23 aprile 2006

Una serata al femminile

Due grandi presenze femminili, intervistate da Fabio Fazio, ieri sera: Tina Anselmi e Milena Gabanelli.

L'intervista a Tina Anselmi è iniziata nel ricordo di quel 25 aprile di 61 anni fa. Quando, 17 enne partecipò alla lotta partigiana, come staffetta. La Anselmi ha ricordato che la sua scelta di entrare nei partigiani avvenne dopo aver visto i cadaveri dei ragazzi impiccati dai nazifascisti. Dopo aver visto altri ragazzi partire nei carri bestiame, stipati come bestie, per essere uccisi nei lager.

Nonostante lei, come le altre 20000 donne che combatterono per la liberazione, sapesse il destino cui potevano andare incontro (le torture in caso di tortura, le rappresaglie contro i familiari), non ebbe dubbi. Come non ebbero dubbi gli altri partigiani che, anche quando furono catturati, non tradirono e non aderirono alla repubblica di Salò.

L'ex ministro ha ricordato poi l'importanza di ricordare: “oggi c'è quasi un senso di rimozione, nel non voler ricordare”. Eppure è importante che i giovani di oggi godono dei diritti che allora non si avevano: un politico, un generale, un ministro, poteva ucciderti. Noi abbiamo lottato questa democrazia.

L'intervista è poi passata ad un ricordo dei politici della sua generazione: Zaccagnini, Moro, De Gasperi “quella classe dirigente era un po' migliore”. La sua colpa è stata quella di non aver saputo coltivare degli eredi all'altezza.

L'intervista si è conclusa parlando della commissione P2, di cui Tina Anselmi è stata presidente: “la verità la possono cercare solo quelli che possono sopportarla”. Che verità è emersa dalle carte che era così insopportabile?
Un paese che vive nella non trasparenza delle sue istituzioni, è un paese che non vive nella pienezza della sua democrazia. È stato fatto molto dalla sua commissione, che consegnò al Parlamento un rapporto col quale questi poteva andare veramente a fondo per estirpare questo cancro.
E, allora come oggi, ricorda la Anselmi, ci si aspettava una maggiore mobilitazione.

Milena Gabanelli ha parlato invece dei suoi esordi come giornalista, con un'inchiesta sui discendenti degli ammutinati del Bounty.
È stata poi inviata di guerra in Cecenia.
Fino ad inventare quel giornalismo di inchiesta televisivo, che l'ha portata a vincere, per il suo lavoro, 19 premi in cinque anni.
La prima domanda è stata sul cosa succede dopo: dopo che la sua trasmissione racconta amche cose inaudite. Spesso non succede nulla, perchè si scopre poi che la magistratura aveva già avviato un'inchiesta su quella questione. Ma quello che conta è che i 3 milioni di telespettatori che seguono la trasmissione, ora sanno. Cioè si torna sempre al nocciolo dell'informazione: è vero che siamo un paese libero, ma se nessuno te le dice certe cose, non le saprai mai.
Anche se spesso, continuava la Gabanelli, l'indignazione che segue, è più a parole che nei fatti. A lei arrivano molte segnalazioni: ma quando si deve mettere la faccia, nelle inchieste, molti si tirnao indietro.
Quali inchieste l'hanno stupita più delle altre, per l'effetto che hanno causato? Quella sulle Ferrovie dello Stato e sulle Esportazioni delle Carni.

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1 commento:

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