29 dicembre 2017

Il polverone

La legislatura che sta per essere sciolta (si spera nell'acido) è stata una delle peggiori della storia repubblicana ..” [Mai più - Il fatto quotidiano del 28 dicembre]
Si potevano usare tante altre forme per esprimere un giudizio (legittimo, siamo in democrazia) su questa legislatura: il direttore del Fatto Quotidiano ha fatto una scelta pessima.
Poteva uscirne in un solo modo, chiedendo semplicemente scusa visto che non intendeva offendere né le vittime della mafia né persone come Lucia Annibali.
Non è solo questione di “tribunale dell'inquisizione del politicamente corretto”. È solo una questione di buon senso: la risposta data da Travaglio ha infatti dato il là al polverone (sui social, dove i tempi di reazione sono sempre più rapidi senza dare tempo di riflettere) in cui si dava al Fatto Quotidiano e al suo direttore l'accusa di partigianeria, anaffettismo, fascismo. E questo dopo le vignette sul corpo della boschi (che non si può rappresentare in vignetta) che hanno fatto piovere le accuse di sessismo, maschilismo.
Una vignetta che non mi ha fatto ridere, come nemmeno mi facevano troppo ridere le vignette dove si ritrae la Raggi con le orecchie a sventola.

La faccio breve: una volta che questo polverone si sarà placato ci sarà modo di riflettere su come, e non da oggi, si siano alzati i toni nel discorso politico.
C'era un segretario rottamatore che aveva promesso di entrare nella direzione del PD col lanciafiamme.
C'era il leader del principale partito, stando ai sondaggi, che voleva vomitare i giornalisti, che parlava di mafia con un suo codice d'onore.
E poi c'era lui, il Berlusca: cito solo un episodio quando, ad una conferenza stampa con Putin mimò il gesto del mitragliare rivolto ad una giornalista che aveva fatto una domanda scomoda al presidente.

C'è la tendenza ad essere critici nei confronti dei gesti del nemico e inclini al perdono (è solo folklore) delle parole incaute dei tuoi alleati. Penso alle gentili espressioni di De Luca nei confronti della sindaca Raggi, il dito medio rivolto all'opposizione.

Ma vorrei aggiungere un'altra considerazione: terminata la bufera, forse ci ricorderemo di quanto sta succedendo sotto i nostri occhi, senza che ce ne accorgiamo troppo.
La missione militare in Niger contro i trafficanti di esseri umani: siamo sicuri che sia sufficiente presidiare i confini per risolvere il problema epocale delle migliaia di persone che scappano dalla guerra, dalla fame, dalle carestie?
Nella conferenza di ieri Gentiloni ha detto che l'Italia è tra i primi 4-5 paesi per export: forse si riferiva all'export delle armi, specie verso l'Arabia, che poi le usa nella sua guerra contro lo Yemen.
La commissione banche sta per concludere il suo mandato: in molti hanno commentato in modo superficiale che non sia servita a niente (se non ad inpegolare di più Renzi e la sottosegretaria Boschi, con le loro arrampicate sugli specchi).
Non è vero: la commissione ha fatto capire una volta di più di come si debba mettere mano al sistema delle autorità di controllo.
Che devono essere in mano a persone competenti, esterne alla politica.
Servirebbe che Padoan firmasse il decreto sui requisiti di onorabilità dei banchieri, vista l'importanza del loro ruolo (per il risparmio, per le imprese).
La questione di Taranto e dell'Ilva: meglio Calenda che i suoi predecessori, certo. Ma ancora meglio quando le bonifiche verranno messe nero su bianco in un accordo che sia pubblico. Così che anche i tarantini possano star tranquilli.
La vicenda Dell'Utri: non potendo negare l'esistenza della mafia, ora i difensori (sui giornali, nella politica) attaccano uno dei suoi punti di forza, i potenti condannati per concorso esterno.
Se faccio il palo alla banda dell'ortica sono imputabile dell'articolo 110 del cp.
Se aiuto i mafiosi, non facendo parte di cosa nostra, sono solo un perseguitato.
Già oggi l'emergenza mafie è fuori dalle agende e dai programmi di tutti i papabili leader per le prossime elezioni.
Già si fa fatica a portare avanti discorsi sulle liste pulite: non lo si è fatto in Campania e non lo è voluto e potuto fare in Sicilia.
Manca solo la santificazione dei tanti professionisti nella zona grigia mafiosa e siamo a posto.
I numeri sul lavoro: possiamo anche far finta di niente e andare avanti così, ad usare i numeri dell'Istat come più ci piace. I numeri da soli non dicono nulla e dicono tutto. Abbiamo recuperato 1 milione di posti di lavoro: tutto vero, ma stiamo creando un mondo del lavoro, deregolamentato, povero, di cui in pochi ne parlano (Gad Lerner in Concetta, Marta Fana nel saggio “Non è lavoro..”) che alla lunga diventerà una bomba sociale.
Una generazione costretta a lavorare con salari bassi, ad intermittenza e che andrà pure in pensione tardi e con un misera pensione. Forse.
Le vergogne nazionali: due storie che parlano di nostri connazionali, della sicurezza che non è stata loro garantita. La morte del ricercatore Giulio Regeni e della fatica nel voler credere a tutte le rassicurazioni di ministri e parlamentari, sull'accertamento della verità.
Le promozioni dei poliziotti coinvolti nei fatti di Genova nel 2001: erano proprio opportune quelle promozioni?
Il governo dei diritti: questa è stata la legislatura dei diritti, dicono. Biotestamento, la legge sul “dopo di noi”, le unioni civili.
Non c'è stato tempo per lo ius soli, ci si riproverà.
C'è stato tempo invece per togliere e mettere i voucher, pur sapendo degli abusi che ne sono stati fatti.
E c'è stato anche tempo per mettere mano al tema delle intercettazioni, in nome della difesa della privacy.
Il diritto ad essere informati (e a pretendere una trasparenza dai nostri rappresentanti) non è evidentemente un diritto.
A proposito di informazione, a che punto è la grande inchiesta sulle fake news? È vero o no che l'anno scorso il voto referendario è stato falsato dall'azione degli hacker russi (che hanno influenzato chi votava no)?

PS: non mi è piaciuto l'incipit dell'articolo di giovedì 26 (quello dell'acido).
Ma mi è piaciuto ancora meno quanto scrive oggi: “Posto che bisogna fare di più sui diritti umani nei campi libici , il crollo degli sbarchi e morti è un successo di Minniti. Voto 8--”

Se basta il non veder più persone sbarcare (e comunque gli sbarchi sono ripresi e vedremo cosa succede in primavera) per essere soddisfatti della politica dei lager in Libia, siamo a posto.
Senza un controllo di quanto succede nei campi in Libia c'è ben poco da essere soddisfatti.
Senza che si affronti il problema dell'emigrazione di masse di persone, c'è poco da essere contenti


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