31 gennaio 2017

Chi alimenta i terroristi

Mi ricollego a quanto scritto prima, spostando però l'attenzione sul discorso della sicurezza: a quanti collegano immigrazione a terrorismo, consiglio la lettura dell'articolo seguente
L’amministratore delegato della Società Italiana Elicotteri [Pardi] e un cittadino libico. E poi una coppia napoletana convertitasi all’Islam che in salotto aveva persino una foto ricordo con l’ex premier iraniano Ahmadinejad.  E ancora: la Camorra, la mala del Brenta, i mercenari che combattono in Somalia. In mezzo un traffico di armi, di elicotteri, di materiale dual use che dal nostro Paese finivano in Libia, in Iran, forse persino ad un gruppo di miliziani dell’Isis .Sono i personaggi, i protagonisti e gli interpreti dell’ultima inchiesta della procura distrettuale antimafia di Napoli. Un’indagine delicata e non solo perché coinvolge Paesi come l’Iran e la Libia, ma soprattutto perché porta allo scoperto i rapporti tra i casalesi e la mala del Brenta, i soldati del Califfato e i mercenari che muovono armi e denari in mezzo Mondo. Al centro c’è un manager abbastanza noto nel nostro Paese: si chiama Andrea Pardi, è l’amministratore delegato della Società Italiana Elicotteri e fino a poco tempo fa era noto soprattutto perché nell’ottobre del 2015 aveva aggredito il giornalista di Report Giorgio Mottola, reo di avergli posto alcune domande a proposito di un’altra indagine. Pardi infatti era coinvolto in un’altra inchiesta sul traffico di armi e reclutamento di mercenari tra Italia e Somalia.
Chi è arma i terroristi? Chi fa affari con loro? 
Se poi siete interessati, c'è l'intera inchiesta di Sigfrido Ranucci e Giorgio Mottola da rivedere: "finché c'è guerra c'è speranza", specie per i trafficanti.

Sull'accoglienza

Nel corso del servizio di Presa diretta di ieri sera su lavoro e stipendi, Riccardo Iacona ha citato la Svezia come esempio di un paese che è uscito dalla crisi puntando sul suo welfare, sull'aumento dei salari e sull'istruzione.
Diversamente da noi che abbiamo puntato sul taglio ai salari, sulla precarizzazione, sull'innalzamento dell'età pensionabile, coi risultati che vediamo oggi.
Disoccupazione giovanile in crescita: una generazione bruciata. Significa talento, merito, soldi spesi in istruzione che non ritornano al paese..

Ma, c'è anche un ma: la Svezia a gennaio 2016 ha sospeso Schengen, re introducendo i controlli (specie per i richiedenti asilo) alle frontiere: nel 2015 la Svezia ha ricevuto oltre 150mila richieste di asilo e, con questi ritmi, il sistema del Welfare non avrebbe retto, sarebbe diventato non sostenibile.
E, forse, anche in Svezia si sarebbero registrate quelle situazioni che stiamo vivendo qua in Italia: italiani (in crisi per il lavoro, la casa, le cure) contro immigrati.
Attenzione a parlare di razzismo, di politiche filo leghiste o peggio ancora: in Italia nel 2015 abbiamo avuto 83mila richieste e abbiamo parlato di invasione.
I comuni che dovrebbero gestire queste situazioni, sono gli stessi che non hanno risorse a sufficienza per l'amministrazione ordinaria.
I cittadini che si vedono negare servizi, di fronte ai richiedenti asili, a nuovi immigrati come dovrebbero reagire?

A Como, l'amministrazione comunale ha vietato l'uso di una palestra alle mamme di una scuola media che intendevano usarla per organizzare feste con cui raccogliere soldi, per finanziare corsi nello stesso istituto (per esempio l'insegnamento di inglese da una docente lingua madre).
Una sorta di autotassazione.
La stessa amministrazione concede poi un'altra palestra per il Ramadam.

C'entra poco, direte voi, da una parte un evento semi ludico, dall'altra la possibilità di professare la propria fede.
Ma rimane un sapore amaro per queste persone, la sensazione di subire una discriminazione. Non potremo sempre ignorare o fa finta di niente.
La coperta è corta, per la scuola, la sanità, i trasporti, per i sussidi: è corta non per colpa della sola accoglienza, ma era corta da prima, per tutti gli sprechi nella scuola (vi ricordate la storia delle pillole della saggezza della Gelmini?), nella sanità e altro.
Ripeto: facciamo attenzione a parlar sempre di razzismo o xenofobia, quando si parla dei problemi dell'accoglienza.

Presa diretta – salari da fame

Il faccia a faccia con Toni Servillo: un attore che non ha mai lasciato la scena teatrale nemmeno dopo i successi al cinema. Ora a Milano sta rappresentando Elvira, un'opera ambientata nella Parigi occupata dai nazisti, un'opera di Juvet.
Un maestro duro con l'allieva e con sé stesso, che devono rappresentare un'altra opera: niente musiche, solo i dialoghi e l'azione degli attori.
Juvet riteneva che il teatro era il modo per orientarci nella vita: oggi ho la sensazione che questo sia un lavoro un po' prostituito, un qualcosa che non mette in gioco se stessi per perdersi in questa avventura quotidiana, non legata all'ecletticità del funambolo.
Juvet dice ai giovani: voi avrete capito qualcosa quando capirete ciò che siete, in base a ciò che fate. Si va oltre il teatro e si entra nella moralità.
Il teatro, attraverso il massimo della finzione, permette di trovare il massimo dell'autenticità.
Qualcosa che vale per tutti i mestieri: è una battaglia contro la mediocrità, il teatro deve far male, in termini di dedizione al lavoro.
Serve del tempo per fare un lavoro, nel modo migliore: è una cosa quasi eretica oggi, dove il risultato del lavoro deve essere rapido. Ai ragazzi si da l'angoscia del risultato subito, altrimenti sei fallito.
Oggi si insegna che il fallimento è un dramma, quando invece un fallimento insegna a migliorare.
L'abbassamento dei modelli, la mediocrità dei talent, lo spettacolo di una finta disperazione, un analfabetismo culturale e sentimentale.

Il teatro mette al centro la parola, al teatro non si parla inutilmente, è l'opposto dei messaggi che ci attorniano tutti i giorni.
Il teatro in un periodo in cui c'è l'ipertrofia dell'io, accresce il noi, qualcosa di importante per la civiltà.
Nel nostro paese c'è una relazione tra la cultura e un capitolo di spesa inutile: ci sono città europee che investono quanto lo Stato italiano in un anno.

Il lavoro che mi tiene in bolla è il teatro, posso poi scegliere il cinema, facendo opere con registi alle prime armi: non considero il teatro come anticamera del successo.
Quando la sceneggiatura è perfetta, significa che hai fiducia nel racconto, apri le vele e vai – è una frase presa da una intervista a Clint Eastwood.

Il prossimo film sarà con Donato Carrisi e poi Geppetto nel film di Garrone.
Buon compleanno Toni Servillo!

Salari da fame – l'Italia è il paese dove il lavoro vale di meno. Un confronto tra l'Italia e la Svezia, dove i salari crescono ogni anno.
L'acqua privata: in Sicilia l'acqua è stata privatizzata due volte, ai cittadini l'acqua costa di più e il servizio è pessimo. Nonostate il referendum del 2011.

