08 settembre 2017

Per i diritti c'è tempo

Sui diritti civili mi gioco la faccia - ha raccontato ai giornalisti e al paese il ministro dell'Interno Minniti, tanto apprezzato a destra come a sinistra.
E' la risposta a quanti rinfacciavano al ministro e al governo italiano di essersi preoccupato solo di bloccare gli sbarchi in Italia, delegando i respingimenti alla guardia costiera libica (e forse anche ai trafficanti).

Insomma, come al solito, la politica italiana ha cercato di dare una risposta alle paure della gente, alla sua pancia, piuttosto che cercar di dare una soluzione strutturale al fenomeno.
Occhio non vede, gli invasori, pancia non duole.

Per il momento, su immigrati, sbarchi e flussi dai paesi africani, l'unica cosa certa è che sono diminuiti, grazie agli accordi non proprio trasparenti tra il ministro Minniti che si è comportato anche da ministro degli esteri.
Alle denunce fatte da Medici senza frontiere sulle condizioni delle carceri libiche, il governo ha promesso che le condizioni delle carceri libiche miglioreranno:
"L'allarme umanitario non solo lo condividiamo ma è uno dei nostri impegni maggiori da molto tempo e mi auguro che gli sviluppi che abbiamo avuto in queste settimane con le autorità libiche ci consentano di avere nei rapporti con la Libia la possibilità di chiedere e forse anche ottenere condizioni umanitarie che sei mesi fa neanche ci sognavamo di chiedere".
Una promessa è una promessa.
Servirebbe anche un sistema di informazione che controllasse l'azione del governo, ma visto l'aria che tira in Rai (caso Gabanelli, costretta ad autosospendersi) dovremmo solo fidarci.
Di giornalisti che hanno voglia di ficcare il naso in quello che fanno le milizie libiche (o in Niger, o anche in Egitto) non ce ne sono molti.

C'è un'altra riflessione da fare: non possiamo rispondere (come vedo che in molti fanno) che non sono problemi nostri.
Gli accordi con la Libia e il Niger li abbiamo fatti noi. I soldi per le motovedette sono nostri, come i soldi per bloccare i migranti lontano dalle coste.
Come fa notare Alessandro Gilioli, ci siamo questi dove stavano i bravi tedeschi quando vedevano gli ebrei sparire dalle città, finire ad est per poi non tornare più indietro.
"Questo è stato", ed è successo anche perché in molti non han voluto vedere.

In sostanza, prima i clan libici prendevano soldi dai migranti per trasportarli oltre il Mediterraneo; ora prendono soldi dai governi europei, Italia in testa, per tenerli chiusi nei lager.Di solito le persone finite lì dentro erano partite dai vari Paesi dell'Africa occidentale e prima di entrare in Libia hanno attraversato il Niger.Anche qui la Ue è intervenuta per sovvenzionare il governo e le tribù affinché bloccassero i migranti. Le varie autorità così remunerate hanno preso sul serio l'impegno e le carceri del Niger sono piene. Altrove, i militari hanno circondato i pozzi d'acqua sulle piste nel deserto, per evitare che i migranti li usassero per bere dopo aver percorso centinaia di chilometri nel deserto con temperature tra i 40 e i 50 gradi. I "passeurs" allora hanno spostato il traffico su altre piste secondarie, più pericolose perché prive di punti d'acqua. Anche qui riporto la cronaca sull'Espresso di Giacomo Zandonini, collega che il Niger lo conosce bene: «Ho scavato con le mie mani una fossa per venti persone morte di sete», gli ha raccontato un migrante.Qualche anno fa noi occidentali giustificavamo l'intervento armato in altri Paesi - Afghanistan, Iraq, Libia - come "operazione umanitaria": la nostra coscienza non poteva accettare che feroci dittatori insanguinassero il loro paese. Adesso invece, curiosamente, prevale "l'interesse nazionale", quindi delle peggiori violazioni dei diritti umani in altri Paesi non ci interessiamo più. Benché questa volta ci sia l'aggravante che siamo stati noi stessi - con la svolta politica Ue per impedire gli sbarchi - a essere causa o almeno concausa di questa carneficina. Si vede che abbiamo la coscienza a giorni alterni.«Meditate che questo è stato», ci diceva Primo Levi sull'Olocausto.Noi invece siamo costretti a meditare che questo è, ora, adesso.Meditiamo che questo è. O ci si sfaccia la casa, la malattia ci impedisca, i nostri nati torcano il viso da noi.

Ecco, un giorno quella domanda potrebbe essere rivolta a noi: dove eravate mentre migliaia di esseri umani venivano ammassati nei lager in Libia?

Cosa avete fatto?


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