31 dicembre 2010

Tempi moderni (per un buon 2011)


Come sarà il prossimo 2011? Di una cosa possiamo starne certi: i problemi che non abbiamo risolto negli anni passati e in questo, saranno lì, domani, ad aspettarci.

A cui se ne aggiungeranno altri: colpa della crisi, dei soldi che non ci sono, dei tagli a scuole, sanità e università (e le chiamano riforme).
Le divisioni e le tensioni già forti oggi, si sentiranno ancora di più domani: tra chi sta dentro e chi sta fuori.
Il modernariato selvaggio che sta avanzando, puzza incredibilmente di antico.

Cosa c'è di moderno e innovativo nel tagliare lo stato sociale, diritti, far lavorare le persone più a lungo per più anni?
In un federalismo che riporta l'Italia ai tempi pre unione. In una riforma della giustizia che riporta indietro negli anni il paese.
In un accordo (quello di Mirafiori e Pomigliano) in cui si parla di merito e produttività, da persone che guadagnano stipendi d'oro.
Nel 2010 i senatori sono stati convocati 117 giorni su 365. Due alla settimana.

Alla Camera, sono stati a casa per la settimana bianca, nei giorni del ponte dell'Immacolata.
In Sicilia la commissione per la revisione dello statuto si è riunita solo per 7 ore (per un ocsto di 165000 euro).

Evidentemente, c'è chi può. “Io sono io e voi nun siete ...”
Finiremo tutti stritolati negli ingranaggi come il povero operaio di Tempi moderni interpretato da Charlie Chaplin?

Non so, ma questi “tempi moderni” mi sembrano tanto antichi.
Buon fine anno.

La convergenza, di Nando dalla Chiesa

Quale è la vera forza della mafia o, meglio, delle varie mafie? Come hanno fatto a mantenere, anzi a consolidare la loro forza, nonostante i passaggi da una Repubblica all'altra, la caduta dei governi e del muro di Berlino? Cosa rende le mafie così forti sia come realtà criminale, sia economica, sia politica?

La forza della mafia, sta al di fuori della mafia: questa la prima conclusione cui giunge il professore, nonché presidente onorario di Libera ed ex parlamentare, Nando dalla Chiesa. Si tratta delle convergenze, gli interessi comuni, talvolta consapevoli ma anche inconsapevoli, degli interessi mafiosi e di quelli del mondo politico, imprenditoriale, del mondo dell'informazione, della finanza sporca, delle gerarchie ecclesiastiche dei gruppi d'affari e della massoneria.

Cosa rende la mafia così forte? Sono cinque le cause evidenti
La sua impunità: il fatto che per anni non sia esistita una legislatura specifica per il fenomeno mafioso. Che per arrivare alla legge Rognoni La Torre ci sia dovuto essere l'assassinio di Pio La Torre e del prefetto dalla Chiesa. Per il 41 bis e la legge sui pentiti, si sia dovuto avere il sacrificio dei magistrati Giovanni Falcone e Paolo Borsellino.
La legittimità: questo avviene quando un mafioso conosciuto può girare impunito per il paese; quando ad un mafioso viene dato dell'eroe; quando viene scarcerato per insufficienza di prove, per scadenza dei termini, per dei vizi procedurali. Quando il boss va a braccetto col sindaco, telefona all'assessore o al presidente. Così si legittima la mafia.

La sua invisibilità materiale, ossia l'idea che la mafia non esiste o che non esiste qui. Come una volta si diceva al sud, come oggi si dice di molte regioni del nord, dove invece vige la stessa omertà già conosciuta dei quartieri di Palermo.

La sua invisibilità concettuale: l'incapacità di distinguerla dal clientelismo o dalla delinquenza comune. Scoppia un bar o un cinema a Milano, e si dice che è stato uno scherzo. E forse è mafia.
La sua espansività: le mafie hanno colonizzato il nord, la ndrangheta ha contatti in sudamerica, nei paesi dell'est, negli Stati Uniti. Quando trova, sul territorio, le convergenze e le porte giuste, è un mostro che non si ferma né si sazia mai.

Apparentemente in contrasto (come può essere invisibile e legittimata?), questi punti si spiegano grazie al fatto che la cultura mafiosa ha saputo adattarsi ai cambiamenti, darsi delle giustificazioni storiche (c'è la mafia dove non c'è lo stato, mentre in realtà la mafia trova spazio proprio dove lo stato ha comportamenti convergenti con essa), grazie alle spiegazioni di giornalisti e politici garantisti a senso unico (come quelli che attaccavano il pool perchè attaccava l'imprenditoria dell'isola, quelli che intervistavano boss che ripetevano 'dove è questa mafia?').

Quali sono i comportamenti che portano a queste convergenze?
Il politico che cerca il voto del mafioso o del camorrista, l'imprenditore che accoglie con avidità i suoi capitali (per poi predicare le qualità del mercato dall'alto della sua funzione di 'imprenditore'), il giornalista che bacchetta i giudici troppo curiosi dando loro lezioni di diritto, il cardinale che vigila amorevolmente sulle carriere dei parenti dei mafiosi, l'intellettuale (o il politico) che dice le cose 'giuste' per farsi ospite televisivo, l'uomo in divisa o in toga che non vede e non si muove, il cronista in carriera che lorda di calunnie le persone per bene … La democrazia, la convivenza civile, appaiono a vole come un castello con le porte di ingresso spalancate. [pagina 283]

Quando si fanno leggi che mettono all'asta i beni confiscati alla mafia.
Quando si attaccano i magistrati che si permettono di indagare il livello politico, parlando di intromissioni, ingerenze (e in questo modo si indebolisce la loro autorità).

Quando si fanno leggi che depenalizzano di fatto il falso in bilancio e permette alle imprese una quota minima di fondi neri.
Quando si fanno leggi contra personam (per esempio il procuratore Gian Carlo Caselli), per impedirne l'accesso alla Procura nazionale antimafia.
Quando si fanno scudi fiscali, condoni edilizi (sapendo che proprio nel settore edilizio le criminalità organizzate sono forti e in alcune zone addirittura egemoni).
Quando si permette un sistema di appalti e supappalti, con una miriade di aziende in mano a persone opache, o prestanome. Quando si tollera la logica del minimo ribasso nelle gare.
Quando si tollerano le zone grigie, di spaccio, di traffici illeciti, dove il controllo del territorio non è in mano allo stato. Succede all'Ortomercato a Milano, succede in alcuni comuni dell'Hinterland, come Buccinasco (lo ha raccontato Alberto Nobili durante un corso di formazione promosso da Libera per amministratori).
Quando la politica piazza, nelle amministrazioni, nelle Asl, nelle società pubbliche, nelle liste dei candidati, non la persona migliore, non la persone che andrà a lottare per il bene comune o contro la mafia, ma solo la più fedele, o quella 'consigliata' da qualche elettore particolare. E ancora, non succede solo al sud: l'inchiesta “Il crimine” di questa estate ha mostrato contatti tra ndranghetisti e assessori regionali, sindaci, tecnici comunali. E la politica non ha fatto nulla. Né autocritica, né pulizia.

Prima di arrivare a parlare della colonizzazione al nord e delle “culture complici”, l'autore fa un analisi storica delle tre grandi mafie: cosa nostra, camorra e ndrangheta.
I loro percorsi di crescita dalle origini, la svolta con la caduta del muro di Berlino e col crollo della prima Repubblica. La trattativa, presunta, vera, tra stato e mafia e la ricerca di nuovi equilibri, sia all'interno della mafia, sia con la genesi di nuovi partiti, nuovi governi.
Infine, gli anni dei governi del centrosinistra, e del centrodestra berlusconiano: gli anni dell'abdicazione nella lotta a Cosa Nostra e dell'assalto alla giustizia. Dalla prima repubblica del tavolino con la mafia, alle bombe del 1992, alla seconda. Ad unire le file, un fitto sottobosco di personaggi legati a cricche, massonerie, vecchi partiti che poi han cambiato veste.
La telefonata Miccicchè Dell'Utri, con il clan Piromalli sullo sfondo.
I compagni di lavoro alla Sicula Brokers del presidente Schifani.

