01 marzo 2017

Il filo dei giorni – perché questi attentati

Il filo dei giorni, di Maurizio Torrealta, è un racconto dei mesi tra il 1991 e il 1995, in forma di romanzo.
Alcuni dei protagonisti sono inventati: inventato il poliziotto della Digos che aveva mandato le sue informative sul gruppo Falange Armata (e sui suoi contatti con l'eversione nera, i Nar e il traffico di armi).
Inventata la giornalista che segue sin dall'inizio gli attentati e gli omicidi rivendicati dalla Falange.
Alcuni protagonisti di questa storia sono un po' meno inventati: come il magistrati Gabrieli, di Firenze, che quasi da solo deve gestire il faldone su tutti gli attentati di quella stagione.
L'incontro tra la giornalista Arianna, una giornalista curiosa e coraggiosa a cui troppe volte le sue fonti hanno intimato di non scrivere quello che le rivelavano e il magistrato, è al cuore di tutta la storia.
Chi significato dare a queste bombe?
E, cosa più importante, lo Stato, le sue istituzioni, i suoi rappresentanti, vogliono veramente celebralo questo processo?

Non è lei la causa del mio male, ma il lavoro immenso che sto facendo, nell’isolamento più totale.È questa la causa della mia irritazione. Devo imporle, però,una condizione: che lei non scriva nulla delle cose di cui parleremo.- Sono abituata a queste condizioni, non si preoccupi. Il suo divieto è quasi una benedizione. Lei non sa quanto sia difficile per me scrivere di questioni delicate come quelle le riguardano le indagini sulle stragi, quando non si riesce a comprendere i fatti. Per comprenderli servono i dettagli, le sfumature, i retroscena.Non le chiedo di leggere i verbali, li conoscerò quando ci saranno i rinvii a giudizio ed entreranno in campo gli avvocati. Ma ci sono stati sette attentati e decine di morti in soli undici mesi,e noi giornalisti siamo sotto pressione perché i nostri lettori- come tutti, del resto – vogliono sapere il perché di tutto questo sangue.- Vorrei poterle raccontare quello che sta emergendo, mi creda, ma non posso farlo. Le dico soltanto una cosa: ho buoni motivi per temere che questo processo, al quale sto lavorando da anni, non verrà mai fatto; non perché non ci siano evidenze, ce ne sono fin troppe, ma perché chiama in causa i livelli più alti delle nostre istituzioni.Queste stragi non sono state come quelle degli anni settanta: terrorismo che voleva spaventare l'elettorato e spostarlo a destra. In quegli anni le dinamiche erano chiare: aumento di voti a favore dello schieramento della sinistra, strage su un treno o in una piazza e, a effetto immediato, calo di voti per la sinistra.Ma oggi queste stragi hanno dinamiche diverse: fanno parte di una trattativa a suon di bombe tra diverse parti dello Stato. Hanno colpito due Chiese, San Giorgio al Velabro e San Giovanni in Laterano.Quando mai è successo che facessero attentati contro obiettivo di questo genere? Dobbiamo chiederci chi possa avercela con la Chiesa, e perché.
Forse qualcuno non ha gradito il discorso del Papa ad Agrigento, la sua presa di distanza dalla mafia.Nello stesso anno sono stati presi di mira, con attentati dinamitardi, due luoghi legati alla massoneria inglese: a Firenze, la sede dell’Accademia dei Georgofili, che si dice legata a quell'organizzazione, e a Milano, in via Palestro, l'ufficio di propaganda della Gran Loggia Regolare d'Italia. Quyest'ultima affiliata alla loggia massonica del Gran Maestro Giuliano di Bernardo, fondata dopo aver saputo, in anticipo, di un coinvolgimento della massoneria italiana nella progettazione delle stragi di quest'anno.