22 luglio 2017

Maigret perde le staffe di Georges Simenon

Incipit
Era mezzogiorno quando Maigret varcò l'ingresso a volta sempre fresco e il portone fiancheggiato da due agenti in uniforme che se ne stavano attaccati al muro per godere di un po' di ombra. Li salutò con un cenno della mano e per un istante rimase immobile, indeciso, guardando verso il cortile, poi verso place Dauphine, poi di nuovo verso il cortile. Su, nel corridoio, e poi sulla scala polverosa si era fermato due o tre volte, facendo finta di riaccendere la pipa, con la speranza di vedere spuntare fuori un collega o un ispettore.
Non accadeva quasi mai che la scala fosse deserta a quell'ora, ma il 12 giugno di quell'anno la polizia giudiziaria e la già immersa in un'atmosfera di vacanza.

Maigret, oltreché perdere le staffe (forse per la prima volta) si annoia: lo vediamo ad inizio romanzo indeciso, quasi perso nei corridoi vuoti del palazzo al Quai de Orfevres, per la partenza per le vacanze dei colleghi. Così, sceglie di recarsi alla brasserie Dauphine, a bersi un pernod, sperando di incontrare qualche volto amico:
"Erano settimane che faceva il bravo, accontentandosi di un bicchiere di vino ai pasti e, le sere che era uscito con la moglie, di un bicchiere di birra."

Qui incontra Lucas, assieme ad un signore italiano, Antonio Farano, gestore di uno dei locali del cognato Emile Boulay, sparito da tre giorni. Emile Boulay era stato chiamato come testimone dalla polizia giudiziaria per la morte di un piccolo criminale corso, Mazotti.
Quest'ultimo gestiva il racket dei locali notturni (con tanto di streap tease), come quelli di cui Boulay era proprietario a Montmartre: mandava i suoi uomini prima a chiedere una tangente per avere protezione poi, in caso di diniego, inscenava delle risse nei locali per far allontanare la clientela.
Ma questo trucco non aveva funzionato: Boulay aveva chiamato dal suo paese, Le Havre, degli scaricatori di porto che avevano dato una lezione agli scagnozzi del criminale, poi ammazzato a colpi di pistola.

Un caso che generalmente non interessa la polizia giudiziaria e nemmeno i magistrati, usi a pensare che se si ammazzano tra di loro non c'è nulla di male. Ma è un caso che incuriosisce Maigret, forse anche per scappare dalla noia e dalle pratiche di burocrazia cui è costretto.
Così, quando viene avvisato del ritrovamento di un cadavere, strangolato, corrispondente proprio a Emile Boulay. Ucciso e scaricato dopo tre giorni, come dirà poi il medico legale, su quella strada vicino al cimitero.
Ogni quartiere di Parigi, ogni classe sociale ha, per così dire, il proprio modo di uccidere – così come ha il proprio modo di suicidarsi. In alcune strade ci si butta dalla finestra, in altre ci si uccide con le esalazioni della stufa o con il gas, in altre ancora ci si avvelena con i barbiturici.Ci sono quartieri in cui ci si accoltella, altri dove si usa una spranga e altri ancora, come Montmartre, in cui dominano le armi da fuoco.Il piccolo proprietario di night non solo era stato strangolato, ma per due giorni e tre notti l'assassino non si era sbarazzato del corpo.Maigret aprì l'armadio e prese giacca e cappello.«Andiamo!» borbottò.Aveva finalmente una scusa per abbandonare le sue incombenze burocratiche.

L'inchiesta di Maigret, assieme al suo ispettore Lucas, svolge interamente nel mondo dei locali notturni che il commissario aveva ben conosciuto nel passato, per motivi professionali.
Ma il morto non era un criminale o un impresario con pochi scrupoli: era felicemente sposato con una ragazza italiana; la sorella della moglie gli faceva da segretaria e il cognato gestiva uno di questi locali.
Una vita tranquilla, si direbbe, da normale imprenditore.
Uno che non si approfittava della situazione.
Non solo le note del jazz che filtravano dalle porte dei night davano all'aria una vibrazione diversa, ma anche i passanti erano diversi e i taxi notturni cominciavano a riversare la loro clientela mentre una nuova fauna passava e ripassava dall'ombra alla luce.

Di locale in locale, Maigret cerca di ripercorrere la vita del morto, in particolare le sue ultime azioni compiute l'ultima sera. Che ci sia qualcosa che non torna, lo capisce subito: il modo in cui è morto, il rischio che ha avuto l'assassino a tenersi il corpo. E poi quella sera, il suo passeggiare nervoso, quelle telefonate che aveva fatto, cercando di parlare con una persona, senza riuscire subito a rintracciarla (come racconta al commissario un suo confidente, “Topolino”.
Detestava non capire, ne faceva una questione personale. Gli ritornavano in mente sempre le stesse immagini: Emile Boulay, con il vestito blu, che se ne andava al Lotus, poi entrava, faceva una telefonata, non otteneva la risposta, gironzolava un po', provava a chiamare un'altra volta, e un'altra ancora, sotto lo sguardo indifferente della guardarobiera.

Il classico vicolo cieco dell'investigatore: ma a furia di continuar e continuare a ripetere gli stessi gesti del morto, a risentire tutte le persone che lo conoscevano, riesce a trovare una pista. Uno spiraglio. Un'idea che si forma in mente.
E allora il commissario diventa il Maigret implacabile, che come una goccia insistente, ostinata, a furia di battere sulla roccia, ne lascia il segno.
Aveva gli occhi spalancati, come persi nel nulla, la schiena curva e il passo lento e pigro.In quei momenti, le persone intorno a lui e soprattutto i suoi collaboratori pensavano che si stesse concentrando. Niente di più falso. Maigret aveva un bel dire, ma nessuno gli credeva. In realtà, ciò che faceva era un po' ridicolo, addirittura infantile. Prendeva un briciolo d'idea, un pezzettino di frase e se lo ripeteva come uno scolaro che cerca di farsi entrare in testa la lezione. Gli capitava anche di muovere le labbra, di parlare a bassa voce, da solo nel bel mezzo dell'ufficio, sul marciapiede, dovunque.E quello che diceva non sempre aveva senso. A volte sembrava una battuta.«Ci sono stati casi di avvocati uccisi da un cliente, ma non ho mai sentito parlare di clienti uccisi dal loro avvocato...».

Cosa porterà Maigret a “perdere le staffe”?
Quando scoprirà che l'assassino aveva usato il suo nome, per infangarlo e trascinarlo in una storia di corruzione, di processi aggiustati.
No, nessuno si deve permettere di tirare in ballo il suo onore di uomo e di poliziotto.
Maigret non era mai stato così pallido in vita sua. Il suo viso, inespressivo, sembrava un blocco di pietra. Con voce neutra, impressionante, ordinò: 
«Ripeti!..». 
«I..i..mi fa male ...». 
«Ripeti!».«I centomila franchi ..». 
«Quali centomila franchi?». 
«Mi lasci .. Le dirò tutto ..». 
Maigret lasciò la presa ma aveva la faccia livida,e a un certo punto si mise la mano sul petto e sentì il cuore battere all'impazzata.

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