Il libro inizia con due apologi, due racconti con fini educativi, per meglio comprendere la forza della mafia. Il primo, da un racconto del mafioso Frank Coppola a Falcone nel 1980: ci sono tre giudici che vorrebbero diventare procuratore della Repubblica. Il primo è intelligente, il secondo ha appoggi politici, il terzo è un cretino. Ma sarà proprio lui che otterrà il posto.

La prevalenza del cretino, come nel libro di Carlo Lucentini Carlo Fruttero: la mafia sceglie le sue pedine, scegliendo un cretino. E ora, se osservando quell'amministratore, quel politico, quel funzionario, quel presunto intellettale-giornalista, vi chiederete, come è possibile .. avete la risposta. Il cretino, che spesso è anche presuntuoso, narciso. Il cretino farà apontaneamente, spesso in buona fede, ciò di cui la mafia ha bisogno.
La selezione della classe dirigente, l'abbassamento culturale nella società, l'uso di un linguaggio triviale, con pochi termini, di slogan. Una scarsa trasparenza nei candidati, nelle azioni, nella politica, nella finanza. Un mondo dell'informazione che non controlla, che non indaga, che sta a rimorchio e non come un cane da guardia. Questa è la prima convergenza con la mafia.

Il secondo apologo è quello del Bue di Teofrasto, ovvero del processo senza colpevoli, riportato da Roberto Calasso nel libro “Le nozze di Cadmo e Armonia”.
Un bue ucciso durante un sacrificio, un sacerdote che consiglia, per placare le ire degli dei, di fare un rito di sacrificio collettivo, in cui le colpe possano ricadere su tutti e dunque su nessuno. Se non sul bue, ovvero il morto, e sul pugnale usato per ucciderlo, che non può più parlare né discolparsi.
Nel rito comune, nessuno ha colpe: tutti sono complici e dunque lontani dalle luci. Rimane solo l'arma che viene indicata e la vittima, colpevole di avere trasgredito con superbia alle regole del gioco (il bue che ha mangiato la focaccia e che è stato ucciso dal sacerdote).

Racconto che riassume tanti episodi della nostra storia: Ambrosoli ucciso dalla mafia (e lasciato solo dalla Banca d'Italia, dalla politica) che è morto perchè se l'è cercata.
Per arrivare allo scrittore Roberto Saviano, denigrato, diffamato, deriso perchè ha avuto la scorta, di non essere ancora morto (come altri poliziotti, giornalisti ..).
E' immensa la platea dei complici innocenti delle convergenze mafiose.

Proprio per questo, a fine libro, dalla Chiesa si occupa principalmente dei comportamenti che ostacolano le convergenze.
Se la vera forza della mafia è fuori dalla mafia, significa che la si può sconfiggere anche grazie ai singoli comportamenti: non singoli atti di eroismo. Ma comportamenti e scelte consapevoli.

Come quelle fatte dalle associazioni Addiopizzo, le associazioni antiracket, Libera e le cooperative che coltivano le terre confiscate. Stando dalla parte delle vittime dell'usura, ne limitano la espansione, danno un forte segnale etico alla società (e alla Chiesa, e alle Istituzioni) e hanno pure un importante effetto sulla sfera economica.
Come la scelta di Confindustria Sicilia di espellere le imprese che pagano il pizzo.

Colpiscono la legittimità culturale della mafia , la sua pretesa invisibilità materiale, la sua impunità (per gli arresti, le condanne, le testimonianze). Se ne contrasta la sua espansività, se tutte le imprese adottassero i principi che si è dato il presidente di Confindustria Lo Bello.

Non solo le procure, le forze di polizia e un'amministrazione trasparente e funzionante. Importanza la assumono anche i circoli, i comportamenti dei singoli, delle associazioni, i giornalisti che denunciano e fanno conoscere.

Se le leggi ad personam, ad aziendam, contra personam, ad castam, il clientelismo familiare, delle correnti di partito, l'assistenzialismo, sono la porta aperta anche per la mafia (e non solo per la palude in cui è caduta la bassa politica italiana), quello che un cittadino può fare è “fare il proprio dovere” (sugli insegnamenti di Vaclav Havel):

Il più efficace anticorpo, la mina silenziosa che si può mettere ogni giorno sotto l'edificio delle convergenze. La sciatteria l'assenza di qualità, l'ignoranza dei principi etici ed estetici, l'evaporazione del principio di responsabilità sociale sono il brodo primordiale e a volte la testa d'ariete della mafia, così come delle altre organizzazioni”.

Correda il libro il “decalogo dell'antimafia”
Formarsi sulla mafia: studiare la mafia e impossessarsi della sua dimensione culturale.
Informarsi: fare uso in modo scrupoloso delle informazioni, che spesso usa criteri di convenienza nel riportare i fatti.
Coltivare la sensibilità civile (ovvero creare capitale sociale diffuso): costruire un clima di consapevolezza civile, di predisposizione all'attenzione.
Diffondere l'informazione: sul terreno arato in termini di sensibilità civile è poi necessario seminare un insieme di informazioni sempre più alte.
Organizzare e partecipare alle campagne d'opinione: valorizzare tutti i momenti di mobilitazione collettiva.
Consumare in modo consapevole: premiare o evitare consumi in modo consapevole, per restringere le opportunità al profitto legale della mafia.
Controllare la legalità: anche il cittadino deve contribuire al controllo della legalità, nella sua esperienza quotidiana.
Usare al meglio il proprio voto: la mafia elegge i suoi candidati. E noi, dobbiamo pensare a come adoperare il nostro al meglio.
Appoggiare chi lotta: la lotta alla mafia non può essere condotta dai singoli.
Non agire mai da soli: evitare ogni tentazione eroica.

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Technorati:

30 dicembre 2010

30 denari per l'accordo

30 euro netti al mese: questo è il guadagno che arriverà nelle tasche degli operai di Pomigliano (e probabilmente di Mirafiori) dopo l'accordo.

Accordo che si sta trasformando in una questione politica, contro Fiom, parte della sinistra, Vendola e Di Pietro.
Questione politica perché occupa le prime pagine di Libero e Il Giornale , come per la casa di Montecarlo e per il falso attentato a Fini.

Questione politica per come si sono montati i servizi del TG1 sull'accordo: oltre a parlare delle lettere a Il giornale, è andata in onda una serie di interviste a operai dello stabilimento campano.

Tutti d'accordo con la firma: perchè c'è il mutuo, perchè così si mantegono i posti, perchè sono aumentati i salari ..

Emergono due cose, infatti: che questo accordo, che presto prenderà piede per altre realtà e per altri rinnovi contrattuali, è peggiorativo per i lavoratori. Più straordinari, più flessibilità, turni più lunghi e la sovrapposizione tra la malattia da lavoro e l'assenteismo da lavoro.

Il secondo dato di fatto è che si è stabilito il principio che chi è a favore dell'accordo va bene, gli altri devono essere esclusi dal gioco.

L'accusa fatta a sindacati e operai è che dovevano dare una alternativa: forse han ragione. Ma il grande assente è stata la politica, in merito alle controproposte da portare a Marchionne.
Il governo che anziché arbitro, è stato tifoso, teso a dividere i sindacati. La sinistra divisa anche su Pomigliano e Mirafiori: dalle interviste a D'Alema si deve intendere che questo modello (autoritario? Drastico?) va bene al Partito Democratico.

Ora decideranno democraticamente i lavoratori con un referendum: peccato che decideranno dopo la firma. Un ricatto.

Giannini su Repubblica si chiede

c'è davvero qualcuno pronto a credere che questa sfida gigantesca si vince riducendo le pause di 10 minuti al giorno, o aumentando gli straordinari di 80 ore l'anno? E' vero che in Germania e in Francia le pause sono già da tempo minori che in Italia. Ma solo un cieco può non vedere che Volkswagen e Renault hanno livelli di produttività giapponesi, macinano utili e aumentano quote di mercato grazie all'innovazione di prodotto e di processo, prima ancora che all'incremento dei tempi di produzione."

Un'ultima cosa, a proposito dei presunti riformisti liberali: Marchionne dice che a Fiat non chiede aiuti allo Stato. Ma la “rinascita liberista” di Mirafiori si fonda sulla cassa integrazione straordinaria, cioè pagata dal Lingotto con i soldi dell'Inps.

