25 aprile 2006

Il passato davanti a noi di Bruno Arpaia

Ecco il libro che avevo sempre aspettato di leggere. La storia di una generazione, quella cresciuta a cavallo degli anni 70: le loro lotte, le loro idee, la loro vita.
Attraverso gli occhi di Alberto, giovane ragazzo in un paesino della periferia di Napoli, militante di Avanguardia Operaia, un gruppo extraparlamentare. Da quel 11 settembre 1973, col golpe del Cile che fa da scintilla per quei movimenti che, pur essendo a sinistra, non si riconoscevano nella linea politica del partito comunista. La paura che il golpe possa avvenire anche in Italia fa da catalizzatore per la mobilitazione dei gruppi di sinistra autonomi: la paura di svegliarsi coi carri armati per strada, con l'annuncio di un governo militare alla radio.
Alberto e i suoi amici, Angelo, Peppe, Armando, Mariano, sono testimoni di anni nei quali la storia sembra scorrere veloce davanti ai loro occhi.
Lo scandalo del colera a Napoli, la crisi petrolifera e lo scandalo petroli, la creazione del “partito armato”, le BR. Gli anni della strategia della tensione, dei morti in piazza, ma anche gli anni della “fantasia al potere”, di lotte sindacali, di una ricerca di un mondo migliore.

In primo piano sono le lotte politiche: la battaglia per il divorzio del 1974 e gli scioperi contro i licenziamenti. E della spaccatura in seno alla sinistra, causata dal “compromesso storico” del PCI di Berlinguer. Come è possibile, si chiedevano le persone a sinistra, noi lottiamo contro i licenziamenti, licenziamenti voluti dalla DC, che è il partito dei padroni, contrario al divorzio e alle idee progressiste che noi vorremmo portare avanti, e il partito che dovrebbe rappresentarci cerca di accordarsi proprio con loro? Se lo chiedono anche Alberto, Angelo, Stalin e gli altri: andando a scontrarsi con i “compagni” del PCI locale.

Il libro mostra come la linea politica scelta dal PCI degli anni 70, di chiusura contro quell'area dei movimenti di sinistra, di autonomia, sia stato poi causa della successiva crisi del PCI, che non riuscì mai ad entrare al governo né ad effettuare lo storico sorpasso con la DC.
La DC di Aldo Moro, che riuscì ad andare al governo (più volte) nel 1976, grazie all'astensione del PCI, del PSI e degli altri partiti laici. L'estrema sinistra considerò questo di Berlinguer come un cedimento, anche perché appoggiò pure le dure misure economiche del governo Andreotti che portarono centinaia di migliaia di lavoratori.
Nel vuoto lasciato lasciato dalla politica del partito comunista si inseriranno poi i gruppi più estremisti, e le formazioni terroristiche di sinistra, come BR e Prima Linea, che comunque godevano di un certo sostegno dalla base, potranno colpire sempre più in alto.

In questo crescendo di tensione, dove ad Alberto sembra di essere entrato in guerra, una guerra che però non è stata dichiarata apertamente, dove nei cortei si iniziano ad incendiare le sedi del MSI, gli scontri con le forze dell'ordine si fanno sempre più duri, nei servizi d'ordine compaiono spranghe e mazze, e di riflesso il clima delle manifestazioni si fa più cupo. E la gioia e l'utopia di chi manifestava nel 68 e nel 77, fa spazio alla paura. Paura che causerà l'allontanamento dalla politica (ma anche dal paese), di molti dei ragazzi della storia.

Un libro denso, per le vicende storiche che racconta: dal golpe in Cile, al riflusso di fine anni 70, la strategia della tensione, la fine dei movimenti dopo gli anni di piombo (che l'autore pone dopo i terribili anni 77-78), la nascita delle prime radio libere, i tatsebao, il crollo del mito cinese di Mao.

Ma il libro da spazio anche alle vicende personali dei ragazzi. Le difficili esperienze amorose di Alberto, la presa di coscienza delle ragazze, il femminismo.

Ricco anche di esperienze intime: la paura di amare e di capire fino in fondo l'altro sesso. La quasi prima volta di Alberto “lo aspettava quel gesto, lo desiderava, però stavolta rimase inteccherito, a metà strada di fra la voglia di saltarle addosso e una paura sorda, antica: quella di sprofondare nel suo corpo come in una voragine, di perdersi là dentro, di essere inghiottito dalla luce nera in mezzo alle sue gambe”.

