda e Giovanni Ventura, i due ordinovisti veneti, che però essendo già stati assolti in un altro processo per la stessa accusa, non possono più essere condannati.
E' la tortuosità della giustizia italiana, per cui alla fine, ai familiari è pure toccato pagare per le spese processuali.
Ma non ci sono solo quelle morti (le vittime, l'anarchico Giuseppe Pinelli morto durante un interrogatorio in Questura, il commissario Luigi Calabresi, il portinaio dello stabile di Padova Alberto Muraro, Armando Calzolari il segretario di Borghese..), attorno alla strage: quel giorno è stato per noi la perdita dell'innocenza, un brusco risveglio.
Non si può parlare di Piazza Fontana fermandosi a quella bomba, a quella strage.
Bisogna inquadrare questa storia in un contesto più ampio, che parla di un attacco alla democrazia di questo paese, attacco i cui riflessi arrivano ancora ad oggi.
Perché quell'attentato arrivava dopo un crescendo di bombe: quelle sui treni dell'estate del 1969 e quelle esplose a Milano in primavera, alla Fiera Campionaria. Tutte bombe attribuite agli anarchici. Perché in quello stesso 12 dicembre di 47 anni fa a scoppiare furono cinque bombe, due a Milano (la seconda alla Banca Commerciale, inesplosa) e tre a Roma, che non causarono per fortuna vittime.
Cinque bombe e tutti quei morti, voluti e cercati.
Una strage? Perché?”



Sul sagrato del Duomo, nel giorno dei funerali, una delle migliaia di milanesi venuti a rendere omaggio si chiedeva questo. “Perché questa strage?”

Per rispondere a questa domanda si deve parlare degli anni della fine del boom, di un paese che aveva conosciuto le lotte sociali, la conflittualità, che chiedeva maggiori diritti nel mondo della scuola e nel mondo del lavoro. Un paese dove le persone non accettavano pi quell'autoritarismo che pure era ancora presente nelle istituzioni. Dalle università alle Questure, ancora in mano a funzionari formati negli anni del fascismo.
Sono gli anni della contestazione, dell'autunno caldo, anni in cui alcune forze politiche e la società civile cercava di trasformare questo paese verso altro, più progressista.
Era un'Italia giovane, curiosa, che voleva viaggiare, conoscere, dove l'intreccio tra le varie parti sociali stava portando allo sbocciare di un paese moderno, verso una reale democrazia.

Ma eravamo un paese Nato, negli anni della guerra fredda: le spinte progressiste, la crescita delle sinistre, andava fermata in tutte le maniere possibili.
Nixon, il presidente degli Stati Uniti, faceva pressioni sul presidente Saragat per il timore che la crescita del partito comunista potesse destabilizzare l'ordine politico in Italia.
Cinque anni prima quel 1969, Moro e lo stesso Saragat avevano dovuto affrontare l'allora presidente Segni, coinvolto nel Piano Solo, il piano preparato dai carabinieri che prevedeva l'enucleazione dal paese di sindacalisti e politici di sinistra.

Così, negli ambienti atlantici, negli ambienti della nostra destra, si pensò di spostare l'asse politico di questo paese con le bombe. Col terrore. Spaventare la gente affinché accettasse un cambio di Costituzione in forma più autoritaria. Come in Grecia, dopo il colpo di stato dei colonnelli del 1967.

Infiltrare le formazioni di estrema sinistra e portarle a compiere azioni criminali. Attribuire le bombe degli attentati alla sinistra.
La pista rossa, che portava agli anarchici milanesi del gruppo di Pinelli fu seguita subito, dalla squadra politica di Allegra e Calabresi. Così come sin da subito si concentrarono i sospetti su un altro anarchico, Pietro Valpreda, del circolo anarchico romani XXII Marzo (infiltrato sia dalla polizia che dal Sid).
Il mostro Valpreda, sbattuto in prima pagina, resse le accuse per pochi anni: fu assolto definitivamente dalle accuse nel 1987.



Per la morte di Giuseppe Pinelli, interrogato e tenuto in Questura ben oltre lo scadere del fermo, nessun colpevole, malore attivo, questo sentenziò l'inchiesta del giudice milanese D'Ambrosio.