Ovvero a gennaio la Fiat potrà distribuire il dividendo agli azionisti, mentre i suoi dipendenti vegono pagati dal contribuente.

I comportamenti e le culture convergenti con la mafia

Altro capitolo interessante del libro di Nando dalla Chiesa “La convergenza” è quello dove si parla delle “culture complici” , ovvero quegli atteggiamenti, quelle sottoculture, quelle espressioni che aiutano le criminalità organizzate nella penetrazione dentro la società, perché abbattono la distinzione stato-antistato, perchè denigrano le istituzioni e le sue leggi, perchè portano avanti logiche clientelari, familistiche (la mafia aiuta le famiglie bisognose).

Altra convergenza tra mafia e politica (se queste frasi sono dette da un esponente dello Stato), oltre alle convergenze che nascono su clientelismi e corruzioni.
Come per gli altri capitoli, l'autore propone alcune dichiarazioni:

“Le tasse sono giuste se al 33%, se vanno oltre il 50% allora è morale evaderle”
Silvio Berlusconi, presidente del Consiglio, a Palazzo Chigi; Corriere della sera, 17 febbraio 2004.

“Mafia e camorra ci sono sempre state, putroppo, e quindi dovremo onvivere con questa realtà”. “Siamo costretti a convivere con la mafia come con altre realtà: per esempio, i settemila morti sulle strade”.
Pietro Lunardi, ministro per le Infrastrutture, agosto 2001.

“C'è bisogno di una moralità più forte, ma anche di non destabilizzare il sistema”.
Claudio Scajola, ministro dello Sviluppo Economico, commentando l'inchiesta sul senatore Di Girolamo, poi dimessosi per complicità con la ndrangheta; Il Fatto quotidiano, 25 aprile 2010.

“Perchè se viene fuori che ol getore è lui .. non succede niente, ma ... siccome uno ha fatto l'infame agli sbirri”.
Bartolo Pellegrino, assessore e vicepresidente della Regione Sicilia, 20 ottobre 2000; intercettazione ambientale di una riunione con membri di cosa nostra, uno dei quali, in intercettazione precedente, così parla del capitano dei carabinieri: “lo scanniamo, lo piglio per capretto a quel capitano .. mi ha rotto i coglioni quel capitano”.

“Due persone, entrate in un ufficio, urlano 'Questa è una rapina!' E gli impiegati sorridenti 'Meno male, pensavamo fosse la Finanza'”.
Silvio Berlusconi, leader dell'opposizione, barzelletta raccontata in pubblico, riportata su La Repubblica del 22 dicembre 1996.

Combattere la mafia non è solo una questione di repressione e leggi. E' anche una questione di atteggiamenti, filoni culturali, sentimenti, disposizioni. Diceva Falcone che la lotta alla mafia avrebbe avuto bisogno di un delitto eccellente all'anno. In realtà basterebbe meno: iniziare a cambiare la mentalità e la cultura (e il linguaggio) di quella zona grigia che si estende tra la mafia e i suoi avversari.
Non ci sono più i comunisti da contrastare (come per la mafia ai tempi di Liggio e Riina, ai tempi dello sbarco alleato, o nel passaggio verso la seconda Repubblica). E non è più nemmeno vero che la mafia è qualcosa con cui convivere.

Andatelo a chiedere alle persone che vivono vivono alle discariche illegali, ai commercianti alle prese col pizzo, con l'usura. Agli imprenditori che vedono le loro macchine saltare per aria, i loro negozi bruciare. Andatelo a chiedere ai siciliani, campani, .. quanto sono felici di vendere il voto per un favore.

Il linguaggio, la retorica e anche il controllo dei media, per diffondere le false verità, per si rende indistinguibile cosa è bene e cosa è il male.

“Michele Sindona è stato accanitamente perseguitato per le sue idee politiche. Egli, secondo l'indagine della commissione, è stato accusato di reati che non a commesso e di cui non può essere in alcun modo ritenuto colpevole [..]. Per esempio era noto che che la società controllata da Sindona (l'Immobiliare) programmava un ingente investimento nell'edilizia popolare. Questo piano per le sinistre rappresentava una seria minaccia ...”
Carmelo Spagnuolo, presidente della V sezione della Cassazione, 1976, citato da C. Stajano, Un eroe borghese.

“Ma l'affare comincia a diventare pericoloso, per noi tutti: da oggi, o da domani, quando si arrivasse a queste nomine, dovremmo guardarci da due cosa nostra, quella che ha la cupola a Palermo e quella che sta per insediarsi a Roma.[..] E' una coppia la cui strategia, passati i primi momenti di ubriacatura per il pentitismo e per i maxiprocessi, ha approdato al più completo fallimento: sono Falcone e De Gennaro i maggiori responsabili della debacle dello Stato di fronte alla mafia”.
Lino Jannuzzi su Il giornale di Napoli, 29 ottobre 1991; all'annuncio della nomina di Giovanni Falcone alla guida della Procura Nazionale Antimafia e di Gianni De Gennaro alla guida della Direzione Investigativa Antimafia.

“Questi sono i nomi che mancano alla sentenza della Cassazione: Leoluca Orlando [..], Luciano Violante [..], Gian Carlo Caselli [..], Elena Paciotti [..], Mario Almerighi [..], Gherardo Colombo [..], i magistrati di Magistratura Democratica [..]. Questi sono i nomi dei responsabili dell'infame linciaggio, dei torbidi giochi di potere, degli improvvidi e e sleali attacchi anche all'interno dell'ambito istituzionale e della manovra di isolamento e di delegittimazione. La manovra che ha aperto la strada alla mafia, non solo per il fallito attentato all'Addaura, ma anche e soprattutto, tre anni dopo, per la strage di Capaci e il sacrificio supremo di Giovanni Falcone”.
Lino Jannuzzi, lo stesso di prima, Il Giornale, 21 ottobre 2004.

Civismo, istituzioni, democrazia, verità, responsabilità, libertà, ecco le armi a disposizione dei cittadini: “ribellarsi alla mafia è un po' come lottare contro le proprie eredità storiche”.
Ma anche da quelle culture radicate per le “contingenze della storia”: l'anticomunismo, il clientelismo, l'assistenzialismo, l'economia dell'emergenza, l'urgenza del fare.

Dalla Chiesa individua le seguenti dinamiche come funzionali alla mafia
  • Minore trasparenza dei mercati (E): falso in bilancio, evasione, scudi fiscali
  • Carenza liquidità/occupazione (E)
  • Sviluppo di tendenza anarcoidi civili (S)
  • Declino del senso delle istituzioni (I)
  • Delegittimazione della magistratura/parlamento (I-P)
  • Modelli di rappresentanza (P).
  • Invisibilità materiale della mafia (P).
  • E economia, I istituzioni, P politica, S società.
“La convergenza”, schema 16, pagina 268. Per il senso dei punti indicati, leggetevi il capitolo 10 (le culture complici).

L'ultimo schema, invece approfondisce le dinamiche funzionali (alla mafia) a livello culturale e morale nella società.

Dinamiche funzionali alla mafia 2:
  • Riduzione pluralismo/controllo politico informazione (C)
  • Modelli di concezione della vita: avere apparire (C)
  • Modelli di concezione della vita: domanda di beni funzionali (C)
  • Involgarimento del linguaggio e del senso comune (C)
  • Svuotamento di senso dei confini: vita/morte.. (M)
  • Moltiplicazione della logica di scambio sui valori (M)
  • Mitologie di mafia e antimafia (M)
C cultura, M morale.

I colpevoli
“Io le posso dire una cosa signor presidente .. che la rovina dell'umanità sono certi film, film di violenza, film di pornografia. Sono proprio la rovina dell'umanità perchè .. perché se Totuccio Contorno avesse visto Mosè e non Il Padrino, ad esempio, non avrebbe calunniato nessuno”.
Michele Greco, da G. Savatteri e P. Calderoni, Voci del verbo mafiare, Napoli, Pironti, 1993.

“Opere come la Piovra hanno dato un'immagine negativa del nostro paese all'estero. Speriamo di non farne mai più”.
Silvio Berlusconi, presidente del Consiglio, sui quotidiano del 8 novembre 1994.

