02 agosto 2017

Bologna, 37 ani dopo quella bomba

Chi ha messo la valigia nella sala d'aspetto della stazione di Bologna quella mattina del 2 agosto 1980, facendo esplodere la bomba, voleva entrare nella storia.
Nella storia dell'infamia, perché quella bomba inizialmente scambiata per una caldaia, uccise 85 persone e causò 200 feriti.

Perché la storia del nostro paese, della nostra giovane democrazia, è stata costellata anche da queste infamie.
Banche che saltavano per aria, bombe sui treni, nelle stazioni, nelle piazze gremite di gente che intendeva partecipare alla vita politica.
O in uno spiazzo di campagna, come a Portella, colpiti da banditi, mafiosi, sicari.

Perché la storia del nostro paese, della nostra giovane democrazia, è stata costellata anche da queste infamie.
Banche che saltavano per aria, bombe sui treni, nelle stazioni, nelle piazze gremite di gente che intendeva partecipare alla vita politica.
O in uno spiazzo di campagna, come a Portella, colpiti da banditi, mafiosi, sicari.

La strage di Bologna, diversamente da altri episodi della strategia della tensione, ha avuto dei colpevoli riconosciuti tali anche dalla magistratura: tre giovani estremisti di destra appartenenti ai NAR, filiazione di altri gruppi criminali della galassia neofascista degli anni '70.
Valerio Fioravanti, Giovanna Mambro, dopo una doppia sentenza di appello sono stati riconosciuti colpevoli del delitto di strage, altri neofascisti che pure erano entrati nel processo, sono stati prosciolti.
Sono stati condannati, per un filone collegato alla strage, due ufficiali dei servizi, Musumeci e Belmonte, assieme al collaboratore del Sismi Francesco Pazienza e Licio Gelli.
Condannati per il reato di depistaggio, un despitaggio messo in atto per allontanare i magistrati dalla pista nera, tutta italiana. I depistaggi sono stati un altro tratto comune delle stragi.

Ad ogni anniversario della strage scoppiano le (solite) polemiche: le altre piste su presunti altri responsabili ("I segreti di Bologna" uscito l'anno scorso per Chiarelettere), i due terroristi condannati all'ergastolo che oggi sono già liberi (e che non pagheranno altro dazio per quelle morti). Ultima, la scelta (spero sofferta) della procura di Bologna di archiviare l'inchiesta sui mandati della strage: chi c'era dietro Fioravanti e gli altri neofascisti (tra questi tornano anche i nomi della terra di mezzo di Roma)?
L'inchiesta avrebbe puntato in altro: non si organizza un depistaggio da parte del Sismi, se non per proteggere un segreto compromettente.

«Se si sapessero come sono andate veramente le cose si innescherebbe un effetto a catena che a molti farebbe paura» afferma il presidente dell'associazione vittime, Paolo Bolognesi. 

E da queste considerazioni nasce la vera domanda: perché? Perché quella strage? Perché quelle morti?


Patrick Fogli, scrittore bolognese, nel suo bel libro "Il tempo infranto", aveva raccontato della strage, del contesto politico, di questo gruppo di potere (il cerchio più interno secondo la teoria di Guerzoni) che vede all'interno massoneria, politica, servizi, finanza dentro cui matura l'idea di un ultimo atto, che serva a creare paura e tensione nel paese.
Sia per spostare l'interesse delle persone dai nuovi equilibri in corso (la fine delle larghe intese, l'inizio dell'era repubblicana in America), sia per rinforzare il consenso degli stessi cittadini nei confronti dello stato. Stato che avrebbe dovuto difenderli.

Serve un atto, l'ultimo atto della stagione della strategia della tensione, l'ultimo colpo: utile anche per fare pulizia poi di tutti quei personaggi, semplici pedine di questo gioco del terrore, che nel nuovo corso politici sarebbero stati troppo ingombranti. Testimoni pericolosi da eliminare.
Un pezzo di un colloquio tra l'onorevole (un uomo che conosce le soluzioni) e un colonnello dei servizi:
L'onorevole resta in silenzio. Il pensiero arriva in un istante. Ogni volta che succede qualcosa, tutti quelli che lo devono sapere lo sanno.“Sa anche lei come vanno certe cose colonnello.”“Certo. E a questo punto bisogna prendere una decisione, a vari livelli. Possiamo fermarli prima che lo facciano, rendere impossibile che il fatto avvenga, cercare di ridurre l'impatto. O restare semplicemente a guardare, aspettando il dopo.”L'onorevole si alza. Riempie con cura il bicchiere di brandy. Lascia la bottiglia sul tavolo. Il passato che ritorna è un'onda che ti colpisce alle spalle e ti lascia sdraiato con la faccia nell'acqua, ad aspettare che la risacca faccia il suo corso.“Potrebbe essere l'occasione che aspettiamo” dice una voce nella sua testa. Una frase che non ha sentito pronunciare da nessuno dei suoi amici. Non da un politico, non da un industriale, non da un banchiere. Nemmeno Richard è arrivato a tanto. Nemmeno Stella [il capo dell'istituzione, loggia massonica P2] quando hanno affrontato l'argomento, due giorni fa.Nessuno fra tutti quegli uomini che da molto tempo fanno quadrato perchè ogni cosa resti esattamente come deve stare è riuscito a pronunciare un sì o la frase che ha appena attraversato i suoi pensieri.Eppure è esattamente quello che hanno in mente tutti. Oggi che quel tipo di strategia sembrava messa da parte. Non c'è più aria da colpo di Stato, la democrazia non è in discussione. Potrebbe essere l'occasione che aspettano, lo sa. Usarli ancora una volta e poi renderli innocui, per sempre.Dopo lo scandalo alla Genevieve [la banca di Sindona]. Dopo lo scandalo del petrolio e della Guardia di Finanza. Dopo lo scandalo dell'Istituto delle Casse e la caduta del governo. All'inizio della nascita di una nuova stagione politica e subito dopo il tentativo del partito comunista di rialzare la testa. Dopo un aereo sprofondato nel Tirreno che nasconde l'atto di guerra con cui, sul territorio italiani, di un paese alleato ha tentato di uccidere un capo di stato straniero, la guida di uno dei migliori partner commerciali dell'Italia.Polvere alla polvere, pensa. E polvere nella polvere.
Beve un altro sorso, Ancora con il bicchiere in mano fa la domanda che aspetta di fare da troppo tempo.“Quanto sarebbe pesante, Colonnello?”Il carabiniere tira il sigaro. Fissa il padrone di casa, una goccia di sudore che gli accarezza la tempia.“Non credo che lei possa immaginarselo.”

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