Salari da fame
1572 euro lo stipendio medio in Italia
1050 euro la soglia di povertà

Ieri sera Presa diretta parla di stipendi, nell'inchiesta di Elena Stramentoli: oggi chi parla più di stipendi in questo paese? Oggi parlare di soldi è tabù, basta avere un lavoro, contentarsi.
Marchionne: 54ml
Ferrario 11 ml
Mangoni 53ml
Descalzi 3ml

Alcuni dei manager delle società quotate in borsa, intascano stipendi milionari a prescindere dai risultati, come l'AD di Banca popolare Vicenza Iorio.
L'Italia è un paese dove i ricchi possiedono il 69% della ricchezza nazionale, dice Oxfam: l'aumento degli stipendi è in ritardo rispetto all'aumento della redditività.
In Italia l'11,5% è a rischio povertà, nonostante un lavoro: arrivano con molta fatica a fine mese.

Forlì, stabilimento Marcegaglia: si lavora in condizioni difficili, qui.
Nel 2012 l'azienda ha stabilito che i nuovi assunti dovevano prendere un salario inferiore, un salario di ingresso che non prevede indennità di turno, 14 esima né fissi e variabili.
1122 euro per un operaio al primo lavoro
1500 euro lo stipendio di un operaio assunto da qualche anno.
Si creano lavoratori di serie A e B.

Laboratorio Ikea a Torino: molti qui lavorano a part time, anni fa era un lavoro bello.
L'anno scorso l'azienda ha deciso di incidere sul salario, dopo un referendum: riduzione dei festivi, riduzione del costo per lavorare la domenica, per equiparazione coi negozi (al ribasso).
I dipendenti hanno perso 1500 euro lordi l'anno: lo stipendio part time è di 1100 euro e non si vive facilmente con questi salari.

Porto Marghera: sede Fincantieri, si costruiscono grandi navi nel cantiere, dove lavorano 5000 persone.
Molti lavorano con le ditte in appalto, con orari da 10 ore al giorno: molti di questi si sono fatti intervistare in anonimo, per non avere sanzioni.
Raccontano di un lavoro faticoso, per 9-10 ore, con scadenze a breve, rischi infortuni, senza controlli o con controlli fittizi.
I vestiti non sono ignifughi, dicono, la mensa per i lavoratori in subappalto non esiste: lo stipendio è 5-6 euro l'ora o anche meno.
Si chiama paga globale: il lavoratore non avrà tredicesima e nasconde una frode contributiva, perché si paga di meno delle ore lavorate.

Le cose non vanno meglio per i professionisti: a Roma alla sede degli ingegneri, la giornalista ha ascoltato altre storie.
Dal 2008 al 2016 si è passati da 43mila a 31mila euro l'anno: l'ingegnere alle prime armi prende anche meno, 15 mila euro.
Gli ingegneri hanno preparato una brochure in risposta a quella del governo, “invest in Italy” dove il governo si vantava pure dei bassi salari.
Vergogna.
Un ingegnere guadagna 38mila euro in Italia dice il ministero: sono i meno pagati d'Europa, dice la carta. Così si vogliono attrarre investimenti?

Cantiere della scuola di Rubo di Puglia: qui lavora un archeologo, per i reperti ritrovati sotto il cantiere, ma non è assunto né dalla scuola né dalla soprintendenza.
La media per gli archeologi è al limite dei 15mila euro l'anno: si devono cumulare più lavori per arrivare ad un reddito dignitoso.

Stipendi non adeguati all'aumento del costo della vita: il potere d'acquisto degli italiani è diminuito del 28%, dice Codacons.

I ragazzi di Foodora: le consegne del cibo le fanno dei ragazzi, considerati dei liberi professionisti dall'azienda, con le loro bici e il loro smartphone.
Ma devono rispettare orari e turni: una sorta di caporalato digitale, poiché devono aspettare una chiamata via mail o messaggio.
I fattorini sono pagati poco, nemmeno 5 euro l'ora: 3,6 euro a consegna, a cottimo.
È un lavoretto, si fa in attesa di qualcosa di meglio, dicono: ma qual è il confine tra lavoro e lavoretto? Quale il confine tra lavoro e sfruttamento?
Enrico è uno dei ryders di foodora: consegna pasti con qualsiasi tempo, un turno di lavoro può costare anche 10km in bici.

Alessio Biondino è un infermiere la cui esperienza lavorativa è un'odissea di sfruttamento, quello dentro il settore dell'assistenza, nel 118
- 800 euro a nero per 54 ore di lavoro a settimana
- 1000 ore in nero, tutti i giorni
Queste le offerte che ha ricevuto, partite iva mascherate, controlli che non ci sono.

Lavori a nero anche a Napoli: qui c'è il record di lavoro nero, in tutti i settori, anche negli asili nido.
Maestre assunte in asili privati, con 20-25 bambini, che devono lavorare tutto il giorno, a 300 euro.
Se succede qualcosa? Si prendono una grossa responsabilità.

In Italia ci sono oltre 3 ml di lavoratori in nero, dice la CGIA di Mestre: un pil parallelo che vale 77 mld di euro.

I voucher: la nuova frontiera del lavoro.
È stato introdotto nel 2003 per i lavori occasionali, entrano in vigore nel 2008 ed eplodono con la Fornero.
Letta elimina il requisito dell'occasionalità, infine Renzi ha innalzato la soglia massima del lavoro, a 7000 euro.
Dovevano tirare fuori dal nero, tutti i lavori occasionali: questo è quello che raccontava Poletti difendendo i voucher.

Giuliano lavora coi voucher dal 2014, da quando è stato licenziato: fa turni pesanti, nei ristoranti, con parte delle ore a nero. I voucher coprono solo una parte del lavoro: si ricatta la persona, se non ti sta bene vai via che tanto ci sono altre persone disposte a lavorare così …
Sono mai venuti i controlli, a Pisa? Mai.
La giornalista ha girato molti locali, raccogliendo le stesse storie: meglio che niente, i voucher, .. in Italia è così, non si può campare ..

Veneto: nelle campagne dove si produce il vino, trovi altri lavoratori a voucher.
Anche se spesso i lavoratori sono pagati su carta, con dei pizzini: nemmeno i voucher qui, solo carta buona per il bagno.
Il voucher si tira fuori solo se c'è un controllo: il nero non è affatto diminuito coi voucher, anzi.
O ti accontenti o non mangi – dicono i lavoratori nell'agricoltura: il lavoro non vale niente, meno che niente. Siamo tornati alla schiavitù.

La Consulta ha dichiarato ammissibile il referendum sui voucher: le posizioni dei sindacati non sono uguali, la CGIL chiede l'abolizione mentre la Cisl chiede una loro revisione.

Qual è il valore del lavoro?
La svalutazione del lavoro la stanno pagando le generazioni più giovani.
Si lavora di più e si guadagna di meno: in Europa Mc Kinsey ha confrontato gli stipendi.
Dal 2008 i redditi sono diminuiti per il 97% degli italiani: al polo opposto c'è la Svezia, dove l'80% della popolazione ha visto i propri stipendi aumentare, nello stesso stipendio.

In Svezia la parola sindacati non è considerata un'offesa.

Il viaggio in Svezia di Riccardo Iacona: si incontrano molte famiglie giovani, a Stoccolma. Qui pure è arrivata la crisi, ma sono usciti in fretta e oggi la crescita del PIL è al 4%.
Lo stipendio medio è 55mila euro: i soldi in tasca per spendere ci sono, e sono soldi che arrivano grazie all'impegno dei sindacati.
I lavoratori sono molto sindacalizzati, in tutte le categorie: si sfiorano percentuali bulgare nel pubblico, quasi l'80%.
I sindacati hanno un ottimo rapporto con gli imprenditori, tutti puntano allo stesso obiettivo della competitività, collaborano bene col governo senza dover scendere in piazza.
Non sono parte del problema ma una risorsa: tutti assieme si assumono le responsabilità, per un futuro migliore.

