31 marzo 2017

Giovani

Che palle questa storia della tesi del ministro ..
Ma non avete altro di cui parlare ...
Siete sempre con la bava alla bocca, per screditare le persone (fango quotidiano..)..

Queste le reazioni della gente quando si è trovata di fronte l'articolo del Fatto sulla tesi del ministro Madia (quei pochi che l'hanno letta, intendiamoci, visto che non ha avuto eco).
Di fronte ai problemi del paese, in effetti, non è una questione che meriterebbe le prime pagine per più giorni.
Per esempio il problema della disoccupazione giovanile.
O la questione della crescita dell'emigrazione dall'Italia, come nei primi anni del noveento: solo che ora ad attraversare i confini sono diplomati o laureati. Che magari hanno citato per esteso le fonti.
Persone che, magari non frequentando il giusto campo di calcetto (metafora italiana per insegnare come coltivare le relazioni se vuoi crescere), non hanno avuto tutte le opportunità che i nostri ministri hanno avuto.

Gianluca Roselli sul Fatto Quotidiano del 31-03
Una fuga continua, inarrestabile, un fiume in piena che nessuna diga riesce afermare. Gli ultimi dati sul numero degli italiani che emigrano all’estero sono esorbitanti e confermano un trend iniziato quando la crisi si è affacciata sullo scenario globale, nel 2007 2008. Tanto che si può parlare chiaramente di “nuova emigrazione italiana”, come accadeva ai primi del Novecento e negli anni Cinquanta, i due periodi più intensi da questo punto di vita. Una differenza c’è, però: se prima se ne andavano soprattutto poveri e disperati in cerca di maggior fortuna, oggi vanno via giovani laureati e diplomati, un pezzo consistente di forza lavoro qualificata il cui esodo ci fa perdere competitività. Un capitale umano che raramente torna indietro.
I NUMERI. Secondo il Consiglio generale degli italiani all’estero (Cgie, organismo diconsulenza per Parlamento e governo), nel 2015 gli italiani in fuga verso gli altri Paesi sono stati circa 250 mila. Il trend dal 2011 è di una crescita del 22% annuo, quindi la previsione per il 2016 vede un esodo di 305 mila persone. Di questi l’80% sono italiani, il 20%, invece, stranieri residenti. Insomma, anche gli immigrati di lungo corso se ne vanno. Questi dati non collimano con quelli dell’Istat, che sono più bassi (147 mila nel 2015), perché questi ultimi tengono conto solo del cambio di residenza (che di solito si verifica qualche anno dopo il trasferimento), mentre i numeri di Cgie guardano alle registrazioni obbligatorie che i nostri connazionali sono tenuti a fare nei Paesi in cui arrivano. In Germania, per esempio, per lavorare si deve segnalare la propria presenza alla polizia e quel dato va subito al ministero dell’Interno.
In Gran Bretagna occorre avere un natio nal insurance number, una sorta di codice fiscale. Così, dal 2007 al 2015 il numero degli italiani emigrati all’estero arriva a circa 1 milione e 360 mila persone, con la previsione di toccare il milione e mezzo coi dati del 2016.
Come se si fosse trasferita inblocco una città come Milano, ma composta da giovani: il 50% degli emigrati,sempre secondo Cgie, ha tra i 18 e i 39anni; il 20% tra 0 e 17 anni (si spostano le famiglie ovviamente).
Per quanto riguarda gli studi, il 35% è laureato e il 30% haun diploma di secondaria superiore, ma va via anche un buon 30% di persone con solola licenza media.
Le mete preferite sonoGran Bretagna, Francia, Belgio, Germania, Olanda, Danimarca, Svezia, Norvegia, Austria, Svizzera e Spagna. In testa ci sono Germania e Gran Bretagna, anche se proprio inUk i dati ancora non ufficialidel 2016 parlano di un calo del10% dovuto ai timori per laBrexit: la stessa Theresa Mayha rassicurato i circa 600 milaitaliani che vivono lì sul fattoche continueranno a usufruire di welfare e prestazioni sociali come prima.Il tutto, naturalmente, s’in crocia con la perdita di ricchezza del nostro Paese. Tra il2007 e il 2016, infatti, l’Italiaha perso il 7% del Pil, il tasso didisoccupazione è salito dal 6,1al 12,2%, mentre la produzione industriale è calata del 26%.Per di più ogni italiano che sene va fa perdere ricchezza al Paese e fa aumentare quella dichi lo accoglie. Per i laureati è anchepeggio: equivale a regalare ad altriPaesi isoldiinvestiti perla loro formazione (circa160 mila euroa persona, secondo l’Ocse).
Riassumendo, mentre qui si discute a vuoto di legge elettorale, vitalizi, magistrati in politica, giustizialismo, populimo e populisti, una fetta del paese se va via, portandosi dietro le sue energie e i suoi sogni. Siamo un paese dove si fanno meno figli rispetto agli altri paesi europei, nemmeno ai tempi della guerra avevamo questa percentuale.
Un paese dove si è bloccato l'ascensore sociale e la classe dirigente non ha nemmeno più pudore nell'ammetterlo.
Un paese dove l'evasione delle tasse si mangia 110 miliardi (la stima diffusa dal presidente della Commissione per la redazione della "Relazione annuale sull'economia non osservata e sull'evasione fiscale e contributiva"): soldi sottratti al welfare, l'istruzione, la sanità..
Tutto colpa della Madia o di Poletti?
Ci mancherebbe.
Peccato che queste persone oggi siano classe dirigente che fa poi riforme e leggi (spesso bocciate dalla Consulta) che impattano sulla nostra vita.

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