“Se trovi chi ha scritto le dieci serie de La Piovra e scritto libri sulla mafia facendoci fare brutta figura nel mondo, giuro che li strozzo”.
Silvio Berlusconi, presidente del Consiglio, novembre 2009.

29 dicembre 2010

Nella palude

Attentati veri, inventati e presunti.
La Fiat che sembra volersi fare un sindacato su misura.
Fassino che chiede di firmare: probabile ora una telefonata a Marchionne (abbiamo una azienda?).
Della serie come giocarsi altri voti a sinistra (con questi qua perderemo sempre, il monito di Moretti).

Scriveva ieri Repubblica, e lo commenta oggi Dagospia che in Germania, in Spagna, in Inghilterra, in Francia si producono oggi più auto di quante ne voglia produrre nei suoi piani Marchionne (444mila unità). E il tutto con leggi civili e costi europei.

Inoltre in Germania gli stessi operai percepiscono un salario di 500 euro più alto.
Allora il problema “non è la globalizzazione né la Fiom CGIL che pure qualche suo problemino culturale loha. Il problema sono la Fiat, il suo management e la famiglia che ne mantiene il controllo con l'aiuto di molti soldi altrui”.
Sta passando il principio che si possa tutto barattare norme, tutele e salario, in nome del lavoro.

Napoli sotto l'immondizia e le proteste dei pastori sardi cui è stato impedito di manifestare.

Passo dopo passo, senza che nessuno se ne accorga, si stanno sottraendo a parte della popolazione, parte dei loro diritti. Garantiti dalla Costituzione.

Il diritto ad una rappresentanza sindacale, il diritto a manifestare.

Come per gli studenti, prevale la linea dura. E' la palude. Ma non come dice Bossi.

Infine, lo sdoganamento della bestemmia al Grande Fratello (anche quelle vanno constestualizzate?): pordo di quì, porco di là .. Cosa non si fa per aiutare il padrone.

La colonizzazione (della ndrangheta al nord)

Due pagine, del libro “La convergenza” di Nando dalla Chiesa, sulla colonizzazione delle mafie e in particolare della ndrangheta, in Lombardia.
Poche righe prima, l'autore scrive che “la mafia, nella sua essenza, è potere prima che profitto. Non esisterebbe, la sua impresa, senza la sovranità sul territorio”.
Sovranità conquistata grazie ai coni d'ombra: il terrorismo rosso prima, le bombe di cosa nostra del 1992-93 e Tangentopoli. E ora, la politica di contrasto ai rom e agli immigrati.
Da parte del governo più lombardo della storia.

Poco dopo, prosegue il ragionamento sulla colonizzazione:
“La leadership realizzata sul mercato mondiale della cocaina, e che ha fatto della ndrangheta la principale organizzazione criminale in Europa e non seconda ad alcuna nel mondo, apre in effetti ad una vera e propria svolta nei rapporti di potere. I profitti immensi del narcotraffico cercano campi e affari in cui investire e danno una forza contrattuale elevatissima soprattutto in fase di crisi economica. Gli investimenti prendono spesso la via immobiliare. Il piano regolatore, come già nella Palermo degli anni sessanta, diventa il cuore per autonomasia del nuovo potere mafioso. Edilizia pubblica, grandi infrastrutture, aree edificabili, strutture di servizio, centri commerciali. La legge aiuta, ci avrà pensato qualche manina nella disattenzione generale.

Incredibilmente infatti, le imprese del movimento terra (quelle in cui la mafia è più forte da sempre, quasi ontologicamente) non sono soggette all'obbligo del certificato antimafia e dunque quelle dei clan escono trionfanti dal gioco dei subappalti. Spuntano ovunque. Anche nei lavori dell'alta velocità, anche in quelli delle autostrade, anche in quelli della metropolitana milanese. Hanno buoni metodi, d'altronde, per scoraggiare una eventuale concorrenza. E visto che danno lavoro, può anche capitare, come accaduto a Milano, che i sindacati intervengano presso il prefetto per fare restituire il certificato antimafia a una ditta con più di cento dipendenti che l'odore di mafia e l'ha addosso.
Di più, si diffonde tra le imprese legali del nord la convinzione che sarà più facile vincere un appalto se si assicura preventivamenge un subappalto a una impresa di ndrangheta.
È questa che ha i veri rappporti con la politica locale […] negli anni duemila il quadro è completamente cambiato. E la ragione è semplice. Se un'organizzazione traffica in cocaina, può farlo senza l'appoggio di assessori o consiglieri o parlamentari. Ma un'organizzazione che voglia investire massicciamente sullo sviluppo del territorio ha bisogno di rapporti stretti con l'amministrazione pubblica. E dunque cercherà di avere in ogni città o paese che le interessi, i “suoi” consiglieri comunali o meglio ancora i “suoi” assessori o sindaci; e attraverso loro i “suoi” tecnici, magari fatti venire apposta dalla Calabria. Non porterà più solo voti, ma finanzierà campagne elettorali. Per questo nella classe politica di governo diventa sempre più impellente l'imperativo di negare contro ogni evidenza la presenza dei clan nella regione, con l'effetto di disarmare civilmente i propri governanti.

Due, in proposito, sono gli episodi più significativi che si verificano nelle istituzioni. Il primo riguarda la Commissione Parlamentare Antimafia della legislatura 2001-2006 (gli anni dell' “assalto”). Alla commissione arrivano allarmi contigui e di analogo tenore da tutte le fonti investigative e giudiziarie . La Lombardia, vi si scrive, è ad altissimo rischio ndrangheta. La regione è un po' la testa di ponte verso l'Europa. Sta anzi diventando l'epicentro operativo dell'organizzazione, tanto che i gruppi locali sembrano acquisirvi qualche autonomia dalla madrepatria. Il tutto corredato con mappe articolate delle presenza dei clan e dei rami di attività prevalenti. Indagini e processi. Gli stessi consulenti della commissione stendono un rapporto di mezza legislatura che, sul tema, è preciso e rigoroso. Diversi commissari, non solo della minoranza, sollecitano a quel punto un viaggio conoscitivo sul posto o delle audizioni sistematiche a Roma. Sono richieste ufficiali e informali. Ma alla guida del paese c'è il governo più lombardo della storia. Che non gradisce la visita e ciò che essa simbolicamente può rappresentare. La commissione durante la legislatura viaggia ovunque. A sud, ovviamente, ma anche al nord. [..]Ma in Lombardia in cinque anni non ci va mai, se non per la criminalità cinese.

Il secondo fatto riguarda la commissione Antimafia del consiglio comunale di Milano eletto nel 2006. Anche in quella sede infatti c'è chi si preoccupa dele notizie che si accavallano sulla metastasi mafiosa in città e nellhinterland. In particolare inquieta, e interessa direttamente l'amministrazione pubblica, il fenomeno incontrollato dell'impossessamento da parte dei clan delle case popolari, secondi i meccanismi simili a quelli realizzati dalla camorra a Napoli. I clan, calabresi e siciliani, ma anche quelli pugliesi e napoletani, hanno assunto il controllo degli appartamenti, li occupano abusivamente, ne fanno mercato, trasformano interi abitati in loro fortini sottratti alla legge, nel terrore degli inquilini legali. A Quarto Oggiaro, al Niguarda, al Giambellino, al Corvetto, in zona Forlanini. Non solo, a distanza di 17 anni dalla commissione Smuraglia riesplode la questione Ortomercato. Sempre struttura comunale e sempre regno dei clan. Un'inchiesta della magistratura traccia un quadro allarmante: traffico di droga e riciclaggio, organizzazione di cooperative e consorzi, controllo del lavoro nero. Vi dominano i clan di Africo: i Morabito, i Palamara, i Bruzzaniti.
A Palazzo Marino le minoranze, soprattutto il gruppo consiliare del Pd, chiedono l'istituzione di una commissione di indagine sulla mafia in città. La sindaco Letizia Moratti afferma di non essere contraria. Ciononostante si apre contro la proposta un autentico fuoco di sbarramento. Si accavallerebbe o addirittura disturberebbe le inchieste giudiziarie. Di nuovo si presenta la confusione (talora strumentale, talora frutto di genuina ignoranza) tra livello politico-amministrativo e livello giudiziario. [..] Si dichiara a favore il presidente della del consiglio comunale, Manfedi Palmeri, del Popolo delle libertà. Dopo un anno e sull'onda di una raccolta di firme di cittadini la commissione viene finalmente istituita all'unanimità. Un mese dopo accade un fatto senza precedenti nella storia d'Italia. Il consiglio comunale ne chiede l'abrogazione. È il marzo 2009. Chi l'ha chiesto? Chi l'ha preteso? Forze interne o esterne alle istituzioni? Il pretesto è una lettera del prefetto Gian Valerio Lombardi sulla illegittimità di una commissione che comprenda, in virtù di una delibera di enti di rango inferiore, esponenti dello Stato. Vi si indica il precedente di di un giudizio contrario da parte della Corte Costituzionale su un provvedimento della regione Marche.
Il fatto è che la commissione milanese non prevede l'arruolamento di alcun esponente dello Stato, ne prevede solo l'audizione, ovviamente a discrezione degli stessi interessati [..].
Il comune prende la palla al balzo, come se avesse architettato un gioco delle parti, e chiude la commissione. La quale alla fine un primato comunque lo conquista: pur non essendo mai entrata in funzione, colleziona da parte dei consiglieri di maggioranza più dichiarazioni di ostilità di quante ne abbia collezionato fino a quel momento la ndrangheta.”

