22 ottobre 2017

Perché voto NO al referendum sull'autonomia

Sono rimasto combattuto fino all'ultimo, se andare a votare (NO) a questo referendum sull'autonomia o rimanere a casa: non andare al voto significa non esprimersi, scegliere di rimanere fuori e non partecipare alla vita politica.
In questa campagna elettorale si è sentita quasi solo la voce del si (campagna pagata tra l'altro coi soldi pubblici): tra questi anche esponenti del Partito democratico che evidentemente, in questo caso, non hanno problemi a votare come Salvini.
Chi era per il no, come me, chiedeva agli altri di non andarci proprio a votare: facciamolo fallire così.
Come successo al referendum sulle trivelle: ma in quel caso c'era un quorum e si trattava di un referendum con una scelta vera.
Questa domenica si vota per un referendum finto, che chiede ai cittadini lombardi (e Veneti) di esprimersi su qualcosa che la politica non può ottenere.
Stiamo parlando della maggiore autonomia fiscale e “della più ampia competenza in materia di sicurezza, immigrazione e ordine pubblico”.
In base alla Costituzione vigente, tutto questo Maroni e Zaia non lo possono chiedere: potevano chiedere invece maggiore autonomia aprendo una trattativa col governo come ha fatto l'Emilia Romagna.

Siccome io sono una persona che decide con la propria testa e che intende la partecipazione politica come un qualcosa di serio, ho deciso che andrò a votare e voterò NO.
Poi dopo mi sorbirò tutti i sermoni di quelli che oggi sono rimasti a casa e commenteranno poi l'esito del voto. Io non mi sottraggo alla scelta anche perché, anche in caso di flop, i 50 o 70 milioni spesi non torneranno indietro.

Questi i motivi della mia scelta.
A questa classe politica, i Maroni, i Salvini, gli ex formigoniani rimasti in sella dopo la fine del celeste, non voglio proprio dare alcuna maggiore economia.
Troppi scandali nella sanità, nelle opere pubbliche (le autostrade nel nulla che dovevano essere ripagate dal privato), nella sicurezza (le mafie che sono entrate nell'economia, nella politica, nella società).
La Lega al nord ha fallito i suoi obiettivi in termini di autonomia, sicurezza, buona politica.

Consiglio, a chi vuole approfondire meglio il tema del fallimento politico della Lega il libro di Filippo Astone “La disfatta del nord”:
in vent’anni di vita parlamentare e dieci di governo in una posizione di forza, la Lega non ha portato a casa neanche uno degli obiettivi che rappresentano la sua ragion d’essere” [..]
né provvedimenti a favore delle piccole imprese e delle partite iva, né un miglior accesso al credito, né la semplificazione burocratica”.

Il fallimento della Credieuronord, il sogno della prima banca padana
Sogno che si è rapidamente trasformato in incubo per i circa quattromila soci, la più parte di essi accorsi a sborsar denari sin dal 1998, privati poi dei risparmi a opera dal management della banca scelto dalla Lega”.

La questione delle multe europee per le quote latte sei miliardi, solo 4 miliardi e 400 milioni sono stati pagati dal contribuenti italiano:
il latte padano è già costato agli italiani quattro miliardi e quattrocento milioni di euro sonanti,[..]In sostanza: il debito dei produttori fu scaricato in toto sui contribuenti italiani sotto forma di maggiore pressione fiscale.[..]La prima tranche, pari a un miliardo e novecento milioni di euro, l’ha sfilata Tremonti, facendo pagare interamente alle casse dello Stato l’accordo Ecofin del 1994”.

La sede ministeriale aperta per pochi mesi alla reggia di Monza.
Il nepotismo della Lega:
Per quanto riguarda il nepotismo, è noto a tutti il caso di Renzo Bossi detto il Trota,Friuli, dove due importanti leader politici leghisti si sono scambiati le assunzioni delle reciproche mogli:[..]l’ex presidente del consiglio regionale Edouard Ballaman assunse Laura Pace, moglie dell’allora sottosegretario agli Interni nonché tesoriere della Lega Maurizio Balocchi[..]Il caso più noto alle cronache è quello di Manuela Bossi,
[..]La signora è stata fatta sedere per cinque anni nel consiglio provinciale di Varese,ha ricevuto generosi finanziamenti pubblici per la sua scuola privata, la scuola Bosina,[..]Calderoli ha imposto la compagna, Gianna Gancia, come candidata presidente della provincia di Cuneo[..]Giorgetti ha introdotto la moglie, Laura Ferrari, nel mondo dei corsi di formazione finanziati dalla Regione Lombardia. [..]Infine Flavio Tosi: sua moglie Stefania Villanova, non laureata, è stata promossa da impiegata a dirigente nella sanità”.

Lo scandalo della Banca Popolare di Milano, di Ponzellini
Se la disfatta del Nord potesse avere un volto, sarebbe quello pingue e con gli occhiali alla Onassis di Massimo Ponzellini, l’ex presidente della Banca popolare di Milano”.
Una storia di “mazzette in cambio prestiti a società contigue a esponenti della criminalità organizzata”, di “familismo, la mancanza di meritocrazia, i sistemi chiusi, la corruzione, l’intrusione della politica nelle aziende”.


Dunque oggi andrò a votare lo stesso, anche se è un finto referendum, sapendo che non è la cosa più giusta (ma almeno è quella meno sbagliata). Sperando che sia l'ultima volta in cui si vota per niente o, meglio, per consentire ad un partito di fare campagna elettorale.

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