[..]Il fatto inaccettabile, che ormai sta emergendo in modo sempre più chiaro, è che gli apparati dirigenti sono coinvolti hanno accettato le regole della trattativa, gli interlocutori, le richieste; e questo mi fa prevedere che faranno di tutto per non far proseguire questo processo. Anche tra i miei colleghi e i miei superiori c'è questa consapevolezza. Non credo che sia mai accaduto che un magistrato sia stato costretto a lavorare da solo a un processo così pieno di insidie e rischi come quello di cui mi sto occupando, soprattutto dopo che due magistrati sono già stati uccisi in due attentati, un anno fa.Un magistrato solo è più facile da ammazzare. Due eventualità non propriamente gratificanti.- Quindi lei, che rappresenta la giustizia, è l'unico che, al momento, si trova a dover combattere questa battaglia, per una verità che lo stesso Stato non vuole che emerga.- La collaborazione che mi doveva essere assicurata dagli altri magistrati assegnatari di questo processo si è manifestata saltuariamente; non sono stati in grado di affrontare i vari passaggi dell'indagine e tanto meno di conoscerne gli atti. Però hanno trovato il tempo per partecipare a dibattiti pubblici in televisione, nei quali hanno profuso a grandi dosi di approssimazione, superficialità e un enorme scetticismo nei confronti di questo processo; una vicenda giudiziaria che si occupa di sette attentati, come ha ricordato lei, che periodicamente sono alla ribalta dei mezzi dell'informazione.Come se non bastasse, mi hanno accusato di coltivare un accanimento capriccioso «per conto terzi». Questa accusa la trovo doppiamente disgustosa, sia perché non è mio costume essere mandatorio di alcuno, sia perché offende l'equilibrio e l senso della misura con il quale ho fatto il mio lavoro fino ai miei attuali cinquantanove anni. Mi viene addirittura il sospetto che questa assegnazione del procedimento a più persone sia stata solo un espediente per sbirciare negli atti.
Arianna, nonostante il suo mestiere le sue frequentazioni l'abbiano portata in pochi anni a immergersi fino al collo in queste torbide dinamiche, non riesce a reprimere quel moto di indignazione disgusto che, inevitabilmente, le si dipinge in volto.
Il suo interlocutore lo nota, ed è come se ne trasse energia e coraggio, tanto che incalza:
- E ora la situazione si è ulteriormente complicata.
Arianna, nonostante il suo mestiere le sue frequentazioni l'abbiano portata in pochi anni a immergersi fino al collo in queste torbide dinamiche, non riesce a reprimere quel moto di indignazione disgusto che, inevitabilmente, le si dipinge in volto.
Il suo interlocutore lo nota, ed è come se ne trasse energia e coraggio, tanto che incalza:- E ora la situazione si è ulteriormente complicata.Domani dovrò interrogare uno dei vertici dello Stato italiano, un potente alto generale, oggi a capo di uno dei servizi di sicurezza del nostro Paese. Lo dovrò interrogare alla presenza del suo avvocato e lei, che si occupa di cronaca giudiziaria, sa cosa vuol dire: significa che lo dovrò convocare non come persona informata sui fatti, ma come indagato.E questo mi metterà realmente a rischio .. Perso che lei capisca la situazione in cui mi trovo. Questo mio sfogo non dovrà mai apparire su alcun articolo, lo tenga presente quando dovrà scrivere su questo argomento. Voglio che lei mi prometta formalmente che non pubblicherà mai, dico mai, le cose che le ho raccontato. In nessun caso, nemmeno nell'eventualità che mi dovesse succedere qualche cosa di spiacevole.- Glielo prometto, dottor Gabrieli.- Mi perdoni lo sfogo. Avrei voluto parlare con lei di molte altre ose, ma ora devo proprio interrompere la nostra conversazione, o meglio, il mio monologo. Ho ancora molto lavoro da concludere ..[..]Quando, la mattina seguente, Arianna apprende da un collega della morte del dottor Gabrieli, la sua mente va in blackout.Il filo dei giorni, 1991-1995: la resa dei conti di Maurizio Torrealta

Ricorda molto da vicino un altro magistrato, un altro eroe, questo Gabrieli: ricorda il pm fiorentino Gabriele Chelazzi, morto anche lui per infarto, nel 2003.

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