La convergenza, pagine 231-234.

28 dicembre 2010

Riprendo l'iniziativa antinucleare di mechachip.info:
Va smontata, la propaganda nuclearista che vuole violentare la mente di milioni di persone per rifilare la spazzatura atomica: che è poi spazzatura economica, monnezza veterotecnologica di Sarkozy, affarismo per caste di saccheggiatori di pubblico denaro. Va smontata pezzo per pezzo e rovesciata sui poteri che vorrebbero perfino che ci piacesse, che vorrebbero imporci la più smaccata delle manipolazioni di massa.

Iniziamo a reagire per vincere. Qui vi proponiamo un controspot, prodotto da MegaChannelZero.


Lucarelli racconta – la mafia del Brenta

Che già con Nordest, e negli altri racconti con l'Alligatore, parlava del Veneto e di quel nordest che oggi, tra la Lombardia e il Piemonte, fino alla Slovenia è il tratto dove passa la maggior parte della merce illegale nel nostro paese. Ci sarebbe un cartello dei gruppi criminali, dice Carlotto, che si sono messe d'accordo qui per fare affari assieme.
Non è mai stato tenero con la propria terra, Carlotto: in particolare, quello che condanna, è un sistema (politico, amminisrativo) che tende a consumare il territorio. Una scelta folle.

Il nordest, e Felice Maniero: la sua storia racconta bene cosa è questo nordest. Incontra la sua fortuna (criminale) in un momento felice del territorio, quando inizia ad arrivare la ricchezza e il benessere. Le piccole aziende che iniziano a vendere e produrre ricchezza.
Una ricchezza che significa maggiori consumi di quei beni che la sua banda poteva gestire (la droga, le bische clandestine); maggiori consumi, significa maggiore denaro in circolazione, dunque maggiori obiettivi da colpire, da cui prendere denaro.

La storia della banda di Felice Maniero, la mala del Brenta, finita con la condanna per associazione mafiosa, è stata raccontata bene da Carlo Lucarelli.
Perchè alla fine i magistrati questi hanno stabilito (e i giudici lo hanno confermato): nel profondo nord, in quella regione che una volta era considerata il sud del nord d'Italia, si era creata una banda criminale, che aveva tutti i crismi di un gruppo di stampo mafioso.
Spargere il terrore, controllo del territorio, omertà.
Come i colpi sparati contro l'abitazione del maresciallo Palumbo a Cantalupia.

Un capo carismatico che aveva messo la sua intelligenza e la sua capacità di fare impresa a frutto per la sua carriera criminale. L'eliminazione degli altri capi e membri, quando questi davano segni di insofferenza, facevano di testa propria, tradivano (omicidi sistemici, si dicono).
Intimidazione nei confronti degli obiettivi da colpire: i cambisti del casinò di Venezia colpiti, gli orafi, portavalori minacciati.
Capacità di fare accordi con le altre associazioni criminali presenti sul territorio: la mafia, per i boss che venivano mandati al confino (e che hanno invece trasferito Cosa Nostra al nord), Totuccio Contorno, Salvatore Badalamenti. La Camorra, con Vincenzo Casillo.
La mala milanese con i contatti con la cosa Fidanzati e Francis Turatello.
Ma Maniero aveva preso accordi con un trafficante turco di droga, per rifornirsi anche da lui: diversificare gli investimenti e aprirsi a più fornitori. Proprio come un imprenditore.

La storia della mala del Brenta è una storia di gangster, tanti morti, una ferocia che forse è passata in secondo piano per l'immagine che Maniero ha saputo crearsi. Belle donne, in giro in Ferrari, una certa simpatia, almeno inizialmente per i furti con cui iniziò a farsi strada (le forme di Grana Padana ruubate sui camion).

Ma è anche una storia di morti (non solo gli omicidi, ma i morti per la droga che questi avevano messo in circolazione), di funzionari dello stato corrotti, di pentimenti e di processi che hanno portato a secoli di galera.

La storia di Maniera ricorda un po' quella della Banda della Magliana: stesse le origini umili, con la mala dentro la famiglia (lo zio e il padre).
Stessa anche la voglia di mettere le mani sul territorio che gli si apriva davanti: la città di Roma da una parte e il Veneto che in quegli anni stava scoprendosi ricco (senza che nemmeno i veneti stessi se ne accorgessero).
Ma la sua banda non era quella del bandito Toninato della Campolongo degli anni '50. Bische clandestine, droga, usura, rapine (ai camion, agli orafi, ai portavalori), estorsione, usura. Vendita di armi (con l'aggancio del figlio del leader nazionalista Tujiman).
Tanti soldi che hanno portato poi, inevitabilmente come per i capi Magliana, a degli scontri interni: come l'uccisione dei fratelli Rizzi, i capi di Venezia.
Ma la Banda Maniero è anche quella dei colpi spettacolari: come il furto all'aeroporto Marco Polo di Venezia. I furti ai beni artistici e alle reliquie religiosi, usati come strumento di ricatto per ottenere dei benefici (l'aveva capito molto prima di cosa nostra, dell'importanza simbolica di questi beni, ben oltre il valore economico).

Sebbene l'importanza della banda fosse stata inizialmente sottovalutata, successivamente su di essa si concentrano le attenzioni della Criminalpol del Veneto, del Questore Francesco Zonno, assieme alle Squadre Mobili coivolte: si arriva ad un primo arresto a metà anni 80; la fuga del 1987, dal carcere di Fossombrone.
Il seguente arresto, a Capri, seguendo la pista dei soldi.
L'istruzione del processo, per 416 bis, a Venezia, per la “mala del Brenta”: un processo difficile anche per la carenza di strutture adeguate a contenere gli imputati (per evitare fughe).
E anche qui, prima della sentenza, la fuga dal carcere di Padova, nel giugno del 1994.

Un'evasione perfetta, indice della perfetta organizzazione della sua banda.
La latitanza in Spagna, i viaggi in Italia per dirigere la sua banda: la sua latitanza non durerà a lungo. Anche perchè dal processo, vengono fuori altri omicidi.
Fino alla cattura a Torino, nel 1994. E poi, un altro colpo di scena, il suo pentimento.
L'elenco delle rapine, degli omicidi, dei luoghi dove furono sepolti i cadaveri.
Maniero disegna agli inquirenti l'organigramma della mala, le sue protezioni: nel Sismi, nel Ros, nella polizia.
Il processo dopo l'operazione Rialto, per l'arresto di oltre 300 arresti della banda.

Ma come in un buon giallo, rimangono tanti dubbi alla fine.
Il suo fu un pentimento, o una dismissione di una azienda (la sua banda) in crisi dopo gli arresti?
C'è stata una trattativa, prima del suo arresto, che ha portato poi al suo pentimento? E poi, Maniero, ha detto proprio tutto su tutto, delle cose che sapeva ai giudici?
I conti all'estero, che fine han fatto?
Chi ha permesso il riciclaggio dei suoi soldi?