Nella TV pubblica svedese: sedi moderne, il trionfo della tecnologia, i 2100 dipendenti della tv sono nella quasi totalità iscritti al sindacato della TCO.
Più siamo e più siamo forti: hanno ottenuto il 2,2% in più, rispetto all'anno passato e si lamentano per aver ottenuto poco.
Ma i soldi sono solo una parte: i sindacati sono nel consiglio di amministrazione della TV e possono discutere di investimenti e di direzione strategica.
Il piano di digitalizzazione, previsto dall'azienda prevede degli esuberi? I sindacati si siedono al tavolo con le loro idee per trovare una soluzione che siamo migliore per tutti.
Niente scioperi, niente manifestazioni. Si lavora insieme, questo è il messaggio.

Altra realtà visitata da Iacona, quella di un ospedali a Stoccolma: anche qui i sindacati sono presenti e riescono ad ottenere salari più che dignitosi (un medico appena assunto prende 3000 euro) e con meno contratti a tempo determinato.
La SACO difende i diritti delle persone più istruite, quelle che hanno studiato di più, devono meritare di più, per vincere le sfide della globalizzazione.

LO è un'altra organizzazione sindacale, schierata coi social democratici: i contratti collettivi qui sono ancora moderni e non sono dei ferrovecchi come invece pensano i nostri prenditori (non è un refuso) e i nostri economisti col sedere al caldo.
Le aziende non sono meno competitive pur avendo salari alti e contratti collettivi: con la crisi, nel 2008, gli stipendi sono stati sì tagliati per aiutare le imprese, ma poi quando le cose sono andate migliorando, i salari sono cresciuti.

A Boros, le aziende tessili, come in altri paesi, sono state spostate all'estero, per la crisi: come ne sono usciti? Grazie al textile fashion center: è un centro di ricerca (con fondi pubblici) per designer, scienziati, che lavorano per aggiungere valore nell'azienda tessile.
We connect è uno strumento per la crescita, per la ricerca di nuovi mercati ad esempio.
Esiste un ufficio che aiuta gli studenti a far partire nuove startup nel tessile.
La soluzione non è abbassare gli stipendi, ma fare prodotti di qualità, l'innovazione, il sapere.

Eton è una multinazionale del tessile: le sue camice sono vendute in tutto il mondo.
I guadagni sono investiti nella maggior parte in ricerca e design, anche se la produzione è all'estero: la cucitura a mano è stata riportata in Svezia dall'Italia, pur pagando salari più alti.

Gli imprenditori parlano di innovazione, di responsabilità sociale nei confronti del loro paese, delle famiglie.
Eppure non è sempre rose e fiori: alla Ericsson, sono previsti esuberi per la delocalizzazione.
Ma l'azienda si è presa le sue responsabilità, per aiutare le persone.
Ma oltre all'azienda, c'è il welfare a prendersi cura dei lavoratori che, con la chiusura della Ericsson, potranno trovarsi lavoro in un'altra azienda, con una buonuscita di 23 mesi di stipendio.
L'azienda si preoccupa di riqualificare i dipendenti licenziati, assieme allo Stato.

Il modello svedese punta alla qualità, alla formazione, all'istruzione e ad abbattere la diseguaglianza, che è considerata una minaccia alla società.
Contratti collettivi e salari alti e sindacati uniti.

Ci sono le pressioni dei rifugiati, per cui il paese ha dovuto chiudere le frontiere per non mettere in crisi il suo welfare.
Ma in Svezia il valore del lavoro è condiviso da tutti: dal governo, dai sindacati, dalle imprese.
Così la Svezia, dice Bloomberg, è il secondo paese per competitività.

Altro che lavoretti e lavoro nero....

30 gennaio 2017

Lavoro, salari, acqua: diritti mancati - Presa diretta

La contrazione dei salari, la precarizzazione del lavoro per avere sempre più flessibilità, l'inseguire il modello cinese .. Tutti questi modelli di economia e di lavoro tanto in voga anni, stanno oggi dimostrando tutti i loro effetti negativi sulla nostra economia e sul nostro modello sociale.
La deflazione perché i consumi interni non crescono, la chiusura delle aziende per delocalizzazione (per la spinta verso salari e condizioni sempre più basse), il boom dei voucher, le famiglie che non si formano, che fanno figli più tardi i quali abbandonano la casa dei genitori in "tarda" (rispetto alla media europea) età.
E' il paese dove il lavoro è quasi una forma di ricatto: a Rigopiano, dove è caduta la frana i posti di lavoro nel resort (sepolto dalla frana) sarebbero stati usati in cambio di favori da parte del comune.

Questa sera il primo dei tre servizi di Presa diretta riguarderà il livello dei salari in Italia:
Puntata di PRESADIRETTA dedicata al tema sociale più caldo del momento. Il lavoro e i salari. Un confronto tra due mondi del lavoro su cui riflettere, quello italiano e quello svedese.
E' il mondo dove incontri persone che prendono 800 euro lordi mensili in nero per 54 ore settimanali di lavoro
E' il mondo in cui a perdere non sono solo i salari di operai (o autisti ..), ma anche negli ingegneri i salari sono passati da 43 mila euro a 31 mila.
Siamo il paese dove il lavoro vale di meno e una brochure del governo si vantava pure di questo.
Così succede che i giovani laureati se possono se ne vanno all'estero.
Oppure gli insegnanti comaschi vanno in Svizzera a lavorare dove prendono uno stipendio da 5000 franchi. 

La Provincia di Como, 29-01-2017

Non ci possiamo permettere salari dignitosi, perché dobbiamo essere attrattivi, questo ci dicevano gli esperti di economia, i politici che hanno portato avanti queste ricette liberali. Il risultato è un mondo dove a valere non è più il merito, le capacità di far bene il proprio lavoro. 
Ma sono le relazioni, le raccomandazioni, le amicizie.
Non possiamo permetterci articolo 18, salari dignitosi ma tolleriamo evasione fiscale, contributiva, dell'Iva. Tolleriamo senza lamentarcene troppo delle mazzette distribuite nelle opere pubbliche.
E il paese è lì, apparentemente fermo, sul fronte della slavina. Pronto a precipitare.
Con l’inchiesta SALARI DA FAME di Elena Stramentinoli PresaDiretta restituisce l’immagine impietosa di un paese dove ormai la precarizzazione del lavoro è un fatto compiuto. In Italia gli ultimi indicatori economici fotografano un paese dove il 20% della popolazione detiene quasi il 70% della ricchezza, dove i salari non crescono quanto la produttività, un paese dove la liberalizzazione dei contratti fa rima con sfruttamento selvaggio e il tenore di vita delle famiglie è sempre più schiacciato verso il basso.Un lungo viaggio di PRESADIRETTA in giro per l’Italia a incontrare storie che raccontano come il precariato continua a crescere in tutti i settori del lavoro, nel privato e nel pubblico, dal medico all’archeologo, dal contadino alla tuta blu, dal fattorino in bicicletta al cameriere. E poi a PresaDiretta il confronto con un modello che sembra lontano anni luce dal nostro, quello svedese. Con il reportage di Riccardo Iacona, SVEZIA IL PAESE DEI SINDACATI.Come fanno in Svezia ad aumentare gli stipendi, ma proprio tutti gli stipendi, ogni anno? E come fa la politica ad andare d’accordo con i sindacati? Come fanno insomma gli svedesi a vivere così tanto meglio di noi?Già, perché Svezia è il paese dove i redditi sono i più alti d’Europa, dove i salari vengono adeguati al costo della vita ogni anno ma le imprese rimangono le più concorrenziali, il paese che è uscito dalla crisi economica del 2008 più velocemente di tutti, quello dove il sindacato non viene vissuto da chi è al Governo come un problema,  ma come parte della soluzione. Qual è Il segreto di questi numeri?
 La seconda inchiesta tratterà il tema dell'acqua pubblica (di cui si era occupata già Presa diretta nel 2009, anche l'anno scorso): tutti i governi che si sono succeduti dal referendum del 2011 (in cui la maggioranza degli italiani aveva espresso un principio ben chiaro) hanno di fatto proseguito verso la privatizzazione del servizio, mettendo paletti ai comuni che intendevano proseguire col servizio in house.
Anche a Roma, con la nuova amministrazione del M5S e la partecipata ACEA.
Quali sono gli effetti di queste politiche nei confronti dei consumatori italiani?
Con ACQUA PRIVATA di Alessandro Macina le telecamere di PRESADIRETTA hanno fatto un viaggio tra centro e sud dell’Italia per scoprire come, a 6 anni di distanza dal referendum sull’acqua pubblica in cui gli italiani votarono in massa per dire si all’acqua pubblica, non solo l’acqua non è tornata al pubblico, ma si è aperta una nuova frontiera per lo sfruttamento privato di questo bene essenziale. La nuova frontiera è stata soprannominata la “battaglia per le fonti”. In regioni come la Sicilia, la Calabria o la Campania l’acqua è stata privatizzata due volte, a valle e a monte. I grandi gestori privati infatti possiedono la rete idrica e anche le fonti, possono quindi vendere l’acqua ad altri gestori privati che a loro volta la rivendono e la distribuiscono ai cittadini. E il costo delle bollette lievita.Ma c’è anche chi ha trovato il modo di ribellarsi alle gestioni costose e inadempienti.


