19 dicembre 2017

Report – l'acqua, un bene da proteggere

L'acqua della laguna, l'acqua che manca per la siccità, l'acqua gestita dai privati. Come la stiamo gestendo?
La logistica di Togotà, acqua e sapone.
E, ancora, i paradise papers e le antenne abusive di Verona.


A tre anni dal decreto Clini le grandi navi continuano a passare per Venezia: l'inchino continua ancora.
Il comitato interministeriale ha trovato una soluzione, dopo la recente riunione: far sbarcare i turisti a Marghera ma non si sa quando.
La scelta del “comitatone”, di spostare le navi fuori dal canale è un deja vu: ma perché i turisti dovrebbero sbarcare in un luogo inquinato, ex aria industriale?
A Marghera ancora aspettano le bonifiche e i fondi: la scelta del comitatone è arrivata per fermare la guerra tra le navi e i comitati.
Ci sono problemi di spazio, in un canale largo sessanta metri: il canale andrebbe scavato ma poi il problema è dove mettiamo i fanghi tossici?
Il timore è che sia una soluzione solo per prendere tempo, per lasciare la patata bollente ai futuri governi.
La capitaneria ha stabilito che se nel canale devono passare navi lunghe più di 300 metri, serve allargare il canale, dunque il progetto Marghera necessiterà di tempi lunghi.

E i veneziani cosa ne pensano? Si sta trasformando in una Disneyland, scrive il NY Times, una città piena di bed and breakfast e gli abitanti vanno via.
Ma il sindaco punta di Marghera, per lui contano solo i posti di lavoro: qui si attendono però ancora 250mila euro per le bonifiche.
La riqualificazione porterebbe posti di lavoro – racconta Clini: ma sembrano solo promesse visto che di progetti non c'è traccia.

Un buco nell'acqua – Manuele Bonaccorsi

La siccità fa sparire laghi e mari: questo causa migrazione di popoli, che oggi solo quattro volte quelli che si spostano per le guerre.
Lo scenario che si prevede uno scenario è in peggioramento: sulla disponibilità dell'acqua c'è una guerra geopolitica, per l'aumento di necessità dell'acqua che sarà sempre di meno.
Oggi, quando piove, è il momento di governarla, di raccoglierla: noi però abbiamo fatto delle scelte politiche diverse, mettendo l'acqua a mercato, in mano alla speculazione.

La quantità d'acqua che cade si concentra in pochi periodi dell'anno, siamo ricchi di acqua ma nel sottosuolo: ma noi gestiamo male l'acqua nei nostri serbatoi, così succede che questa manchi dai rubinetti, per cucinare e lavarsi.
A Formia questa estate è mancata l'acqua: un'emergenza durata fino all'autunno.
L'acqua è così arrivata via mare da Napoli: l'acquedotto è un colabrodo, le perdite sono l'81%, l'acqua esce in piccoli rigagnoli.
Sono perdite che non possono essere riparati dai comuni, che non hanno soldi, mentre il gestore del servizio idrico (Acqua latina, 49% privata) non ha fatto investimenti.
Gli investimenti non sono coperti dalla tariffa, racconta l'AD di Acqua latina: i soldi sono arrivati da una banca che ha chiesto in pegno delle azioni della SPA.
La banca controlla la società, controllo tolto ai comuni che non possono opporsi.

Stessi problemi di perdite anche a Roma: questa estate l'acqua si è dovuta prelevare dal lago di Bracciano, che è calato di livello.
L'acqua di Roma arriva dal territorio di Castel S. Angelo: qui i comuni chiedono soldi a Roma, per una concessione nata nel 1926 scaduta negli anni 90.
Il comune vorrebbe prendere altra acqua dal fiume Peschiera: Acea gestisce l'acqua per il comune, per il 49% è privata (Caltagirone e Suez).
L'anno scorso ha staccato 131 ml di dividendi: il piano industriale per i prossimi anni è di soli 1,6 ml.

Lo scenario nel paese è questo: 4 multiutility si sono divise il mercato, producono utili che non sono investiti negli impianti, ma fanno solo profitto.
Diversamente da quanto gli italiani avevano detto nel referendum del 2011.

Gli impianti di Acea non sono efficienti, viste le perdite: perché preferiscono incassare dividendi, allora? Perché sono soldi utili anche per i comuni, visti i tagli dallo Stato centrale.

A Roma governa il M5S che si dice favorevole all'acqua pubblica: il comune di Roma, essendo maggioranza, potrebbe decidere però di diminuire i dividendi e aumentare gli investimenti.
Ma, ascoltando le parole del consigliere comunale Pacetti, si capiva la difficoltà da parte del movimento di prendere una decisione...

Oggi per fare investimenti le società idriche devono fare mutui con le banche: l'acqua diventa un affare per la borsa e per i banchieri.
Ci sono fondi di investimento sul'acqua: il settore idrico presenta delle prospettive di crescita attraenti – spiega un consulente finanziario, l'editor di Morningstar.