Alla fine, è stato condannato a 17 anni di reclusione. Grazie ai benefici di legge. Una storia avventurosa, da imprenditore criminale, da studiare per capire come evitare che si ripeta.
E' stata mafia anche quella del Brenta? C'era il terrore, i contatti con la società civile, il controllo del territorio, l'omertà. L'organizzazione che penetra dentro il territorio e la sua economia.

Dopo la mala del Brenta, il vuoto viene riempito dalla criminalità straniera: i russi, gli slavi, gli albanesi, i cinesi. Terra di conquista, anche per la Camorra e la ndrangheta.

27 dicembre 2010

La repubblica fondata sul lavoro

Non è solo l'accordo separato per Mirafiori a dover preoccupare i lavoratori italiani (non solo le tute blu): accordo che prevede nelle 36 pagine più straordinari e meno malattia.

Ci sono altre situazioni che raccontano di come, per il mondo del lavoro, siamo ancora in piena crisi.
Alla Thyssen, i 13 lavoratori che si sono costituiti parte civile al processo contro l'azienda, non hanno avuto proposte di ricollocazione, dopo la chiusura dell'impianto torinese, abbandonati da tutti.

In Brianza a Lesmo, la Yamaha chiude lo stabilimento, e ne apre un altro qualche chilometro più in la, dato a terzisti che produrrano le moto. Nel nuovo stabilimento, chiaramente, ci sono solo contratti a termine. Questo oltre alla questione de l’accantonamento di 7milioni e 140mila euro evidenziato nel bilancio consuntivo 2009 dell’azienda, che avrebbe dovuto essere destinato alla gestione della crisi, ai prepensionamenti ed agli incentivi per i lavoratori.

All'Omsa di Faenza la protesta delle operaie dell'industria che andrà a produrre calze in Serbia, non è servita al momento per tenere aperta la fabbrica nè per trovare alternative.

A Milano, al Palazzo della Regione, i 15000 cassa integrati hanno esposto il loro albero di Natale.
E poi ci sono i casi della Vinyls di Porto Marghera, i lavoratori della Tirrenia, la Federal Mogul a Desenzano...

C'era una repubblica fondata sul lavoro.

26 dicembre 2010

In letargo

I fiumi sono a rischio esondazione, il gelo sulle strade (dissestate, almeno dalle mie parti).
Eppure oggi, dopo Natale, non c'è spazio per la politica sul TG1 nazionale.
Sono andati tutti in letargo? Almeno ci hanno risparmiato le esternazioni in maglioncino davanti al caminetto ..

Chissà, forse la spazzatura a Napoli se ne è andata via da sola.
I fiumi nel Veneto rientreranno nei corsi, sena fare danno (e senza che ci si chieda se questo è tutto normale).
I cassintegrati troveranno lavoro (anzi, glielo porterà la befana).

Calerà il letargo anche per noi, fino ai primi di gennaio? Quando, per l'arrivo della decisione della consulta, il capo di Tomania riprenderà a tuonare contro i magistrati?

Mi chiedevo, giusto per chiudere, cosa intendesse il papa quando chiedeva di occuparsi "del bene comune"? Forse assumere parenti è fare bene comune?
Favorire le imprese di famiglia è fare bene comune?
Chissà...

24 dicembre 2010

Buon Natale (nonostante tutto)

Tre ore di diretta video, per raccontare le sue prodezze: tre ore, più di Apocalypse Now Redux.
Una diretta dove ha parlato di tutto.
Dell'accordo separato per Mirafiori : più Pomigliano per tutti. In un solo colpo si annulla il contratto nazionale, gli accordi fatti all'epoca di Ciampi nel 1993, si lasciano fuori dalla fabbrica i delegati di CGIL Fiom.
"Chi dissente non esiste" dice la Fiom.
"Un accordo storico" dice Berlusconi. E Sacconi, e Marchionne. E dal loro punto di vista, hanno persino ragione.

Nuovi sacrifici, maggiore flessibilità e più soldi in busta paga (ma grazie al cambio dei turni e gli straordinari che la newco può chiedere).
Turni più lunghi, rischio di licenziamento, malattia non pagata (se l'operaio si ammala più di 3 volte).

Insomma, è passata la linea che per investire in questo paese, è necessario togliere diritti.

C'è stato spazio anche per l'emergenza giudici , dice il premier, che mette a rischio la democrazia (e secondo i cablogramma di Wikileaks, giudizio condiviso anche da D'Alema, diversamente concorde).

I casi Bondi, Scajola, Brambilla e Lunardi? Il governo del fare che sembra più un governo del sistemare (la domanda di Luca Telese)? "Sì, nel governo c'è qualcuno che sbaglia". L'ammissione di colpa per cui questi sono casi spiacevoli e che anche tra i suoi non tutti sono santi.

"E' stato un anno difficile .. ma nel 2012 il paese tornerà a crescere come nel periodo pre crisi" nel discorso ai promotori della libertà.
Servono le riforme: quella della giustizia, dopo la riforma della università. Quelle che toglie la figura del ricercatore (che diviene a tempo, con la scadenza), che toglie le borse di studio e le trasforma in mutui e gli studenti in debitori.

Ma se il governo è soddisfatto, lo sono meno a l'Aquila: qui molti festeggerranno il secondo Natale da sfollati o in C.A.S.E. costruite male.
A Napoli dove hanno ancora da convivere con le montagne di rifiuti.
Nel Veneto, a Vicenza, ancora a rischio alluvioni, per la piena dei fiumi come il Bacchiglione.

Ma per qualcuno, nonostante i tanti successi, è meglio non aspettare troppo per andare a votare. La Lega, recentemente protagonista in Lombardia nella più classica delle lottizzazioni (peggio della vecchia DC), per la nomina dei direttori generali nella sanità (16 miliardi di euro, è la spesa sanitaria in regione).
Questo il federalismo (e la meritocrazia) secondo il Carroccio: un ex generale della Gdf e un preside tra i nominati neodirettori genenali nelle Asl lombarde.
E anche Luca Stucchi, nell'ospedale di Mantova, indagato per corruzione e turbativa d'asta nell'inchiesta sul caso "tele ospedale".

Massimo Giannini oggi ha paragonato il rito della conferenza stampa con le "velleità" del Grande dittatore, interpretato da Charlie Chaplin. Rivederlo, è sempre un piacere.
Buon Natale.


23 dicembre 2010

Il bilancio

Il premier traccia il bilancio dell'operato del governo.
Mettiamoci nei suoi panni: è riuscito a scampare a processi, ad accuse, scandali, crisi interne alla coalizione.
E' riuscito a dare la colpa agli altri per rifiuti, crisi, crolli ...
Le dimissioni di ministri del suo governo (quelli della casa a sua insaputa), sottosegretatori scampati all'arresto, collaboratori condannati in appello per mafia.
Ha salvato una ragazza dalle grinfie della Questura.
Ha ottenuto una legge ad aziendam per pagare meno per una causa civile.
Ha strappato Scilipoti a Di Pietro.
Ha perfino strappato la champions a Sky ...
Un anno incredibile.


Erba alta di Maurizio Matrone

24 morti, 102 feriti, 103 azioni criminali, queste le terribili cifre attribuite alla cosidetta "Banda della Uno Bianca" che per sette anni e mezzo terrorizzò indisturbata un territorio compreso tra Bologna e Pesaro.
Fuorchè Fabio Savi gli altri componenti della banda ersano poliziotti. quasi tutti in servizio presso la Questura di Bologna.
La Questura dove lavoro. La Questura definita sensazionalmente la peggiore d'Italia.
Chi conosce i poliziotti o si interessa dei problemi della polizia sa che non è così.

