08 gennaio 2017

L'intervista di Nicola Gratteri a Presa diretta (anticipazione)

Sul Fatto Quotidiano una anticipazione dell'intervista a Nicola Gratteri a Presa diretta, che andrà in onda domani sera:

Nicola Gratteri, procuratore capo di Catanzaro, la racconta a Riccardo Iacona, su Presa Diretta, con tutti i dettagli la sua esclusione dal governo di Matteo Renzi caduto lo scorso dicembre.  
“Ero nell’elenco dei sedici ministri e ho accettato perché mi era stato garantito di avere carta bianca nel fare le riforme che servivano a far funzionare il processo penale, quelle riforme che servivano a non rendere conveniente delinquere”, dice.Due anni fa, nel febbraio del 2014, doveva essere lui il ministro della Giustizia del primo esecutivo guidato dal segretario del Pd. All’epoca, proprio negli studi di Presa Diretta, Iacona gli aveva chiesto se fosse disposto a fare il ministro qualora fosse arrivata la richiesta. Dopo l’intervista Gratteri incontra Renzi che lo inserisce nella lista dei ministri. Poi qualcosa cambia. Al suo posto arriva Andrea Orlando: “Mi è stato detto che fu Giorgio Napolitano a non volere la mia nomina. Non capisco perché un magistrato non possa fare il ministro della Giustizia. La verità è che sostanzialmente io sono troppo indipendente –spiega Gratteri nella puntata di Presa diretta che andrà in onda domani  non sono collocabile in nessuna corrente. Sono un ribelle, per natura un rivoluzionario, una persona che non vuole essere collocata da nessuna parte né appartenere a qualcosa o a qualcuno. Al potere non interessa se tu sei di destra o di sinistra o di centro, il potere vero vuole che ci sia sempre qualcuno sopra di te che garantisca per te”. 
GRATTERI PARLA ANCHE della collaborazione avuta con il governo Letta e con quello Renzi che ha prodotto una relazione, ormai nota, in 150 punti. “Abbiamo cercato di far funzionare il codice di procedura penale perché il motivo principale per cui i reati si prescrivono è che i processi non si celebrano per cose banali, apparentemente irrilevanti.Per esempio quando uno dei tre componenti del collegio cambia, il processo ricomincia da capo. E intanto i mesi passano e il reato si prescrive. Ogni giorno in Italia ci sono 44mila uomini  della polizia penitenziaria, 10mila diquesti ogni mattina sono in giro per l’Italia perché devono portare l’imputato o il testimone di giustizia in aula a testimoniare. Tutto questo costa 70 milioni di euro l’anno. Soldi con cui potremmo assumere –prosegue Gratteri cancellieri, segretari, uomini della polizia penitenziaria. Questo è un solo articolo della riforma, passato alla Camera e fermo al Senato”. Con il solo intervento sulla semplificazione procedurale “i tempi del processo si ridurrebbero del sessanta per cento”. In questo modo quel 60% dei processi che vanno in prescrizione non ci andrebbe più.

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