L'intervista che apre la puntata sarà un faccia a faccia tra il giornalista Riccardo Iacona e l'attore Toni Servillo, volto di tanti film importanti (con Sorrentino, da Andreotti a Jep Gambardella).
L'attore racconterà di come la professione oggi sia diventata un prostituirsi, un affidarsi al talento.
Ma il talento non basta: il teatro si oppone a tutto ciò perché mette al centro la parola, al teatro non si parla inutilmente.
Il protagonista di “IACONA INCONTRA” è  Toni Servillo a teatro in questi giorni con “Elvira” prodotto da Teatri Uniti e dal Piccolo. Grande successo a Milano, a Parigi e ora a Napoli al Teatro Bellini.Attraverso Elvira del Don Giovanni di Molière e Jouvet , Servillo racconta il mestiere di attore come una maniera di stare al mondo in cui recitare significa molto di più che mettere in scena una parte. Attraverso “Elvira”, Servillo tocca la vita, l'arte, il sentimento e la passione.  Lo stare al mondo con emozioni vere.  Jouvet dice agli allievi che avranno imparato qualcosa proprio il giorno in cui avranno la  consapevolezza interiore che ciò che sono  è in relazione a ciò che fanno. In quella corrispondenza c'è la chiave della vita, non solo del teatro. “SALARI DA FAME”, “SVEZIA IL PAESE DEI SINDACATI”, “ACQUA PRIVATA”,  sono  un racconto di Riccardo Iacona con Marianna De Marzi, Alessandro Macina, Elena Marzano, Raffaella Notariale, Elena Stramentinoli

Bar sport (internazionale)

La costruzione del muro col Messico .. il blocco degli ingressi da una serie di paesi islamici (quelli con cui Trump non fa affari o non ha ricevuto sostegno, pare) ..
I fondi per l'aborto chiusi..
In pochi giorni Trump è riuscito a piazzare una serie di mosse, molte delle quali per soli fini mediatici, che secondo me hanno solo l'obiettivo di alzare il livello del tifo da stadio. 
I tifosi pro Trump, da copione, si difenderanno dicendo che sta mantenendo le promesse elettorali, per cui è stato votato.
I tifosi contro, sempre da copione, parleranno di violazione dei diritti umani, del caos negli aeroporti, dei toni xenofobi.

E andremo avanti così per un pezzo.
Dimenticandoci che anche qui in Europa tiriamo su muri (e quello americano è anche bipartisan), accogliamo a fatica i profughi ..
Tutto questo servirà a dimenticarsi di altre promesse o altre questioni sul tavolo: i posti di lavoro e le imprese da riportare in America.
La questione dei dazi sui prodotti importati.
Le guerre sporche nella quali sono coinvolti gli Stati Uniti.
I rapporti, molto più che cordiali, con Putin, l'ex nemico russo.
American first, make america great again .. di certo non si tratta degli americani che rimarranno scoperti dalle cure mediche.

Immaginate se anche in Italia si dovesse andare a votare a breve: ci aspetterebbero altri di campagna elettorale, in cui torneremo alle discussioni da stadio.
La palude, il 40%, le riforme. I sovranisti italiani, quelli che hanno governato fino a pochi anni fa ma, come novelli smemorati di Collegno, non se lo ricordano più.

E i terremotati lasciati sotto la neve?
E i problemi delle banche (avete sentito Visco? Stiamo uscendo dal tunnel e non dobbiamo interrompere con le riforme)?
E i salari bassi (che bloccano la crescita), la deflazione, il problema (sociale oltre che economico) dell'accoglienza ai migranti?
E i problemi nella giustizia (che diventa un lavoro per ricchi), della scuola (con ancora troppi buchi), delle province (senza risorse)?

Buon tifo per tutti.

29 gennaio 2017

Squadra speciale Minestrina in brodo. Operazione Portofino, di Roberto Centazzo

La squadra speciale “Minestrina in brodo” torna in azione e questa volta si occuperà di un caso di furti d'auto: non il ladruncolo che entra in auto e scappa via, ma di una vera e propria organizzazione criminale che organizza, pianifica e gestisce furti di auto di lusso su commissione.

Volete sapere come si riesce a rubare un'auto pur dotata di sistemi di difesa molto sofisticati?
Volete sapere come fanno a farla franca, queste persone? Su quali leve, nei confronti dei truffati o derubati fanno leva, come sfruttano bene gli articoli del codice penale?
Come mai certe truffe avvengono il venerdì, proprio quel giorno e si concludono in pochi giorni ..

Ecco, questo secondo romanzo di Roberto Centazzo, questo, attraverso l'inchiesta parallela degli ex poliziotti della Questura di Genova andati in pensione, che ancora però non si sono rassegnati a fare una vita da pensionato.
Il sostituto commissario Ferruccio Pammattone, nome in codice Semolino, il sovrintendente Eugenio Mignogna detto Kukident, infine Maalox, Luc Santoro, assistente capo all'ufficio immigrazione e sindacalista del SAP.

Ognuno di loro, smessi i panni da poliziotto, i turni in ufficio, le colazioni al bar davanti alla Questura, le notti passate sulle carte a compilare moduli o sulle strade, avrebbero anche altro a cui dedicare il loro tempo libero.
Pammattone, per esempio, potrebbe dedicarsi ad una nuova vita accanto a Yasmina, la compagna che pure ha conosciuto in un caso.
Mignogna vorrebbe trovarsi una nuova occupazione, magari comprandosi un furgone per vendere panini, con la porchetta, in giro per le fiere.
Santoro, infine, ha tre figlie da tre donne diverse da seguire. L'ultima, poi, si sta per sposare con un uomo che non conosce e che si chiama Ibra Rakid, marocchino.
Siamo tutti aperti a parole, ma quando si tratta di tua figlia, forse le aperture mentali sono più ristrette ..

Ma.
Pammattone, per esempio: non riesce ancora a smettere i panni del poliziotto, nemmeno quando è in vacanza. Gli occhi sono sempre attenti a quello che succede attorno, se c'è qualcuno che sta portando avanti una truffa, un pacco..
Conosceva quel trucco da anni: il truffatore fingeva di doversi disfare per necessità di un oggetto d’oro cui era particolarmente affezionato ..Era il cosiddetto «pacco napoletano», tecnica in cui i partenopei erano abilissimi, ma diffusasi in fretta ovunque.

