24 luglio 2017

Viva l'emergenza

Se non ci fossero le emergenze bisognerebbe inventarle.
L'emergenza roghi (sempre d'estate, sempre negli stessi posti) per incentivare il business delle flotte antincendio private.
L'emergenza sicurezza per fare appalti con società di security private e mettere qualche guardia giurata sui treni.
E ora l'emergenza idrica che poi, a ben guardare non è affatto un'emergenza.

"Siccità, 10 Regioni in emergenza chiedono lo stato di calamità" titola Il Messaggero, quotidiano della famiglia Caltagirone, azionista anche di Acea la società che gestisce la distribuzione idrica a Roma.
La società che, dopo la scelta della regione Lazio di bloccare i prelievi dal lago di Bracciano, ha preventivato i blocchi del servizio, i "razionamenti" dell'acqua a Roma.

Da qui poi è partito il gioco della speculazione: dopo le olimpiadi, i ratti, la monezza, pure l'acqua ci toglie la Raggi.

Eppure era tutto previsto: i lunghi periodi di siccità, le emissioni di C02 e il cambiamento del clima, la rete idrica che è un colabrodo (e a Roma peggio che nel resto del paese), gli scarsi investimenti in manutenzione fatti dalle società pubbliche o private (solo 32 euro contro gli 80-130 del resto d'Europa).
Tutto scritto nel rapporto sui cambiamenti climatici dell'Onu del 2007.

Abbiamo troppi gestori, piccoli, distribuiti sul territorio che non possono (o non vogliono fare investimenti): Il sole 24 ore ci fa sapere che se queste piccole utility si accorpassero (o meglio se venissero accorpate ai giganti), andrebbe tutto meglio, avremmo già pronti 2 miliardi per gli investimenti.
Servono aree di gestione non solo provinciali (i 70 ambiti territoriali ottimali indicati dal regolatore, ndr) ma regionali e per un efficiente servizio idrico integrato occorre che un unico gestore presidi l’intera filiera, dalle sorgenti alla depurazione», afferma Andrea Bossola, direttore area Idrica di Acea.Risultati che portano il presidente dell’Autorità per l’energia elettrica il gas ed il sistema idrico (Aeegsi) Guido Bortoni a sollecitare il passaggio «dalle campagne ideologiche sulla proprietà pubblica o privata delle società idriche alla battaglia per una gestione industriale, e quindi specializzata, del bene comune più prezioso che abbiamo, l’acqua. La regolazione non vuole mortificare le istanze del territorio ma deve favorire in modo pragmatico l’aggregazione per rafforzare il modello industriale».

Non è ideologico sostenere che, laddove esiste il privato (Acea è per il 49% privato) non si sono visti comunque investimenti e le tariffe dell'acqua sono aumentate.
E non è ideologico nemmeno sostenere che laddove si è privatizzato senza fare controlli, come nelle autostrade, la storia è sempre la stessa: investimenti pochi, tariffe ai caselli che aumentano.
Insomma, abbasso le ideologie e viva il mercato (anche se non è libero e sarà in mano a pochi gestori che detteranno le regole al pubblico e alla politica).
Il fatto che gli italiani nel 2011 si siano espressi in modo diverso col referendum poco importa.

PS: abbasso le ideologie che però vivono e lottano insieme a noi, come l'ideologia finta del finto mercato, quella sui licenziamenti facili, quella della flat tax e della ricchezza che "gocciola" dall'alto verso i poveri ..

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