Questi fondi di investimento garantiscono rendite al 16% che crescono, paradossalmente, col diminuire dell'acqua.
I soldi per questi rendimenti arrivano dagli oneri finanziari che leggiamo in bolletta: da qui incassano anche i comuni, anche la sindaca Raggi.
LA Raggi e il M5S potrebbe scegliere di dirottare i soldi sugli investimenti, vedremo..

Nel resto dell'Europa le perdite sono infinitamente inferiori, rispetto all'Italia.

Bisognerebbe cambiare politica, sugli acquedotti ma anche per la gestione dell'acqua usata in agricoltura.

In Puglia si soffre la siccità, ma quando piove sono inondati: il consorzio idrico ha proposto un progetto che è rimasto su carta.
C'è ne sono altre di opere incompiute, in Puglia, alcune che risalgono ai tempi della cassa del Mezzogiorno.

L'acqua arriva da Acquedotto pugliese spa, 100% pubblica: l'acqua, anche quella reflua, trattata potrebbe essere usata per irrigare, ma si è scelto di accumularla.
274ml di metri cubi di acqua purificata non viene usata, di fatto viene sprecata: perché non si organizzano i comprensori irrigui, da cui prendere l'acqua.

I consorzi pugliesi però non hanno soldi, hanno debiti per 200ml e non hanno modo di attivarsi per prendere l'acqua depurata.
Da dove arrivano i debiti? In parte dagli stipendi.

I consorzi incassano 650ml dagli agricoltori, una parte sono destinati ai dipendenti, 4000 impiegati, poi ci sono i direttori generali che prendono stipendi fuori norma.
Uno di questi prendeva 368mila euro l'anno, più del presidente della Repubblica.

L'associazione nazionale per i consorzi di bonifica ha 18 dipendenti e spende 1,7 ml in stipendi: molti sono per le consulenze esterne, racconta uno dei dirigenti dell'ente.


In Israele hanno il 15% della nostra acqua, ma la poca che c'è è considerata un bene prezioso: le falle negli impianti sono monitorate dai satelliti, così riescono a coltivare pomodori in un deserto.
Ci sono sensori che misurano l'umidità nel terreno, sanno dosare l'acqua per il terreno: la poca acqua viene gestita con parsimonia.
Israele pesca l'acqua dagli impianti sotto le case: le acque reflue sono depurate e ripulite e finiscono in laghetti, fino a che arriva in una falda.
Viene poi prelevata e usata per gli impianti nel deserto: i batteri sono ripuliti dall'azione del terreno e del sole.

L'85% delle acque reflue sono usate per usi agricoli. Ma non basta, anche l'acqua del mare viene ripulita, in impianti di desalinizzazione, così il 75% dell'acqua potabile in Israele viene dal mare.
Anche gli impianti sono efficienti: le perdite sono controllate con delle immagini satellitari, in tutte le zone del paese.

Perché non si importano queste tecnologie anche in Italia?

Il caso Veneto.
Nel vicentino avevano un problema: acqua in quantità in inverno, meno in estate.
Così hanno deciso di mettere l'acqua nella falda.
Hanno realizzato un bosco, su un terreno che era destinato a campo, con tanti canali dove scorre l'acqua, come fosse una banca.

In Emilia invece fanno dei bilanci idrico, in base alle previsioni del tempo: i tecnici del consorzio indicano agli agricoltori quando e come irrigare.

Sono esempi che illustrano che non servono grandi opere, trasformare il mondo degli agricoltori secondo un paradigma che porti a conservare l'acqua.

Poi ci sono altri esempi che mostrano come invece noi l'acqua la sprechiamo, perdendo questo bene prezioso, perdendo soldi.
Nel 2030 avremo il 40% di acqua in meno: noi siamo un paese ricco d'acqua, nel sottosuolo, ma non sappiamo quanti ne pompano in modo illegale.

E poi spendiamo 1 miliardo di euro per dare incentivi a chi produre energia, che poi producono conflitti.

Nel campo della Resit sono stati interrati rifiuti tossici: qui a fianco ci sono dei campi irrigati con acqua pescata da falde a contatto coi rifiuti.
Questo succede nella Campania delle ecomafia, a Gela e anche in Veneto.
Nella Basilicata del petrolio.

Ci sono i tanti, troppi progetti per le dighe che stiamo costruendo sulle Alpi: spendiamo miliardi in incentivi, per produrre poca energia in proporzione.
Senza incentivi nessuno di questi impianti potrebbe stare sul mercato: impianti sul Piave e sul Brenta.
Qui si sta scatenando una guerra tra i canoisti e chi sta costruendo l'impianto: aumentano i conflitti tra chi ha bisogno dell'acqua, chi decide sull'uso dell'acqua?

L'acqua è un bene pubblico, la sua gestione viene gestita dalle regioni o dalle agenzie infraregionali, poi le Arpa e le multiutility.
Troppi enti e troppe competenze, che non portano ad economie di scala.
Poi ci sono gli impianti abusivi che pescano acqua che non viene stimata.

Facciamo pagare poco a chi estrae l'acqua per fare profitto, lo stesso prezzo per chi estrae un litro e chi ne prende 1 milione.
Così tra gestioni clientelari, poltronifici, stipendi d'oro per i dipendenti dei consorzi, rischiamo di perdere questo bene prezioso che è di tutti.





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