Mignogna immaginava una vita diversa, con la moglie e, magari, con una figlia da crescere. Poi un giorno il male incurabile che ti porta via la persona che ti sta accanto e così ora le giornate sono solo un peso. Per questo l'idea del furgone per preparare panini.
Santoro ha un altro problema: come sabotare il matrimonio della figlia con quel Rakid che non lo convince proprio. Diffidenza, velato razzismo?

Hai ragione tu, Lugaro, sarà un’indagine lunga. Ci vorrà tempo, tanto tempo. E io di tempo ne ho da vendere.» E non solo io.

Quando Ferruccio propone ai suoi amici di aiutarlo in questa inchiesta, non ufficiale e molto familiare per incastrare questa organizzazione che si occupa di auto di lusso, ciascuno ha una sua personale ragione per lanciarsi in questa impresa.
Una questione personale per il sostituto commissario Pammattone, la cui carriera da poliziotto più volte si è incrociata con questi personaggi senza mai riuscire ad incastrarli. Un venditore di auto, Aquila, un carrozziere amico, Branco, e un ladro d'auto esperto.
Un modo per non stare soli, per Mignogna.
Un do ut des per Santoro, con la promessa da parte degli ex colleghi di aiutarlo a far naufragare il matrimonio della figlia.
Mentre teneva d’occhio il puntino luminoso sul monitor, ripensò compiaciuto a tutta la vicenda che li aveva condotti sino a lì”.

Tutto questa spiega perché, ad inizio libro troviamo i tre ex poliziotti appostati vicino ai loro bersagli, pronti ad entrare in azione: in un lungo flash back si ripercorre l'inizio dell'inchiesta, partita da due furti d'auto, due Ferrari rubate, una in Francia e una a Genova:
«Eh? No... È arrivata una delega d’indagine a firma del procuratore capo Toccalossi.»
«Grand’uomo. Era un piacere lavorare per lui. Di che si tratta?»
«Tre mesi fa hanno rubato la Ferrari a un primario, il dottor Valsecchi, in Costa Azzurra.»

Quelle strane coincidenze: i furti che avvengono proprio durante i cambi di turno delle volanti. O quando, in un'altra zona della città è avvenuto un incidente (in cui ad essere coinvolte sono auto che riportano a quel carrozziere..) che richiama le volanti sul posto:
un diversivo per poter agire indisturbati qualche chilometro più in là, senza il timore di essere beccati: con un carro attrezzi avevano portato via una Mercedes..”.

Voi vi chiederete: come si fa a portar via un'auto con antifurto satellitare, senza far troppo rumore, senza destar troppa attenzione?
Anni di esperienza sul mestiere, come i nostri ex poliziotti della squadra speciale, hanno insegnato come le tecniche del furto seguano di pari passo i progressi tecnologici.
.. c’è una banda che opera su Genova. Ma dove poteva trovarlo il tempo per seguire un’indagine complessa come quella sul furto di vetture di lusso? Quello era un caso per la Squadra speciale Minestrina in brodo”.

Affinché un'indagine approdi a qualche risultato servono esperienza, intuito, una buona organizzazione. Ma servono anche due ingredienti che spesso mancano, alle forze dell'ordine:
Due cose ci vogliono per risolvere un’inchiesta: tempo e soldi. E talvolta non ci sono né l’uno né gli altri. Molto spesso per una volontà ben precisa.”

Serve tempo per gli appostamenti, per seguire i sospettati, per capire come agiscono, in che tempi.
E servono tanti soldi. Per entrare nel giro dei furti delle auto di lusso, su commissione, bisogna frequentarlo questo ambiente: bisogna presentarsi bene, con una bella auto, con un orologio d'oro al polso e magari un bella donna a fianco.
«Allora, me la date una mano?» chiese Pammattone.
«A fare che?» domandarono gli altri due. «A tentare d’incastrare Aquila.»
Santoro rise: «Non ce l’abbiamo fatta quando eravamo in servizio. Come potremmo riuscirci adesso?»

Ecco perché serve la “squadra speciale”, hanno tutto quanto a disposizione: il tempo, l'esperienza e qualche soldo da parte. E laddove i soldi mancano, i contatti giusti per procurarsi una barca da un amico, un rolex dalla cassa coi corpi del reato, un amico con la strumentazione capace di tracciare un cellulare senza farsi accorgere ..

E ora, tra gite a Portofino e Saint Tropez, intercettazioni telefoniche, auto di lusso e belle donne, l'operazione Portofino è pronta per partire!

Il secondo capitolo della “squadra speciale minestrina in brodo” è un giallo in cui si combinano tanti ingredienti pescati dal bagaglio di esperienze dell'autore, poliziotto come i suoi personaggi, dunque ben dentro i meccanismi dell'indagine, gli intoppi burocratici, la frustrazione nel non riuscire a chiudere l'inchiesta, spesso perché i ladri sfruttano tutte le pieghe delle leggi:
Ci sono filibustieri che approfittano delle maglie larghe della Giustizia per farsi gli affaracci propri e arricchirsi a danno di poveri sprovveduti”.

C'è spazio per una critica nei confronti di uno Stato che risparmia sui loro stipendi, sui tempi in cui pagare le liquidazioni. Per le amministrazioni locali che hanno Genova hanno contribuito allo scempio del territorio (la cementificazione lungo il corso del Bisagno).
I signori che si possono permettere la bella vita, tra Portofino, la Costa Azzura, persone a cui non interessa da dove arrivi la tua ricchezza, ma solo che abbia soldi da spende.
Peggio ancora, quelli che “ronzavano come mosche impazzite attorno a loro, a piluccare le briciole, nel vano tentativo di emularli”.
Si racconta anche di quei cittadini “onesti” con la doppia vita: padri di famiglia di giorno e frequentatori di quelle prostitute che girano sui marciapiedi di notte.
Si vede la vita da un punto di vista tutto particolare, quando si sta in divisa: le piccole e grandi tragedie della vita, le meschinità, gli imbroglioni e i delinquenti, quelli che tirano a campare e di quelli, tanti purtroppo e per fortuna, disposti a tanti sacrifici pur di vivere la loro vita onestamente e con dignità.

Il romanzo precedente della serie "Squadra speciale minestrina in brodo"
La scheda del libro sul sito di Tea

I link per ordinare il libro su Ibs e Amazon

Lettere da Berlino - il film di Vincent Perez






Nella Germania di Hitler c'è stata una resistenza interna, contro il regime, contro l'oppressione nei confronti della popolazione, la restrizione dei diritti.
Uno di questi è stato raccontato dallo scrittore Hans Fallada nel suo libro "Ognuno muore solo" (Sellerio): il regista Vincent Perez ne ha tratto un film "Lettere da Berlino" in cui si racconta dell'opera coraggiosa di Otto e Anna Quangel.
Dopo la morte del loro figlio, sul fronte francese, decidono di scrivere delle cartoline contro Hitler, contro la guerra, contro la repressione delle libertà, che verranno lasciate dentro i palazzi della capitale tedesca.
Saranno in tutto 285 cartoline, di cui 267 finiranno in mano alla polizia criminale.
Diciotto, almeno diciotto, rimarranno in circolazione, come un seme per un nuovo sentimento di libertà.

Il trailer


Un tentativo solo velleitario, un inutile sacrificio (i due coniugi verranno arrestati e giustiziati dalle SS)?
"Se tanta gente getta sabbia nell'ingranaggio, la macchina si interrompe ..Nei miei sogni vedo tanta gente che getta sabbia negl’ingranaggi".