Ma in quegli anni, in cui la verità veniva costruita dalle veline dell'Ufficio Affari Riservati del Viminale (la storia di Calabresi addestrato dalla Cia era un'invenzione dei nostri spioni) e dal Sid (che aveva mandato una velina ai magistrati secondo cui l'Aginter Press era un'agenzia di stampa di estrema sinistra), che davano ai magistrati false piste o ne nascondevano di importanti, un ruolo importante lo ebbe la Controinformazione: “Strage di stato” era il titolo del libro scritto gruppo da un comitato di giornalisti, sulla strage.
Che seguiva una pista diversa, la pista nera. Che parlava dei gruppi dell'estrema destra, dei loro legami con le forze dell'ordine, con lo stato maggiore dell'esercito e dei servizi.
Sto parlando di Ordine Nuovo in Veneto, Avanguardia nazionale a Roma e al sud. E poi il gruppo La Fenice a Milano. Gruppi nati come scissione del Movimento Sociale.
I loro legami col Sid, con giornalisti come Giorgio Zicari (uno dei giornalisti del mostro Valpreda) e Guido Giannettini.
Nell'estate del 1969, su questo gruppo (Freda, Ventura e il consigliere dell'MSI Fachini) si erano concentrata un'inchiesta della squadra politica di Padova, del commissario Juliano.
Inchiesta bloccata, da una trappola al commissario stesso, lui trasferito ad altra sede.
Il portinaio dello stabile (Muraro), che poteva testimoniare dei traffici di armi, morto dopo un volo da tre rampe delle scale...

Il processo contro i neofascisti, quello spostato a Catanzaro, passò dalla condanna in primo grado all'assoluzione in Appello una prima volta e una seconda (dopo il primo annullamento della Cassazione).
Niente da fare nonostante i timer di Freda, le testimonianze del professor Lorenzon (raccolte dai giudici di Treviso Stiz e Calogero), la scoperta dell'arsenale di Ventura e Pozzan a Castelfranco Veneto.
Nonostante le stesse confessioni di Ventura al procuratore D'Ambrosio nel carcere di Monza. Di aver lavorato per conto del Sid, l'incontro di preparazione delle stragi con Giannettini e Rauti, il 18 aprile del 1969...

Assolti i fascisti, per la bomba di Milano ma non per le altre bombe. Quali anarchici, quelle erano bombe nere. Assolti anche gli spioni, archiviata l'inchiesta sui politici (Andreotti e Tanassi).

L'ultimo filone di inchiesta, su piazza Fontana, nasce dal lavoro del capitano dei carabinieri Giraudo assieme al giudice milanese Salvini. Lavoro che si basa anche sulle confessioni degli ordinovisti Vincenzo Vinciguerra, Martino Siciliano e Carlo Digilio (che era pure una fonte della Cia, nome Erodoto).
La bomba? L'ha portata a Milano Delzo Zorzi, capo della sezione militare di Ordine Nuovo, col supporto logistico dei neofascisti milanesi.
Zorzi si era pure vantato: “quella bomba l'abbiamo messa noi ...”.
Anche qui, l'iter processuale seguì lo stesso canovaccio: condanna in primo grado poi assoluzione e conferma della Cassazione nel 2005.
Col pagamento delle spese processuali a carico dei familiari delle vittime.
Ma l'appello afferma una cosa importante: la matrice della strage è di destra.

Ora sappiamo anche il perché, abbiamo la risposta alla domanda di quel signore milanese, di quella Milano che faceva andare avanti le cose.
Ma altri pezzi della storia mancano, oltre alla giustizia per le vittime.
Chi ha messo la bomba nella banca? In questi ultimi anni si è fatta avanti l'ipotesi suggestiva della doppia bomba che ritira in ballo un ignaro Valpreda..
Chi ha aiutato a Milano gli attentatori? Chi ha dato loro i soldi, l'esplosivo militare?

E ci sono anche altre domande: come sarebbe stato questo paese senza quelle stragi, senza quelle bombe?
E cosa sarebbe successo se, anziché gli insabbiamenti, i depistaggi, fossimo arrivati ad una sentenza di condanna, dei colpevoli e anche dei mandati?
Se, dopo 47 anni, siamo ancora qui a chiederci chi è stato, chi ha coperto, viene il sospetto che quello che manca, il livello superiore della strage, nasconda ancora un segreto indicibile.
E tutto questo riguarda ancora la nostra democrazia di oggi.

la porta della storia è una Porta Stretta
infilarsi dentro costa una spaventosa fatica
c'è chi rinuncia e dà in giro il culo
e chi non ci rinuncia, ma male, e tiri fuori il cric dal portabagagli,
e chi vuole entrarci a tutti i costi, a gomitate ma con dignità;
ma son tutti là, davanti a quella Porta.
Patmos di Pier Paolo Pasolini (poesia dedicata dal poeta alla strage di piazza Fontana)

Spunti di lettura:
Una stessa incoronata di buio di Benedetta Tobagi
Piazza Fontana, noi sapevamo, di Andrea Sceresini , Nicola Palma , Maria elena Scandaliato
Piazza Fontana di Francesco Barilli Matteo Fenoglio.
Il grande vecchio, di Gianni Barbacetto (primo post e secondo).
Confine di Stato, di Simone Sarasso.
La repubblica delle stragi impunite di Ferdinando Imposimato
Doppio livello di Stefania Limiti
Il segreto di piazza Fontana di Stefano Cucchiarelli
Il sangue e la celtica di Nicola Rao

Sappiamo chi siete e non dimentichiamo – Piazza Fontana 1969 - 2013

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