Questo libro insegna che non è vera l'affermazione di Scott Turow, riportata in testa al libro “forse è inutile spiegare le passioni di un'epoca all'altra”.
Non è vero: semmai c'è da chiedersi come mai di quegli anni ci ricordiamo solo il fumo dei lacrimogeni, dei colpi delle P38, le immagini di via Caetani (col corpo del presidente Aldo Moro), gli scontri delle piazze, la celere e i carabinieri da una parte e i giovani col passamontagna dall'altra. E i morti: da una parte e dall'altra. Da Zibecchi, Walter Rossi a Ramelli e al rogo di Primavalle (solo per citare alcune morti).

Immagini in bianco e nero che non testimoniano il fiorire di nuove idee di questo periodo della nostra storia. Un buco nero della nostra memoria, come spiegano Alberto stesso 30 anni dopo con un suo ex compagno “però quegli anni si ricordano come anni di sangue, punto e basta. Come se, per vedere quanto è fresco il pesce, si guardasse la coda e non gli occhi e le branchie. Come se fosse solo nostra la colpa di quei morti nelle piazze ...”.

Dall'intervista a Bruno Arpaia:
D. Perché ha voluto raccontare proprio gli anni Settanta?
R. Per molti di noi, quegli anni sono stati un'esperienza forte e intensa. Avevo già in mente di provare a raccontarli, ma la spinta decisiva mi è venuta dai ragazzi del Master in comunicazione della scienza di Trieste ai quali, in quel periodo, insegnavo Tecniche della narrazione. Trentenni molto in gamba, colti e informati.

D. Per farlo, ha scelto una prospettiva obliqua...
R. Beh, ho visto quegli anni dalla periferia della periferia, li ho visti da un paesino del Sud, della provincia di Napoli, un paesino con lo scemo del paese, con il bar dove si gioca a bigliardo, con il sindaco che è un poco di buono, ma anche con i fascisti che menavano (anche se dopo due o tre giorni eri costretto a giocarci a bigliardo insieme) e con una camorra che cominciava a farsi sempre più sanguinosa, sempre più pervasiva.

D. Poi, però, arriva il cosiddetto «riflusso»...
R. Più o meno alla fine del 1976, le strade dei miei personaggi cominciano a dividersi. Angelo Malecore va a fare il militare, a Milano entra in contatto con dei gruppi che pian piano si armano e fanno rapine e gambizzazioni, Alberto Malinconico invece si inurba, va a Napoli all'università, incontra altri amici, una ragazza che lo farà impazzire con le sue esitazioni e tentennnamenti. Insieme a quel piccolo gruppo compatto di amici e amiche, Alberto partecipa al movimento del '77, un movimento dalle caratteristiche nuove, attento al linguaggio, alla comunicazione, all'ironia. Partecipa alle giornate di marzo quando la polizia uccide un ragazzo a Bologna, a quelle di maggio, quando gli agenti in borghese di Cossiga ammazzano Giorgiana Masi a Roma, ai primi scontri verbali con i gruppi dell'Autonomia, parenti prossimi della lotta armata. Alberto è dalla parte dei tanti che, in quel movimento, si trovano stritolati fra la repressione dello stato e i «compagni che sparano». Il '77 comunque è una breve fiammata; con il sequestro Moro viene messo il coperchio sulla bara di quegli anni, di quel periodo in cui, invece che insistere tanto sull'«Io», come oggi, si poteva ancora dire «Noi», in cui tutto sembrava riguardarci, c'era la sensazione di un'appartenenza, non si era soli nella massa come adesso.

Un libro che mi ha insegnato molto, di quel passato, che ha ancora tanto da insegnarci sul nostro futuro.
I link su bol e ibs
L'intervista all'autore su Infinitestorie
Technorati:

3 commenti:

  1. ciao...mi fa piacere ke questo libro ti sia piaciuto..sono una ragazza di 19 anni....del paese di cui bruno parla...e ti dico di più...mio padre è uno dei protagonisti del libro...bruno arpaia è un suo amico....bè se ti va aggiungi il mio contatto..sono angela...fra_p_@hotmail.it...è il mio contatto msn..baci...cmq...bello il tuo blog...

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  2. Il libro lo sto ancora leggendo...è bellissimo!ti fa comprendere una generazione che nel bene e nel male è e sarà fondamentale per il futuro..è cosi avvincente che ti fa "toccare" con mano i sogni, le speranze, le delusioni di tutti quei giovani che volevano cambiare il mondo...emozioni che noi purtroppo non abbiamo provato

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  3. il libro è bello in tutta la sua drammaticità: sia per le esperienze positive (l'amore, la passione politica), che per quelle negative.

    L'escalation verso la violenza nelle manifestazioni, i cui meccanismo sono ben spiegati
    Aldo

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Mi raccomando, siate umani