Queste sono le parole di Otto Quangel, trasposizione letteraria di Otto Hampel: la storia raccontata da Hans Fallada è infatti una storia vera, una storia di coraggio e di resistenza contro un regime che, come racconta bene il film, basa la sua forza solo sulla paura che impone nei confronti dei cittadini e sull'effimera esaltazione dei risultati della guerra.  

28 gennaio 2017

Su fake news e alternative news

C'è una storia interessante, sulla genesi del muro tra Stati Uniti e Messico e la racconta oggi IlManifesto: già oggi un muro esiste tra i due paesi, una serie di strutture che servono a scoraggiare l'ingresso di immigrati verso gli Stati Uniti.
Se Trump potrà completare il muro, come ha promesso in campagna elettorale, senza passare dal vaglio del Congresso è anche grazie ad una legge del 2006, governo Bush jr, il Secure defence act, votata anche da molti democratici, tra cui il senatore Obama e la senatrice Clinton.

La porta di Sunland Park del muro tra Messico e Usa nei pressi di Ciudad Juárez
E, lo racconta sempre l'articolo, la prima idea del muro nacque nel lontano 1994, amministrazione Clinton (il marito), poco dopo la firma sull'accordo NAFTA, con cui Canada e Stati Uniti inondarono il Messico di prodotti a basso costo che uscivano da aziende che prendevano sussidi statali.

È stato infatti il presidente democratico Bill Clinton a iniziarne la costruzione nel 1994. Nel momento in cui entra in vigore il Nafta, l’Accordo di «libero» commercio nord-americano tra Stati uniti, Canada e Messico. Accordo che apre le porte alla libera circolazione di capitali e capitalisti, ma sbarra l’ingresso di lavoratori messicani negli Stati uniti e in Canada.
Il Nafta ha un effetto dirompente in Messico: il suo mercato viene inondato da prodotti agricoli statunitensi e canadesi a basso prezzo (grazie alle sovvenzioni statali), provocando il crollo della produzione agricola con devastanti effetti sociali per la popolazione rurale.
Si crea in tal modo un bacino di manodopera a basso prezzo, che viene reclutata nelle maquiladoras: migliaia di stabilimenti industriali lungo la linea di confine in territorio messicano, posseduti o controllati per lo più da società statunitensi che, grazie al regime di esenzione fiscale, vi esportano semilavorati o componenti da assemblare, reimportando negli Stati uniti i prodotti finiti da cui ricavano profitti molto più alti grazie al costo molto più basso della manodopera messicana e ad altre agevolazioni.
Nelle maquiladoras lavorano soprattutto ragazze e giovani donne. I turni sono massacranti, il nocivo altissimo, i salari molto bassi, i diritti sindacali praticamente inesistenti. La diffusa povertà, il traffico di droga, la prostituzione, la dilagante criminalità rendono estremamente degradata la vita in queste zone. Basti ricordare Ciudad Juárez, alla frontiera con il Texas, tristemente famosa per gli innumerevoli omicidi di giovani donne, per lo più operaie delle maquiladoras.
Questa è la realtà al di là del muro: quello iniziato dal democratico Clinton, proseguito dal repubblicano Bush, rafforzato dal democratico Obama, lo stesso che il repubblicano Trump vuole completare su tutti i 3000 km di confine. Ciò spiega perché tanti messicani rischiano la vita (sono migliaia i morti) per entrare negli Stati uniti, dove possono guadagnare di più, lavorando al nero a beneficio di altri sfruttatori.
Storia interessante, quella del muro.
Che racconta della scarsa memoria delle persone e di come queste siano poi facilmente manipolabili da chi racconta loro “notizie alternative”.
L'ignoranza è forza – era uno degli slogan del regime in cui Orwell ambienta il suo romanzo distopico, 1984, che sta conoscendo una seconda giovinezza, non a caso.

Il muro di Trump dunque ha radici solide che vanno ben indietro nel tempo, e la sia genesi magari spiega anche il perché la sua rivale alle presidenziali ha perso voti nel suo elettorato democratico.

Nello stesso filone di notizie “alternative” potremmo metterci quelli che nella giornata della memoria hanno messo assieme nazismo (e non il fascismo) e il terrorismo islamico.
I nazionalisti all'italiana che da una parte inneggiano a Putin, che almeno fa gli interessi della Russia, ma poi criticano la giornata contro le vittime della Shoa “e i Gulag di Stalin? E le vittime del comunismo?”.

Fake news o alternative news: ovvero notizie non del tutto vere, che raccontano solo un pezzo della verità. La “messa messa”, dei romanzi di Camilleri.
O, anche, notizie inventate che però suonano verosimili.

27 gennaio 2017

Uomini forti

Otto italiani su dieci amano l'uomo forte al comando.
Quello che picchia la moglie in Russia.
Quello che alza il muro per tener fuori gli immigrati.
Oppure quelli che grida, prima gli italiani. Prima di licenziarli.

Finché c'è memoria (27 gennaio - la giornata della memoria)

Abbiamo bisogno di una giornata della memoria, per ricordarci dello sterminio di sei milioni di persone, di religione ebraica per lo più, ma anche zingari, omosessuali, detenuti politici. E ancora prima di persone con problemi mentali o handicap.



Una giornata della memoria per ricordarci delle persone, intere famiglie, passate per il camino, uccise nelle camere a gas o dai battaglioni della morte (nei primi mesi dell'invasione ad est dell'esercito tedesco).

Più di settantanni fa, in piena Europa, succedeva questo. La barbarie.
Nessuna giornata della memoria, però, sarà sufficiente, da sola, a dare una risposta alle domande che ancora oggi dobbiamo farci?
Come è stato possibile? Perché? Perché in pochi si sono mossi in difesa?
"Prima di tutto vennero a prendere gli zingari, e fui contento, perché rubacchiavano. Poi vennero a prendere gli ebrei, e stetti zitto, perché mi stavano antipatici. Poi vennero a prendere gli omosessuali, e fui sollevato, perché mi erano fastidiosi. Poi vennero a prendere i comunisti, e io non dissi niente, perché non ero comunista. Un giorno vennero a prendere me, e non c'era rimasto nessuno a protestare".
La lista degli ebrei in Europa - da Wikipedia

La Shoa, l'Olocausto, lo sterminio degli ebrei, la Soluzione finale a quello che durante la conferenza di Wansee veniva chiamato "un problema di immagazzinamento degli ebrei in Germania", ha origini precedenti all'arrivo dei nazisti al potere.
I pogrom contro gli ebrei erano avvenuto anche prima di Hitler.

La giornata della memoria non dovrebbe essere solo uno sterile esercizio dei luoghi comuni, ricordando pappagallescamente qualche frase presa da libri che nessuno ha veramente letto.
Dovrebbe essere invece una giornata di riflessione, di memoria storica, con l'obiettivo poi di vedere con occhi diversi certi fatti che ancora accadono nel mondo di oggi.
Perché il vero orrore non sono le camere a gas in se, ma che una persona, istruita, che aveva studiato, abbia applicato le sue conoscenze per sterminare quante più persone col meno consumo di risorse.
Che era un problema che già era stato affrontato dai medici durante il progetto Aktion T4: possiamo accettare che delle persone che sono solo un peso per la società vengano tenute in vita, anche se non sono "produttive"?
Quanto potrebbe risparmiare lo Stato se non avesse più dovuto occuparsi di queste vite "indegne di essere vissute"?

Il nazismo ha solo dato una cornice politica a questo odio verso gli ebrei, ritenuti i responsabili di tutti i problemi della Germania, allo stesso modo come la "soluzione finale" ha dato una cornice "industriale" per uccidere in modo sempre più efficiente gli ebrei (e non dimentichiamoci mai dei suoi alleati fascisti in Italia, in Olanda, in Francia e negli altri paesi europei).