La Questura di Bologna non è meglio nè peggio delle altre.
E' una Questura, come tante, dove lavorano, pur tra mille difficoltà , uomini e donne di grande umanità e professionalità.
Gente che vuole giustizia e legalità.
In quegli anni sembrava che le azioni criminali e le relative indagini si svolgessero in un campo minato, dove l'erba cresceva così alta che diventava difficile vedere oltre.
Quell'erba alta ha favorito sette anni di terrore.
Non credo che di questo grave fatto se ne parli troppo, che i panni sporchi bisogna lavarseli in casa.
Anzi: credo che non se ne parli mai abbastanza.
Un delinquente con la divisa da poliziotto è un'offesa per chiunque.
Non si può e non si deve dimenticare.
La pagina introduttiva che apre il libro e che da le motivazioni dello scrittore per il libro.

Il romanzo dello scrittore agente Maurizio Matrone si svolge a Bologna, tra l'assalto al campo Rom di via Gobetti e l'agguato ai carabinieri al Pilastro, a fine 1990. Prendendo spunto dagli episodi criminali della Banda della Uno bianca, composta proprio da agenti, si raccontano delle vicende di alcuni poliziotti (e non solo) proprio della Questura di Bologna.

Come Matteo, Marco, Luca e Giovanni, apostoli di un nuovo Vangelo, annunciato a colpi di botte e violenza nei confronti di immigrati, prostitute e rom.
Un Vangelo il cui mezzo è la destabilizzazione e il cui fine è l'instaurazione del "grande cambiamento che il Direttore prometteva".

Il Direttore è una entità oscura:
"... sempre secondo Luca, apparteneva a una falange dei Servizi molto particolare, utilizzata per fare casino, praticamente una questione politica e, ovviamente, a loro piaceva fare del casino."

"[Il direttore] li informò che si stava chiacchierando troppo di tutta querlla storia del Golpe, quello organizzato dal generale dei carabinieri."
pag 119

"Il direttore ha detto che tra pochi giorni farà succedere un casino. La stampa sta isolando l'arma. E questo non va bene. Sono in troppi a criticarla. con gli altri sono stufi di tutte quelle voci su di lui e sul Piano Solo, su Gladio, di tutte quelle polemiche sul Sifar.
Bisogna far parlare un pò i giornali dei carabinieri. Cos'è tutto questo baccano contro le istituzioni? Ci vuole un bel bum, mi ha rivelato. Qualcosa di esemplare nel vecchio stile. Colpire, spostare l'attenzione e ridare fiducia e poi depistare, imbrattare, falsificare, ripristinare gli equilibri!"
pag 145

Kobra
Altro personaggio che non esiste. Un killer a pagamento, legato a servizi (per una corrente o l'altra). E' a lui che è stato chiesto di organizzare il botto per la visita del presidente della Repubblica a Bologna.
"Come in n film trascorro giornate meravigliose a produrre i lamenti, la disperazione e il dolore dei vivi. A costruire lo spettacolo sul naufragio degli altri .. come un demobne capriccioso penetro anonimamente le ignare anime di questo affollato mondo. Le uccido. A dispetto del tempo. Della materia."

E poi ci sono i poliziotti che sognano.

Antonio che è appena finito nella stessa volante di Rossi, uno di quei poliziotti tanto Rambo fuori, tanto deboli dentro. Sogna un amore, che gli faccia dimenticare la ragazza che l'ha appena piantato.

Debora, anche lei si sente sola , che si riduce a guardare con invidia le coppiette per le vie. Si sente brutta, senza amici e amiche. Anche lei in cerca di un uomo da amare.

Pasquale, il commissario della Squadra Mobile dottor Fuoco. Vorrebbe incontrare Debora, per caso fuori dalle camerate, per dirle che le piace.
Ma nel frattempo deve fare i conti con la supponenza dei superiori, un cielo grigio che accresce il suo malessere, e le indagini affidate alla sua squadra. Ragazzi non più giovani, che magari credono nel lavoro che fanno e che per questo (e per la misera paga) sacrificano famiglia e affetti.
"Soffro per tutti quelli che sono impazziti (o che hanno fatto passare per tali) per questo maledetto mestiere, per tutti quelli che si sono suicidati per questo maledetto mestiere, per tutti quelli che hanno abbandonaot moglie e figli per questo maledetto mestiere, per tutti quelli che moriranno per questo maledetto mestiere.
Che certo, è il più bello di tutti".

Ecco, Erba Alta è un racconto che, prendendo spunto dagli episodi della banda della Uno Bianca, racconta del di dentro la vita di queste persone, uomini e donne, che fanno il mestiere più bello del mondo. Mestiere in cui non dovrebbero esserci l'omertà e la scarsa trasparenza (e il machismo, e un sottofondo di razzismo contro tutti i diversi e gli emarginati), l'erba alta che ha consentito alla banda la sua attività delinquenziale e farla franca per tanti anni. Un racconto in cui si alternano le voci, gli sguardi, a volte viziati, dei personaggi.
Le loro certezze, le loro paure, le loro ansie, i loro desideri. I gesti di eroismo, i gesti di violenza e i soprusi, anche tra colleghi.

Technorati:
Il link per ordinare il libro su ibs.

Me ne vado, anzi no

Sta diventando una malattia: me ne vado, “Non mi riconosco più nel Pdl” (come se la politica del PDL fosse cambiata in questi mesi).
Dopo la Carfagna, la Prestigiacomo: questa volta il paciere l'ha fatto Gianni Letta.
Il ministro lascia il PDL ma “Ma resto al governo”

Uno scricchiolio dentro la maggioranza? Su il Fatto quotidiano, si fa un'altra ipotesi. Sarebbe l'ennesimo cambio di pelle del caimano.
Al di là della vicenda però, il momentaneo addio della Prestigiacomo al Pdl è una prova generale di quello che potrebbe accadere se realmente si andasse a elezioni. Da tempo il ministro dell’Ambiente sta discutendo del suo futuro con l’ex braccio destro di Marcello Dell’Utri in Sicilia, Gianfranco Miccichè. Il vice ministro dell’Economia ha fondato lo scorso 30 ottobre ha fondato “Forza del Sud“, un nuovo partito che deve servire a Berlusconi per contrastare l’Mpa di Raffaele Lombardo. I sondaggi dicono infatti che, in Sicilia, il Terzo polo di cui anche Lombardo fa parte, si presenta fortissimo. L’arrivo di Stefania Prestigiacomo che in Sicilia gode di ottima reputazione, può essere utile per risalire la china. Anche perché un secondo ministro guarda con interesse a Forza del Sud. E’ Mara Carfagna che, dopo le lacrime della collega, ha detto: ”Sarebbe sbagliato sottovalutare l’accaduto: il disagio espresso da Stefania Prestigiacomo nei confronti di un partito nel quale, troppo spesso, si preferisce, per fretta o disattenzione, non prestare ascolto alle idee diverse, è molto diffuso”.

Insomma, al di là delle apparenze, secondo molti osservatori, l’intera operazione potrebbe avere come regista proprio Berlusconi, in questi giorni impegnato a disporre le sue truppe sul territorio in vista di una possibile chiamata alle urne. Non a caso, il sottosegretario alla Presidenza del Consiglio e vice ministro dell’Economia Miccichè, si è lasciato andare a un commento trionfale: “Mi sembra che nel Pdl le uniche ad avere gli attributi siano le donne. Stefania Prestigiacomo non ha bisogno di suggeritori per compiere le proprie scelte politiche”. “Nel caso specifico – ha aggiunto Miccichè – il ministro ha ragione non solo nel metodo ma anche nel merito, il problema semmai riguarda il doppiopesismo del gruppo Pdl dove si è sempre disponibili a tollerare atteggiamenti arroganti di certi ministri, mentre si è intransigenti con le indicazioni di altri componenti dell’esecutivo”.

E' iniziato il prossimo conto alla rovescia

Ne finisce uno e ne inizia subito un altro, di conto alla rovescia: quello che ci porta alla decisione della Consulta sul "legittimo impedimento". Il giorno 11 di gennaio, S. Igino: "che subì gloriosamente il martirio nella persecuzione di Antonino."
Decisione che i giudici prenderanno in serenità e in coscienza, sapendo (perchè il premier lo ha fatto capire bene) cosa li aspettta se dovesse essere bocciata.

22 dicembre 2010

Quando l'intesa è bipartisan

L'opposizione chiede una ispezione (per il pm troppo zelante su una centrale Enel a Porto Tolle) e il ministro provvede con una ispezione.