Dentro il nazismo e il fascismo c'era qualcosa che era già dentro di noi, prima di Hitler o Mussolini e che è sopravvissuto bene anche dopo il crollo del nazismo: l'assenza di rispetto per il diverso, per gli ultimi, il prevalere degli egoismi, che siano delle elite o dei nazionalismi, il negare ad un uomo il diritto alla sua dignità, in nome di una sicurezza nazionale che non si baratta coi lager o coi Cie.
Forse ne servirebbero di più, di giornate della memoria. Finché c'è memoria, c'è speranza.





Speranza che ci si indigni ancora quando si sente parlare di muri, quando si vede il filo spinato dividere la brava gente, filo spinato usato per proteggere da quelli che ci invadono, che ci inquinano la razza, che non vogliamo vedere e che dobbiamo tenere lontani da noi.
E tutto questo succede ancora oggi: è nel come l'Europa affronta le emergenze profughi, nel come la ragione di stato passi sopra dittatori e stati che violano i diritti umani.  
Nel come oggi si grida prima gli italiani, prima gli americani, si mettono poveri contro poveri, italiani contro immigrati negando diritti agli uni e agli altri.

Il 27 gennaio 1945 i soldati dell'esercito russo aprirono le porte del lager di Auschwitz, da cui le guardie, le SS, erano già scappate da giorni.
Non incontrarono gente come il dottor Pannwitz:
..quando io sono stato di nuovo un uomo libero, ho desiderato di incontrarlo ancora, e non già per vendetta, ma solo per una mia curiosità, dell’anima umana. Perché quello sguardo non corse fra due uomini; e se io sapessi spiegare a fondo la natura di quello sguardo, scambiato come attraverso la parete di vetro di un acquario tra due esseri che abitano mezzi diversi, avrei anche spiegato l’essenza,della grande follia della terza Germania.Quello che tutti noi dei tedeschi pensavamo e dicevamo si percepì in quel momento in modo immediato: Il cervello che soprintendeva a quegli occhi azzurri, e a quelle mani coltivate diceva: “Questo qualcosa davanti a me appartiene a un genere ‘che è ovviamente opportuno sopprimere..”[Primo Levi e il dottor Pannwitz in “Se questo è un uomo”]

Quello che videro era l'uomo ridotto ad un non essere. Un non uomo, privato del cibo, delle cure, della dignità di essere: quanta brava gente avrà visto quei treni andare verso est, quelle famiglie ebree sparire dall'oggi al domani, quei camini innalzarsi verso il cielo, quel fumo alzarsi verso le nuvole, quell'odore.
Meditate che questo è stato:Vi comando queste parole.Scolpitele nel vostro cuoreStando in casa andando per via,Coricandovi alzandovi;Ripetetele ai vostri figli.O vi si sfaccia la casa,La malattia vi impedisca,I vostri nati torcano il viso da voi. 

26 gennaio 2017

L'uomo forte al comando e la democrazia

Scrive oggi sul suo blog il giornalista de l'Espresso Gilioli:
Non per pregiudizio ideologico, ma perché sappiamo per esperienza come va a finire, con l'uomo solo al comando: specie noi italiani, che il fascismo lo abbiamo inventato. E non va a finire bene, mai.
C'è da chiedersi quindi se ci sia modo di costruire un'alternativa che proceda alla rovescia, rispetto a quel modello intuitivo, facile, immediato, istintuale, insomma trumpiano. Un'alternativa fatta di democrazia radicale, capillare, partecipata - e sovrana. Un modello verso cui tendere in cui le persone sono non escluse dalle decisioni (la ragione per cui poi chiedono l'uomo forte) ma al contrario coinvolte e ascoltate. In cui contano, insomma. Dal locale al globale. Dalla circoscrizione all'Europa - e oltre. E non solo il giorno in cui mettiamo la croce sulla scheda. Anche in quel giorno (è importante, certo) ma non solo.
O socialismo o barbarie, diceva Rosa Luxemburg un secolo fa. O democrazia radicale o qui finisce male un'altra volta, viene da dire oggi, con meno retorica ma con più esperienza.
Tradotto in termini più basici, la democrazia non è compatibile con l'uomo forte al comando, almeno per come lo intendiamo noi: qualcuno cui delegare in toto la gestione del potere, che decide per noi.
E nemmeno con una gestione oligarchica, se per questo.

E allora?

In un paese serio non assisteremmo a tutte queste grida di giubilo dopo la bocciatura della Consulta di parte dell'Italicum anche da parte di quanti quella legge l'hanno voluta e imopsta a colpi di fiducia e canguri.

Avete fatto una legge incostituzionale (e non solo una) .. 
E allora il bilancio di Roma?
E le scie chimiche?
E gli attacchi alla stampa?

In un paese serio non assisteremmo a queste accuse incrociate tra M5S, PD e altri partiti su inquisiti e conflitti di interesse.
La Raggi è indagata con l'accusa di aver agito in conflitto di interesse.
E De Luca a Salerno?
E Sala che voleva nominare come assessore un suo socio in affari?
E la Boschi ..

E questa immaturità della classe politica non può che "riverberarsi" nella immaturità dei suoi elettori, o meglio, tifosi da bar. 

25 gennaio 2017

Intrigo italiano, di Carlo Lucarelli

Incipit
2 gennaio 1954, sabato
La lancetta del contagiri si impennò vibrando nell’occhio rotondo del quadrante di destra, veloce, mentre De Luca si incassava con le spalle tra il sedile e la portiera. L’Aurelia aveva fatto un balzo in avanti ma si era fermata subito, col ruggito del motore che si spegneva in un ringhio trattenuto. Giannino bestemmiò, la c di cane aspirata come un colpo di tosse, alla toscana, poi abbassò la levetta del cambio e la tirò indietro ..

Bentornato commissario De Luca: lo abbiamo lasciato mentre saliva le scale del palazzo di Giustizia per rispondere alle accuse di aver lavorato nella polizia fascista, nel 1948 (Via delle Oche, Sellerio), accuse nate anche come vendetta per aver troppo investigato su una morte dentro il “bordello” di via Delle Oche a Bologna ..
Lo ritroviamo dopo cinque con un altro incarico e un altro cognome: ingegner Morandi.
Cosa ci fa nuovamente a Bologna, su quella Aprilia a fianco di una persona che scopriremo poi lavorare per un servizio (anzi, per il “Nostro Servizio”)?
E quell'incidente sul ponte della Persicetana, è stato solo un caso oppure è stato un attentato e qualcuno ha cercato di ucciderlo?

Per scoprire tutti questi misteri, dobbiamo fare un salto indietro nel tempo e rivedere, un giorno dopo l'altro a partire dal 21 dicembre (fino al 7 gennaio successivo), la storia di questa inchiesta, in “Intrigo italiano” in cui sono coinvolti i servizi italiani e quelli stranieri, in quella guerra “fredda” e a bassa intensità combattuta in Italia, portaerei nel Mediterraneo e anche paese cerniera tra est e ovest.
Siamo alla fine del 1953, l'anno della morte di Stalin e, nell'agosto successivo, della morte di Alcide De Gasperi: una “cortina di ferro” è scesa sull'Europa, teatro della “guerra fredda” tra spie dei due blocchi, una guerra combattuta con le spie e non con i cannoni ma non meno cruenta.
Una guerra dove i nemici (o le persone sospettate di essere invischiate in certi giri) vengono fatte sparire, magari in uno strano incidente stradale.