Se mai arriverà sarà la prima sanzione bipartisan, comminata per avere leso interessi che non andavano toccati: quelli dell’Enel, cui esponenti tanto del governo che dell’opposizione sembrano molto attenti. Rischia infatti un procedimento disciplinare il pm di Rovigo Manuela Fasolato, da almeno dieci anni in prima linea contro i reati ambientali compiuti nel delta del Po. Su di lei e il procuratore di Rovigo Dario Curtarello, infatti, il ministro della Giustizia Angelino Alfano ha chiesto di indagare alla procura generale della Cassazione.

Il provvedimento segue l’invio in procura degli ispettori del ministero dello scorso gennaio, ma i fatti a cui si riferisce sono noti già dalla fine del 2007. Da anni, infatti, Fasolato sta lavorando a diversi filoni di inchiesta sulla centrale Enel di Porto Tolle: il pm ipotizza legami tra le emissioni della centrale e l’aumento dell’incidenza di malattie nei territori circostanti l’impianto. Intanto, però, sulla centrale pende l’iter della Valutazione d’impatto ambientale (Via) per un progetto di riconversione dall’olio combustibile al carbone che vale 4mila posti di lavoro e 2 miliardi e mezzo di investimento. Il via libera arriverà solo il 29 aprile del 2009, dopo che il ‘dl incentivi’, approvato il 6 aprile, ha modificato i vincoli burocratici e risolto i conflitti con la normativa regionale. Il ministero dell’ambiente in ogni caso non mancherà di accompagnare la scelta con un comunicato di esultanza: “Dal punto di vista ambientale – si dice – con la riconversione si ottiene una sostanziale riduzione delle emissioni rispetto al passato. Dal punto di vista economico ci sarà un vantaggio per la bolletta energetica visto che il ‘carbone pulito’ costa meno degli idrocarburi”.

Ma per qualcuno il ritardo è da imputare alla magistratura. Così il 5 gennaio 2010 Luciano Violante, nella inedita veste di presidente della associazione Italia decide, si espone in prima persona sul palco di CortinaIncontra: “Il ministro della Giustizia dovrebbe fare delle ispezioni, e capire se un’autorità giudiziaria può compiere un atto di questo genere, intimidendo sostanzialmente quelli che dovrebbero prendere la decisione”. Sarebbero solo parole in libertà, se non fosse per un dettaglio: Enel è tra i soci fondatori di Italia decide. Ma la coincidenza non impedisce al ministro Alfano di prendere in esame le doglianze di Violante. Tanto che il 22 gennaio gli ispettori partono alla volta di Rovigo, capitanati da Arcibaldo Miller. Il capo degli ispettori del ministero finirà poi nelle carte dell’inchiesta sulla nuova P2, ma questo non gli ha impedito di conservare il suo posto fino ad oggi.

Contro Fasolato e Curtarolo, invece, il ministero chiede la mano pesante. Tre in sostanza le accuse. La prima: la pm avrebbe infatti lavorato troppo, con il colpevole “consenso” del superiore. Dal 23 ottobre 2007 al 23 luglio 2009, infatti, Fasolato ha l’”esonero totale” dall’attività giudiziaria “in quanto componente della commissione esaminatrice nell’ambito del concorso per 350 posti da uditore giudiziario”. Eppure, bontà sua, continua la sua attività, sia nelle udienze che nelle indagini. “Peccato”, che mentre Fasolato viene mandata di fronte alla procura generale della Cassazione, niente succeda ad altri colleghi che hanno fatto e condiviso la medesima scelta. E a niente vale che il magistrato abbia deciso di lavorare di più per portare a termine processi importanti. Come quello Eurobic, che porterà alla condanna dei responsabili di una truffa da 3 miliardi di euro.

La seconda accusa non è meno originale. Il Guardasigilli contesta infatti la “continuativa corrispondenza” che Fasolato ha intrattenuto con il ministero dell’Ambiente e la commissione Via. Secondo Alfano, così facendo la pm ha divulgato “atti di procedimento ancora coperti da segreto”. Nel carteggio con il ministero, infatti, finiscono anche alcune relazioni svolte nelle indagini dai consulenti di Fasolato. Quale sia la violazione del segreto non è dato sapere, però, essendo vincolate alla riservatezza tutte le istituzioni coinvolte. La terza accusa è in ogni caso direttamente conseguente: avendo sollevato il problema della centrale, la procura di Rovigo perseguiva un fine “che non era di ricerca di mezzi di prova, bensì di impedire – mediante un’indebita ingerenza nelle attività degli apparati amministrativi – la commissione di reati, quando ancora non erano stati acquisiti sufficienti e concreti indizi della consumazione di fatti di rilievo penale”. Vale a dire: “Interferivano e condizionavano le attività degli organi amministrativi stessi, determinandone il rallentamento”.

Ecco il punto: il “rallentamento” del progetto dà fastidio, anche se la responsabilità è da imputare al conflitto tra le norme nazionali e quelle regionali, risolto, lo abbiamo visto, dal legislatore. Tanto fastidio che a gettare benzina sul fuoco è arrivato sulle prime pagine dei giornali locali il plauso del comitato dei lavoratori della centrale: “Da 5 anni — dice al Carlino il portavoce Maurizio Ferro — eravamo in attesa delle autorizzazioni per la riconversione a carbone della centrale di Porto Tolle. I vari rallentamenti avevano destato perplessità sull’operato della magistratura di Rovigo nell’interferenze con il lavoro svolto dalle competenti commissioni Via ministeriali e regionali. I lavoratori Enel di Porto Tolle, che avevano denunciato la situazione sin dall’inizio — aggiunge Ferro — chiedono provvedimenti esemplari per questo grave e ingiustificato atto che è da ascrivere alla Procura di Rovigo. L’azione disciplinare dimostra che tutti i nostri timori erano fondati”, conclude Ferro, che si dichiara pronto, a nome dei lavoratori, addirittura “a chiedere i danni”.

Il rispetto delle istituzioni


Eccoli qua, quelli che denigrano gli studenti (perchè quelli bravi se ne stanno a casa e non manifestano in piazza).
La protesta contro la riforma Gelmini, quella contro i baroni e le assunzioni in famiglia, come il signor Frati che ha appena assunto il figlio come professore ordinario:
a chi venisse in mente di pensare che, in fondo, se impedice simili inciuci, la riforma Gelmini non deve essere male, suggerisco che a Roma ci sono tre università e che una mano lava sempre l’altra. Impedire d’ufficio consanguinei nello stesso ateneo è una sciocchezza: l’amante, la moglie, il figlio o la cugina un vero barone li mette in cattedra dove c’è un amico pronto a farlo in cambio di un analogo servigio per analoghi amanti, mariti, cugini… Da questo schifo se ne esce solo con una vera e misurabile meritocrazia e con la trasparenza assoluta delle scelte e degli atti: tutto il resto è papocchio.
Come la senatrice Mauro, che ieri al senato ha fatto il suo show pur di far passare il DDL Gelmini.

Ministri come Bondi che si fanno pizzicare mentre fanno i pianisti (e votare per gli altri).

Il presidente del Consiglio che minaccia la Consulta nel caso bocciasse il Legittimo impedimento:
"Se l'11 gennaio la Consulta farà una sentenza contro di me continuerò a governare ma mi difenderò e racconterò agli italiani la vicenda e chi sono i giudici. Non temo questo giudizio perché non ho commesso nulla, in quel caso andrò in tv, in aula e in piazza per fare vergognare chi mi accusa".

Quanto è importante avere il controllo dei media per mazzolare e portare a più miti consigli gli avversari (o quelli non ancora a libro paga).

Infine i 72 milioni spesi per il Mita Resort, alla Maddalena, una delle Grandi opere affidate a Bertolaso. Oggi si legge che l'albergo non si farà più:

Dietro la nebulosa senza fine che avvolge tutto quello che è passato sotto le grinfie della Cricca Balducci-De Santis-Della Giovampaola-Anemome, aleggia un nuovo spettro: e cioè che Mita di qui a poco decida di riconsegnare le chiavi dell'ex Arsenale alla Regione. "Cappellacci (governatore sardo, ndr) se ne sta lavando le mani", tuona il consigliere comunale Mauro Bittu.

Che vergogna.