Ma anche l'anno in cui una bella ragazza romana viene trovata morta sulla spiaggia di Torvaianica: affogata a seguito di un malore, o forse no. Forse è morta in uno di quei festini, noti a tutti, in cui partecipano i figli della Roma bene e anche qualche rampollo di un politico noto della DC.
E' lo scandalo Montesi, uno dei primi “scandali” della storia recente repubblica, per l'eco che ebbe sulla stampa, per il coinvolgimento del figlio del senatore DC Piccioni, perché toccava argomenti “sensibili” per la mentalità bigotta e ipocrita di quella Italia ..
Cinque anni prima lo avevano messo in aspettativa in vista del processo. Il giudice istruttore che lo aveva interrogato aveva sul tavolo «l’Unità» del 15 luglio 1948, lui aveva cercato di spiegare tutto, che non era mai stato veramente fascista, cioè, lo era stato come tutti, come tanti, almeno, che era soltanto un poliziotto ..

In questa guerra si ritrova coinvolto anche Achille De Luca: dopo il processo del 1948 ci sono stati anni di naftalina, anni dietro la scrivania o in posti periferici a coprire un buco.
Poi un incarico in uno dei tanti uffici del servizio segreto civile “l’Ufficio affari riservati”, direto dal commendatore D'Umberto, napoletano e vorace, che lo manda a Bologna sotto copertura per indagare sulla morte di Stefania Cresca, moglie del professor Cresca (che lavorava presso la facoltà di Fisica), strangolata nella vasca del “trappolone”, l'appartamento dove il marito si incontrava con le amanti.

Tu sei un cane da tartufo, ragazzo mio. Ecco, per quelli come noi, invece, ci vuole un cuore di cane bastardo.

Il compito vero, ma anche queste cose le scopriremo poi, non è tanto quello di trovare il vero colpevole.
Ma De Luca è un poliziotto vero: “sono solo un poliziotto”, ripeteva a Pugliese quando si trovava di fronte come indiziati persone importanti, da non toccare.
E in questa storia, il fiuto da “cane da tartufo” del commissario lo porta a scoprire dei particolari che non tornano: perché la morta, dopo essere stata colpita alla testa, si è messa a battere una lettera sulla macchina da scrivere? Che fine han fatto i vestiti della signora?
Chi è “faccia da mostro”, la persona vista dal bambino che abita al piano di sotto del “trappolone”?

Allora hai visto qualcuno, – disse De Luca e questa volta Albertino annuí. Spinse avanti il quaderno.
– Faccia di Mostro, – disse, la voce arrochita dal silenzio.
– È uscito dalla casa di quella signora.
– Faccia di Mostro, – disse, la voce arrochita dal silenzio.
– È uscito dalla casa di quella signora.

Affiancato da Giannino, un altro agente di questa branca dei servizi, De Luca inizia una sua indagine sul caso, sulle persone che frequentavano quella casa, quando ancora il marito della signora Stefania era vivo.
Perché anche lui, Mario Cresca, è morto in circostanze strane: un incidente stradale che poi si scoprirà essere stato provocato ad arte.

Perché Mario Cresca è stato eliminato? A chi dava fastidio?
E perché quelle telefonate della moglie ad un certo Aldino, uno che frequentava anche i servizi russi (cose che succedevano in quell'Italia strana, crocevia di servizi e di spie, specie a Bologna).
De Luca inizia a scoprire tante cose, ma viene subito stoppato dal commendatore D'Umberto:
- Non ci interessa sapere chi ha ammazzato il professore Cresca, non ce ne frega proprio niente. Vuoi sapere perché, ragazzo mio? Perché lo sappiamo. Siamo stati noi.
Il commendatore si tirò indietro, incrociando le mani sulla pancia. De Luca era rimasto così interdetto che non si accorse neanche della tazzina da caffè che Giannino gli aveva messo sotto il naso.- Noi? - disse, roco. - Come, noi … In che senso?Il commendatore indicò sé stesso, poi fece un gesto circolare con il dito grassoccio che sembrava comprendere tutto, De Luca, Giannino, il bar, Bologna e il resto del mondo.- Il nostro servizio, - disse, - noi.- E perché?- Perché ce l'hanno chiesto gli americani. Lo mangi, quello?De Luca scosse la testa, istintivamente, e il commendatore prese il suo bombolone.

Ma a Bologna De Luca incontra anche Claudia (o Franca, o Faccetta Nera), una bellissima cantante in un gruppo jazz, gli Alma Mater, che conosceva bene il morto. Bella ragazza la Claudia, figlia di padre italiano e madre somala, partigiana (non staffetta, proprio partigiana) e con la passione per la musica.
Si era innamorato di una donna alla quale non poteva dire che faceva parte di un’organizzazione che aveva ucciso il suo amico. Va bene, non lo aveva fatto lui fisicamente, non gli piaceva e non lo approvava neanche, ma per lei sarebbe stato lo stesso. Adesso, come una volta.
E' una storia che non può finire bene. Lo capisce anche De Luca che, dovendo cercare qualcuno di cui fidarsi, ritrova a suo fianco il maresciallo Pugliese, suo aiutante ai tempi della Mobile.
In questa storia, in questo “intrigo italiano”, nessuno vuole scoprire la verità, probabilmente: non lo vuole la polizia e nemmeno i servizi.
Solo a De Luca interessa, per la sua ostinazione da poliziotto, per la sua tensione che non lo fa dormire la notte e mangiare di giorno. A De Luca interessa sapere il perché e chi.
Anche a costo di mettere a rischio la propria vita.
Sicuramente al costo di mettere a rischio la carriera.
Meglio non farsi troppe domande su certi “delitti imperfetti” in cui si imbatte:
- Non faccia la verginella, De Luca, c'è dentro fino al collo. C'è sempre stato. E non mi faccia la morale. Io non sono un maiale, un facocero venduto come D'Umberto, io non servo qualcuno, servo un'idea.Lo sentì più vicino, l'alito asciutto che gli accarezzava una guancia.- Sì, De Luca, un'idea. Quest'Italia e questo mondo non ci piacciono, non ci piace come siamo usciti dalla guerra, ma per adesso non si possono cambiare. Possiamo solo gestirli, con tutto quello che serve per farli rimanere così.Siamo i custodi dell'ordine.- Cani, - mormorò De Luca dentro il braccio, - cani bastardi.- No, - disse Elvani, - cani da guardia -. E da come lo aveva fatto De Luca capì che si era tirato indietro, e non era più arrabbiato. Tolse il braccio dal volto, sbattendo le palpebre per riabituarsi alla penombra.- Io sono un poliziotto, - disse, ma lo fece così piano che Elvani non lo sentì neppure. Si era alzato dalla sdraio.

Intrigo italiano è un quadro di quell'Italia degli anni '50 che già allora non era più innocente da un pezzo: le guerre all'interno delle correnti della DC (per la successione a De Gasperi) che coinvolgevano anche pezzi delle istituzioni fedeli alla persona e non allo Stato.
Le correnti dentro i servizi e le rivalità all'interno delle forze dell'ordine.
Ma è anche un quadro della Bologna di quegli anni: coi tram che giravano sulle vie della città, col culto della guerra partigiana ancora fresco. Una città viva, nonostante il freddo e la guerra passata da poco.
Un'indagine a tempo di jazz con un finale che, per noi appassionati di Lucarelli e del suo investigatore, De Luca, fa ben sperare.

Io non sono un cane bastardo. Sono un cane da caccia. Sono un poliziotto.
– Sciocchezze. Lei fa parte del nostro mondo, ormai. Con tutto quello che ha fatto, con tutto quello che sa, crede davvero che la lasceremo andare?
– Trattiamo.
– Sciocchezze. Lei fa parte del nostro mondo, ormai. Con tutto quello che ha fatto, con tutto quello che sa, crede davvero che la lasceremo andare?
– Trattiamo.

Gli altri libri di Lucarelli col commissario De Luca
La scheda del libro sul sito di Einaudi

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